sabato 2 novembre 2013

IL TREASURY USA TRA KALECKY E IL WISHFUL THINKING

Partiamo da questa proposizione socio-giuridica per fissare un punto da cui decodificare lo scenario che si sta affacciando ai nostri occhi:
"Certamente, in un regime di permanente pieno impiego, il licenziamento cesserebbe di giocare il suo ruolo come strumento di disciplina [disciplinary measure]."
Questo assunto, intuitivo, ci consente di comprendere sempre, alla stregua delle coordinate di navigazione, il dibattito che si è svolto sulla questione "pubblico impiego". A cui faccio rinvio, per chi non l'avesse seguito.

Questo stesso assunto ci consente una digressione "storico-economica" molto interessante.
La ritraiamo da un paper del prof. Aldo Barba, datato 25 maggio 2011, alla vigilia immediata di quella offensiva finale che, scatenata dalle vendite di Deutschebank sui titoli del nostro debito pubblico - a loro volta "figlie" del six packs approvato poche settimane prima-, innescò il gigantesco "regolamento di conti" che ha fatto emergere concretamente, per chi avesse occhi per vedere, la vera natura dell'euro. Sentite che dati ci offre:
Consideriamo brevemente alcuni dati essenziali. All'inizio degli anni settanta il peso sul prodotto della spesa pubblica al netto degli interessi è, in Italia, di sei punti percentuali più basso che in Francia e Germania. Nel 1980 la spesa pubblica al netto degli interessi in rapporto al prodotto è pari al 37% in Italia, al 45.4% in Francia e al 46.5% in Germania. Alla fine degli anni ottanta la nostra spesa primaria è allineata a quella dei tedeschi (43% circa), rimanendo in ogni caso inferiore di oltre cinque punti percentuali a quella dei francesi. Alla fine degli anni novanta la spesa primaria è pari in Italia al 41.5% del PIL, contro il 44.9% della Germania e il 49.6% della Francia (Fig. 1).
A fronte di questo differenziale negativo di spesa primaria - la ripresa (dell'incidenza della spesa su PIL, ndr.)dell’ultimo decennio è in buona misura determinato dal più marcato arresto della crescita nel nostro paese-, ancor più ampio è il differenziale negativo dal lato delle entrate. Il rapporto tra entrate e prodotto, nel 1970, in Italia è inferiore di 10 punti di PIL a quello di Francia e Germania; nel 1980, il differenziale è di oltre 12 punti di PIL; al termine degli anni ottanta la stabilizzazione finalmente si compie, e dal 1990 il dato italiano si avvicina a quello tedesco, rimanendo però inferiore di 7 punti a quello della Francia (Fig.2).

Rinviando alla lettura integrale dello studio (intitolato significativamente "La redistribuzione del reddito nell'Italia di Maastricht", il passaggio riportato ci induce ad alcune osservazioni, oggi più che mai attuali:
a) l'Italia degli anni '70 era un paese a bassa pressione fiscale, che consentiva ampi spazi di evasione ed elusione, ma anche a bassa spesa pubblica, comparativamente coi paesi europei omogenei, demograficamente e dal punto di vista industriale;
b) la logica finanziaria avrebbe implicato che, su quei livelli di spesa, attraverso meccanismi ben noti (allora anche ben più facili da applicare), aumentasse la pressione fiscale per portarla progressivamente ad un livello almeno pari a quello della spesa primaria (al netto degli interessi). Ciò avrebbe significato, in sè, una redistribuzione di ricchezza dal profitto e dal lavoro autonomo verso il lavoro dipendente, acquisendo allo Stato risorse che gli avrebbero consentito, nella fase di ripresa che si ebbe nella seconda metà degli anni '70, di agire con una riduzione del deficit di bilancio ed in presenza di una moderazione dell'inflazione, che avrebbero senz'altro lasciato spazio per stabilizzare il ciclo economico di fronte agli alterni eventi che sarebbero seguiti nei decenni successivi (ovviamente, al netto di ogni "delirante" vincolo esterno);
c) si scelse invece un'altra via: si iniziò a raccontare che occorresse moralizzare la spesa pubblica, identificandola col deficit, collegandola, con una simultanea compatta informazione mediatica in tal senso, con il "clientelismo", i "lacci e lacciuoli", la corruzione politica. E si arrivò al famoso "divorzio" tesoro-banca d'Italia, di cui lo studio di Barba ci offre una ricostruzione storico-politica veramente eloquente. Si alzarono i tassi di sconto, lasciandone la libera determinazione a una banca centrale legittimata non più dal Parlamento ma da se stessa, giustificando ciò come "necessità" legata al vincolo di cambio introdotto con l'entrata nello SME; e non solo quella spesa pubblica, pretesamente eccessiva e clientelare, decollò per via degli oneri degli interessi, ma la disoccupazione iniziò stabilmente ad innalzarsi (il minimo, non a caso è nel 1975, poco sopra il 5%, mentre, ancora oggi, i giornaloni e i TG ci propinano che il picco attuale di disoccupazione non ricorreva dal 1977, quando, invece, quell'anno, era sotto il 6%);
d) dunque, con tutta evidenza, la finalità di SME-divorzio era quella di uscire dalla situazione descritta in partenza: reinstaurare la disciplina del lavoro e ridurre l'occupazione ripostando il licenziamento alla sua natura di più efficace misura disciplinare;
e) negli anni '80, ciò non riuscì completamente, perchè l'assenza di un vincolo esterno "fiscale", che agisse autoritativamente, via trattato, anche sull'indebitamento annuale, portò i partiti di governo a perseguire, per non perdere il consenso elettorale, deficit considerati oggi altissimi onde sostenere, attraverso la domanda interna, il calo della domanda esterna determinato dalle difficoltà di esportazione che il nuovo livello di cambio. Ciò specialmente con la ulteriore "restrizione" dello SME "credibile", a fascia di oscillazione ristretta, che aveva provocato le difficoltà di esportazione e dato la stura alle accuse colpevolizzatrici di bassa produttività delle maestranze italiane;
f) la riuscita parziale della manovra redistributiva che con ciò si era innescata, fece considerare un mero incidente di percorso l'uscita traumatica dallo SME nel 1992, tanto che lo stesso anno si "rilanciò", nella stessa direzione, aderendo a Maastricht, e rincorrendo da allora, ossessivamente, la disciplina di indebitamento e il consolidamento del bilancio grazie alle manovrone annuali di cui tutti sapete, vivendole ancora oggi sulla vostra (nostra) pelle.

Cosa possiamo dire sull'inflazione degli anni '70:

a) Segue le dinamiche di salari e PIL
b) La crescita dell'inflazione essendo inferiore a quella di Salari e PIL, presenta quindi negli anni '70 dei vantaggi. I vantaggi derivano dalla maggiore crescita di Salari e Prodotto interno.

2) La quota salari sul Pil cresce ad inizio anni '70, probabilmente le aspettative inflazionistiche causate da Nixon, e dall'abbandono del sistema aureo, generano investimenti e l'offerta (cioè la domanda da parte delle imprese) di lavoro aumentata, fa aumentare la quota salari, che poi stabilizza fino al 1984, anno in cui Craxi decide la riduzione progressiva della scala mobile.

3) L'abbandono della scala mobile ed il calo dell'inflazione dovuto probabilmente alla separazione tra Tesoro e Banca d'Italia causano dal 1982 in poi l'inizio del calo della quota salari sul PIL.

Una cosa, in questa chiave storica, va ribadita.
Non c'è dubbio che il motore ideologico (prima ancora che teorico-economico: il monetarismo e la nuova macroeconomia classica, sono in fondo delle para-filosofie politiche con pseudodimostrazioni matematiche) di questo disegno abbia radice negli USA; sarebbe persino superfluo dimostrarlo. Ci limitiamo a sottolineare come alla rottura di Bretton Woods ed alle crisi petrolifere a sfondo politico-internazionale, segurono:
1) l'asserzione automatica (e strumentalmente infondata) che la rottura del gold standard "indiretto", connesso ai cambi (quasi)fissi, avrebbe generato inflazione in misura intollerabile...per i profitti come si affrettò a sostenere von Hayek, (la chiamò inefficienza nella "struttura del capitale);
2) l'affermazione concettuale della "inflazione attesa", come indice preponderante, sostenuta da Friedman - e che portò alla variante "ingannevole" della relativa curva di Phillips, sostenendosi che l'inflazione "elevata" potesse accentuare la disoccupazione (par.3), contro ogni evidenza dei dati che si manifestavano a seguito dell'applicazione di questa teoria.
Ma non va sottaciuto che, in Europa, il monetarismo si affermò con una forza ideologica che deve a von Hayek la nuova direzione che, sul finire degli anni '70, prese la stessa costruzione europea.

Ora questa vicenda è giunta a un punto di svolta: in molti avete riportato nei commenti il riferimento alla nuova "nota" del Treasury USA sul mercantilismo tedesco, imputato di frenare la generale crescita nell'area euro.
Alla qual cosa ho risposto (più volte) così:
E (purtroppo) non posso che ribadire la risposta già data all'ottimo Arturo ieri:
"L'avevano già detto col primo report del Treasury non appena la nuova Amministrazione Obama si era presentata al Congresso (parliamo di dicembre 2012).
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2012/12/4/FINANZA-Dagli-Usa-un-attacco-alla-Germania-che-fa-esultare-l-Italia/343928/
Si sono poi mossi a qualsiasi livello di quelli possibili?
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/frattale-dello-sbarco-in-sicilia-quanto.html
Non risulta.
Oggi siamo ridotti a intepretare i retroscenza del ridicolo balletto delle intercettazioni USA.

Rammento allora che il problema è di "vuoto"...
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/10/le-forme-frattaliche-opache-e-la-fede.html
E la natura odia il vuoto...

Ormai mi sono fatto (frattalicamente) diffidente. Tanto più che lo dice pure Helmut Schimdt (forse ci tornerò sopra
).

Ed allora ci torno sopra.
Il problema principale è talmente di sostanza, cioè di quel "modello culturale" di cui ha abbondamentemente parlato Cesare Pozzi rispetto alla stessa autoidentificazione del capitalismo attuale, che una singola presa di posizione, tra l'altro, come evidenziato, non "nuova", non basta.
Proprio in quanto proviene da un paese che non ha ancora risolto il proprio problema di modello culturale a ridaduta economico-sociale (sulla natura PUD€-propagandistica della separazione tra economia e cultura, vi rinvio al dialogo con Lorenzo Carnimeo).
E che paese! Quello che di modelli culturali di crescita e di società capitalista è il paradigma "esportatore" ancora in carica.
Anche se, attualmente, negli USA si ritrovano a porsi il problema del benessere legato al modello capitalista, nei termini sollevati da Kalecky: cioè, in quanto si ottenga la piena occupazione come condizione di crescita generale, stabilizzata e senza esclusione sociale diffusa , che elimini il carattere punitivo del licenziamento, proprio in una paese che lo concepisce sempre, astrattamente, in termini di mobilità e di transito verso una nuova occupazione.
Solo che questa intrinseca visione, tipicamente, USA pone oggi capo ad un paradosso: si crede, pur oltre la barriera di un rinnegato monetarismo, che solo la banca centrale, la Fed, possa avere nel suo mandato la difesa del livello di occupazione. Mentre, vige, a livello di amministrazione centrale, ancora la regola del Balanced Budget Amendment, cioè del tetto al deficit spending, "no matter what", deficit impedito anche in funzione anticiclica e anticongiunturale. Quello stesso deficit-cap che, introdotto da Clinton, portò Hyman Minsky a parlare, profeticamente, di "Time Bomb to Subvert American Prosperity".

La conclusione è che in €uropa si stia tentando ancora, (specie nei paesi periferici mediterranei), l'operazione riuscita in Italia a cavallo tra gli anni '70 e '80, ma senza neanche un chiaro supporto degli USA (che al tempo furono decisivi, estendendoci l'ombra di Friedman, accolta entusiasticamente da Ciampi e Andreatta e tutt'ora distesa su BCE-Bundesbank), USA la cui linea di politica monetaria - con Krugman che spiega in continuazione come inflazione e default del debito USA siano spauracchi ridicoli agitati dai residui di un capitalismo finanziario che perso completamente il senso della realtà- è vanificata irrevocabilmente dalle poliiche di bilancio imposte dai tea-party: quand'anche si giungesse a un compromesso, evidenzia sempre Krugman, questo sarà sempre al ribasso, in politiche incapaci di smuovere quella che per gli USA rimane una stagnazione.

E quindi?
Da un lato, la presa del capitalismo reazionario che governa l'€uropa non pare allentarsi, tanto che, appunto, in Grecia, si verificano gli elementi di quegli "opposti estremismi" il cui esito finale è che, come già alla fine degli anni '70 in Italia, un regime anti-piena occupazione possa proporsi come il "male minore" di un ordine accettabile per i cittadini "terrorizzati"; dall'altra parte, questa tendenza, appunto, vive al di fuori del colossale alibi della contrapposizione atlantismo-carri armati comunisti. Cioè vive allo stato puro, €uristico, di conservazione-perpetuazione dell'assetto di Maastricht e dei suoi "derivati".

Quindi, non c'è un pericolo autonomo e reale di "destra" nazi-fascista: c'è, molto più semplicemente, un pericolo di "perpetuazione ad ogni costo" - e cinicamente propagandistica- di una linea reazionaria e restauratrice del capitalismo sfrenato che, formalmente, fa capo alla predominanza del modello tedesco, ma che, sostanzialmete, è sempre rafforzato (e "enforced") dalle inflessibili mire delle elites locali.
Questo anche per rispondere a Kthrcds sulla Le Pen e sugli sviluppi dello sfruttamento di Alba Dorata, rafforzativo, in ultima analisi, del regime €urofilo greco: certo che c'è un pericolo "destra", ma non ha nulla a che fare con la destra intesa nel senso novecentesco dei totalitarismi.
Anzi, il solo resuscitarne il fantasma, che presuntamente si aggiri per l'Europa, serve vieppiù alle elites reazionarie per generare la gran confusione che fa demonizzare gli Stati nazionali e il fondamento democratico degli stessi, basati sulle Costituzioni pluriclasse e redistributive avversate dal modello di Maastricht.

Non abbia timore Keith: la revitalizzazione del modello costituzionale-keynesiano, quale sostenuto dalla Le Pen nei termini attuali, ben illustrati da Sapir, sarà sempre un progresso nella protezione salariale rispetto alla situazione attuale (se non altro perchè reinverte, rispetto alla situazione attuale, il funzionamento "keynesiano" della curva di Phillips).
Il pericolo in tal senso, anche in chiave (post)euro-break, non è costituito da questa linea: semplicemente perchè sarebbe suicida, in termini di consenso, pensare che il recupero della piena occupazione, attraverso l'intervento dello Stato a tutela rinnovata dei diritti sociali (cioè il clou delle Costituzioni), possa risolversi in forme di restaurazione esattamente di ciò che questa linea sta combattendo. E cioè non avrebbe senso combattere la restaurazione arrembante e distruttiva attuale...per perpetuarla. E non a caso si mormora, da parte dei vari PUD€, contro i "populismi anti-europei".

La crescita della domanda interna, attraverso l'abbandono dei limiti fiscali folli e "ideologici" è la via offertaci: questa già di per sè allude al fatto che il vuoto di autoritarismo lasciato dall'euro non sarebbe colmato dall'ingannevole teoria dei tea-party in salsa nazionale.
Quest'ultima, oggi, è molto più rappresentata dalle forze ufficiali dei vari PUD€ europei (falsamente suddivisi in destra-sinistra), che si riposizionano in pallide chiavi critiche dell'euro-assetto, incentrate sull'improbabile tempestiva (nei tempi e nella misura) reflazione di una recalcitrante Germania. La quale preferirà uscire dall'euro piuttosto che mollare la presa sul modello mercantilista (ormai rivolto fuori dall'area euro): e ciò nel momento in cui, per seguire la indispensabile politica di rilancio e ammodernamento del proprio sistema sovraproduttivo - rispetto alla domanda interna e, alle condizioni attuali, pure a quella estera, che ha contribuito ad affossare col suo impunito mega-surplus in free raiding, consentito dalla sottovalutazione dell'euro rispetto al marco-, non fosse più in grado di offrirsi come esempio credibile per imporre deflazione e austerità agli altri paesi dell'area euro.

Lo dice, oggi, in un commento in margine all'ultima presa di posizione del Treasury, lo stesso "International New York Times".
Solo che per gli USA, nel cerchiobottismo attuale, peraltro consapevole che le politiche fiscali e commerciali tedesche non cambieranno di molto, si tratta di un contraddittorio wishful thinking, come dimostra il fatto che si affidano al giudizio profeticamente, ma irrealisticamente, ottimista di un professore italiano, per il quale, "Che posto nella Storia può assumere la Germania senza l'Europa? Una comunità di valori deve includere anche qualche tipo di solidarietà. Perchè senza di essa non sopravviverà".
Wishful thinking europeo a sostegno degli indecisi USA. Ma esattamente in contrasto:
a) con le ragioni profonde della costruzione europea, radicate nell'internazionalismo, dispersivo della sovranità, teorizzato da Hayek;
b) con l'espressa previsione dei Trattati, antisolidaristica, che i tedeschi vogliono non attenuare, ma, ora più che mai, intensificare.

Agli USA non rimane che scegliere: o da una parte o dall'altra. Non c'è una via europea di solidarietà che non c'è mai stata proprio perchè la sua assenza segna le ragioni stesse del modello €uropeo prescelto e il suo abbandono colpirebbe le ragioni "oligarchiche" di convenienza di questo assetto, culminante nell'euro.

Il wishful thinking irrealistico non porterà altro che ad accumulare un ritardo nel trovare una soluzione, prima che il crollo delle economie dell'euro area li trascini là dove la svalutazione del dollaro e le politiche monetarie (rinviando il tapering indefinitamente) non potranno evitare che si impantanino.
Il che, poi, è anche l'atteggiamento completamente fatalistico (sulla disponibilità della Germania) con cui le elites periferiche, e segnatamente quelle italiane, sperano che la situazione possa rivolversi prima che il fiscal compact, ormai in pieno regime - nella portata pluriennale di manovre fondate su previsioni di crescita a dir poco infondate-, dissolva ogni loro possibilità di perpetuare il consenso elettorale di cui godono. Grazie ad una propaganda mediatica sempre più "surreale": ma per quanto ancora?

22 commenti:

  1. Post straordinario (tanto per cambiare)

    Mille considerazioni mi vengon da fare, forse le scrivero' poi.
    Per intanto: (è un qualcosa che ha a che fare con le contraddizioni dell' "egemone modello culturale" americano a cui fai ad un certo punto riferimento in questo post, 48):

    -domanda che rivolgo a tutti i preziosi lettori di questo blog-:

    E' compatibile un sistema capitalistico con un modello di piena occupazione ?

    (la domanda è posta non tanto dal "vetero comunista" bargazzino, ma dal dilettante osservatore politologico bargazzino)

    Considerando il livello dei lettori di questo blog (non parliamo di quello dell' autore), ogni vostra risposta sarà senz' altro motivo di arricchimento mio personale, quindi, anticipatamente , grazie.

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    1. Perchè mai dato quello che hanno abbondantemente scritto Minsky e, prima ancora, Kalecky, e visti i dati italiani (e in genere "occidentali") degli anni '70, dubitarne?
      Certo, se pensi alla piena occupazione come a "nessun disoccupato che non sia volontario", devi ricorrere alla fittizia occupazione piena dei regimi sovietici.
      Ma forse mi sfugge il senso della tua domanda: volevi forse dire che la logica del profitto tenderà sempre ad aver convenienza alla disoccupazione, sottoccupazione, precarizzazione?
      In tal senso non c'è dubbio: ma lo Stato democratico può garantire un'accettabile dialettica tra queste due "tensioni".
      La prova? Padoa Schioppa parlava proprio di rinuncia dello Stato a questo ruolo...E, in Italia, siamo ancora fermi lì; anche se non lo dicono in modo diretto. Ci mancherebbe! I politici dovrebbero ammettere che l'opera di mediazione che gli affida la Costituzione per legittimarne la posizione di "decidenti" viene completamente messa da parte. In nome dell'Europa.

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    2. Questa è esattamente la risposta che mi sarei dato io alla mia domanda.


      Come faceva lo Stato italiano degli anni '60- '70 ha garantire il giusto "incontro" tra le esigenze capitalistiche di avere una riserva di lavoratori disoccupati (l' altra faccia dell' evitare la fittizia piena occupazione) e le esigenze di evitare che questa riserva dilagasse?

      Chi controllava a quel tempo il sistema del credito, la grande industria e le varie reti?

      Quale ruolo, dunque aveva, all' epoca, la "piccola Unione Sovietica del mondo occidentale" -alias: Lo Stato italiano?



      Quale era il patto sociale sottostante (e mai chiaramente identificato) a quel fragile , ma efficiente ben piu' di quanto non sia stato propagandato, "sistema paese"?


      Era forse questo?
      Io Stato garantisco ai miei dipendenti pubblici redditi mediamente piu' bassi (MA SICURI) che nel settore privato, specialmente rispetto agli imprenditori (operanti quasi esclusivamente in "bacini produttivi"* lasciati alla piccola impresa), cui, in cambio di una spinta alla maggior produttività (qui i "vetero comunisti" possono leggere "maggior sfruttamento"...al netto delle 100 mila lire al nero, fuori busta, però) concedo una certa "libertà" di elusione-evasione...NON VENISSERO PERO' A SCASSARE I MARRONI CHE C' E' L' INFLAZZZZIONE E LA SVALUTAZIONE (che "distrugge" i risparmi che noi abbiamo tanto laboriosamente e "onestamente" ottenuto) E IL DEFCIT DI BILANCIO DELLO "STATOLADRO"!

      Ovviamente quanto sopra è la mia rozzissima e burinissima (e forse ideologica) "analisi" di quel "sistema paese" da cui si evincono bene i motivi per il quale i vari "signor livore" di ogni derivazione socio-politica vedono quel "sistema" come disgustoso e ANORMALE.
      Era forse un modello abbastanza anormale (infatti tutti parano di "avere finalmente un paese normale"....o normalizzato? che suona peggio) ma anche il sistema che reggeva l'economia che in quel lasso temporale aveva avuto la maggior crescita del cosmo intiero.


      *va da se che tali "bacini produttivi" erano per lo piu' collegati alle grandi strutture produttive della "piccola Unione Sovietica"

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    3. Sei persino troppo drastico: quel sistema aveva tratti comuni anche in altri paesi europei. Solo che noi, con la piccola impresa, eravamo più creativi mentre la grande impresa, parastatale (come si diceva), era tutt'altro che tecnologicamente arretrata.
      Non era il Bengodi, ovviamente. Ma non lo era da nessun altra parte di più: se non altro consentiva una crescita costante rispetto a un italiano medio che, alla nascita, era stato quasi-agricolo.

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    4. ...e analfabeta.

      (quel sistema così "amorale e anormale" porto' gli operai e gli impiegati e i microimprenditori catapultati direttamente dal mondo agricolo-rurale all' economia industrializzata, a farsi casa, seconda casa, e mandare i propri figli al' università....scusate se quel sistema faceva così schifo....)

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    5. Concordo sulla consistenza del post.
      Mi viene ai polpastrelli qualche breve considerazione sul concetto di "piena occupazione". Adam Smith la dà per scontata salvo lievi increspature ed oscillazioni dovute alle competenze dei lavoratori (temporaneamente "fuori mercato") o alle esose richieste dei medesimi in fatto di salari. Ricardo codifica una legge dei salari che mette tutti i tasselli a posto: basta che i lavoratori si accontentino di salari più
      bassi per essere automaticamente certi di trovare un lavoro. L'andamento economico degli USA nel 1929 scompagina tali certezze.
      Quell'opportunista di JM Keynes si accorge che l'increspatura può essere stabile e la disoccupazione un carattere proprio del sistema
      classico e coglie l'occasione per far entrare lo Stato tra gli attori dell'economia.
      Per quanto incredibile possa sembrare, la cosa funziona. Quel brontolone incontentabile di Frederaick vH tuona contro. No, non contro le misure keynesiane (è haiecchiano, mica cieco o scemo), contro l'ingerenza dello Stato che limita la libertà dell'individuo.
      Poi viene la guerra, negli USA il tenore di vita continua a migliorare durante il conflitto e nel 1945 gli americani si trovano, alla fine di una guerra, con un tenore di vita mai avuto prima e in una situazione di "piena occupazione".
      Alcuni economisti e senatori USA mettono mano ad un progetto di legge che parte con lo Stato garante della piena occupazione dei cittadini.
      Durante il cammino la più influente associazione di imprenditori americani (National Association of Manufacturers) si fa venire qualche dubbio: ma non sarà che ci troveremo nuovi controlli governativi? che saranno aumentati gli stanziamenti e le spese federali per dare impulso all'economia? che si accresceranno i poteri dell'esecutivo? che, Dio non voglia, verrà distrutta l'impresa privata? e magari finiremo al socialismo? Eppoi, a completamento di un quadro tutto negativo, questa idea è ridicola!
      Il concetto di "piena occupazione" si trasforma in occupazione (che è più sobrio) e le garanzie finiscono rivolte a "favorire e promuovere la libera impresa concorrenziale e il benessere generale".
      Era nato "The Employment Act of 1946". ( qualche link generale)

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    6. Bella ricostruzione: non va taciuto, però, che nel 1977, il mandato contenuto nel Federal Reserve Act, viene emendato per il raggiungimento dell'obiettivo del "maximum employment" (concetto controvertibile ma che è più orientato del mero "benessere generale").
      Ci penserà Clinton con l'emendamento sul Balanced Budget, commentato da Minsky, a provocare l'attuale scollamento tra politiche governative e quelle monetarie.
      Insomma, la rivincita aggressiva del neo-liberismo passa comunque per Hayek-Friedman-Lucas-Sargent e poi gli attuali lib-(no)lab

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    7. Premesso che Keynes, non mi sembra desse particolare rilievo alla distribuzione del reddito e della ricchezza, anche se le sue politiche, intrinsecamente, ponendo un "controbilanciamento" alla logica di accumulazione capitalistica, agiscono nel senso del riequilibrio dei redditi, tra l' altro proprio consentendo al capitalismo di ...salvarsi a se stesso.


      Si sente spesso e giustamente parlare dai vari Krugman del livello occupazionale, dato che egli ritiene -ripeto giustamente- fondamentale, diversamente dai liberisti.
      E qui mi riallaccio ai traccheggiamenti provenienti dal "modello culturale egemone" (alias: sogno americano"):
      Solo questo dico: Il modello teutonico, quello degli 8 milioni di minijobbers (e anche quello giapponese, mi sa, del 4% di disoccupazione), potrebbero risultare buoni modelli per il buon Krugman ...

      Ricordo che c'è gente , anche qui da noi, in Italia, che risulta, dalle statistiche, occupato, in quanto ha lavorato qualche giorno nell' ultimo mese, ma dorme nelle sale di attesa di aeroporto e stazioni....

      Insomma, la piena occupazione (o basso livello di disoccupazione) la dove questi occupati siano molto "flessibili" e produttivi ma al tempo stesso dei morti di fame (quindi molto "competitivi")....mi ricordano molto i lavori forzati....lo schiavismo, e anche peggio, perché gli schiavi, intanto erano consapevoli di essere uomini NON liberi, e poi avevano diritto a vitto e alloggio e , era prassi abbastanza diffusa nel modello (dichiaratamente) schiavista, che il padrone fornisse anche le "provvidenze pensionistiche".

      Ecco, da oltre-oceano, si sente molto parlare di occupazione ma si sente anche parlare di aumento di competitività del mercato del lavoro (o degli schiavi?).

      Si, si, per carità, c'è la curva di Phillips, MA C'E' ANCHE "la competizione internazionale" (così detta)

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  2. Dando per scontato l'apprezzamento, propongo due aggiunte: la prima sono le preliminari (poi confluite in un paper) analisi econometriche di Arindajit Dube sui dati del famigerato paper di Reinhart & Rogoff, che per i paesi esaminati, a capitalismo democratico, indicano chiaramente quel che diversi economisti (Krugman in primis) avevano già ipotizzato, cioè che vi sia una reverse causation, nel senso che è la bassa crescita a provocare un aumento della spesa pubblica, e quindi del debito, e non viceversa. l'Italia da questo punto di vista non costituisce certo un'eccezione ed è semmai su chi sostiene altre direzioni causali che dovrebbe gravare l'onere della prova.
    La seconda è che, per esperienza diretta di piddinichae disputationes, il dato della spesa primaria non basta, perché sennò partono subito con la solfa Germaniainvestimenti Germaniainvestimenti; Italiaspesaimproduttiva Italiaspesaimproduttiva. Mi ero quindi andato a prendere sul database Ameco il dato dell'infame spesa corrente primaria rispetto al PIL, che riporto:

    Germania Ovest

    1980:38,6
    1981:39,5
    1982:38,7
    1983:38.1
    1984:37,7
    1985:37,7
    1986:37,3
    1987:38
    1988:37,8
    1989:36,4
    1990:37
    1991:38,4

    Italia

    1980:31,8
    1981:34,4
    1982:35
    1983:36,2
    1984:35,8
    1985:36,1
    1986:36,2
    1987:36,4
    1988:36,6
    1989:37,2
    1990:37,4
    1991:37,7

    Direi che i numeri si commentano da soli. Forse è il caso di raccogliere poi anche i dati procapite, proprio per piantare l'ultimo chiodo nella bara.

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    1. 1) notare che la spesa corrente italiana con SME e divorzio cresce costantemente (in connessione al contrarsi della domanda estera -CAB- nella media del periodo rispetto a quello precedente);
      2) che in termini differenziali, dato lo SME (semplifichiamo) quella della Germania rimane praticamente stabile e, anzi, oscilla ciclicamente verso il basso: indice di domanda interna compressa (sempre il solito gioco);
      3) sulla inversione causale: è chiaro che sia così. Tanto che i conditores di Maastricht dovevano saperlo benissimo.
      E ancora più quelli del fiscal compact: con cui si passa dalla repressione della domanda pubblica a prescindere dalle esigenze cicliche (idea liberista dell'equilibrio naturale di lungo periodo e dell'influenza dello Stato solo inflazionistica), alla repressione diretta della crescita generale.
      Cioè lo Stato da "neutrale" (in teoria e SE validabile il monetarismo ispiratore) rispetto al ciclo economico (Maastricht) si vede affidato il compito di promuovere la decrescita per intaccare il patrimonio mediante intensa deflazione salariale e prelievo sui redditi dei suoi cittadini.
      E questo per raggiungere la Germania nel modello export-led beggar thy neighbor.
      Con comiche finali...

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  3. Uhm, capisco la diffidenza dovuta alla precedente trattazione "sonnacchiosa" della questione da parte dell'Amministrazione USA. Tuttavia va colto l'elemento di novità dovuto alla risonanza mediatica data all'accusa. Una indiretta conferma dell'importanza dell'attacco è proprio nella risposta piccata da parte tedesca, senza avere uno straccio di argomentazione spendibile a difesa. Se si trattasse solo dell'ennesima schermaglia sarebbe stato meglio per loro soprassedere.
    La disapprovazione "diplomatica" è un segnale preparatorio -verso la pubblica opinione interna- dell'uscita dall'alto prossima ventura o, comunque, di una forte discontinuità.

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    1. Eh ma tra "uscita dall'alto" e "forte discontinuità" per noi italiani c'è una bella differenza. Certo, la risposta innervosita (pateticamente atecnica) dei tedeschi può sedare i TG italiani; ma non la Francia.
      Il che riporta alla soluzione asimmetrica e elitaria suggerita da Heisbourg (che per l'Italia e i Med, non promette nulla di buono sul fronte Target2)
      http://vocidallestero.blogspot.it/2013/10/la-febbre-del-frexit-raggiunge-il-cuore.html

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    2. 'Il che riporta alla soluzione asimmetrica e elitaria suggerita da Heisbourg (che per l'Italia e i Med, non promette nulla di buono sul fronte Target2)'

      è evidente che ha chi ha piu' sovranita' tendera' ad approfittarsene...che la cosa sara' trattata segretamente tra francia e germania mi pare pacifico...
      Per questo la divulganzione che si fa qui è cosi' importante , perchè suppulisce alla mancanza del dibattito politico e di politici che si impegnino veramente e seriamente...
      Penso che siamo tutti d'accordo che alle elite PUDe non inporti nulla della crescita della disoccupazione anzi della decrescita...La colpevolizzazione degli italiani invece è molto importante perchè funzionale a fare passare tutto...creare il falso mito della castacorruzionecricca insistere sulla corruzione (esemplari le risposte di 48 a chiara ped , da stampare e pubblicare ,,,e se lo dico io che sono 'leggermente' *politicamente in disaccordo..^^ ) E' funzionale non solo alla difesa dello status quo ma anche all'accettazione di quello che potrebbero essere costretti a pagare e a subuire i cittadini dopo l'inevitabile rottura dell'EUro


      Attenzione che ' il calo dell'inflazione dovuto probabilmente alla separazione tra Tesoro e Banca d'Italia

      è una lieve imprecisione o meglio è proprio discubile (carineria per dire che è proprio sbagliato) non l'ha scritto 48 è uan citazione pero' è esattamente la giustificazione data per il divorzio...

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  4. Ho letto l'interessante rapporto di Barba molto profondo nella descrizione della formazione del debito pubblico italiano, si parla finalmente di mancata imposizione fiscale a quelle fasce sociali che non si reggevano sul salario e di conseguenza l'attribuzione a questa scelta politica, utile ad ottenere il consenso elettorale, della colpa del mancato sviluppo italiano e della creazione del debito pubblico come processo di redistribuzione al contrario; finalmente si parla al livello economico e tra le righe di casta , di evasione , di scelte politiche contro l'interesse generale, aspetti che ora vengono attribuiti soltanto ai livorosi ma che invece dimostrano come il loro radicamento nella popolazione venga da fatti accaduti concretamente ed anche se non completamente metabolizzati dal paese, sono stati sicuramente compresi nelle linee generali ed ancora attuali e non ascrivibili soltanto a indottrinamento mediatico, Ma la parte più interessante è la chiusura di Barba in cui egli evidenzia la perdita della coscienza collettiva del lavoro per passare ad una coscienza individuale e il suo invito a interrogarsi su come ciò che rappresenta un ostacolo alla ripresa di una azione per la riconquista dei diritti del lavoro si sia potuto affermare. Questo interrogativo potrebbe trovare una risposta nella segmentazione contrattuale, salariale e dei diritti che si è avuta in questi anni; l'inerzia che la popolazione ha nei confronti di quanto sta accadendo potrebbe derivare proprio da questa segregazione del lavoro in compartimenti stagni divisi da barriere di diritti, di salario , di dignità e di riconoscimento sociale , il cui apice è costituito dall'introduzione della precarizzazione e dal convincimento che se io ho una posizione individualmente superiore alla tua è soltanto merito mio e non delle operazioni di segmentazione che il capitalismo ha introdotto per fiaccare le rivendicazioni del lavoro, del resto quante volte mi son sentito rispondere, io ho vinto un concorso pubblico e lavoro per lo Stato quindi non sono licenziabile rispetto a chi non ha fatto un concorso, oppure quello lavora alle Genarali e gli pagano anche il dentista , quello lavora all'Enel ed ha un buon stipendio , insomma forse nell'errore aveva ragione Padoa Schioppa quando diceva che le persone devono tornare alla durezza del vivere e a fare i conti con l'esistenza quotidiana, naturalmente pensando alla costruzione di una società oligarchica non democratica , ma io penso che se vogliamo tornare alla democrazia dovremo ripartire tutti dal fondo, dallo stesso livello e segmento per ritrovare quello coscienza collettiva del lavoro che il capitalismo è riuscito a spazzare dalle nostre menti. o no!

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    1. Tiberio, non so da dove cominciare. MI pare che tu non abbia compreso.
      Ai "livorosi" non è attribuito alcun aspetto: i livorosi sono proprio quelli che credono che a casta-spesapubblica-debito-corruzione come causa della crisi. Cosa che Barba (che comunque è una delle fonti di analisi, non l'unico punto di riferimento) non sostiene affatto, evidenziando solo delle storture che sono l'effetto non la causa
      http://orizzonte48.blogspot.it/2012/11/a-corruzione-e-il-fogno-lo-strano-caso_30.html

      La redistribuzione è avvenuta dal salario-lavoro alla rendita finanziaria. Per cui un funzionario dello Stato o di un gruppo assicurativo non sono quelli cui si riferisce Barba nel dire che ritengano che lo stato di fatto di una posizione "superiore" sia autoattribuito a un merito oggettivo.
      Si riferisce a imprenditori e amministratori delegati della grande impresa (e non solo). Identifichi male i privilegiati dal sistema (tutti i lavoratori dipendenti ne sono svantaggiati e scatenare la guerra tra vittime è esattamente ciò che vuole l'oligarchia: cioè il meccanismo del livoroso che si ostina a non capire e agita un generico e inutile risentimento mal diretto).

      Che poi hanno coinciso sempre più con la stessa classe dirigente politica.

      Ora, partendo da questo errore, del tutto opposto alla prospettiva adottata nel paper, tu giungi a dare ragione a Padoa Schioppa: accomodati se preferisci il capitalismo sfrenato, non più attenuato dall'intervento pubblico, e che, alla fine, crea solo minore ricchezza per tutti solo per ristabilire il controllo sociale del grande capitale.

      Però, francamente, se ti ostini a "interpretare" le cose in questo modo, questo non è il posto giusto: come dico sempre ai vari interventori che si ostinano nella polemica senza aver letto, o compreso, il resto del discorso del blog, per questo tipo di "rivendicazioni" il posto migliore è il blog del FQ.

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    2. Questo è il suo blog e naturalmente lei può scegliere di filtrare i commenti ritenuti fuori luogo, fuori tema o indesiderati oppure di non replicare se ritenuti insignificanti , faccia come crede , poi i miei commenti pur avendo un carattere provocatorio intendono soltanto stimolare la discussione e scendere dal piano astratto e complesso dei trattati e degli aspetti giuridici al piano concreto della vita italiana, nel senso di che fare per uscire da questo disastro che sta compromettendo il futuro e la sicurezza sociale di milioni di persone compresa la mia? se ho offeso la sensibilità di qualcuno me ne scuso ma non mi si può chiedere di esprimere le mie piccole opinioni in un altro blog, sarebbe una segregazione in base alla mia interpretazione errata del contenuto del suo Blog, comunque continuerò a leggere Orizzonte 48 che ritengo interessante ma non farò più commenti, e forse questa mia risposta le potrà servire per ricalibrare anche il suo atteggiamento verso i suoi lettori che non sono sicuramente omogenei e provengono da vari settori sociali.

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    3. Non puoi dire che qui le cose non siano affrontate su un piano concreto, suvvia. Qua diamo informazioni e analisi su fatti molto concreti che, magari, anzi sicuramente, altrove sono offerti e interpretati in modo "strano" o subdolo.

      Ma poi non si offende nessuno, qui,
      Solo che non puoi presumere di essere una voce rappresentativa di un diverso settore sociale che non sarebbe presa correttamente in considerazione da una platea altrimenti omogenea.
      Finisci per ignorare le risposte che altri commentatori (appartenenti alle più varie condizioni lavorative) ti hanno dato puntualmente nel dibattito seguito al precedente post.

      E questo non è nello spirito del dialogo, ma della sorda contrapposizione, chiusa al recepire ciò che può essere chiaro proprio a tutti gli strati culturali e sociali coinvolti nella mattanza dell'euro. "Può" se si è animati veramente da uno "spirito della conoscenza"...

      Il mio, dunque, era solo un invito a frequentare un diverso tipo di blog, appunto chiuso in un "taglio" delle notizie che enfatizza cose periferiche, eccentriche, casualmente irrilevanti, contribuendo alla sottomissione acritica degli italiani al vincolo esterno, distratti dalle accuse rreciproche e dalla mania di trovare un caprio espiatorio su cui sfogare la propria frustrazione (ben manovrata dall'alto).

      Qui i commentatori, delle più diverse estrazioni, paiono invece aver capito un discorso scientifico complessivo ormai coerente, e alimentano con notizie e approfondimenti un corso di analisi che serva veramente a trovare una via d'uscita alla crisi.
      Senza odiare altri italiani variamente messi sulla stessa barca...

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    4. quando sento odore di troll ( e qui lo sento) approvo senza condizioni l'enforcement preventivo...

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  5. Lancio un sassolino nello stagno (un po' OT magari) .... ma non è che c'è una relazione fra le pressioni diplomatiche (che ci son state anche se soft e contradditorie) e i "messaggi" vari (dal Treasury ai vari articoli) USA al quarto reich e le rivelazioni sulle intercettazioni? E quale potrebbe essere? La questione delle intercettazioni potrebbe essere un indizio di un irrigidirsi delle posizioni tedesche (che non sarebbe una novità visto l'ultimo secolo) su se stesse e, cosa ancor più importante probabilmente per gli USA, il segnale lampeggiante di un forte avvicinamento Germania-Russia (un novello Molotov-Von Ribbentrop)? Le tendenze della politica estera tedesca degli ultimi tempi sembrano portare lontano Arminio dall'atlantismo...

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    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2013/09/lequivoco-merkel-2.html

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    2. Credo che vorrebbero fare tutto e il contrario di tutto. Il problema (uno dei problemi) degli ingordi idioti di Dusseldorf e' che sono pieni di carta straccia di mutui sub prime e derivati. Teniamo duro, che prima o poi andra' tutto a maturazione. Io intanto nella letterina a babbo natale chiedero' che il 2014 sia l'anno della presa di consapevolezza degli italiani sulla necessita' di dividere i nostri destini dai tedeschi ( o forse lo e' gia' il 2013? )
      http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/fare-i-tedeschi-col-culo-degli-altri-berlino-impicca-mezza-europa-con-la-linea-65726.htm

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  6. Caro 48
    Il link "Riassumiamo da un'altra fonte le conclusione sui bistrattati anni '70" non è attivo. Puoi controllare per favore?

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