mercoledì 9 aprile 2014

DAL DEF ALLE RADICI (€URO)IDEALI DELLA DECRESCITA LIVOROSA

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Vi potrò parlare del DEF quando il testo integrale sarà (si spera) disponibile: quello che possiamo dire è che riteniano altamente improbabile una crescita allo 0,8% ("reale"; quella nominale, dipenderà dall'inflazione, o meglio dalla deflazione de facto in corso, che di certo non aiuta in vista della applicazione, più o meno "rimossa", del fiscal compact). 
I saldi di copertura del famigerato sgravio di 80 euro al mese, intanto ci dicono, per quanto trapelato, che la spending review sarà nella misura originariamente stimata da Cottarelli, cioè di 4,5 miliardi, mentre il resto (2,2 miliardi) verrà dall'aumento del gettito IVA (...? Significherebbe aumento dei consumi? E stimato come e perchè?) e dall'aumento della tassazione al 26% della rivalutazione delle quote della Banca d'Italia.

Quest'ultima era originariamente al 12% (anzichè al "medio" 16%) ma anche qui la sicurezza del gettito è inficiata in partenza dai valori precedenti di iscrizione in bilancio, che varie banche avevano già adeguato ben prima del regaluccio governativo, abbassando così il differenziale effettivo su cui calcolare la base imponibile. Nel caso specifico, ciò pone all'INPS, a fronte della rivalutazione integrale della sua quota, un problema di liquidazione immediata dell'imposta quantomeno inquietante, dati i suoi problemi di liquidità: il che lascia ulteriormente presagire, per il dopo elezioni, massicci interventi sulle pensioni.
La sintesi provvisoria - a DEF non ancora integralmente noto e, ancor più, in situazione pre-elettorale- è che alla manovra di stabilità, con un consolidamento di 0,6 punti di PIL a moltiplicatore realistico a 1,5 (quindi un -0,9 di PIL) si aggiungano 4,5 miliardi di tagli di spesa che, per Haveelmo, andranno tutti a contrarre il PIL in misura corrispondente, nonstante lo sgravio fiscale, e un paio di miliardi abbondanti di ulteriore pressione fiscale (che si limitano ad annullare l'effetto dello sgravio IRPEF). 
Quindi, la crescita allo 0,8 risulterà possibile se e solo se l'Italia, grazie alla deflazione interna in preda alla disoccupazione (che rende molto difficile ipotizzare un aumento sostanziale dei consumi), realizzerà nel 2014 un saldo positivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti ben superiore a 1 punto; praticamente per avere una crescita di 0,8, dovrebbe essere di circa 2 punti (per la Commissione il saldo sarà invece appena di + 0,2!) o di poco minore, ma unita a un segno positivo di ripresa degli investimenti. Altra ipotesi attualmente irrealistica, data la debolezza della domanda confermata dall'ulteriore aumento della disoccupazione.

Fatta questa breve premessa, vi sottopongo un commento di Bazaar, che fa una ricostruzione storica di quale sarebbe stato il percorso del liberismo europeista in Italia e di come si sia così agevolmente trasformato in ordoliberismo in salsa "euro". La sua sintesi rinvia ad una serie di post di questo blog in cui i concetti sono stati analizzati e sviluppati ed è quasi un pro-memoria che è anche il brogliaccio di un modo di ricostruire gli accadimenti storico-politici italiani libero dalla vulgata propagandistico pop ordoliberista (un modo se non altro di capire quanto sia ridicola la contropropaganda organizzata a...Bruxelles):


"La Storia è agghiacciante perché si ripete e non è assolutamente farsa. Almeno, a me non viene da ridere.

Il contributo di Arturo sembra confermare il pensiero che pare faccia emergere come, in realtà, la sinistra post WWII fu contaminata da subito dal germe "ordoliberista".

La sinistra liberale (che a casa mia si chiama ossimoro, eccettuando forse la Norvegia) è quella che con il povero (ogni tanto madre natura...) Spinelli ma in particolare con il discepolo di Einaudi, Ernesto Rossi, pianta la gramigna a Ventotene.

Le fondamenta pare risalgano a fine '800, quando si cerca di conciliare il concetto di "libertà" con il socialismo in ottica federalista: Gaetano Salvemini (il primo federalista "per risolvere il problema del mezzogiorno non fu un "padano", fu un "meridionalista").

E qui iniziano "omotetie" da rabbrividire: altri due giovani e simpatici socialisti si spremono le meningi su come fare rientrare una parola tanto bella come libertà nel pensiero socialista: Piero Gobetti e Carlo Rosselli. In che contesto? Mentre su un "blog" si interrogavono su "democrazia dal basso e su dove avessero fallito gli ideali politici nel momento in cui il renziano calvo e mascelluto instaurava un regime autoritario.

Purtroppo "questi ragazzi" Keynes non lo conoscevano.

Ma Rossi ed Einaudi sì.

Quindi Rossi decide di confluire nei Radicali in modo da cominciar a propagandare €uropeismi, liberalismi, libertarismi, liberismi e... quintali di diritti cosmetici. (Ma sti fava di radicali la piantono di fracassare i cosiddetti con lo stato delle carceri che sono i primi a propugnare il taglio della spesa pubblica e tutte le altre amenità per cui siam a lor grati?)

Hayek non andava d'accordo con nessuno: Schmitt era un anti-liberale e anti-democratico (nel secondo termine qualificativo nel senso che "non lo era abbastanza"). Insomma, un vero liberale è colui che la libertà la nega a tutti gli altri (Insomma, i nazisti non stavano abbastanza a "destra").
L'ordoliberismo era una disgrazia visto che predicava addirittura l'economia sociale di mercato: lo stato non deve esistere!

Ma in entrambi i casi sapeva come prendere il peggio dal peggio e farlo passar per buono: a Schmitt gli stava sui maroni il welfare state. Poi, sulla via per Berlino, capì che anche la scuola di Friburgo poteva essere utile per iniziare... Quindi vai di ordoliberismo a tutta birra e crauti.

Ma la "doppia verità", la "dialettica ossimorica", "l'inversione causale" trovano in Hayek massima rappresentanza: cioè, per iniziare, lui non dice che «per eliminare la Democrazia è necessario eliminare lo Stato», inverte con «per eliminare lo Stato (che non rappresenta la società che, nella sua visione, è quella che passeggia tra un green e un bunker) è necessario eliminare la Democrazia». Insomma, si generano atroci sofferenze sociali per.... valori.

Lascio un pensiero di Schmitt ai nipotini di Ventotene: «Attempts at world confederation, and world government, can only produce new wars with an enemy who inevitably resists other countries ganging up on it»."

Per finire, a suggello di questa radiografia di una malattia dell'organismo "democrazia costituzionale", vi lascio questo commento, anch'esso tratto dal dibattito seguito al precedente post, che sintetizza l'altro aspetto attuale del momento: come e perchè si punta (vedrete nel dopo elezioni) a questa accelerazione apparentemente distruttiva senza timore di un costo in termini di consenso. Per ora; fino a quando la dura realtà smentirà la grancassa mediatica di copertura:

"Non so se si "suicideranno": in sostanza la piega attuale fa concorrenza al M5S sul terreno del livore con l'obiettivo di recuperare consenso da quel settore. La propaganda sforna schiere di livorosi ed elettoralmente puntano ad essi: proprio sapendo (la propaganda) che i livorosi non si rendono conto che la miseria che li rende tali la provoca l'antiStato autorazzista propugnato dagli ordoliberisti.

In fondo Rizzo-Stella hanno involontariamente "creato" il m5s e ora gli ordoliberisti tentano di riprendersi il bottino originato dalla propaganda".

41 commenti:

  1. per quanto riguarda il maggior gettito IVA credo sia riferito al rimborso "straordinario" dei crediti alle imprese (o anche i famosi 80 €), non certo maggiori consumi con aliquote alle stelle e disoccupazione in aumento..

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    1. Hai ragione: mi dimenticavo. Un'altra irresistibile storia comica (pagamenti finanziati da equivalenti tagli alla spesa dei vari livelli dell'amministrazione e destinati essenzialmente al pagamento dei debiti contratti nel frattempo dalle stesse imprese, con estinzione della corrispondente liquidità e quindi nessun effetto moltiplicatore)

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    2. Mi ricorda il moto perpetuo: io stato ti pago quanto ti devo o ti do gli 80€, questo pagamento genera aumento del gettito iva che mi garantisce la copertura finanziaria del pagamento!

      Secondo me è come sollevarsi tirandosi su per le stringhe degli stivali!

      Altra chicca della conferenza stampa: "abbiamo deciso di rispettare il limite del 2,6% così acquisteremo autorevolezza per poter chiedere di modificare i vincoli (magari per la Francia che chiede di prorogare il suo del4,5%per ancora un anno!).

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    3. Questa storia della credibilità comincia ad assumere toni grotteschi.
      Io vorrei sapere dove, nei trattati europei, stra scritta una norma del genere: "il vincolo del rapporto defici/pil al 3 per cento viene imposto allo Stato membro le cui politiche, sulla base di un giudizio discrezionale ed insindacabile degli organismi europei vengono giudicate dannose per la stabilità economica e sociale dell'Unione"

      Dove sta scritta? Immagino da nessuna parte!!!!

      Allora: se la norma esiste (per quanto economicamente insensata), vale per tutti. Se gli organismi europei chiudono discrezionalmente uno o due occhi a seconda dei casi, la DISAPPLICANO coscientemente e colpevolmente. Non siamo noi, allora, a non avere credibilità ma LORO a non avere più l'autorevolezza di imporcela. O sbaglio?

      Cosa significa, poi, rispettare un limite al fine di guadagnare l'autorevolezza necessaria a chiedere una deroga?

      Ma la cosa più raccapricciante, è vedere persone che presumono in loro stesse un livello culturale elevato credere a questi discorsi. Queste persone sono i piddini. Quelli che, nella loro bacheca di Facebook, rompono i cosiddetti un giorno sì e l'altro pure su quanto è bello comprare libri, annusare libri, leggere libri, riempirsi di libri, dormire sui libri, fare l'amore con i libri, glorificare i libri, santificare i libri, trasformarsi in un libro (poi scopri che stanno tutti con l'iPad)......
      Almeno leggessero quelli giusti. E si sforzassero di capirli, pure. Ma chi "sa di sapere", ovviamente il problema non se lo pone.....

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    4. Oddio, la norma non è scritta da nessuna parte in questa forma, ma deriva dalla complessa e intenzionale inintelleggibilità dei trattati, e di atti "derivati" di dubbia conformità ad essi come il FC. Si tratta della creazione di una discrezionalità svincolata dai principi di indirizzo legati alla tutela dei diritti fondamentali (piuttosto, direi, resi irrilevanti).
      Dunque l'arbitrio più incontrollabile del potere esecutivo (sovranazionale), svincolato da qualsiasi sovranità in senso moderno e da qualsiasi legittimazione elettorale di un potere costituente: insomma il contrario della democrazia

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    5. ricordando poi sempre che la regola 3% deficit/PIL è una porcheria anche solo per la sua assenza di razionalità economica. Non capisco come si possa ancora parlare di questo vincolo quando il suo autore l'ha bellamente demolito, un numerino scelto a caso perché "ricorda la trinità", e intanto noi facciamo i conti se sia il caso o meno di sforarlo e di quanto, e l'UE malata ci ricorda che se non rispettiamo il suddetto vincolo verremo puniti. Un circo

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    6. Siamo oltre la fase orwelliana, del pensiero unico imperante. La vetta del governo orwelliano è stata raggiunta con Monti: "La Grecia è il più grande successo dell' euro" , "l' austerità espansiva".

      Sono, ormai agli occhi di tutti, frasi assurde, ossimoriche.

      Come fare a negarle pur continuando su quella linea?

      Si è andati oltre, siamo alla "fase commedia dell' assurdo" o "demenziale", la fase successiva alla "fase Orwell" io la chiamerei la "fase Monty Pyhton":

      "se la sinistra non cambia diventa come la destra!"
      "i vincoli di bilancio europei sono sbagliati, assurdi e anacronistico [quindi] dobbiamo rispettarli per i nostri figli".

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    7. Siamo certamente nella fase "helzapoppin" del riduzionismo ordoliberista. L'inversione dei meccanismi causa-effetto arriva ormai a non cercare neppure di dissimulare l'illogicità.
      Una farsa che non fa ridere...

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  2. ... e il "salmonato" scoprì il lato oscuro del salario minimo....

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-08/il-lato-oscuro-salario-minimo-tre-regole-evitare-stipendi-piu-bassi-e-lavoro-nero-180638.shtml?uuid=ABEwGL9

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    1. Una cosa meravigliosa...Ogni tanto si riposano e per sbaglio ragionano o ascoltano qualcuno...ma è solo per riempire gli spazi vuoti e trovare qualche lettore in più, transitoriamente

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    2. Ed infatti, con questa perla di Bastasin, si sono immediatamente ri-adeguati alle indicazioni del "partito"

      http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-09/se-chiudere-confini-toglie-futuro-giovani-063618.shtml?uuid=AB5vEX9

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    3. L'esercito di riserva dei disoccupati-precari a disposizione del "mercato" sovranazionale. La teorizzazione di un potere sconfinato che non ha orrore di se stesso

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    4. tremendo, mentono sapendo di mentire... il debito accumulato negli anni 70 e 80... peccato che nell'81 il debito era solo al 55% del PIL... sono disgustato

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  3. Non mi ero accorto che fosse stato ripreso l'intervento, intervento che aveva un link "monco": Ma Rossi ed Einaudi sì.

    Riferimento volto a ricordare la posizione in politica economica degli €uropeisti "core": avversione a Keynes e al "Rapporto Beveridge". .. in breve, avversione alla nostra carta costituzionale.

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    1. Grazie della ulteriore precisazione Bazaar. E ad ancor maggior tuo merito :-)

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  4. Luciano! Ma tu guarda dove mi portano domani sera...

    Sarebbe una figata avertici presente! :-D

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  5. Caro Baazar, offri molti stimoli. Su alcuni punti del tuo brainstorming non sono però molto d'accordo (forse mi sono anche spiegato male io). Non parlerei di una "gramigna" o un "virus" che è stato piantato o si è subdolamente insinuato ma di una ininterrotta, sostanzialmente nemmeno dal fascismo (Santomassimo ha scritto pagine importanti sull'argomento), egemonia intellettuale liberista che data dall'Ottocento, a cui peraltro rapporti sociali e interessi concretti hanno inflitto, e meno male!, alcune clamorose sconfitte (il protezionismo in primis). Peraltro il liberismo è sempre stato tanto intellettualmente agguerrito quanto politicamente spregiudicato e flessibile (Einaudi poteva scrivere su Critica Sociale mentre Pantaleoni si arruolava tra le file nazionaliste, poi andava con D'Annunzio a Fiume e infine diventava fascista). Naturalmente all'occorrenza può diventare antifascista, anche se nel '22 plaudiva all'avvento del duce. Quest'ultima incarnazione ordoliberista non ha quindi davvero nulla di sorprendente, secondo me. Proprio perché la natura proteiforme dell'oggetto rischia facilmente di precipitare l'osservatore nell'indistinto, credo che le distinzioni siano importanti e le generalizzazioni da usare con una certa prudenza. Per esempio non ritengo corretta una diagnosi che consideri ossimorica l'incontro di liberalismo (non liberismo: in Italia abbiamo le due parole, approfittiamone) e sinistra (mi sembra anzi un po' sorpredente la ripresa di questo giudizio crociano, o vonmisesiano per quel riguarda Keynes, che, come argomenta a me pare plausibilmente il suo biografo Skidelsky, era senz'altro un liberal); la nostra stessa Costituzione accoglie evidentemente alcune irrinunciabili eredità garantistiche della tradizione liberale. In ogni caso non è sicuramente corretto sul piano storico sostenere che Rosselli non conoscesse Keynes, visto che durante il suo soggiorno londinese "conobbe anche Keynes, che divenne un punto di riferimento nei suoi studi. Carlo Rosselli fu pure molto legato a Piero Sraffa, figlio di Angelo, rettore della Bocconi."
    Sono invece pienamente d'accordo sulla subaltnernità al liberismo della maggioranza del "riformismo" laico (d'altra parte è un punto ampiamente argomentato anche da Paggi e D'Angelillo); se però si passa dalle idee ai fatti, bisognerebbe pure ricordare che il processo di unificazione europea non è stata opera dei quattro gatti radicali di Ventotene, ma del(l'antifascista) centro-destra cattolico (e degli interessi, nazionali e internazionali, che vi facevano capo): i padri fondatori sono stati De Gasperi, Adenauer e Schuman, mentre tutte le sinistre, in particolare quelle comuniste, all'epoca esprimevano aperta ostilità o scetticismo, inclusa quella tedesca (Schumacher ebbe a dichiarare al congresso della SPD di Amburgo del 1950 che quella era l'Europa delle "quattro kappa": konservativ, klerical, kapitalistisch e kartellistisch: Sassoon, Cento anni di socialismo, Editori Riuniti, Roma, 1996, pag. 250). E va pure ricordato che a sdoganare il liberismo in versione anglosassone in Italia è stata la destra berlusco-leghista (molto significativo il cahier de doléance "Umberto Magno" dell'anarcocapitalista Leonardo Facco, per quindici anni intellettuale leghista e oggi legato agli indipendentisti veneti), che nell'alimentare livori diversivi, utilissima passerella per questa fase finale in cui la maschera ordo si va squagliando, non è stata davvero seconda a nessuno. Son discorsi lunghi, ci sarà occasione di riparlarne.

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    1. Arturo, la tua accuratezza di ricostruzione storica (delle idee) è sempre interessantissima e completa.
      Il liberismo, lo sappiamo bene, è indifferente-neutrale rispetto alla democrazia (non censitaria ovviamente: non è contrario alla autorappresentatività assembleare in funzione legilsativa) e quindi all'ideologia politica "generale" che in essa prevalga o receda: esso si cura della tutela politica delle classi economicamente dominanti.

      Può farlo anche col nazismo e solo il socialismo reale lo blocca irerversibilmente nel suo percorso di dominio esteriormente flessibile: sostanzialmente no, dato che il suo obiettivo, appunto flessibilmente dissimulato, è la rigida preservazione rapporti di forza auspicati.
      Questi e proprio questi vanno conservati ad ogni costo.
      Cioè sul piano politico (nell'accezione di ideologico-programmatico della società) non conosce un'etica pubblica ma solo quella privata individuale, scevra da ogni preoccupazione altruistica che non sia solidarietà di "categoria" (non voglio dire "classe").

      L'etica pubblica gli è indifferente e la considera solo in quanto efficacemente strumentale al suo controllo istituzionale (ritenuto una precondizione di impiego efficiente dei fattori della produzione e nulla più): nazismo, fascismo, liberalismo e socialdemocrazia gli sono egualmente indifferenti purchè possa esercitare la sua doppia verità. Quella simulata, pubblica, può essere una qualsiasi (ripeto: colo solo limite del socialismo reale).

      L'ordoliberismo non è alla base della nascita delle comunità europee, è corretto.
      Ma esse non si proposero in origine esattamente nella forma attuale. Semplicemente non potevano.
      Quando l'hanno fatto è proprio perchè l'ordoliberismo aveva rafforzato la sua penetrazione nel pensiero delle elites. Però come fenomeno, rapportato all'Italia, è corretto dire che nasca a...Ventotene. IN attesa di tempi migliori, sancendo una radice, una matrice metodologica (questo è l'ordoliberismo: metodo del liberismo date certe condizioni di consolidamento della tutela del lavoro).
      Aveva bisogno di una strategica negazione del fascismo in quanto era considerata ridondante e intollerabile la sua retorica del lavoro, così come poi si è proposto vincente come negazione del costituzionalismo, che del lavoro fa un diritto (IL diritto) fondamentale.

      Una preghiera: per meglio fruire dei tuoi interventi, potresti, please, mettere qualche punto e a capo e qualche spazio tra i periodi? :-)

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    2. Grazie mille Arturo, sei un pozzo di informazioni.

      Lo spunto dal tuo intervento è venuto dalla tua citazione di Navarro che esprime un tema che credo centrale: la svolta dopo l'89 della Sinistra che è saltata a piè pari nel liberismo sfrenato dalla socialdemocrazia che, nel caso italiano, (correggimi se sbaglio) con "le convergenze parallele" si saldava con il centro "moroteo" condividendone l'impronta "socialdemocratica" (e le strategie geopolitiche/energetiche tramite aziende di stato verso il medioriente): insomma, Berlinguer e Moro stavano saldando il più colto e potente "centrosinistra keynesiano" d'Europa, in ottica "sovranista" e di emancipazione rispettivamente da USA ed URSS.

      Bene, perché Ventotene è importante per la nostra comunità nazionale e nel nostro dibattito? Perché segna il cambio definitivo per una parte importante dell'elettorato dal riferimento culturale atavicamente legato al Partito: avviene lo switch ideologico dal Manifesto di Marx&Engels a quello di Rossi&Spinelli. E' fondamentale perché il processo di "piddinizzazione" è comunque andato ben al di là dell'area (P)D(S)inica (la "D" in neolingua sarebbe una "L" di Liberalist, come in USA): la sinistra che è rimasta attaccata ancora al Manifesto "originale" ha comunque fatto proprio Ventotene esprimendo, comunque, un forte €uropeismo e tutto ciò che significa, in un'ottica "internazionalista" de facto "cosmopolita", funzionale al liberismo sfrenato proprio come fece notare Cesaratto confrontando Marx e List in rapporto a Smith.

      Sinistra "comunista" che ha rivelato tutta la propria inconsistenza umana e politica continuando a giocare "il tanto peggio tanto meglio": non a caso citavo anche il plauso di Lenin all'ascesa fascista ma a cui si potrebbe aggiungere il ruolo dei "comunisti" nella sconfitta dei democratici nella guerra civile spagnola di cui George Orwell fu testimone. Oggi non pare diverso e credo che sia in gran parte condivisibile per chi ha esperienza di dibatti in "Illinois"... (trovo infatti meno efficace il liberismo sdoganato - e quindi evidente - da Berlusconi o dalla Lega piuttosto che quello piddinico cosmetizzato come da scuola "ordoliberista").

      Nel dibattito attuale trovo dirimenti i "vizi ideologici" dei progressisti per capire sta Caporetto dei valori occidentali: credo che se non si accetta "questa debolezza culturale" non sia possibile comprendere la nascita e il consolidamento del PUDE che, in Italia, dopo Mani Pulite è diventato "primo della classe in Europa": anche se non credo che si possa fare un discorso tanto diverso per le altre socialdemocrazie europee.

      Poi. su questo punto, mi ricollego.

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    3. Su Gobetti e Rosselli (al di là della simpatia personale che ho per Gobetti...) mi interassava sottolineare che in quel periodo non vi era ancora stata l'esperienza keynesiana e lo specificavo per mettere in risalto la posizione "ideologica" dei redattori del manifesto di Ventotene.

      Sul fatto che gli anglosassoni conoscano solo il termine "liberalism" rimane quello che, secondo me, è il vero fulcro del problema politico e culturale e per cui, ricollegandomi col pensiero in apertura, chioserò.

      In realtà, fino a poco fa mi ponevo similmente a te: facevo sempre la distinzione tra liberismo e liberalismo, pensiero economico e filosofico (non è un caso che,comunque, abbia citato la Norvegia!): non lo faccio più, perché penso che sia dialetticamente fuorviante in una situzione storica dove la prima "resistenza culturale" deve essere fatta contro la neolingua. Il liberalismo "di sinistra", "democratico" è naturale conseguenza delle libertà positive e non ha interesse dialettico: pena è rischiare di finire nella trappola del confronto "cosmetico" di piddini e radicali. (Insistendo sul punto, anche Keynes era "liberista" oltre che "liberale"... ma non mi sembra dialetticamente efficace l'aggettivo considerato che, da studente di economia, mi è stato insegnato che esistono solo "comunismo" e "liberismo", al di là degli infinti rapporti che possano esistere tra Stato e mercato)

      Qui provo a chiudere il pensiero proponendo: cosa succede con l'europeismo nel dopo guerra? Entrano in gioco in modo molto "invadente" gli USA. Credo che mi potrai confermare che i finanziamenti della CIA per finanziare campagne europeiste inizino dagli anni '50 e, sempre se mi confermi, la DC di De Gasperi era piuttosto filoamericana. E perché insisto su questo punto?

      Perchè in USA il socialismo non esite e, i "democratici", si avvicinano molto alla nostra "sinistra liberale": ma come liberale? Liberale nel senso anglosassone, delle "libertà negative, nessuno sforzo in più: il tessuto ideologico dove si espande veloce il cancro liberista e, in un continente, che non ha né la tradizione né "gli anticorpi americani".


      Il proporre il modello USA come "sollievo" dopo l'ordoliberismo (il cui "populismo", esattamente come con il fascismo e il nazionalsocialismo, permette di paludare di socialismo un'ideologia classista e liberticida) sarà comunque la morte dell'Europa della Cultura così come la conosciamo. Ed è in questa direzione che filantropi come Kalergi ed Hayek pare volessero dirigersi e per cui presero i consensi della finanza apolide.

      Certo che se avessi il tuo bagaglio culturale avrei ben altri strumenti di indagine... col tempo, per ora seguo la prima indicazione avuta d'adulto: «Prendi l'arte e mettila da parte». :-)

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    4. p.s. con Facco ci ho discusso animatamente tempo fa... sugli OGM...

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    5. Una sola precisazione: l'attribuzione di filo-liberismo anglosassone al berlusconismo va presa solo, a mio parere, in senso propagandistico (genetico, per lanciarsi sul mercato avendo l'appoggio confindustriale e di certi ambienti dei mercati).
      La sostanza dell'azione poi perseguita da quei governi, in effetti, è stata ordoliberista pedissequa dell'UE-UEM.
      Quando si sono trovati a governare veramente, dal 2001 (non prima), infatti, l'ordinamento costituzionale era stato già disattivato a la ghost institution dei mercati si era già strutturata secondo il metodo ordoliberista.
      Sul punto rinvio al post http://orizzonte48.blogspot.it/2012/11/a-corruzione-e-il-fogno-lo-strano-caso_30.html

      Hanno, con Tremonti, non dimentichiamolo, solo tentato di delimitare gli effetti dell'impianto normativo derivato dall'UE in modo da non compromettere definitivamente gli interessi del core elettorale di riferimento. E neppure ci sono riusciti fino in fondo: dal 2010 Tremonti esprime politiche totalmente €uro-conformate. Il banco salta per altri motivi, come intuiamo e come la ricostruzione storica poi ci chiarirà ulteriormente.

      Di certo abbiamo che Tremonti, nel 2011, aveva già corretto i conti in una misura persino più solida e vicina agli obiettivi di quanto non fecero poi Monti e successori. Ma il problema era la correzione degli squilibri commerciali a costo della distruzione della domanda-deindustrializzazione.
      Confindustria ha appoggiato questa linea di superamento di B-Tremonti, prendendo fischi per fiaschi, per pura ignoranza ecomica - filo bocconiana- che tutt'ora prosegue. Certamente di mezzo c'era un ambiente bancario nazionale captured dai sistemi creditori: il cui massimo inteprete è incarnato da un Draghi in posizione poi di superdecidente (super)ordoliberista.
      .
      Insomma, non era i conti pubblici (e tutt'ora non lo sono) in gioco, ma la deflazione interna.
      Poi probabilmente l'amicizia con Putin ha aggiunto un elemento destabilizzante che si innescava nella stessa considerazione dei "mercati" anglosassoni (per usare un eufemismo indicativo ma non esauriente).
      Questo per attenersi ad una ricostruzione più vicina ai fatti bruti e ai rapporti di forza, che magari fa aggio sulla esattezza degli svolgimenti ideologici

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    6. In effetti Berlusconi si è innestato in quel ruolo che è stato storicamente sostenuto dalla DC andreottiana (più che di Craxi, come comunemente si pensa...), anche lei "americana" di facciata ma pronta a conciliare con gli interessi nazionali trattando con Arabi e Russi, almeno che non si voglia credere che il satrapo di Arcore facesse solo dei festini con Putin e Gheddafi. E lo stesso vale per le politiche socialiste che, a conti fatti, trovano in Berlusconi il "meno peggio" rispetto a coloro che vogliono eliminare il contante...

      Gli Italiani della generazione politica precedente erano da almeno la morte di Mattei tutto un "sì" al liberismo anglosassone e "atlantico" in generale, poi si giravano e tornavano a far "protezionismo" con la liretta, pianificare politiche industriali ed energetiche con aziende finanziate dallo Stato: nessuna risorsa naturale, limitata sovranità territoriale ma un una de facto concorde visione politica sul futuro del nostro Paese, sostenuta da cultura, intelligenza e furbizia.

      Il germe collaborazionista ed antistato deriva propria dai dogmi internazionalisti che (mannaggia alla neolingua!) sono in realtà "cosmopoliti": cosmopolitismo (ordo)liberalist friendly che non trova nell'americanismo disvaloriale berlusconiano il suo massimo sostenitore, troppo legato ad interessi nazionali come sottolinea 48: lo trova nel collaborazionismo della finanza laica di cui De Benedetti, dopo Agnelli, diventa massimo rappresentante insieme a Elkan e via "cosmopolitando"...

      Individuo in quelle organizzazioni finanziarie, partitiche e culturali riferibili alla "sinistra liberale e cosmopolita" il vero tradimento in danno dei cittadini italiani e, per proiezione, europei.

      Non credo che Draghi, appellato come ci ricordiamo da un Cossiga ai suoi aultimi giorni, citasse Einaudi, Rossi e Spinelli a caso: "vile affarismo e imbecillità" uniti nella svendita della Repubblica.

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    7. Non paia una distinzione troppo sottile: la stessa penetrazione del pensiero hayekiano strategicamente inteso è operativamente estranea alla prassi di governo di B.: e molto più riconducibile alla sinistra ordoliberista all'opera negli anni '90. Oggi, travolta la stessa facciata, questo fenomeno si manifesta con una evidenza quasi allo stato puro.
      Ovviamente, con questo non intendo depotenziare il rigore delle distinzioni storico-ideologiche ricostruite da Arturo, ma evidenziarne la divergente sfera applicativa in termini di "militarizzazione emergenziale" dell'anticostituzionalismo.
      Cioè del vero (e non immaginato mediaticamente) problema di democrazia che oggi ci troviamo a fronteggiare

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    8. (Scusami, scrivendo in quella finestrina neanche mi rendo conto della stazza finale del malloppo: stavolta ho usato Open Office. :-)

      Wow, che dibattitone! :-) Dico subito che non risponderò a tutte le questioni sollevate, sia per motivi di spazio (per esempio, pur conoscendo un po' la storia della guerra civile spagnola non mi pare il caso di discuterne) che di insufficiente informazione mia; tocco solo quindi i punti che mi sembrano più rilevanti.

      Io non ho contestato il punto su Ventotene. Ho fatto un discorso un po' diverso. Ho provato prima di tutto a distinguere Ventotene, riconducendola a quel filone “riformista” laico di fatto liberista, dalla sinistra, comunista e non, le cui sudditanze culturali al liberismo (che pure in parte c'erano) non offuscavano (all'epoca...) la corretta percezione della marca conservatrice che il progetto di unificazione europea esibiva chiaramente e fin dall'origine (tra l'altro è molto interessante che sul Manifesto Spinelli si senta in dovere di sparare a zero sull'internazionalismo socialista e comunista, reo, a suo dire, di muoversi sul piano internazionale solo indirettamente attraverso gli stati nazionali, in modo non diverso dall'internazionalismo democratico: perché in effetti a me pare che la ricostruzione di Cesaratto della discussione Marx-List non renda ragione a un Marx politico che avrà sicuramente avuto molti limiti ma non era per nulla piddino...Insomma, la ricerca di una continuità a tutti i costi di debolezze ideologiche mi pare cancelli le discontinuità e differenze chiarissime agli stessi protagonisti lasciando nel cono d'ombra continuità che invece sono indiscutibili: vd. subito dopo). Perché se è vero che la forma attuale non era ancora emersa, o forse non si era pienamente dispiegata, è anche vero che “The treaty [e l'autore sta parlando del trattato di Roma del '57] was a triumph of German ordo or neo-liberalism over remnants of French interventionism. It drew upon the Spaak Report (1956), chiefly of German inspiration, which envisaged a single competitive market without the social regulation demanded by the authorizing Messina Resolution of June 1955. In comparison with previous plans it was ultra-liberal.”(B. Moss (a cura di), Monetary Union in Crisis. The European Union as a Neo-liberal Construction, Palgrave MacMillan, N.Y., 2005, pag. 10. Devo la segnalazione del testo al solito Cesaratto). Il milieu internazionale è quello dei “Christian Democrats, the governing party everywhere but in France. They acclaimed the larger competitive market as a generator of wealth and property ownership (Haas, 1958, 24, 115) and less overtly as a safeguard of personal autonomy, responsibility, and spirituality against the collectivist materialist tendencies of the democratic state (cf. Hanley, 1994). Europe was not for them the expression of citizen equality and popular sovereignty but of a charitable communion of souls committed to the market.” (Ibid.).

      Naturalmente le idee marciavano perché avevano gambe robuste su cui marciare: “While labor was divided on the EC between Communists and social democrats and farmers skeptical – the French preferred existing bilateral arrangements – capitalists – not only exporters – were the one class that consistently supported European integration.” (Ibid., pag. 38).

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    9. Ora, non conosco abbastanza bene i dettagli della storia dei movimenti democristiani europei, ma conosco quella italiana e non c'è nessun dubbio che De Gasperi, per quanto ovviamente il Trattato di Roma sia stato siglato successivamente alla sua morte (ma anche al Manifesto di Ventotene...), di là di finanziamenti americani (che ovviamente c'erano), condividesse genuinamente quello che del Manifesto è il fulcro, cioè il rovesciamento dell'ordine delle priorità nazionale-internazionale per il conseguimento della pace fra i popoli, che, e di nuovo non a caso, è un parto (certo, con materiali non originali) del pensatoio einaudiano già negli anni '20 . Come scrive Malandrino (Da Machiavelli all'Unione Europea, Carocci, Roma, 2003, pag. 341) “Dopo Cattaneo, è il primo a dimostrare consapevolezza delle centralità e attualità del problema della sovranità assoluta ed esclusiva degli Stati europei, visto come l'ostacolo maggiore al conseguimento del fine unitario e federale a livello continentale”. Il mio secondo punto è quindi che De Gasperi e la DC europeista (Gonella, Taviani, Giacchero, Cappi, Bastianetto, eccetera eccetera) contavano un po' più dei redattori di Ventontene, con cui peraltro operavano di armoniosa conserva: “Nel tema dell'Europa, del resto, la collaborazione fra laici e cattolici non incontrava frizioni di sorta, così come tra i movimenti federalisti cattolici e il Movimento federalista europeo guidato da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi”. (P. Craveri, De Gasperi, Il Mulino, Bologna, 2006, pag. 493. E visto che è stato nominato Kalergi, possiamo ricordare come De Gasperi vi fosse in regolare e cordiale corrispondenza.). In questa sua opera De Gasperi poteva contare sul caloroso appoggio di...Einaudi (sempre lui...), “oltremodo partecipe di questi sforzi” (op. cit., pag. 494), tanto da scrivergli una commossa lettera il 14 maggio del 1952 (conservata nell'Asmae e pubblicata da Craveri) in cui lo invitava a “lasciar legato” il suo “nome alla grande idea”, cioè quella di un'Europa federale. Né d'altra parte trovo apprezzabili differenze collaborazioniste tra finanza cattolica e laica, come mi pare abbastanza logico, rispetto a quelli che sono state le questioni economiche decisive (es.: nello SME ci portò proprio Andreotti e le uniche resistenze al divorzio tesoro-Banca d'Italia vennero dal PSI. D'altra parte B. ha sempre firmato tutto, Europlus compreso, senza fiatare).

      Sono anche d'accordo sulla precisazione circa il raggio applicativo del liberismo berlusconiano (avevo postato, se qualcuno se lo ricorda, questo importante articolo di Cavallaro), ma va pur dato atto che nella disciplina dei rapporti di lavoro una certa densità è stata pure dispiegata (vedi per esempio l'attenta ricostruzione del compianto Massimo Roccella) e che d'altra parte le idee vivono di vita propria, anche rivoltandosi contro chi le ha alimentate (vedi per esempio le ricorrenti accuse di “rivoluzione liberale mancata”).

      Circa la distinzione liberalismo/liberismo, la resistenza alla neolingua io non so farla altrimenti che con la forza della filologia, cioè della verità storica e su questo piano la distinzione mi pare difficilmente discutibile: non mi garba l'idea di buttare nell'immondizia, per esempio, un Kelsen o un Rawls a causa delle possibili strumentalizzazioni altrui (tra l'altro io con piddini e radicaloidi di ogni sorta ci parlo più o meno regolarmente e non è che questi punti non siano difendibili, anzi).

      Con ciò dico subito che la riflessione è del tutto provvisoria e in itinere (sento il bisogno di scavare ancora molto), ma qualche materiale già fruibile direi che c'è (per questo ve la sottopongo).

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    10. Dico solo una cosa: concordando che l'ordoliberismo ha avuto un innesco democristiano-vetero-moderato (e non poteva essere diversamente), i tempi ci fanno ritenere che, essendo esso essenzialmente un metodo, una strategia strumentale, le sue ambizioni fossero al tempo diverse.
      Quando i tempi maturano- e siamo alle fase post Bretton Woods- "ascende" la figura di von Hayek (la scuola austriaca in genere) in precedenza impresentabile nel dibattito politico.
      Qui inizia un'altra storia: o meglio una variazione di strumenti che possono passare all'attacco diretto verso le democrazie costituzionali.
      Prima ci si limitava a sabotarne l'attuazione.
      E anzi, nella seconda fase, I FRUTTI DEL SABOTAGGIO SONO STATI ASTUTAMENTE UTILIZZATI COME RICOSTRUZIONE A POSTERIORI DEL FALLIMENTO DEL COSTITUZIONALISMO DEL WELFARE. Una doppia beffa

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    11. Naturalmente, dimenticavo, sono tutte riflessioni provvisorie, visto che abbiamo fatto un lungo percorso ma certamente non è terminato

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    12. Sono d'accordissimo che la variabile fondamentale è il contesto. In due parole, per il momento mi pare che la ricostruzione di Moss sia la più attendibile, cioè che il processo di unificazione europea è nato essenzialmente contro due nemici: le sovranità democratiche e il comunismo. Il paradosso è che il secondo obiettivo da un lato spinse a un compromesso al ribasso delle cui possibili conseguenze molti non si rendevano pienamente conto dall'altro costituiva un limite al perseguimento del primo; una volta però sgonfiatosi prima e caduto poi il nemico rosso, i contesti internazionale e nazionali si son fatti propizi perché l'unico nemico rimasto, che tra l'altro negli anni '70 agli occhi di molti si era fatto piuttosto minaccioso, potesse essere prima rintuzzato e poi travolto da strumenti istituzionali che si prestavano all'opera.

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    13. Mi limito a sottolineare che non intendevo considerare Marx un "piddino": in questo percorso in cui credo chiunque stia, nei propri mezzi e nelle proprie possibilità, cercando di apportare un contributo al "modello", ho cercato di trovare delle eventuali "debolezze culturali" per le quali la Sinistra, nelle sue varie componenti, è stata spazzata via insiema a chi avrebbe dovuto tutelare. Proprio come Gobetti e Rosselli nei primi '20... :-)

      Ho letto che anche Rosselli servì la causa democratica in Spagna, quando si dice sostanza e valori: proprio come Orwell.

      Quindi ipotizzo che la sinistra liberale e federalista, de facto, non fosse propria "sinistra": ma destra cosmetizzata di sinistra. (E il piddino è, alla fine, il simbolo di chi non se ne accorge, ma gioca a "destra", nel campo dell'avversario e si fa "autogol" tra le pernacchie della Storia)

      La mancata "resistenza" marxista la ipotizzo causata dalla logica del "tanto peggio tanto meglio" in funzione "palingenetica". (E questa la definisco anti-umana e disvaloriale ma NON piddinica)

      La componente "piddinica" la ipotizzo nell'europeismo ingenuo e indistinto in quanto, di base, nell'internazionalismo viene presupposta una presenza sovrana e nazionale e per la quale si riconosce la diversità etnica e un percorso culturale per cui le differenze di "lingua" sarebbero state superate dalla consapevolezza di classe: insomma "internazionale" presuppone il riconoscimento di popoli e nazioni.

      Nel nuovo-vetero-marxismo :-) questo non c'è: lo Stato nazionale è la barriera che non permette a tutti i proletari del mondo di unirsi e fare una rivoluzione come si deve: globale. Questa è talmente una fesseria che un economista come Cesaratto ha sentito timidamente il dovere di denunciarlo: questo ideologia è di fatto cosmopolitismo, la patria della sociopatia finaziaria.

      Questa riflessione vorrebbe essere un "modulo del modello" e, se è "falsificabile", la considero una buona riflessione. A differenza del buon Karl che voleva applicare la "quantistica" al pensiero socioeconomico.. ;-)

      Un'ultima riflessione sulla cosmetica ideologica: leggendo il PPT proeuropeista (PowerPointforTrolls) ho fatto caso che nel dibattere, in funzione dell'interlocutore, utilizzo indistintamente argomentazioni sia di "destra" che di "sinistra"... confuso o libero?

      Vabbé... non so come ringraziarvi.

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  6. SINDROMI PRODROMICHE

    Il quadro clinico di una patologia è normalmente preceduto da una serie di sintomi prodromici non direttamente correlati con la patologia vera che si manifesterà.
    Un’acufene, un’astenia, una cefalea, un’anoressia, un giramento scrotale a preludere, che ne so, un disturbo metabolico o cardio-vascolare, un’infezione virale o problema psicologico.
    Se appartieni agli ipocondriaci, ti fiondi a velocità supersonica per un consulto che, nell’ipotesi più auspicabile, dovrebbe risolversi con una rassicurante pacca sulla spalla a massaggiare un poco l’ego bistrattato per innalzare le difese immunitarie.
    Altrimenti, con effetti parimenti efficaci, un conviviale gozzoviglio epicureo potrebbe risolvere ‘n affannno dé passsagio e se e quando il quadro apparirà, beh, si andrà in diagnosi e terapia.
    Ma che dire della “strana” patologia che ha colpito la democrazia costituzionale delle economie avanzate se non ipotizzare sindromi prodromiche di pandemie scientemente inoculate e di terapie universalmente validate da acquistare nella parafarmacia del supermercato o nelle sezioni del PUD€ galattico più vicine a casa?
    Qualche tempo fa, rovistando nella “valigia nera”, cascava la carpetta della PROPAGANDA e, aprendosi, mostrava le tecniche di inoculo di sintomi prodromici, delle relative diagnosi e successive terapie da propagandare per coprire efficacemente, efficientemente, produttivamente l’eziologia della “strana” patologia, quella vera, che attanaglia la società civile.
    Ho da semplificare, e molto, nel dipingere un “quadro” clinico che è un ologramma di sintomi prodromici che nascondono e occultano la patologia, quella vera.
    Tanti la conoscono, poco il coraggio – manca la forza - di diagnosticarla, di pronunciarne il nome e di promuovere una terapia efficace.
    La forza del coraggio si chiama democrazia costituzionale, ultimo baluardo contro il delirio psichedelico della finanza che ha sottratto, saccheggiato, rubato le energie vitali della società civica e civile.
    Una democrazia costituzionale divenuta ingombrante e ora troppo pericolosa – a richiederne la rapida dissoluzione sono proprio essi, cioè essi, i “capitani” coraggiosi della industria finanziaria e delle banche centrali “indipendenti” - perché, dopo decenni di menzogne inoculate e di verità che ineluttabilmente si diffondono, rappresenta l’unica reale possibilità di riequilibrare la inumana follia suicida, sregolata e rapace dei mercati lasciati “liberi” tra le a/simmetrie informative e comportamentali.
    La grande crisi del ’29 ha insegnato poco e ancora meno hanno insegnato le terapie usate ai due lati dell’Atlantico per curare il “malato”.
    Questa volta è davvero diverso.
    Non si coltivano più, con ragionevolezza, i campi di “rose”.
    Solo patate e rape, dandosene una ragione.

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    1. Certamente personaggi come Bernays sono importanti per la loro influenza di lungo periodo. Meriterebbe una esplicitazione dei riflessi storici con l'individuazione dele filiazioni tutt'ora operanti.
      Una inchiesta che si attenga ad una certamente difficile ricostruzione di fatti e derivazioni ideologico-operative: ricostruzione che sarebbe interessante fare con l'occhio dell'investigatore.
      Se vuoi cimentarti :-)

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    2. Il Giudice di Corte Suprema USA F Frankfurter, anch’esso esule ebreo-austriaco e amico personale del presidente F D Roosevelt , descrive E Bernays e il compare I Lee come "avvelenatori professionisti della mente pubblica , sfruttatori di stupidità , il fanatismo e l'interesse personale".
      La Storia o, meglio, la Nye Committee - Commissione speciale di inchiesta sull’industria delle munizioni del Congresso relativa alle crescenti domande dell’opinione pubblica USA, non ancora ingegnerizzata, sull’ingresso USA nella WW I - nel 1934-36 rendeva noti i sostenitori della guerra e i pagatori del propagandista freudiano nel Comitato Creel voluto da T Woodrow Wilson.
      L'industria bellica, chimica e finanziaria vantava un credito di 2,3 mld di US dell'epoca verso la GB indi e poscia: I WANT YOU FOR U.S. ARMY dell'armata Bernays.
      Un’investigazione già storicamente dipanata da G Paroncini ne “La nascita dell'impero americano. 1934-1936: la Commissione Nye e l'intreccio industriale, militare e politico che ha governato il mondo” (Mursia, 2013 - 696 pg).
      Mancano le correlazioni economico-giuridiche, ma - come dagli insegnamentio di Falcone & Borsellino - una volta sentito l’odore dei soldi e seguita la traccia, basta solo unire i puntini della pista cifrata e vedere nitida l'immagine.
      Se ritieni interessare alla linea editoriale del blog, posso provare a pensare a a/simmetrie meno emetica della bestemmia - che mi sorge spontanea - quando penso ai “100 di solitudine” di questo "secolo breve".

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  7. E infatti, tra meno di dodici mesi, le piazze finanziarie americane faranno un tuffo in picchiata, forse anche più grosso di quello del 2008. Come sempre, verso il nulla.

    Inizio a pensare che il prossimo piano Marshall verrà da Est...

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  8. E venne la risposta al manifesto di solidarietà europea. Targato integralmente LUISS, e consistente in un appello per rimanere nell'euro:

    http://scenarieconomici.it/uscire-dalleuro-tentazione-pericolosa/

    La domanda è: ma se il PUD€ è al potere, a che serve questo appello?
    Che abbiano coscienza che il sistema scricchiola? La propaganda del PUD€ gioca la carta del "principio di autorità"?

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    1. Beh siamo in tempo di elezioni che per il PUDE sono essenziali per poter partire col massacro definitivo immediatamente dopo. Ergo hanno spasmodico bisogno di legittimazione elettorale che gli consenta di agire senza ombra di dissenso diffuso. L'arma propagandistica quindi deve ora fubnzionare al massimo della sua forza. Schierando ogni possibile influencer

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    2. Mettiamoci anche questa chicca Renzi-Padoan, allora. La colpa delle Recessione? Il Senato ed il Titolo V.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2014/04/10/renzi-padoan-ok-riforma-senato-entro-dicembre-2015_27af8c1e-6d93-40d0-95a5-b02545577251.html

      Notare come i tempi della prima lettura già "slittano" a dopo le europee (a questo punto ti dò ragione: il "voto popolare legittimatore", l'analogo delle elezioni del 1924 per Mussolini, sono per loro le elezioni europee).

      Poi un giorno Padoan ci spiegherà come mai, in passato, nonostante la politica fosse non proprio brillante (P2 che faceva il buono ed il cattivo tempo, e, successivamente, il CAF), l'economia non conosceva la crisi odierna e come mai, dopo l'orrenda svalutazione del 1992, con al governo un esponente del corrotto PSI della prima repubblica ed un Parlamento ancora infarcito di corrotti/corruttori di quel periodo (e, last but not least, non monocamerale!), l'economia italiana si riprese....

      (P.S. Ma cosa c'entra il programma di riforme istituzionali in un documento come il DEF??? Mah....).

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    3. Ormai sono agli equilibrismi: la stessa domanda interna diventa oggetto di vaticini metafisici, ignorandosi non solo gli effetti più scontati dei provvedimenti che adottano, ma anche l'esito scontato che essi hanno essendo dello stesso tipo esatto di quelli adottati a partire dal 2011 e che non possono altro che portare al fallimento degli obiettivi fiscali dichiarati (e sarebbe il meno), ed anche alla recessione (o quantomeno a crescita praticamente ZERO, come la loro capacità previsionale...furbesca).
      Sulle riforme questo blog si è già diffuso a descrivere la vera posta in gioco (tagli alla spesa pronto-moda e privatizzazioni pret a porter)

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  9. Sto finendo le utlime pagine di Anschluss...ora capisco perchè ci hanno tolto il servizio militare obbligatorio.

    Grazie a 48 e a tutta l'incredibile comunità; penso che questa sia una impresa del conoscere per la quale valeva la pena di avere l'euro. Alla fine col manganello del cambio forte hanno davvero reso più efficiente l'informazione, e i meno virtuosi periscono.

    Mi dispiace molto per loro ma mi avete levato i sensi di colpa che ci inculcano ovunque e per la prima volta, da quando vi ho conosciuto è sempre cos', quando parlo per strada non mi sentio circondato dai peggiori corrotti del pianeta ma da una incredibile folla di "piccoli".

    Grazie ancora a tutti

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  10. Scorrendo questa interessantissima discussione mi vengono due considerazioni.
    1) Tra i molti nomi italiani che sono stati fatti, e tra quelli che si potrebbero citare, uno solo è stato:
    - presidente della Repubblica, ma ANCHE
    - governatore della Banca d'Italia, ma ANCHE
    - leader politico in posizione chiave, ma ANCHE
    - figura dottrinaria di assoluto rilevo
    ... e, guarda caso, era liberista convinto, conosceva Keynes e lo rifiutava in blocco. Avrà contato qualcosa?

    2) Si avvicina il 25 aprile.
    Da bambino quella era una festa "di famiglia" (in diversi sensi), con gli anni diventò una celebrazione sempre più solenne e sempre più vuota, anche secondo molti protagonisti della resistenza che ho conosciuto bene. Non solo "garibaldini" ma anche GL.
    Mi viene il dubbio che tanta enfasi nel celebrare il patto antifascista servisse per nascondere il progressivo svuotamento del suo ultimo, autentico frutto: la Costituzione. Canonizzare per rimuovere, ecc.

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