martedì 18 giugno 2013

QUELLO CHE NON VOGLIONO CAPIRE- 2. ANCORA SUL REDDITO DI CITTADINANZA COME "METAFORA" DELL'INCONSAPEVOLEZZA

Da quanto ho potuto constatare, "quello che non vogliono capire" rimane incompreso.
E allora si cercherà di rispiegarlo.
Anche perchè non è indifferente comprendere come un qualsiasi "movimento" possa ritenersi alternativo al sistema politico a orientamento unico (PUD€), neo-classico liberista e "punitivo" del lavoro, non già collocandosi su un versante di "apparenti tematiche di sinistra" o meno, ma comprendendo e attuando la sostanza dell'autentico mutamento del paradigma di governo.
In assenza di ciò, come è ben evidenziato in questa interessante intervista, la disaffezione politico-elettorale colpirà chiunque non sappia veramente percorrere un'inversione di linea, rispetto a una situazione in cui i cittadini hanno ormai, in maggioranza, perfettamente compreso che, qualunque coalizione possa governare, per quanto atipica o formalmente nuova, non possano attendersi nessun mutamento della politica economica, risultando quindi indifferente l'espressione del voto.

E dunque.
Esistono due tipi di welfare. Perchè esistono due modelli di società che poi sono due diversi modelli di capitalismo: uno è quello costituzionale e l'altro è quello "internazionalista-oligarchico-finanziario".
E infatti esiste un welfare "costituzionale", chiaramente identificabile in base alle previsioni della Carta fondamentale e un welfare "euro-trainato", che tende a orientare la società verso il modello finanziario-oligarchico del mainstream neo-classico.
Questi, sul piano economico, corrispondono a un ulteriore dualismo qui più volte evidenziato, che si incentra su due concetti diversi e incompatibili di "piena occupazione".
1. La Costituzione presuppone che la Repubblica democratica, essendo fondata sul lavoro (art.1), garantisca o tenda a garantire la piena occupazione in senso keynesiano, cioè di utilizzazione più ampia possibile della forza lavoro, considerando la disoccupazione uno stato residuale che (solo) l'intervento pubblico tende a riassorbire a livelli fisiolgici.
Il modello di capitalismo neo-classico di Maastricht e dell'UEM, considera la piena occupazione il risultato di un riequilibrio "naturale" dell'effetto sistemico di domanda e offerta; tale principio incide anche sul "lavoro", considerato alla stregua di qualunque altro fattore della produzione o merce, e quindi implicando il riequilibrio mediante un'alta flessibilità salariale.
Il cui primo riflesso attuativo è la progressiva eliminazione per via legale, degli elementi che consentono tale rigidità: primi i meccanismi di indicizzazione salariale e poi, in varie forme, la stessa stabilità della posizione lavorativa, depotenziata attraverso forme di lavoro appunto "instabili" e poi attraverso un nuovo regime di licenziamenti, cioè la flessibilità "in uscita" .
La piena occupazione sarebbe raggiunta in presenza di qualunque livello di riequilibrio del prezzo del lavoro e il processo implica di vincere le resistenze a tale elasticità mediante un mercato del lavoro normativamente inteso a disattivare i meccanismi che innescano ogni rigidità all'adattamento dei salari verso le esigenze del sistema produttivo.
E normativamente imposto dall'UE non dalla Costituzione.
Il che determina fisiologicamente, nel tempo, un grado di disoccupazione stabilmente più elevato, e comunque funzionale a tale obiettivo di piegare le resistenze dei lavoratori ad accettare salari inferiori secondo le esigenze di aggiustamento dettate dall'aggiustamento dei costi delle imprese.
2. Poichè questo riequilibrio, basato sulla considerazione del lavoro come merce esclusivamente soggetta alla legge della domanda-offerta, esige, come abbiao visto, l'eliminazione di ogni elemento di rigidità, si introducono vincoli di bilancio pubblico, in particolare delimitando l'indebitamento fiscale, che si traduce in sostegno alla domanda e, quindi, all'occupazione, generato al di fuori del riequilibrio spontaneo dei costi di produzione (cioè in definitiva di quello che viene inteso come il reale fenomeno inflattivo). E ciò fino al punto di introdurre il pareggio di bilancio.

3. Questa misura acutizza lo schema fino a portarlo al livello "ideale" predicato dalla dottrina neo-classica, ma esso trova un complemento indispensabile nella indipendenza della banca centrale, il cui contributo alla flessibilità del lavoro, e quindi alla crescita strutturale della disoccupazione in funzione di flessibilità-deflazione salariale, è meno evidente ma altrettanto efficace.
L'affidamento esclusivo del rendimento dei titoli del debito pubblico alle dinamiche del mercato finanziario determina l'innalzamento rapido, e a effetto cumulativo, del costo della stessa spesa pubblica corrente non coperta dalle entrate.
Il deficit diviene così un rischio di ulteriore innalzamento di tale costo, instaurandosi una condizione di "pericolo", strutturale e crescente, di non sostenibilità del debito, in quanto la crescita della ricchezza nazionale può verificarsi a tassi inferiori a quelli dell'incidenza annuale del deficit, per di più inesorabilmente ampliato dal costo cumulato degli interessi.
Questa sola misura (l'indipendenza), quindi, tende a "disciplinare" la spesa pubblica, in quanto il suo aumento deve divenire, in termini reali, più contenuto del tasso di inflazione, per impedire di far dilatare il costo degli interessi (secondo la legge della domanda e dell'offerta in combinazione con lo "sconto" da parte degli investitori finanziari della solvibilità in prospettiva dei titoli emessi a quei rendimenti).

4. Unito poi a "tetti" del deficit, il sistema funziona in termini di progressiva sterilizzazione dell'efficacia di sostegno della spesa pubblica sulla domanda: questa tende a stabilizzarsi sui livelli salariali dettati dalle esigenze di competitività del sistema industriale. E cioè sulla produttività che, però, a sua volta, è strettamente correlata al livello di cambio verso l'estero della moneta adottata.
Quindi questo ulteriore componente della dottrina neo-classica accelera l'instaurazione del sistema in cui il lavoro è, per necessità, solo una merce, che diviene agevolmente sotto-domandato, in coincidenza con l'interagire dei quattro fattori - regime del mercato del lavoro, banca centrale indipendente, delimitazioni legalizzate del deficit di bilancio e rigidità del cambio verso monete più forti di quella nazionale.

5. L'intervento pubblico a sostegno dell'economia diviene una mera eventualità, soggetta a rigidi limiti congiunturali, e cioè realizzabile in una fase di espansione che, però, il vincolo di cambio potrebbe non consentire mai, sottraendo stabilmente la domanda estera, nel complesso delle voci che compongono il current account balance, al prodotto nazionale.
La domanda perciò tende inesorabilmente a calare, determinandosi un output-gap che può, in situazioni di crisi determinate da fattori esterni, divenire recessione acuita dall'inasprimento pro-ciclico di queste stesse politiche. Che mirano in apparenza al deleverage, cioè a ridurre l'indebitamento, ma lo fanno in modo strettamente contabile, tralasciando coscientemente di percorrere quel prioritario sistema di solvibilità del debitore che è la sua possibilità di tenuta e di incremento reddituale.

6. Preso atto, più o meno consapevolmente (a seconda della capacità culturale della forza che abbraccia tale "dottrina"), dell'irreversibilità di questo sistema, si finisce per accedere a un welfare non di sostegno diretto o indiretto dell'occupazione, quale quello previsto in Costituzione: questo prevede la tutela dell'equa retribuzione, art.36 Cost., la positiva valutazione ordinamentale della tutela sindacale, art.39 Cost., la cura dell'istruzione pubblica e della formazione professionale, artt. 33 e 35 Cost., il sostegno pubblico all'elevazione culturale e professionale dei privi di mezzi (art.34, commi 3 e 4), il coordinamento legislativo dell'attività economica PUBBLICA E PRIVATA per indirizzarla a fini sociali (art.41 Cost.), la "adeguatezza" dell'assistenza sociale - e dunque pensionistica- in caso di iogni genere di mpedimento della possibilità lavorativa (art.38 Cost.).
Tutte previsioni che implicano appunto, con evidenza palmare, non solo il sostegno pubblico diretto o indiretto al livello occupazionale e salariale, ma anche forme che si traducono in un" salario indiretto", cioè in mezzi di sostentamento del cittadino/a-lavoratore-trice apprestati dallo Stato in dipendenza di eventi e condizioni non direttamente esplicantisi nel rapporto di lavoro.
Ma si tratta appunto di spesa pubblica. E di spesa pubblica programmaticamente assunta dallo Stato come "obbligatoria", cioè irrinunciabile alla luce dei principi fondamentali (art.1, 2, 3, in particolare secondo comma e 4 Cost.).
7. Aderire a un sistema di welfare che, invece, si connetta alla accettazione della crescente e strutturata maggior disoccupazione, come nel caso del salario di cittadinanza, da un lato implica la rinuncia a perseguire programmaticamente gli strumenti di sostegno diretto e indiretto del lavoro e della domanda mediante spesa pubblica, dall'altro, assoggetta queste stesse provvidenze, nel quadro in cui vengono assunte, alla clausola, in effetti extracostituzionale, del limite del deficit o del pareggio di bilancio.
Cioè da un lato si prende semplicemente atto, senza più attribuirvi significato congiunturale da correggere,  che il sistema fa della disoccupazione la principale emergenza sociale, rinunciando a rivendicare gli altri strumenti costituzionali intesi a prevenirla, dall'altro, la cura di questa emergenza è perseguita nei limiti dell'accettazione dello schema generale neo-classico: cioè "se e in quanto" ciò sia compatibile coi tetti del deficit o ancor più col pareggio di bilancio, e quindi col perseguimento del sistema di sterilizzazione dell'intervento pubblico a favore della qualificazione ordinamentale (contraria ai principi della Costituzione) del lavoro come merce.

8. E dunque, in questo continuo incombere del sovrastante e inderogabile nuovo principio della riduzione della spesa pubblica, il nuovo "welfare" assumerà sempre e solo, nel tempo, il livello che non interferisce col riequilibrio naturale della domanda e dell'offerta: a livelli crescenti di disoccupazione, scontati nell'indebolimento della domanda provocato dall'insieme dei fattori sopra indicati, l'onere, altrimenti crescente, sarebbe considerato comprimibile e riducibile.
Il welfare non sarà più un sistema attivo di promozione delle classi sociali subalterne, e in pratica di aumento del benessere generale determinato dalla mobilità sociale, ma una mera valvola di sicurezza per impedire il crollo "eccessivo" della domanda stessa. 
Ci si colloca così  in un'ottica temporeggiatrice - non correttiva del "ciclo" da parte delle politiche fiscali- che mira all'abituarsi della società a nuovi e più bassi livelli di reddito e, quindi, di prezzi, ottenendosi così quella deflazione che tutela il credito finanziario in termini reali e che spingerebbe le imprese verso gli investimenti contandosi sull'"effetto ricchezza" determinato dalla aspettative di calo dell'inflazione.
Nulla di tutto questo si verifica e si è mai verificato: quello che si verifica, nell'attuazione dell'ideologia neo-classica, è piuttosto la contrazione della domanda e la minor ricchezza collettiva, inclusi i profitti considerati in assoluto e nella loro dinamica di crescita.
Ma aumenterà la loro rigidità verso il basso in percentuale al PIL, cioè l'assetto redistributivo nel suo insieme, potendosi comprimere il costo del lavoro, e più ancora, come evidenzia Kalecky, potendosi raggiungere l'obiettivo delle grandi imprese finanziarie e industriali di avere la forza politica incontrastata di influenzare e indirizzare l'azione dei governi.
Questa è dunque la società che sottende il "reddito di cittadinanza", che assume, appunto, la funzione di strumento di ratifica della resa delle forze sociali e politiche alla realizzazione del modello costituzionale (Keynesiano).

33 commenti:

  1. condivido l'analisi,
    ma potrebbe aver un senso meno negativo se fosse indirizzato ad esempio a studenti universitari, per permettere a tutti una formazione a prescindere dal reddito della famiglia di provenienza, o per lavoratori stagionali o temporaneamente non occupati, al posto della cassa integrazione, legando il contributo ad una formazione che contribuisca al rapido reinserimento nel mondo del lavoro.

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    1. Il punto è che allora occorre chiamare le cose col loro nome relativamente a istituti già esistenti e definanziati: v.art 34, comma 4, sul sistema pubblico di borse di studio, mentre il lavoro stagionale era questione di contrattazione collettiva di comparto regolata da legislazione speciale (turismo e agricoltura). Invece, hanno precarizzato tutto il fronte del lavoro (cioè il vero problema da risolvere): la via è tornare indietro dalla deviazione del modello costituzionale, non cambiare nome agli istituti di tutela ma per rimanere senza spesa pubblica. Se non c'era più finanziabilità per gli istituti costituzionali, perchè dovrebbe esserci per questa confusa iniziativa generale e per di più di arretramento, su cui ci si accorge di particolari esigenze già invece disciplinate in modo "democratico" e lavorista?

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    2. anche il sistema pubblico di borse di studio sarebbe molto da rivedere...in quanto allo stato attuale solo le famiglie con redditi davvero molto bassi (soglia della povertà o anche meno) posso accedervi...lasciando a quelle con redditi appena sopra soglia un onere molto alto senza alcuna progressività.

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    3. grazie per i chiarimenti;
      al momento non vedo alcun partito politico le farà mai proprie perchè contrarie alla corrente di pensiero maggioritaria in italia, ma magari la presentazione di referendum abrogativi o leggi di iniziativa popolare su questi argomenti, fatte ad hoc, sulla scia di quanto successo a bologna per la scuola pubblica, potrebbero raggiungere i quorum richiesti e mettere sul tavolo della politica nazionale queste questioni cruciali, obbligando tutti a prendere una posizione chiara, ed anche in caso di sconfitta creerebbero una ulteriore consapevolezza della portata dell'attentato in atto alla costituzione, che a parole ha tantissimi difensori.
      Forse ci farebbe sentire meno inutili , magari raccogliendo firme, mentre ora stiamo nell'attesa di decisioni prese fuori dai confini nazionali su cui non abbiam alcuna voce in capitolo

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    4. Tuttavia non è necessariamente desiderabile che le decisioni che implementano il diritto costituzionale al lavoro siano centralizzate. Questa è una soluzione migliore:
      http://www.slideshare.net/diedicar/choosy-18016949

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    5. Non ci siamo proprio capiti: non è questo o quel congegno, complementare del mercato del lavoro-merce, che configura la Costituzione, ma un modello di società che previene strutturalmente il verificarsi di quel livello di disoccupazione che il mercato del lavoro-merce rende costante-crescente.
      Facendo scervellare poi su come si può rendere più o meno solerti nel cercare lavoro e riqualificarsi persone umane abbandonate a se stesse da uno "Stato minimo" che sopprime il vero welfare. CHe non riguarda la disoccupazione, se non come ipotesi congiunturale transitoria e marginale, ma lo sviluppo della cultura, della professionalità e delle effettive possibilità negoziali di tutte le classi sociali.
      Il centralizzato o meno non c'entra nulla col tema del post.

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  2. Buongiorno,

    faccio una domanda ingenua, non conoscendo il funzionamento della Corte Costituzionale. Visto che il pareggio di bilancio é incompatibile con il resto della Costituzione italiana, non é possibile convincere la Corte Costituzionale ad esprimersi in merito?

    Con stima,
    Gian

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    1. Qui se n'è parlato in abbondanza e trovi i referenti nella guida al blog e nei commenti ai vari post.
      In Italia l'accesso alla Corte è essenzialmente incidentale, cioè possibile solo all'interno di un giudizio ordinario, autonomamente instaurato davanti all'autorità giurisfizionale, quindi per tempi e certezza non si sa bene se possa e come arrivare davanti alla Corte...nè se la norma finanziaria, di livello costituzionale, possa essere considerata, com'è necessario, "rilevante" all'interno del giudizio individuae. Ciò di fronte alla violazione dell'art.11 Cost perpetrata con i trattati UE si è rivelato una grave falla e un limite della capacità di tutela della Costituzione stessa...Da correggere

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  3. Buona sintesi, 48. Mi ha aiutato molto.
    Parlando con la gente, questo è un punto difficile da far capire. Correggetemi se sbaglio.
    Meglio creare un sistema con un elevato tasso di disoccupazione che porta alla moderazione salariale e i cui costi sociali ed economici vengono pagati dalla collettività mediante elargizioni (che sarebbero poi anche loro spesapubblicacattivabrutta) e limiti temporali (tipo sussidi Harz IV, validi per un anno), che a loro volta abbassano le pretese del disoccupato; oppure meglio utilizzare la spesapubblicabruttaimproduttiva per creare occupazione e sostenere i salari, far ripartire l'economia, garantire una condizione dignitosa a noi tutti ed evitare ricatti del tipo "Devo per forza accettare questo lavoro perché il mio sussidio sta per terminare" (cosa assai probabile in un contesto di alta disoccupazione e forte moderazione salariale)?
    Considerando il lato del marketing, mi colpisce che i neoclassici parlino di tasso di disoccupazione fisiologico, non intervento dello stato, lasciar fare, quasi presentino le loro certezze al grande pubblico come "naturali", "bio", mentre lo stato che interviene per creare occupazione appare come qualcosa di "artificiale", "ogm", "pieno di additivi e pesticidi".
    Solo considerazioni da non esperto della materia.

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    1. Considerazioni giuste. Scientificamente il loro è un esercizio di marjeting di un'ideologia. NOn a caso usano formule ripetute ossessivamente sui media. E si rifanno a un "giusnaturalismo", cioè alla traslazione su un piano metafisico, incontestabile, di proposizioni paralogiche (non razionali, nonostante il loro innuendo, perchè non riscontrate sui dati)

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  4. "Non vi è motivo per cui in una società libera lo stato non debba assicurare a tutti la protezione contro la miseria sotto forma di un reddito minimo garantito, o di un livello sotto il quale nessuno scende. E' nell'interesse di tutti partecipare a quest'assicurazione contro l'estrema sventura, o può essere un dovere morale di tutti assistere, all'interno di una comunità organizzata, chi non può provvedere a se stesso." (F. A. von Hayek, Legge, legislazione e libertà, Il Saggiatore, Milano, 2000, pag. 292). E il cerchio si chiude.

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    1. Tana! Se qualcuno aveva dei dubbi sul modello sociale implicato dal reddito di cittadinanza. Grazie per la preziosa scoperta!

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    2. Piacere mio! Eccone qui un'altra: "What we now know as public assistance or relief, which in various forms is provided in all countries, is merely the old poor law adapted to modern conditions. The necessity of some such arrangement in an industrial society is unquestioned—be it only in the interest of those who require protection against acts of desperation on the part of the needy." (F. A. von Hayek, The Constitution of Liberty, The Collected Works of F. A. von Hayek, The University of Chicago Press, Chicago, 2011, pag. 405).

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    3. Aggiungo, Arturo, che, se non erro, Hayek ha specificato anche che quel:

      "E' nell'interesse di tutti partecipare a quest'assicurazione contro l'estrema sventura"

      è da leggersi così:

      “Fornire agli indigenti e agli affamati qualche forma di aiuto, ma solo nell’interesse di coloro che devono essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi”.

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      Monti ha ricevuto nel 2005 il premio della Friedrich August von Hayek Foundation.
      Pare che gli sia stato consegnato con queste parole:
      “Onoriamo oggi un uomo (Monti) che è stato fedele nelle parole e nei fatti ai principi di Friedrich August von Hayek”.

      “Onoriamo oggi un uomo (Monti) che è stato fedele nelle parole e nei fatti ai principi di Friedrich August von Hayek”.

      “La sua vita, il suo lavoro, e la sua personalità (di Monti) non potrebbero essere meglio caratterizzati e onorati se non da un premio che porta il nome del grande economista Friedrich August von Hayek”.

      (fonte:
      http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=388
      -come economista Barnard no, non è una cima, e non è neanche un economista, ma come giornalista, mi spiace, ma la mia stima è sempre inalterata)

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    4. No grazie all' elemosina di Stato.
      Pur essendo d' accordo a sussidi per disoccupati,invalidi,limiti di età ecc., è il lavoro unito ad un salario dignitoso, quello che serve ad un persona per sviluppare al meglio la propria psiche
      Il compito principale di uno Stato è quello di favorire il lavoro (Art 1 della Costituzione)

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    5. @bargazzino: a un livello minimale, certo, ma c'è di più. La natura astratta della "grande società" - l'espressione smithiana è intesa da Hayek come sinonimo della popperiana "società aperta" - in cui da un lato gli individui non possono più contare sulla solidarietà spontanea del gruppo di appartenenza dall'altra possono trovarsi in situazioni, indipendenti dalla loro volontà e contro cui non possono premunirsi da soli (malattia, handicap, vecchiaia, eccetera), in cui non sono in grado di guadagnarsi da vivere sul mercato (oppure in cui, non essendosi premuniti pur avendolo potuto fare, risulterebbero di peso ("a charge", nella pagina successiva di The Constitution) ai loro concittadini), hanno storicamente giustificato in tutti i paesi europei avanzati, anche all'apice del laisser faire, misure per il mantenimento dei poveri o forme di assicurazione obbligatoria "se non altro" nell'interesse dei beati possidentes. Tuttavia esiste anche un vantaggio più generale in una rete assicurativa che riduca per tutti i rischi inerenti al funzionamento della catallassi (=la società di mercato), al punto che se una società è abbastanza ricca da "poterselo permettere" può anche allagarla rispetto alla pura e semplice sussistenza ma ovviamente pur sempre entro limiti che non impaccino la determinazione delle retribuzioni da parte dell'"ordine spontaneo". Il significato politico di "un reddito minimo uniforme" è infatti quello di sottrarre ogni "giustificazione morale all'uso delle [sic] forza, da parte del governo o di altri gruppi organizzati, al fine di determinare i redditi relativi dei vari individui." (Hayek, Legge cit., pag. 516). E il "welfare von Hayek" è servito.

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  5. Vorrei guardare offerta-domanda di lavoro da un altra angolazione. Quella dei mini (medi) job.
    Prendo la definizione di "domanda di lavoro" pari-pari dalla nostra Costituzione (in fin dei conti è la costituzione di una repubblica fondata sul lavoro ...) :

    "Art. 36.
    Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
    La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
    Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi."

    Il minijob non è una offerta di lavoro, perché il compenso corrispondente è troppo basso. Il governo tedesco fornisce la dimostrazione della precedente constatazione quando paga ai minijobber l'affitto e altri sussidi. Il cumulo di minijob (e di compensi corrispondenti), tali che lo stato tedesco smette di pagare i sussidi collaterali, quelli costituiscono un'offerta di lavoro : che, infatti, soddisfa le specifiche definite dall'art. 36. Anche se magari non si riesce sempre a chiudere il mese e se ti capita un qualsiasi incidente ... (su questo sarò più chiaro sabato a V).
    In realtà è una offerta di lavoro, ma dal lato supply (teoria classica) : qualunque offerta incontra la domanda che serve (a fare che? Non mi dilungo perché se ne parla in continuazione).
    Nel caso dei minijob con la collaborazione essenziale (in aiuto al lato supply, ma con il pesante contributo del lato "demand" : le tasse dei tedeschi) della tenutaria del bor... pardon : dello stato tedesco.

    ps come sempre si sbalio ...

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    1. E' una sicura forma di lavoro "merce", dove la conclusione del contratto è determinata dall'intervento finanziario pubblico, che è decisivo per determinare la libertà negoziale, in termini di convenienza; e anche ed evitare che, in assenza della retribuzione indiretta pubblica, si crei un malcontento talmente profondo da condurre a una rinnovata tutela collettiva (proprio ciò a cui mirano i neo-classici con tutte le forme di reddito garantito...ai minimi di sussistenza).
      Quindi sì è una supply policy e allo stesso tempo un sussidio indiretto alle imprese

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  6. http://blog.ilgiornale.it/foa/2013/06/17/chi-e-nelleuro-perde-lavoro-volete-la-prova-eccola/

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  7. Chapeau!

    Io sintetizzerei così, a mo' di slogan:
    reddito di cittadinanza--------->società "esclusiva"
    salario minimo+wefare state----->società "inclusiva"

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    Volevo poi fare una piccola annotazione:
    Tutti battono sul "mitico" cuneo fiscale.
    perché?
    Bè, ovviamente il fine è di togliere di mezzo il reddito indiretto. Cioè lo Stato. E va bè, ci siamo arrivati tutti a quello.
    Ma,
    la cosa per me aberrante è che si vuole "monetizzare" tutto, perché si vuole che TUTTI i servizi siano gesti dal privato (che è bello ed efficiente per definizione) A FINE DI LUCRO.
    Nelle loro teste malate deve andare a finire così:
    Tiè, beccati sti 300 euro , "sempre che le finanze pubbliche lo permettano" e arrangiati!

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    1. Il fatto è che masse urlanti pensano che sia una grande pensata contro il capitalismo finanziario speculativo causa della crisi.
      Voi che intervenite qui avete capito benissimo. Ma quanti saranno stati almeno colti dal dubbio nel "mucchio selvaggio"?
      Ti ricordi le discussioni sul decrescismo "felice"'

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    2. Che posso dire???
      Se si deve andare avanti così, mi piacerebbe almeno vedere la faccia del dottor livore grillino, o dell'intellettuale ripieno degli articoli di Scalfari, con i loro minijob da 400 euro al mese ed i loro redditi di cittadinanza da 600 mentre gli arrivano il conto annuale dell'assicurazione sanitaria e la bolletta dell'acqua.
      A quel punto, forse, si guarderanno negli occhi. Ma sarà troppo tardi, perfino per arrabbiarsi con loro stessi......

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    3. NOn si renderebbero mai e poi mai conto. Attribuirebbero il loro problema all'evasione fiscale (come Landini ieri sera da Formigli)

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    4. Siccome sono duro di comprendonio, fatemi capire: se anche Luttwak dice che dobbiamo uscire dal monetarismo talebano dell'Euro ha ragione, e malgrado sia un falco dell'iperliberismo. Così finisce che è Cofferati a farsi scavalcare a sinistra persino da uno così e quindi stiamo tutti a ridergli dietro, a gridargli scemo scemo, per poi scrivere fior di post al vetriolo sull'argomento.
      Ma poi, quando si arriva al tabù del sostegno al reddito, o meglio alle condizioni causate dalla sua assenza, se certe cose le dice un leader riconosciuto della sinistra, che magari domani farà la stessa fine di Cofferati, allora va tutto bene.
      Ma se putacaso ci giunge all'orecchio che ci è arrivato pure un postnazista alla Von Hayek a capire che è indispensabile, allora che facciamo, iniziamo con il farci il segno della croce per poi correre in chiesa a bagnarci con l'acqua santa e farci benedire dal prete agitando mazzi d'aglio onde allontanare il maligno?
      Per poi, riacquisito il controllo di noi stessi dopo aver assimilato e assaporato il benefico effetto esorcizzante proprio del rituale scaramantico, concludere che in base alla mera origine della sua enunciazione trattasi di resa a questo e quello e quindi una dimostrazione ulteriore che lo stato non lo deve riconoscere.
      Così facendo si torna all'espressione di un giudizio che non prende più in considerazione la cosa in sé e i suoi vari risvolti, ma è unicamente funzione del fatto che chi la sostiene ci sta a priori più o meno sui corbelli.

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    5. Ecco questo intervento dimostra che oltre a non avere l'educazione di aver letto e compreso il discorso del blog, non hai neppure avuto quella di tentare di comprendere il senso del post.

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    6. Caro clack.

      Se non capisci che il vero sostegno al reddito viene dalla garanzia di un lavoro e non da una mancia ipocrita (sostanzialmente equiparabile alle monetine arroventate gettate al popolino dal Marchese del Grillo), non posso che concludere che: a )non hai letto il blog; b) sei duro di comprendonio come dici di essere.

      In entrambi i casi, è un problema tuo. (ma in ogni caso immagino si tratti di un troll.....).

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  8. Mi permetto anche di far notare la sottigliezza demagogica di Giarda, che apparentemente arriva perfino a contestare le misure del Governo di cui ha fatto parte ma, in maniera molto sottile, ribadisce il principio "meno tasse più tagli alla spesa pubblica" che, in base al discorso sui moltiplicatori più volte affrontato in questa sede, altro non farebbe che aggravare la recessione.

    http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1264042/Giarda---Abbiamo-sbagliato-ad-aumentare-la-pressione-fiscale-.html

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  9. Nel mio piccolo credo che l''analisi effettuata in questo post trascuri almeno due elementi fondamentali.

    1- La Costituzione è la legge più disattesa di questo Stato.
    Alla luce di questo fatto e della totale assenza di conseguenze per chi, servitore dello stato, insiste a fare con essa una specie di tiro al piccione senza incorrere in conseguenza alcuna, si ricava l'impressione che gli stessi partecipanti all'Assemblea Costituente abbiano voluto realizzare un compendio dei loro desideri di giustizia sociale in senso lato e di indirizzo politico dello stato, senza curarsi assolutamente della sua applicabilità. E soprattutto senza obbligare alla sua osservanza concreta mediante un sistema normativo di sostegno, munito di un solido impianto sanzionatorio.
    Eppure erano tutti politici navigati, alcuni dei quali temprati alla forgia della tortura e del confino, anche se molti altri non erano altro che semplici fuoriusciti, status che si può immaginare sia alquanto complicato acquisire in assenza di un minimo patrimonio fatto di mezzi economici e di una altrettanto concreta rete di conoscenze e di sostegno.
    Dunque ogni cosa ha le sue motivazioni.
    Non si può pensare che siano stati così ingenui da dimenticarsene.
    A meno che non si tratti dello stesso tipo di dimenticanza descritta da Attali, quella di tipo minuzioso effettuata dai padri dell'Euro, che hanno volutamente tralasciato di prevedere qualunque forma di uscita e di rescissione dai trattati di Maastricht.
    Tutto questo non può che destare il sospetto che fossero loro stessi i primi a considerarla uno sterile esercizio di enunciazione che si riteneva dovuto quale lavacro purificatore dalle conseguenze della dittatura fascista, con la quale più o meno tutti erano in qualche maniera compromessi, sia pure in forma virtuale per il semplice fatto di essere italiani, e più di tutti lo era lo stesso stato.
    Insomma, e provo un profondo disagio a parlare così, una sorta di esca per allocchi, base puramente declaratoria volta alla ricostruzione di un'immagine di facciata, mentre nel concreto il paese è, rimane e tramanda fino a oggi, rendendo via via più solida e conculcata nella mentalità dominante, la sua intima essenza feudal-fascista. Immagine di facciata che nell'immediato è necessaria per favorire il rientro del paese nel consesso dei sedicenti stati "democratici", e serva più a lungo termine come una sorta di feticcio con il quale lasciare che le anime belle si balocchino, mentre sulla loro testa passano misure sempre più reazionarie. Fino a trovarsi in condizioni come quelle attuali, alle quali non resta altro da opporre se non lo strepito di chi ne viene maggiormente colpito, e di chi per sua fortuna ne vede gli effetti passargli accanto senza colpirlo direttamente, che quindi si può limitare a dispicersi solo perché vede calpestato il dettato della "legge delle leggi" assunta a proprio idolo.
    Il secondo punto al prossimo post

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  10. 2- per quanto lo si possa detestare in varia misura, dobbiamo deciderci a prendere atto che per ora viviamo tutti in una società capitalista.
    In quanto tale fondata sul denaro e sul suo possesso.
    Pertanto, senza di esso non si fa nulla e non si va da nessuna parte.
    Non è possibile cercarsi un lavoro e neppure effettuare una lotta concreta se non attraverso il reperimento di canali che siano in qualche maniera gratuiti, per cui effimeri e di effetto concreto trascurabile..
    Se non si risiede nelle immediate vicinanze, si deve rinunciare persino a partecipare all'incontro organizzato di Bagnai l'altro sabato, perché anche i 7 euro di treno sono troppi.
    Quanto alla metafora dell'inconsapevlezza, la sua enunciazione più pura è il postulato Trilussiano del "panza piena nun crede ar diggiuno" che ancora nessuno è riuscito a destituire della sua assoluta verità. Pertanto, se non si comprendono queste cose, è evidente che comunque, in un modo o nell'altro, un reddito lo si ha.
    Quindi non si è nelle condizioni di poter parlare di reddito garantito, se non con gli stessi termini di luoghi comuni e banalità del prete che discetta di conduzione del menage di coppia. E neppure della sua maggiore o minore riconducibilità ai canoni politici che riteniamo più confacenti al perseguimento del personale obiettivo di assetto sociale.
    Per farlo con cognizione di causa si deve essere espropriati prima di tutto di ogni forma di reddito, e quindi trovarsi esposti e indifesi di fronte a qualunque forma di angheria, anche la più plateale, per poi passare mesi e addirittura anni con l'incubo delle cartelle di Equitalia che si accumulano e incombono per via delle tasse indirette che non si sono potute pagare e che prima o poi porteranno a essere spogliati anche dei beni indispensabili alla sopravvivenza.
    Come l'abitazione, acquistata con decenni di sacrifici quando ancora si possedeva un reddito e allo scopo non si esitava a fare due o tre lavori insieme, venendo scippati legalmente della maggior parte dei frutti di uno sforzo inumano, che quindi è ingiusto pretendere, da uno stato laido e parassitario che persegue quale primo obiettivo la ricattabilità della maggioranza da parte di una esigua minoranza di sfruttatori.
    Perché questo e non altro è il disegno perseguito dalla servitù delle elite oligarchiche: produrre una fascia di inadempienti a un impianto fiscale fortemente squilibrato sul versante delle imposte indirette per rendere moroso anche chi non dovrebbe pagare nulla, e quindi rendere formalmente legale ciò che vi è di più illegale: impoverirlo al fine di spogliarlo delle sue proprietà residue, a scopo di capitalizzazione bancaria, di riduzione del debito pubblico, di arricchimento ulteriore di chi è già ricco permettendogli di acquisire beni in svendita forzata o di quello che si vuole.
    Quando ci si trova in condizioni del genere e non hai nemmeno i soldi per mangiare, non te ne frega una maledetta fava se il reddito garantito risponde o meno a criteri più o meno fumosi e per forza di cose pretestuosi di aderenza al dettato costituzionale o a quello del turbocapitalismo iperfinanziarizzato.
    Si sa solo che è necessario.
    Ora. Subito.
    Per motivi contingenti, ma anche perché lo stato di prostrazione mentale dovuto al dibattersi in condizioni simili, che presuppongono in primo luogo la denegazione del diritto alla dignità della persona, creano sofferenze enormi, come dice giusamente Barnard.
    E infine fanno ammalare. Di malattie implacabili.

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  11. Sono convinto che anche questo sia parte del progetto delle elite postnaziste, l'eliminazione fisica, ma per via indiretta che è ancora più crudele e cinica di un eccidio eseguito materialmente, del quale almeno ci si assumono le responsabilità, di chi non è ritenuto degno di sopravvivere nel modello di società da esse concepito.
    Allora si dovrbbe avere la compiacenza di capire che in queste condizioni, ormai condivise da un numero di persone sempre maggiore, deprivate però di qualunque forma di rappresentanza politica (tanto per ribadire il significato concreto del dettato costituzionale) e quindi formalmente inesistenti, si tratti del riconoscimento di un sussidio economico o della graziosa concessione di un posto di lavoro secondo i canoni della piena occupazione secondo la quale invece di essere sfruttato da un privato lo sarai dallo stato, e sempre sotto il controllo del caporale di turno, la sostanza del discorso non cambia.
    Perché sempre qualcosa ti deve venire dato. La sua natura non cambia i termini della questione, perché attraverso una dazione si deve comunque passare.
    Anzi, cavillare sui termini e sui metodi con cui tale dazione viene eseguita ha solo l'effetto di prolungare potenzialmente all'infinito le sofferenze di chi si trova in condizioni del genere.
    Pertanto, che lo si comprenda o meno, non si fa altro che usare scientemente la sofferenza altrui, perché se fosse la propria la si penserebbe in maniera diversa, ai fini del perseguimento di un obiettivo politico.
    Che a mio modo di vedere è pratica fascista, anche se è storicamente la preferita da parte di certo sedicente comunismo ma che in realtà è ben altro.
    E che alla luce di quanto detto fin qui parte da presupposti errati fin dalle fondamenta (costituzionali) e in quanto tale a sua volta non può essere che errato e pretestuoso.
    Di fronte a una situazione di questo genere, se si è in buona fede, ovverosia si desidera iinnanzitutto porre termine a tale stato di cose in virtù della profonda ingiustizia che comporta e viene riconosciuto senza riserva alcuna, c'è una sola risposta.
    Che è quella di mettere in campo la soluzione più rapida ed efficace per eliminare lo stato di sofferenza. Rappresentata dalla garanzia di un reddito, che oltretutto comporta una lunga serie di risvolti positivi per l'economia e per l'assetto sociale sui quali si vuole evitare di riflettere per ovvie motivazioni ideologiche, sia a destra che a sinistra.
    Per ora la tralascio per motivi di residua leggibilità, ma sono pronto a discuterne.
    Poi, eliminata l'emergenza, si potrà riflettere su cosa sia più confacente al dettato costituzionale e a un ideale astratto di giustizia sociale. E nel caso porre in essere quanto necessario a far si che si incanali nella direzione che si ritiene giusta.
    Il problema dell'assenza di reddito, qualora lo si voglia osservare in buona fede e senza secondi fini, deve essere affrontato secondo l'unico criterio possibile.
    Quello della solidarietà.
    Valore di profonda giustizia che trascende il credo e l'obiettivo politico e ha quale unico scopo il restituire la dignità alle persone meno fortunate secondo gli strumenti che si rendono necessari e più efficaci nelle condizioni di questo momento storico e dell'ordinamento nel quale vivamo, dei quali dobbiamo tenere conto se vogliamo fare qualcosa di concreto e non abbandonarci a uno sterile narcisismo particolarmente cinico proprio perché tra il suo motivo di essere la sofferenza altrui.
    Mi sembra non sia scritto da nessuna parte che la prvatizzazione della sanità, di fatto già avvenuta, debba per forza accompagnarsi al riconoscimento del reddito garantito, se non in una mentalità a mio avviso reazionaria, che non ha il coraggio di negare certe cose e quindi si arrabatta per trovare le motivazioni necessarie, per forza di cose strumentali.

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    1. Amico:
      1- non sarebbero consentiti commenti a svariate puntate;
      2- per intervenire e fare una specie di riflessione molto empirica, soggettiva e solipsistica, a ruota libera sui massimi sistemi: non è questo il posto giusto, dato che qui si fa un'analisi economica e giuridica fondata su dati e dottrina;
      - 3 questo rinvia al fatto che per intervenire occorrerebbe anche aver letto e possibilmente CAPITO cosa dice il blog, il quale ha trattato molti degli aspetti da te introdotti. E peraltro anche malintesi e oggetto di una serie di proclami un pò generici, che sono esattamente ciò che evita questo blog.

      Probabilmente per le tue idee risolutive che sei "pronto a discutere", arrivandoci solo tu, puoi trovare un'altra e più opportuna sede.

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  12. clark= troll , fin dal primo post , e questo è male , molto male...

    quindi , non fosse un troll (ipotesi remota) : ma scrivere sul blog di barnard no eh?

    se uno vuole informarsi ci sono decine di ore di registrazioni di incontri e seminari con alberto bagnai e altri , su internet...oltre a bibligrafie cosigliate

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  13. Privatizzazioni all'italiana.
    Da notare che Saipem era, fino a pochi mesi fa, il gioiellino della borsa italiana, la pietra preziosa di ENI.
    Anche qua tutto è partito da un'indagine della magistratura di fronte a cui, parere assolutamente personale, tutto il mondo si è probabilmente sbellicato dalle risate alle nostre spalle.
    Sta succedendo ora, sotto i vostri/nostri occhi. Ovviamente nessuno ne parla. Quanti saranno i posti di lavoro persi? Secondo me molti.

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