lunedì 14 aprile 2014

DAGLI STATI UNITI D'EUROPA ALL'UBERSTAAT ORDOLIBERISTA CHE CANCELLA GLI STATI



                            


Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo questo post di Gianluca Menti. 
La questione di principio in discussione davanti alla Corte europea è di somma importanza: si arriva ad affermare che la Costituzione italiana non possa costituire di ostacolo all'applicazione del diritto europeo
Non che ciò abbia mai, in Italia, costituito effettivamente un ostacolo. Ma finora è stato "di fatto" e mediante la continuativa disapplicazione strisciante della Costituzione stessa. 
La posizione che si va delineando formalizza però questa supremazia svalutativa del dettato costituzionale; e come sempre accade quando c'è di mezzo l'UE, viene sancito un percorso che non ha più ritorno. Persino l'art.4, par.2, del Trattato sull'Unione, - e non a caso su una questione "italiana"- diviene lo strumento per un'affermazione che oblitera la considerazione dell'identità nazionale: non dimentichiamo che, per le professioni forensi più che mai, la barriera linguistica è un fattore decisivo che, nella risoluzione della questione, verrebbe scardinato. Fatichiamo a immaginare come tale elemento di identità sia sacrificabile da parte di tedeschi o francesi, cui, solo in teoria, per via dei rapporti di forza in essere, una pronuncia nel senso auspicato dall'Avvocato generale sarebbe, poi, in pieno applicabile. 
Ma sappiamo come la "parità" €uropea abbia una sola direzione: principalmente "educare" l'Italia (e, all'occorrenza, qualche paese porcellino). 
Per l'UE, va detto, i professionisti, come gli avvocati, sono sostanzialmente equiparati a imprese di servizi, senza che, come si vede, siano consentite troppe sottigliezze dovute a secoli di cultura (che in realtà nasce in Italia, dove le professioni forensi e lo studio del diritto nascono nel Medioevo, per tutti gli "europei" che attingevano agli "studia" italiani, conquistando la forma organizzativa attuale; e non certo per capriccio "assistenzialista" o corporativo). 
Ma una volta che una norma costituzionale venga esplicitamente considerata di rango inferiore a qualsiasi fonte europea, il processo che si innesca può portare, appunto, alla formalizzazione autoritativa di un generalizzato principio di subordinazione di tutta la Carta.  
Insomma, da qui, dato il clima riduzionistico e autorazzista in cui ogni manifestazione dell'UE si inserisce, il salto alla compressione in estremo anche dei principi fondamentali e dei diritti della persona potrebbe rivelarsi alquanto breve. Senza incontrare particolari resistenze.
E le conseguenze di ciò, in vista dell'applicazione di Fiscal Compact e Fondo di Redenzione Europeo (ERF) sono facilmente intuibili: si direbbe che questi nessun riflesso hanno sui principi fondamentali costituzionali e sui diritti della persona, considerando solo dei "neutrali" effetti sulla finanza pubblica e sulla stabilità monetaria e finanziaria. Ignorandone ogni concreto risvolto sulla vita di milioni di italiani.
Questo per chi volesse capire la tendenza; non certo per il governo italiano che ha assunto posizione conforme alle conclusioni dell'Avvocato generale, affrettandosi a considerare sacrificabile l'art.33 Cost. e, grosso modo, un millennio di tradizione ordinamentale.


Molte volte ci siamo interrogati circa la (in)compatibilità delle norme Europee rispetto alla nostra Costituzione da ciò discendendo la necessità costituzionale di uscita dai sistemi UEM.
Molti sono stati i tentativi di ricondurre a legittimità costituzionale lo strapotere normativo europeo basandosi sugli artt. 11 o 117 Cost. così sostenendo che non vi sia alcun problema di compatibilità tra il diritto interno ed il diritto sovranazionale che venga recepito nel diritto interno o che goda di auto-esecutività, individuandone il solo limite nel contrasto con i principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato ovvero dei diritti inalienabili della persona (così Corte Costituzionale n. 170/1984 ribadita e confermata ancora in Corte Cost. 227/2010)
Non oltre tre giorni fa l’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia EU, sig. Nils Wahl, ha depositato le proprie conclusioni su un rinvio pregiudiziale operato dal Consiglio Nazionale Forense circa il meccanismo, legittimato dalla Direttiva 98/5 sul diritto di stabilimento deiprofessionisti europei nei vari Stati dell’Unione, che consente l’esercizio della professione forense da parte di cittadini italiani che, conseguita la laurea sul suolo nazionale se la facciano riconoscere in Spagna ove con un sistema molto più leggero di quello italiano, ottengano l’abilitazione professionale come Abogados e quindi si iscrivano nell’albo degli avvocati italiano come legale abilitato stabilito.
Tra le varie questioni sollevate dal Consiglio Nazionale Forense, nanti il quale pende la controversia di due cittadini italiani che chiedevano, senza per ora ottenerla, l’iscrizione all’albo degli avvocati come abogados, quella fondamentale circa la denunciata incompatibilità tra la direttiva 98/5 e l’art. 4 paragrafo 2 del TUE che, testualmente disponendo “L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”, imporrebbe al diritto dell’Unione Europea di conformarsi al diritto nazionale italiano ed in particolare, nel caso di specie, all’art. 33 comma 5 della Costituzione Italiana che, come noto, impone un esame di Stato, tra gli altri, per “l'abilitazione all'esercizio professionale”.
Il sig. Wahl così testualmente argomentava per la non fondatezza della questione sollevata: “Innanzitutto, devo ammettere che ho serie difficoltà a seguire il ragionamento del CNF. 
Non mi è chiaro perché l’iscrizione all’albo degli avvocati di cittadini dell’Unione che hanno ottenuto un titolo professionale in un altro Stato membro ponga una tale minaccia all’ordinamento giuridico italiano da potersi ritenere che comprometta l’identità nazionale italiana. A tal riguardo, è vero che la Corte ha concesso agli Stati membri, in determinate circostanze, la possibilità di derogare agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, come ad esempio il rispetto delle libertà fondamentali, a causa della protezione della loro identità nazionale. 
Tuttavia, ciò non significa che qualsiasi norma contenuta in una costituzione nazionale possa limitare l’applicazione uniforme delle disposizioni dell’Unione, o addirittura costituire un parametro di legittimità per tali disposizioni. Di conseguenza, come hanno sostenuto il Parlamento e il Consiglio, il semplice fatto che una disposizione della Costituzione italiana prescriva il superamento di un esame di Stato perché si possa esercitare la professione di avvocato non implica che la direttiva 98/5 comprometta l’identità nazionale italiana ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE
Tale posizione è stata confermata in udienza anche dal governo italiano, che ha affermato di non essere d’accordo con le considerazioni espresse dal giudice del rinvio nella domanda di pronuncia pregiudiziale a proposito di un possibile contrasto tra la direttiva 98/5 e l’articolo 33, comma 5, della Costituzione italiana”.

Per l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia le Costituzioni nazionali non possono mai fungere da parametro di legittimità delle disposizioni comunitarie ed al più possono essere invocate dai governi nazionali affinché la Corte “conceda(si osservi bene il termine utilizzato perché emblematico della pretesa sovraordinazione) la possibilità di “derogare” agli “obblighi imposti dal diritto dell’Unione”.
E’ evidente il cambio “di passo” cui vorrebbe giungere il sig. Wahl.
Se la Repubblica Italiana, ai sensi dell’art. 11 Costituzione, al più “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” ben difficilmente si può ammettere di sott’ordinare la Costituzione, in forza della quale il diritto sovranazionale può avere un qualche effetto in Italia, a tale diritto derivato. E’ come ammettere che non solo si sia operata una cessione di sovranità ad un’organizzazione priva del necessario collegamento democratico con il popolo (tutt’oggi dichiarato depositario dei poteri statuali), ma che il diritto prodotto da quest’organizzazione autolegittimi se stesso ponendosi addirittura in posizione sovraordinata rispetto al diritto che ne ha consentito (e ne consente) l’esistenza.
Ma il sig. Wahl va oltre. 
Non nega l’esistenza di una norma costituzionale italiana che impone l’esame di abilitazione per l’esercizio della professione di avvocato, ma la ritiene (addirittura con consueto acritico conforme parere anche dello stesso governo italiano che quella Costituzione ha giurato di servire lealmente) come non rilevante, siccome necessariamente cedevole ai fini di poter escludere l’applicabilità in Italia di un sistema per cui lo stesso cittadino italiano possa esercitare la professione forense senza l’esame di Stato prescritto, poiché esercita come abogados e non come avvocato, pur potendo a questo pienamente equipararsi in forza proprio della direttiva 98/5, che ha quindi cogenza tale da determinare la disapplicazione della disposizione costituzionale.
Per anni i costituzionalisti italiani si sono interrogati sul valore del diritto comunitario, giungendo a ritenerlo a valore superiore a quello della legge ordinaria, ma comunque soggetto alla Costituzione quantomeno per il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento, di norma identificati con la parte prima della Costituzione.
E’ pur vero che nel 1970 la Corte di Giustizia CE ha avuto modo di affermare (procedimento 11/70) che 
Il richiamo a norme o nozioni di diritto nazionale nel valutare la legittimità di atti emananti dalle istituzioni della Comunità menomerebbe l'unità e l'efficacia del diritto comunitario. La validità di detti atti può essere stabilita unicamente alla luce del diritto comunitario. Il diritto nato dal trattato, che ha una fonte autonoma, per sua natura non può infatti trovare un limite in qualsivoglia norma di diritto nazionale senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che sia posto in discussione il fondamento giuridico della stessa Comunità. Di conseguenza, il fatto che siano menomati vuoi i diritti fondamentali sanciti dalla costituzione di uno Stato membro, vuoi i principi di una costituzione nazionale, non può sminuire la validità di un atto della Comunità né la sua efficacia nel territorio dello stesso Stato” immediatamente però autolimitando il proprio preteso potere autonomo - che, come detto, deriverebbe dal Trattato quasi che questo possa essere fonte primigenia di diritto- osservando che “… La tutela dei diritti fondamentali costituisce infatti parte integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di giustizia garantisce l'osservanza. La salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, va garantita entro l'ambito della struttura e delle finalità della Comunità”.
Questa linea aveva ottenuto una sorta di nulla osta, a una simile pretesa di supremazia, dalla Corte Costituzionale tedesca (caso Solange II del 1986, dopo che nel 1974 nel caso Solange I aveva sostenuto la prevalenza della Legge Fondamentale tedesca) che si astiene dall’esercizio della propria giurisdizione sugli atti comunitari “fintanto che le Comunità europee, e soprattutto la giurisprudenza della C.G.C.E., garantiranno in via generale una protezione efficace dei diritti fondamentali contro il potere sovrano delle Comunità, secondo modalità che possano essere considerate come sostanzialmente eguali alla protezione dei diritti fondamentali assunta come inderogabili dalla LF, e fintanto che le stesse garantiranno … il contenuto sostanziale dei diritti fondamentali”.

Oggi l’ordoliberismo chiede un salto ulteriore. 
Chiede che le (quantomeno quelle dell’area meridionale dell’Europa) costituzioni, non a caso criticate come “socialiste” da JP Morgan nel famigerato documento, siano superate al fine di consentire quella maggior integrazione europea che consenta, negli ovvi obiettivi di una banca d’affari che fa della speculazione finanziaria il proprio pane quotidiano, quella “necessaria” applicazione d’austerity senza dover fare i conti con quel fastidioso fenomeno chiamato “procedimento democratico”.
E così mediante la riscrittura in sede comunitaria dei “diritti fondamentali”, ispirata al principio di concorrenza e all’obiettivo di controllo dell’inflazione, vengono di fatto cancellati i diritti fondamentali di Costituzioni come quella italiana; questa, infatti, prevede diritti i quali, imponendo un ordinamento economico antitetico rispetto a quello comunitario,  divengono posizioni superabili e antistoriche che, si opina in UE, non costituiscono, né potrebbero costituire, l’identità nazionale italiana rilevante ai sensi dell’art. 4 par. 2 TUE. 
E noi sappiamo che i nostri diritti fondamentali costituzionali sono basati sugli opposti principi del diritto al lavoro (anche fondamento della Repubblica) e delle conseguenti necessarie politiche attive di piena occupazione che, tra l'altro, si connettono espressamente all’intervento pubblico nell’economia, con una serie di previsioni che divengono così sottordinate agli obblighi che l’Italia avrebbe assunto partecipando all’Unione Europea.
Questa, dunque, oggi si arroga l’intera sostituzione allo Stato nazionale, così realizzando non gli Stati Uniti d’Europa di cui ancora molti van cianciando come possibile obiettivo, ma un UberStaat europeo che ha la propria legittimazione non già nella delega di potere dal popolo mediante libere elezioni secondo il modello democratico-costituzionale, ma autocraticamente nel proprio Trattato istitutivo, in grado di demolire ogni norma anche di rango costituzionale mediante semplice sua disapplicazione.
Evidente a fronte di ciò che si imponga sempre più pressantemente una seria riflessione sulla perdurante (non) costituzionalità di questo UberStaat ordoliberista che pretende di fare a meno di quella Repubblica democratica fondata sul lavoro, nel quale il potere appartiene al popolo che lo esercita secondo Costituzione che la nostra Carta Fondamentale ha qualificato, tra l’altro, come di impossibile revisione costituzionale (comunque ad oggi mai neppure ritenuta necessaria e quindi avvenuta).

19 commenti:

  1. Parola sante. Si tratta però della logica inesorabile di integrazione negativa al ribasso del “federalismo interstatale”, come lo definisce Hayek nel suo fondamentale lavoro del '39 (che il sovraccarico di letture mi aveva indotto a posporre: grave errore!), che anima, con una progressione sempre più distruttiva, i Trattati comunitari: “It is in fact likely that, in order to. prevent evasions of the fundamental provisions securing free movement of men, goods, and capital, the restrictions it would be desirable for the constitution of the federation to impose on the freedom of the individual states would have to be even greater than we have hitherto assumed and that their power of independent action would have to be limited still further. […] Here it need only be added that these limitations will apply not only to state economic policy but also to economic policy conducted by trade and professional organizations extending over the territory of the state. […] The experience in these federations makes it appear that, to prevent such trends, it is scarcely sufficient to prohibit tariffs and similar obvious impediments to interstate commerce. Evasion of such rules by an individual state which has embarked upon a course of national planning by means of administrative regulations has proved so easy that all the effects of protection can be achieved by means of such provisions as sanitary regulations, requirements of inspection, and the charging of fees for these and other administrative controls. In view of the inventiveness shown by state legislators in this respect, it seems clear that no specific prohibitions in the constitution of the federation would suffice to prevent such developments; the federal government would probably have to be given general restraining powers to this end. This means that the federation will have to possess the negative power of preventing individual states from interfering with economic activity in certain ways, although it may not have the positive power of acting in their stead.”

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    1. Grazie. Una conferma che si tratta di un format ben noto e ricorrente in tutte le organizzazioni sovranazionali tese al liberoscambismo "ordinamentale" :-)

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    2. Le crisi economiche, come la prigionia, lasciano un indubbio vantaggio: tanto tempo per leggere.

      Se anche i liberisti thatcheriani fanno la medesima ricostruzione delle dinamiche europee come approfondito in questo "laboratorio", bé... mi chiedo di cosa stia discutendo il resto dell'ecumene senziente.

      E'interessante l'enfasi che mette sottolineando la doppia fase dell'UE: una prima keynesiana guidata da Monnet e una dopo hayekiana «dopo Bretton Woods».

      « A German Solution to Europe’s Problems?

      Hayek developed the theory that is at the very core of the liberal project for Europe, but he remained vague about how the process of European integration could be set in motion. He did not delve deeply into specifics of implementation. Instead, one finds among the leading figures (ORDO-liberals) of the Freiburg School – men influenced by yet distinct from the “Austrians” – the clearest understanding of the fact that, in order to operate satisfactorily, the damaged economy of the wartorn continent had to be nested in a new set of “market-conforming” (Marktkonform) institutions that (a) guaranteed respect for property and contract, (b) was anchored in monetary stability, and (c) was designed to protect the competition principle. Such an institutional emphasis can be said to typify even liberal German economic thinking. ORDO-liberalism is also characterized by a profound moral revulsion to national socialism, deep ethical concerns and commitments, and a quite specific engagement with the problems of economic reconstruction in the remnants of the broken and occupied German nation. On the German issue, Hayek’s Freiburg associates would “pick up the ball and run with it.” Hayek nonetheless first delineated the liberal integration project. In “The Economic Conditions of Interstate Federalism,” which appeared in print on 1, September 1939 (a surely unintended accompaniment to Hitler’s invasion of Poland)

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    3. Bravo Bazaar, Hayek si conferma la spinta iniziale e al tempo stesso il modello da perfezionare operativamente: l'analisi non lascia dubbi se si è seri (non ordoliberisti italiani che si avviluppano nelle spire del negazionismo della propria radice, per svolgere operazioni legittimate dal puro livore antitialiano).
      Sarebbe da evolvere e rielaborare quanto scritto nel libro, alla luce delle acquisizioni portate da te e Arturo.
      E' buffo come poi neghino il nazismo quando sono i loro atteggiamenti sono gli antecedenti causali della sua ascesa: in definitiva un caso di misunderstanding storico che lascia il campo alla ripetizione di un tragico errore. Che pena!

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    4. La possono negare, ma basta grattare un po' e viene fuori. Dopo la discussione con Bazaar, mi son ricordato di avere un'edizione del Manifesto di Ventotene che comprendeva altri due lavori di Spinelli: uno su politica marxista e politica federalista che non ho ancora terminato e un altro, molto importante, che si intitola Gli Stati Uniti d'Europa e le varie tendenze politiche (scritto nella seconda metà del '42). Di questo lavoro (che potete trovare qui) vi propongo un paio di citazioni.
      Iniziamo con la nota 7: “Una buona critica di queste teoria [quella comunista dell'imperialismo] si trova in The Economic Causes of War di Lionel Robbins (Macmillan, New York 1940), di cui è specialmente consigliabile la lettura, come introduzione allo studio dei problemi dell'organizzazione federale dell'Europa”. Chi fosse Robbins, quali i suoi orientamenti e i rapporti con Hayek è fin troppo noto.
      Seconda chicca: nota 17 (la frase a cui la nota si riferisce è la seguente: “Solo pochissimi intesero il pericolo della ricostituzione [dopo la prima guerra mondiale] della sovranità assoluta degli stati europei”): “In Italia specialmente notevoli furono le Lettere politiche di Junius pubblicate sul “Corriere della Sera” del 1918-19 e ristampate nel 1920 (Laterza, Bari). Meritano ancor oggi di essere meditate la VII e la IX”. Junius è ovviamente Luigi Einaudi e le lettere in questione sono proprio quelle a cui si riferiva Malandrino nel brano che avevo citato.
      E qui arriva l'ultima e più gustosa nota 14: “I movimenti socialistici sono giunti a un punto morto, non solamente a causa degli sviluppi dell'imperialismo militarista, ma anche perché prigionieri della loro formula di collettivizzazione dei mezzi materiali di produzione; collettivizzazione dimostrata nefasta tanto dall'analisi scientifica quanto dall'esperienza pratica. Perché l'esigenza giusta del socialismo – l'emancipazione delle classi lavoratrici – fruttifichi, è necessaria una revisione delle idee tradizionali, in modo che ci si renda conto dei limiti di convenienza delle misure di collettivizzazione e del fatto che occorre correggere gli effetti malefici della concorrenza, ma non distruggerla, poiché insieme ad essa si eliminerebbero il mezzo per determinare in modo più razionale l'utilizzazione delle riserve naturali ed umane. (Confronta HAYEK, Collectivistic economic planning, Londra, 1935). Lo sviluppo di un'idea socialista che valuti giustamente la funzione della libera concorrenza si urta di fronte a pesantissime tradizioni, finché il corso generale vada, a causa delle esigenze militaristiche, verso una crescente collettivizzazione. In tal caso, per i socialisti di tutte le tendenze, la via di minor resistenza psicologica è quella consistente nell'accettare quel corso, esigendo che sia impiegato a favore delle classi lavoratrici. La federazione, creando invece un'atmosfera di libero scambio, viene incontro in modo naturale al processo di elaborazione di più vitali e feconde idee socialiste.”

      Abbiam visto. Almeno Hayek aveva l'onestà di ammettere che la federazione serviva per far saltare i limiti alla giornata lavorativa e al lavoro minorile. Questa simpatica favoletta dell'Europa socialista sarebbe stata, come dice Moss (op. cit., pag. 10), che naturalmente cita ampiamente Gillingham (rovesciandone di segno valoriale i giudizi, ovviamente), il cavallo di battaglia dei “Socialists of the Six, who saw the EC as an alternative to Communism, an expression of proletarian internationalism and a framework both for growth and prosperity on the American model and for a future socialist society. It was usually the most market-oriented, pro-American Socialists who were the most European (Marks, 1999; Marks and Wilson, 2000)”

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    5. Caro Arturo, ti rendi conto che è giunto il momento di organizzare le fonti e le riflessioni che ci hai fornito in un lavoro unitario e organico?
      Sarebbe di grande utilità per tutti.
      E avresti tutto il mio supporto dialogato.
      Se ti interessa scrivimi alla mail privata e impostiamo il lavoro (potrebbe venirne un saggio da inserire nel prossimo libro o altra pubblicazione).
      Think (properly) about it :-)

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  2. Ottimo articolo, da condividersi pienamente!
    In realtà, al di là dei toni un po' più sfacciati del parruccone generale (pardon, avvocato generale) il problema si poneva già prima.
    Se non erro, la nostra, non certo indomita, Corte costituzionale aveva già abbondantemente alzato bandiera bianca nel limitarsi a dire che solo i principi fondamentali della nostra Costituzione costituivano dei "controlimiti" alla primauté del diritto allora comunitario (Quarantotto, se ho sbagliato mi corregga s.v.p.).
    Non essendo studioso della materia, mi limito a segnalare due dettagli:
    a) io continuo a sentire giuspubblicisti francesi che assegnano al diritto UE una posizione infra constitutionnel;
    b) suggerisco a tutti di osservare la sudditanza psicologica mostrata dal Paese dinanzi alla Corte edu nel campo del sovraffollamento carcerario e, soprattutto, l'atteggiamento autodistruttivo (vorrei dire antinazionale) della nostra dottrina e di parte della Magistratura di sorveglianza. Atteggiamenti, questi ultimi, che hanno contribuito a far passare l'idea - in buona parte infondata - che il nostro sistema penitenziario sia fra i più arretrati e disastrati del Consiglio d'Europa;

    Domande: non è che - come sembra affermarsi nel post - siamo noi i primi servili esterofili? Quanta responsabilità ricade sulla nostra élite, in questo caso giuridica, largamente asservita allo straniero? Non è una sudditanza psicologico, ancor più che materiale?
    Grazie,
    Le baron de Cantel

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    1. Baron, domande che hanno trovato risposta conforme in precedeti post. E' come opini: un vecchio vizio italiano, che non è tanto elitario, quanto di chi aspira a entrare in qualche modo nell'elite. L'autorazzismo e il terrorismo (psicologico, naturalmente) anti-italiano in funzione del vincolo esterno.
      Se avessi la pazienza di leggerti "euro e(o?) democrazia costituzionale" apprezzeresti le sfumature di molti post :-)

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    2. Lo leggerò, Quarantotto, ho deciso di farlo (devo solo trovare il tempo, ma lo farò).
      Segnalo a tutti un'ottima Marine Le Pen questa sera da Lilli (Bilderberg) Gruber.
      Oggi avrei voglia di essere nato 150 chilometri più a ovest per poterla votare ;-)
      L.b.d.C.

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  3. THE GRUMBLING HIVE, OR KNAVE TURN’D HONEST
    (L’alveare scontento, ovvero furfanti diventati onesti)

    Fraud, Luxury, and Pride must live;
    Whilst we the Benefits receive.
    Hunger's a dreadful Plague no doubt,
    Yet who digests or thrives without?

    (L’alveare scontento, ovvero furfanti diventati onesti
    Frode, lussuria e orgoglio devono convivere;
    mentre noi riceviamo benefici.
    La fame è una piaga spaventosa, senza dubbio,
    ma chi digerisce e prospera senza essa?)
    (B de Mandeville, 1670-1733)

    C’è forse da dubitare sulla prodigalità di qualche libertino che usa sarti, servitori, profumieri, cuochi, donne di vita che a loro volta usano contadini, allevatori, fornai, macellai, tessitori, falegnami?
    C’è forse da dubitare sulla efficacia della rapacità competitiva di tanta prodigalità se questa “produce” vantaggi efficienti, efficaci, produttivi alla società intera?
    C’è forse da dubitare sul rafforzamento dello spirito prodotto dalla durezza e dalle asperità della vita di contadini, allevatori, fornai, macellati, tessitori, falegnami?
    Certo, qualcuno con dubbia interpretazione della Storia avrà da costruire teorie sull’evoluzione di flora, fauna e cemento e mostrarle animate da sana e virile competizione della prodigalità umana.
    Certo, qualcuno, con l’impostura politica della fede e della religione, avrà da ingegnarsi pasticciando linguisticamente tra lisci o rugosi, rossi o neri, alti o bassi, inoculando nuove ricombinazioni del ARBEIT MACH FREI di Dachau e Auschwitz affiancato alla IG Farben.
    E’ davvero matrigna la Natura nel trasmettere le passioni del “self-love” (amor di sé) e del “self-linking” (amor proprio) e nel fornire la Ragione dell’ “amour-propre éclairé” (amor proprio illuminato) che - seminata, nutrita, coltivata - trasforma le passioni della vita in desideri “necessitati” di dignità consapevole.
    Per certo, le mutazioni antropologiche che si diffondono con la trasformazione dell’economia, con i vincoli e condizionalità imposte alla dialettica democratica conducono a riflettere sul capitolo della “piena occupazione fascista” di M Kalecki e sul target della “armament economy”.
    Per certo, non si possono dimenticare gli ammonimenti di Ike Eisenhover nel discorso di commiato dalla presidenza USA il 17 gennaio 1961 .
    Per certo, qualcuno continua a digerire e prosperare su piaghe spaventose alimentate da menzogne ripetute fino a trasformarla in verità.
    Per certo, nulla è cambiato nella prodigalità di “quei” libertini.

    ps: continuo OTC la rievocazione monocorde dell' "amor proprio illuminato" un poco smarrito e perduto senza il quale ogni ordinamento democratico rischia si dissolversi e svanire dentro un atto di fede (WELTANSCHAUUNG) altrimenti inaccettabile.

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    1. Tu dici che si tenderà a tornare alla "armament economy" proprio in UE? Non ce li vedo: sono "abbatini" ignoranti, certo inumani, ma la loro arroganza li porta a credere che tra quote rosa e diritti cosmetici vari, salderanno il nuovo ordine decrscista malthusiano senza colpo ferire...

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    2. Sai quanto mi piacerebbe essere smentito dalla Storia, ma non posso non osservare quello che succede in Europa, con le evidenze particolari di Ucraina e Ungheria, con le mutazioni antropologiche rilevate in Grecia, con la secretazione degli sviluppi del TTIP (partenariato transatlantico di libero scambio di merci e investimenti), con la confermata adesione internazionale al programma Lockheed Martin F35 e al progetto MOUS ..
      Sai quanto mi piacerebbe vedere un'umanità diversa sui volti di H Van Rompuy, in W Schauble, di J Weidmann, di M Draghi, di CMO Lagarde, ..
      Sai quanto ci piacerebbe ..

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  4. Abbatini (di breriana memoria) ignoranti è un'ottima definizione di certi nostri politici, che si porranno determinati obiettivi solo se qualcuno forzerà loro la mano. A parte ciò, ho molto apprezzato i posts del 14, perché - se mi è lecito dirlo - in una qualche misura hanno integrato la dialettica TUE/Costituzione, con conclusioni agghiaccianti, quanto purtroppo realistiche. A ignra ti (qual sono io) questo blog offre preziosi spunti di riflessione, da allargare, se possibile, quale seme di nuova cultura.

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  5. io semplice incoltissimo operaio 50n ringrazio il caso che mi ha voluto girovago in rete per approdare qui doveTUTTO e' degno della mia attenzione compresi gli spazi vuoti . io vi ringrazio tutti quanti commentatori necessariamente inclusi e vi abbraccio commosso per la disperazione che mi infondete accompagnata da una conoscenza che non credevo potesse il caso riservarmi . grazie e scusandomi per l'assenza di punteggiatura ancora grazie

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    1. L'idea è che qui tale "cultura" sia per tutti e di tutti.
      Ognuno quando e come vuole, animato dallo spirito della democrazia, aggiunge un pezzetto al sapere della Liberazione.
      E torna a trovarci; magari con un nick a tuo piacimento (per evitare l'anonimo, qui tra amici...)

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  6. io qui ci vengo spessissimo ed ogni volta provo brividi per la constatazione della mia lontananza dalla comprensione del mondo che mi circonda e che voi contribuite a rendere meno grande. nonostante per me sia difficile data l'ignoranza sono costretto a leggere tutto ma pian piano anch'io capisco e provo stupore verso me stesso data l'impotenza che deduco . provo grande riconoscenza per quello che rendete disponibile attraverso i vostri scritti cio nonostante io diversamente forse da voi occupo un gradino basso nella scala sociale credo possiate essere entusiasti del fatto che un componente della madsa conosca ed apprezzi i vostri dialoghi. non credo di poter far altro che leggervi purtroppo io posso da voi solo prendere e vi assicuro che continuero a farlo evitando di disturbarvi oltre visalutoma vi leggero sempre . saluti luigi silvio

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    1. Io sento brividi e lacrime agli occhi nel leggere la tua umiltà, caro Luigi Silvio.
      Non ci sono "altezze" sociali, culturali o economiche: c'è solo una dignità e un rispetto umano da risvegliare e garantire, ciascuno secondo le proprie possibilità e capacità.
      Ci vogliono ignoranti, sordi, muti e affamati da plasmare ad un volere che non è il Nostro.
      Inoculano colpe e responsabilità non nostre con umiliazioni e povertà dalle quali traggono il vantaggio e il "prestigio" nel delirio dell'onnipotenza.
      Spero si continui a "disturbare", ad imparare, a condividere, e manifestare pubblicamente QUELLO CHE NON SIAMO E QUELLO CHE NON VOGLIAMO.
      Quello che vogliono da noi è il silenzio, la rassegnazione e la schiavitù.

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    2. Ecco appunto: se Luigi Silvio è qui, lo è a pieno titolo, per liberarsi anche dell'idea stessa che ci sia una massa e un'elite che sia...migliore. Tutti i cittadini sono "migliori" una volta che riconoscano (in se stessi) la pienezza della propria partecipazione democratica:
      Non ci sono "altezze" tecniche precluse a chicchessia; se talvolta il linguaggio qui si fa complesso è per "tornare" rafforzati, e liberi dall'inquinamento propagandistico, al significato profondo della nostra Costituzione

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  7. Caro 48, non potevi rispondere a Luigi Silvio in modo migliore: da "giovane" frequentatore del Tuo blog messaggi come quelli del 15 e del 16 fanno molto piacere, perché testimoniano sia la ricerca di un pensiero genuino, sia l'esistenza di possibili approdi (com'é appunto il Tuo blog). A presto.

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