domenica 27 luglio 2014

MASSE E POTERE. E LEGGI DELLA DINAMICA DI NEWTON



Voglio molto bbbene a Bazaar e se, con questo post, enfatizzo una mia puntualizzazione sul suo pensiero, non è per un disaccordo di sostanza (dal punto di vista cognitivo-critico è un interlocutore privilegiato), ma per via del mio approccio anti-intellettuale. 
Magari questa affermazione per alcuni risulterà un po' paradossale, data la conclamata complessità e oscurità del mio pensiero, ma rimango lo stesso estremamente scettico sull'attitudine intellettuale, intesa come attività cui sarebbe dedita una classe di soggetti "padroni" (o autoproclamatisi tali) degli strumenti dell'analisi cognitiva dei fatti "complessi", ad avere capacità correttiva degli assetti di potere.
Non che non abbia fiducia nella potenzialità de-costruttiva - a livello individuale di consapevolezza- del pensiero rispetto alla "descrizione del mondo" su cui, storicamente, si verifica quello che è chiamato il "consenso" (percettivo): il mio dubbio riguarda la capacità di propagazione di questa capacità de-costruttiva, cioè la sua potenzialità a innescare un processo sostitutivo del "consenso" al di fuori della cooperazione di coloro che condividono la communis opinio.  
E' un fatto energetico: il "consenso" è equiparabile, in termini di percezione della realtà, al moto rettilineo uniforme o allo stato di quiete di cui parlano le leggi della dinamica di Galileo e Newton.

Il problema si pone sulla influenza decisiva o meno dei media nel determinare l'opinione di massa. Che come abbiamo visto qui, non è più, in tempi di riduzionismo pop a conduzione tecnocratica, una opinione pubblica risultante dalla sintesi di una dialettica articolata su basi più o meno consapevoli (in quanto "informate" e, prima ancora, "formate", ammesso che ciò si sia mai verificato: ma questo è un problema storico-economico che, per il momento, tralasceremo).
Di questo problema qui abbiamo parlato tante volte, anche sotto la categoria della "questione mediatica" e...connessi fattoidi.
Vi riporto i termini del dialogo (allo stato) tra me e Bazaar.

"Non credo che la stampa sia un problema: né tantomeno "Il problema".

Il lavoro che stiamo instancabilmente facendo insieme è risalire all'incipit, all'arché di quel processo culturale per cui, in un circolo vizioso, qualsiasi sociopatico che abbia il suo tiramento possa imporre la propria personale distopia come ordinamento globale.

Da umanista ed eternamente grato ad Heisenberg per averci dialetticamente salvato dai "deterministi antiumani", non posso accettare quel fatalismo "a-karmico" percui la Storia proceda indipendentemente dai suoi attori. (Caro Mattia, su questo punto non mi trovi proprio d'accordo).

Chi crede nell'Uomo crede nel libero arbitrio ma anche nella potenza del suo pensiero.

La cultura è un fattore squisitamente esogeno solo per chi non la influenza: un potente impianto valoriale ed ideologico trova la sua diffusione indipendentemente dalla struttura del sistema di potere dominante.

Se le crisi economiche sono conseguenza di crisi politiche e queste sono l'effetto di crisi culturali, è dirimente produrre cultura, cominciando a fare "ecologia epistemologica" di quella già prodotta prima che gli inetti, falliti
indegni intellettuali "conformati al nostro secolo" inquini irrimediabilmente i pozzi.

(un caro ricordo a Preve)"

Questa la mia risposta (arricchita in queste sede con qualche link ulteriore):

"Se le crisi economiche sono conseguenza di crisi politiche e queste sono l'effetto di crisi culturali,": già questa premessa sillogica è un pochino...determinista.  
Ma poi "produrre cultura" orientata a correggere quella (a livello di fondamenti, cioè epistemologica), prodotta dagli intellettuali "conformati del nostro secolo", è aspirazione certamente degna ma, messa in questi termini intenzionali di autolegittimazione, soffre di "titanismo".
Sul piano intellettuale-culturale si può arrivare a grandi formulazioni critiche, lampanti e decisive, eppure rimanere insignificanti in termini di "conformità", cioè di cultura connessa (se non coincidente) con la opinione pubblica, che è poi il livello politico della cultura.

Il problema allora diventa: come combatti il riduzionismo pop, che è il vettore e l'essenza dell'effetto culturale che si vuole correggere?

Gli intellettuali "conformati" forse sono criticamente "inetti", ma sicuramente non lo sono coloro che, a monte, ne decidono rilevanza e finanziamento.
E questi "coloro", ancorchè identificati, non possono essere scalzati "criticamente", semplicemente perchè hanno il controllo economico (finanziario) dei meccanismi di trasmissione di massa della stessa cultura. Cioè riduzionistica pop (batteriologica). Che è poi quella neo-liberista e, in sintesi fenomenologica, antidemocratica. Che ha, appunto, creato un "batterio" nel proprio laboratorio strategico-mediatico per il quale non si conosce, ancora, un efficace vaccino

Ma un'informazione democratica, capace di resistere al pop, nasce da un fattore di decisivo controllo politico: lo stesso di cui parla Kalecky (rispetto all'intervento economico dello Stato fuori dal diretto impegno industriale-produttivo), proiettato sull'azione statale di istruzione
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/lautoinganno-del-tecnicismo-pop.html
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/istruzione-opinione-pubblica-e.html

In estrema sintesi: le "risorse culturali" vivono su una massa critica - in un senso o nell'altro- e questa è direttamente proporzionale al consolidamento di un assetto di potere dotato di effettività prima culturale e poi giuridica. E l'effettività è controllo dei mezzi di formazione-informazione di "massa
".

Il dibattito, peraltro, è del tutto aperto: non chiedo di meglio di poter superare i problemi che la realtà ci mostra sempre più drammaticamente come (quasi) insolubili.

25 commenti:

  1. VE NE RACCONTO UN’ALTRA ..

    Qui, tra le reliquie dell’archeologia del lavoro ai margini della capitale finanzira di un Bel Paese, non soddisfatto di una cucurbita carbonara proposta da una prole aliena che “può trovare una soluzione (ma forse due o tre) per qualsiasi cosa” – l’uno il culatello, l’altra la veganìa - sono andato ad obscultare il battito di Susanna – tutta panna confederativa - che interveniva dove poco il “color dell’oriental zaffiro” ma molto dove la dignità umana ha pagato per affermare quello che non desidera essere.

    Masochismo sadico o il reciproco inverso – son del categoriale un razionalista junghiano – dalle file ultime per stimolare irriverente e cogliere reazioni loro, fino alla prima per vedere il labiale pronunciare l’in/solito mantra “se ne darà ‘na ragione” poi “grazie, alla prossima” del teleguidato “intervistatore” con le luci della ribalta.

    Una “ragione” ragionata richiesta e invocata dalle file – dall’ultima alla prima – sedata con l’epiteto “proto-grillino” (.. ??, io socratico dopo una, due e forse tre cicute senza effetto) di energumeni usciti dal “chinotto” dell’EUROGENFOR vicentino.

    C’era - e non di cera - l’essenza di giovini culatelli, di attempate salamelle di un BelPese e ancora di qualche dubbiosa “figa&fighetti della settima”, nipoti di chi quel luogo l’aveva vissuto e tramandato Memoria, a rinviare a settembre tra le “dodici tavole” consiliari.

    Lupi della steppa, fin quando non viene tagliata loro parola e lettera, a divulgare, a diffondere, ad accendere lumi sulla traittoria balistica dell'informazione-formazion lanciata nel "secolo breve" - colloqui Lippamn, Bernays con il salire e scendere dei ragli e cinquettii del web 2.0.
    Con le prime fila - da ultima RISCOSSA, DIRITTO E ECONOMIA PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE - e gli interventi formativi e informativi sui territori delle relazioni personali si edifica ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, quello che essi, cioè essi, desiderano e vogliono che si diventi.

    ps: a Bazar, devo riconoscenza d'aver me ricondootto all'antro dopo Via di Reggio e anche succube di lettere dal "fronte" quanto gli "stimoli" - non solo fisiologici - che propone ... :-)

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  2. Bé, carissimo Quarantotto, innanzitutto premetto che sono contento di aver fornito uno spunto di riflessione "parallela": un modo dialettico di procedere può essere "selettivo-evolutivo", aggiungendo informazioni di genesi deduttiva o induttiva su un comune framework logico e valoriale, oppure evolvendo la dialettica con dinamiche di tipo "catastrofiche", inserendo nella discussione "contrapposizioni" o "provocazioni".
    Questo secondo caso presuppone una certa confidenza nel sistema valoriale e di "interessi" dell'interlocutore (ovvero dal grado di libertà da "conflitti" con altre finalità: politiche, economiche, egotiste, ecc.).

    L'affermazione "la stampa non è un problema", in un drammatico contesto di regime orwelliano, è evidentemente provocatoria e diventa di interesse "filologico" solo se la tesi "il pensiero dell'Uomo" può "coscientemente" modificare il corso della Storia.

    L'obiezione riguardo al "titanismo" è naturale ma non cosí scontata; la sua veridicità potrebbe significare:

    1 - che la "potenza" delle idee e il brutale "potere" siano in contrapposizione fittizia: ovvero un Mahatma non qualsiasi dovrebbe aver avuto un qualche sostanziale supporto di "poteri" contrapposti a quello dell'impero britannico.

    2 - che un Rockerduck triocchiuto o un von Hayek siano essi stessi dei "titani"

    3 - soprattutto che i neo-liberisti avrebbero "ragione" nel sostenere il loro nichilismo anti-umano (e di conseguenza antisociale) percui l'ordine sociale disegnato sia effettivamente "naturale": ovvero, dopo il disastro nucleare che stanno causando, i sopravvissuti saranno "eugeneticamente" selezionati. (In genere ratti e scarafaggi...).

    Si potrebbe valutare che il "titanismo" sia più da relazionare con le "tempistiche" rispetto alla velocità delle dinamiche della catastrofe in atto. Ma questo non contraddice la "tesi" e l'eventuale differente operatività che porterebbe, magari, ad allocare le proprie risorse in diverso modo.

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    1. Gandhi fu un catalizzatore di interessi settoriali divenuti occasionalmente espressione di una comune necessità politico-sociale indipendente da lui. Infatti l'Impero era destinato a collassare e collassò per altre cause e la sua stessa visione non modificò la dinamica degli interessi inconciliabili.
      I neo-liberisti hanno "ragione": finchè inevitabilmente non avranno torto. Ma quando ciò sarà, sarà per ragioni indipendenti dal pensiero critico: chi governerà il mutamento non sarà necessariamente portatore di tale pensiero, ma, all'opposto, lo sviluppo di Rockerduck che avrà trovato un altro Hayek, adatto alla nuova fase.

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  3. Il "riduzionismo pop" non è poi l'origine del problema: l'origine va ricercata nella cattiva "igiene" (mentale), ovvero nella "formazione" e nell'istruzione (v. appunto Kalecky). Pacifico.

    Il rimedio più efficace, cioè il "vaccino", è naturale che esso stesso sia "un batterio pop": solo che, come nel caso medico, dovranno essere più i benefici che i danni della nuova "infezione".

    Il problema della "autoreferenzialità" lo tratterò a livello "epistemologico" più avanti in questo "brainstorm".

    Questa riflessione nasce, oltre dalla necessità (come fai notare in chiosa) di trovare una soluzione apparentemente insolubile al controllo orwelliano dell'informazione, da quello di non trasformare "la casta giornalistica" nell'oggetto di altro livore disperato.

    La suggestione di Costanzo Preve che, più che "inetti", definisce cialtroni i "dotti" che hanno fatto da spin doctor nel non sense culturale post-sessantottino, può fornire altri spunti di riflessione sul ruolo dell'intellighenzia: innanzitutto le "menti finissime" dietro le quinte sono dotate della massima "teckné" disponibile sul mercato, ma ben difficilmente possono vantare quella "tridimensionalità", quello spessore che solo chi ha determinati "valori umani" può vantare.

    Certe qualità umane, strumenti potentissimi, non possono essere acquistate dal più potente dei finanzieri.

    Quindi, anche l'affermare di prendere una posizione "anti-intellettuale" non prova particolari ostacoli "filologici": Preve infatti preferisce parlare di "dotti" piuttosto che di "intellettuali" (usa un godibilissimo disprezzo verso Umberto Eco-nel-vuoto-del-frigorifero-degli-italiani-che-lo-hanno-preso-sul-serio).

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    1. Naturalmente il riduzionismo pop non è, per assunto, l'origine ma la manifestazione culturale del problema. Puoi chiamarla anche neo-cultura consumistica di controllo (richiamando Rawls). "Neo" rispetto al paradigma paternalista e apertamente autoritario del liberismo ante Keynes e ante-Costituzioni pluriclasse contro cui si coagulò il marxismo.
      Ma superare il consumismo disperato non sarà necessariamente una vittoria umanistica; temo il contrario, come preannunzia il decrescismo e il millennarismo ambientalista.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/oltre-il-pud-2-oil-and-finance-thats-all.html

      Il problema "insolubile", dunque, è tale solo se lo si considera in termini di sforzo dialettico, cioè di contrapponibilità di modello culturale: la casta giornalistica si può rivelare sorprendentemente rapida e apparentemente flessibile nel calvalcare slogan e visioni opposte a quelle attuali.
      Ma "opposte" solo sul piano dell'attuale opinione di massa, cioè di una creazione artificiale di manipolazione collettiva e quindi portatrici di una nuova manipolazione artificiale: in realtà le risorse culturali per ribaltare l'attuale riduzionismo pop in qualcosa di criticamente razionale (rispetto all'interesse sociale diffuso che dovrebbe realizzarsi) non ci sono.
      E questo al massimo, sul piano cognitivo, può portarci a riflettere su quale evoluzione potrà segnare il mutamento apparente. Cioè un cedimento di facciata che risulterà intrinsecamente cosmetico: una nuova cosmesi che risponde alla necessità creata dallo stesso calcolato, già da ora, abbandono dell'enunciato von Hayek.
      Questo avrà comunque svolto il suo compito di irreversibile smantellamento dello Stato democratico e passerà a gestire il vuoto così creato rispetto a una nuova generazione di "massa", ormai sradicata da questa matrice di risoluzione del conflitto sociale.

      E' solo questione di tempo: devono scomparire le generazioni che hanno memoria e vissuto la testimonianza diretta dello Stato democratico costituzionale (come sostiene anche Cesare Pozzi).
      Di questo vuoto di memoria (anch'esso programmaticamente perseguito) sono già portatori le nuove leve di pensiero giuridico ed economico sfornate attualmente dalle Università nonchè le leve di attivismo politico generate dal riduzionismo pop, nella sua versione, non dimentichiamolo, di SIMULTANEO CONTROLLO ATTUALE DELLA (pseudo) CONTROINFORMAZIONE (scommetto che hai perfettamente afferrato a cosa mi riferisca).

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  4. È la società che "conforma" la cultura o è la "cultura" che conforma la societá? (e qui torniamo alle origini della missione di Orizzonte48).

    Bene.

    Il moto "rettilineo uniforme" non descrive, a parer mio, la "traiettoria culturale": e qui decontestualizzo il concetto myrdaliano di circular cumulative causation, proponendo un processo "circolare" nella propagazione della cultura e dei valori dominanti.

    Tenendo saldo il concetto di "inerzia", ovvero di "massa", la domanda è: è possibile "invertire lo spin" di questo processo?

    Di interesse in questo tipo di modello che descrive un processo percui le cause diventano effetti e viceversa è che, in funzione dei Valori che si abbracciano, si danno risposte diverse alla domanda capitale: è nato prima l'uovo o la gallina?

    Un umanista crede che all'inizio di questo "processo ricorsivo" ci sia l'Uomo.

    Questo punto di vista è fondamentale nel riappropriarsi del "locus of control" anche in dinamiche collettive che non sono influenzabili dal singolo uomo.

    Ci vuole effettivamente un'energia "titanica" per invertire lo "spin", ma la "passionarietà" è energia. Quanta passionarietà garibaldina è rimasta? Quale capitale di rischio si è disposti ad investire per un'impresa così astratta (a dispetto del tangibile profitto) come la realizzazione di un'Idea?

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    1. Alla luce delle risposte già date, non ne è rimasta, almeno come fattore rilevante nelle dinamiche in corso.
      E' molto bello, idealmente, credere nella natura energetica della passionarietà, ma questa natura si ha solo se suscitata come riflesso della sua (rarissima) radice umanistica. Diversamente la "passionarietà" è dispersiva dell'energia e riduce la consapevolezza: ed infatti, oggi va dal calcio all'idea che la pace sia minacciata da chi si contrappone al modello mondialista.

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  5. La cultura "atonale", tecnico-schoembergiana con cui i servi "coscienti" del più grande progetto reazionario post WWII, è il rifiuto tossico con cui stanno inquinando i pozzi prima di passare sotto la tutela ad aeternum del demonio.

    I cripto-fascisti come gli Skalfari, o gli Eko, o i king George et similia, hanno una tale coscienza lercia che continueranno a sversare tonnellate di scorie nelle falde acquifere prima di farsi cremare (i vermi si rifiuterebbero di mangiarseli).

    Il "pensiero unico" poggia su un pilastro che non può reggere: stanno procedendo sulla medesima strada interessi che non possono coesistere.

    Significa che una parte del "potere" non sta facendo i suoi interessi per perpetuarsi, e non lo fa perché non ha le risorse culturali per farlo.

    E se i "dati fattuali" non sono sufficienti, è evidente che siamo di fronte ad un immane problema di carattere ideologico.

    Ciò significa che se venisse accettata la cruda verità dei dati, questi individui si "romperebbero".

    Abbiamo quindi a che fare con un evidente problema di natura psico-emotiva dovuto da decenni di pervasiva manipolazione che ha creato questa "incoerenza" tra "logos" e "pathos": incoerenza che è culturalmente e umanamente la destrutturazione del sistema di valori. In breve, "il relativismo culturale".

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    1. Concordo che una parte del potere non sta facendo i propri interessi per perpetuarsi: in effetti, esso, nel suo "core", è programmaticamente distruttivo dei suoi stessi sicofanti e margravi (del tutto sacrificabili).
      Ma gioca sul fatto che questi ultimi non se ne rendono conto e, come la finanza sul piano del calcolo economico, ha un orizzonte di breve periodo (rispetto al periodo storico, ovviamente, non al ciclo economico).

      In effetti, in pochi anni, per questioni anagrafiche, i leader del collaborazionismo filo-internazionalista del vincolo esterno saranno trapassati: chi li sostituirà in via diretta vestirà altri panni.

      Per una reazione veramente oppositiva, però, temo fortemente che occorrerà aspettare la generazione successiva (non quella culturalmente sfornata oggi delle attuali nuove leve).
      Come dimostra, in un certo senso, l'azione di controcultura effettive che sta svolgendo Chang, vero e proprio antesignano di una nuova coscienza che verrà....

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  6. Quindi alla "Cultura" non dovremmo affidargli una mera accezione "nozionistico-scientifica" (propria del "logos"), ma anche "valoriale" (propria del "pathos").

    Quando pathos e logos sono ben integrati è possibile "l'assolutizzazione" del sistema di valori proprio perché - tramite il pathos - è possibile "assolutizzare" il sistema di pensiero affermando come unico "osservatore" possibile, l'Uomo.

    Questo è l'unico modo, a parer mio, di tenere ben distinto ciò che appartiene alla "doxa" e ciò che è della "episteme" nella dialettica che ci interessa.

    L'epistemologia è fondamentale: l'ideologia neoliberale non è falsificabile e, paradossalmente, le forze sociali dietro le autorità hanno fatto di questo clamoroso handicap la propria forza e semi-invincibilità.

    Solo il pathos può indicare il "nord", ma questo è costantemente manipolato.

    Che effetto fa la nostra opera di divulgazione a livello di "pathos"? C'è altro su cui possiamo lavorare per diventare più efficaci? Io credo proprio di sì.

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    1. Belle domande finali: bisogna avere pazienza, sapendo che non c'è tempo :-) But unexpected things are always waiting

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  7. Un corretto e "falsificabile" percorso filologico deve permettere di sapere quando esistono le condizioni per applicare la "teoria della relatività", la "quantistica" o la meccanica newtoniana.

    Quindi, se la quantistica è filosoficamente comoda per descrivere il misterioso microcosmo dei nostri più reconditi processi decisionali, riaffermare l'umano libero arbitrio e il fondamentale, motivante "locus of control" interno, questa non può svolgere tale funzione in macrosistemi a dimensione umana: quindi per i nessi causali delle scienze sociali (ad es: cultura --> politica --> sistemi socio-economici) è possibile creare un buon modello descrittivo basato sui "sistemi deterministici classici" (newtoniani).

    Questa coerenza filologica è fondamentale altrimenti ci si riduce come coloro che pretendono di salvare con gli stupefacenti concetti quantistici gli aspetti della teoria marxiana che non rispettano il "principio di non contraddizione". (In questo particolare caso non si sa se ridere o piangere...)

    Chioso, grazie alla mia privata consulente esotica ed esoterica, citando Vladimir Ivanovich Vernadsky che, teorizzando il concetto di noosfera, attribuiva al Pensiero la capacità di plasmare la Terra stessa (in questo caso obbligatoriamente in tempi "geologici" :-))

    P.S. non ho fornito link perché ho dovuto usare mezzi di fortuna per scrivere.

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    1. Qui sei troppo complesso per me...Ma intravedo tempi geologici nel poter riconoscere il frutto collettivo di un libero arbitrio, problema cognitivo assolutamente affascinante. L'umanità un giorno sarà libera. Per il solo fatto che lo è stata un tempo, e lo sarà nell'Eterno Ritorno

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  8. Graziosi complimenti ad entrambi da me e la mi' (fu) nonna ("si dormirà dopo morti").
    Anche se personalmente non avevo mai immaginato mattutino e lodi così fe(a)condi.

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  9. Ciao Quarantotto, visto che siamo nel contesto ti riporto alcune frasi del mio maestro spirituale in gioventù, l'esoterista Bernardino Del Boca:

    “Nessun pensiero va perso. Ogni pensiero, soprattutto se è un pensiero forte e costruttivo, crea una infinita catena di cause ed effetti con cui l’intelligenza divina modifica le culture e allarga la comprensione umana.

    Questa la ritengo adatta al lavoro ciclopico che stai svolgendo.

    Poi per infondere un pò di ottimismo ne aggiungo un altra:

    Il mutamento nella coscienza umana è in atto. Anche se non ce ne accorgiano, tutte le nuove idee e le nuove esperienze che danno forma alla noosfera ci attraversano, invisibili, nello stesso modo delle onde radio e di quelle della televisione.

    e per chiudere aggiungo questa:

    L’evoluzione spirituale sta modificando in profondità il pensiero umano perché fa usare all’uomo l’immaginazione, e questa sarà il commestibile del futuro…..Dall’uomo-oggetto, attraverso l’attuale evoluzione spirituale, sta per nascere l’Uomo-coscienza, il quale avrà della vita e dell’universo una visione ben diversa da quella che abbiamo oggi

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  10. Ragazzi, scusate, tanto per riassumere per i poveri mortali (e sperando di non banalizzare un discorso così interessante).
    Quarantotto:
    1) non crede che vi siano forze o capacità intellettuali in grado di modificare gli assetti di potere o in grado di avere una capacità di propagazione sufficiente ad innescare un processo sostitutivo (dall’attuale assetto di consenso e potere ad una diversa forma di consenso).
    2) Ritiene, in maniera un po’ criptica, che il "consenso" è un fatto energetico, (nel senso che occorre forza, energia, capacità per esprimere un consenso o essere rappresentativi di una forza relativa ad un certo consenso?) e lo è tanto di più se si prende atto che dietro agli intellettuali "conformati" e "inetti", ci sono coloro che (ben più consapevoli) finanziano e decidono la forza di propagazione di un pensiero e di un livello di consenso.
    3) La massa critica è direttamente proporzionale al controllo dei mezzi di formazione-informazione di "massa" e al consolidamento di un assetto di potere dotato di effettività prima culturale e poi giuridica.
    4) Prima di arrivare allo smascheramento dei piani neo-liberisti si avranno semplici cedimenti di facciata di natura prettamente cosmetica, nonché l’irreversibile smantellamento dello Stato democratico e la scomparsa delle generazioni che hanno memoria e vissuto la testimonianza diretta dello Stato democratico costituzionale.
    5) Ma questo smascheramento, prima o poi, avverrà. Ma avverrà per ragioni esterne ed indipendenti dal pensiero critico, su cui la natura energetica della passionari età può fare poco, perché questa, da sola, è dispersiva dell'energia e riduce la consapevolezza (nel senso quindi che l’eccessiva o la smisurata passione a volte ci fa perdere di vista l’obiettivo?).
    Bazaar invece:
    1) crede nella forza del libero arbitrio e nella potenza del pensiero dell’uomo.
    2) ritiene che la capacità di operare una inversione di tendenza culturale sia strettamente legata alla "tridimensionalità"umana, allo spessore che deriva solo dall’avere determinati "valori umani".
    3) Crede nella capacità di sovvertire l’ordine costituito ma attribuisce un peso determinante ai mezzi, all’operatività, agli strumenti, alle modalità di allocazione delle risorse.
    4) crede nella forza della "passionarietà" come energia (e per questo è importante domandarsi quanta passionarietà è quindi quanta energia è rimasta e quanta si è disposti a metterne in gioco perché si realizzi questa nuova Idea).
    5) crede nell’importanza del "pathos" e nella capacità autocritica (c'è altro su cui possiamo lavorare per diventare più efficaci in questo processo culturale sostitutivo dell’attuale consenso?).

    Punti di vista diversi. E di altissimo livello. Io mi limito a delle semplici considerazioni pratiche.

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  11. Sono fortemente convinta che lo stato di cose possa apparire difficile da invertire perché troppo grandi sono le forze (culturali, economiche, politiche…) che lo sostengono. Ma il fatto che esista una forza non esclude che ve ne possa essere un’altra uguale e contraria.

    Inutile negare la necessità dei mezzi finanziari che occorrerebbero. Ma la disperazione umana ha tanta forza quanto qualunque mezzo finanziario. Di fronte alla prorompenza della disperazione non c’è stato potere che abbia tenuto.
    Ma che cosa serve per coalizzare la disperazione, la frustrazione, la perdita di speranza, la paura della povertà e dell’ignoto della massa verso un obiettivo di libertà?
    Ci vuole sicuramente la tridimensionalità di cui parla Bazaar, ci vogliono dei valori umani (anche se quando si parla di valori occorre fare attenzione ai prototipi culturali da cui siamo affetti e che ci condizionano inevitabilmente), ci vuole capacità di comunicazione e nel contempo (perché non sia puro condizionamento e coercizione) ci vuole un livello di impeccabilità superiore per comunicare, per fare da guida, per arrivare dentro le persone, per convincerle ad uscire dal proprio recinto di commiserazione e di egoismo e guardare oltre l’orizzonte, dove si trova una qualche forma di benessere comune.
    Ed ecco allora che senza arrivare a discorsi troppo complessi, emergono già le prime piccole ragioni per cui non è facile sovvertire un ordine culturale così fortemente consolidato.
    Il primo problema è proprio la massa. Se si potesse prendere gli uomini singolarmente, uno ad uno, sarebbe più facile spiegare, convincere, reclutare…, ed invece come si convince una massa? (anche se so che 48 non concorda sul termine convincere perché ritiene che nessuno può convincere qualcun altro di una tesi se questo non ha in se la voglia di comprendere). E soprattutto bisogna chiedersi come si convince una massa troppo presa dai propri egoismi e dalla propria necessità di difendere la propria sopravvivenza e il proprio benessere o quello che ne è rimasto (tenendo presente che questo, almeno in parte, è spirito di conservazione e sopravvivenza, non è una novità!). E prima ancora di prendersela con la massa perché non capisce o perché sopraffatta da poteri troppo forti, occorre chiedersi se si è fatto abbastanza per contrastare forza invincibile di cui si è detto, con mezzi uguali e contrari, se si è fatto abbastanza per utilizzare i media, se si è fatto abbastanza per convincere (in fondo nell’opera di persuasione non c’è nulla di male se determinata a far conoscere la verità), se si sono utilizzati i modi e gli strumenti giusti per fare appello ai valori umani, o semplicemente per riuscire a mostrare alle masse l’altra faccia della realtà. E soprattutto se ci si è imbarcati in questa opera con convinzione ed impeccabilità, col fine primo di trasmettere la propria volontà di dedicarsi al bene comune.
    A me pare invece che le masse siano sempre più disperate e confuse e chi si imbarca in un’opera di inversione dell’attuale assetto di consenso (tranne rare accezioni) non lo faccia con abbastanza convinzione o lo faccia per il solo soddisfacimento di un proprio interesse (che sia una visibilità politica o semplicemente visibilità, che sia riscontro economico, che sia ampliamento della sfera di conoscenze per il lavoro, che sia soddisfazione ed alimentazione del proprio ego, che sia l’ennesimo modo per trovare una giustificazione dicendo “vedete, io sono quello che fa parte dei buoni, ci ho provato, ma sono un incompreso”).
    Di comportamenti impeccabili e valorizzazione dei valori umani (almeno nel senso più comune di valori sociali condivisi) se ne vedono pochi.

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  12. Lo stesso Quarantotto (che di impeccabilità ne ha da vendere) nel dichiarare, ad apertura di post, che è conclamata la complessità e oscurità del proprio pensiero dichiara (o conferma) un piccolo fallimento perché se con il blog (e non solo) si è fatto carico di una importante opera di divulgazione quella frase finisce per essere una contraddizione in termini. Chi vuole divulgare una idea o un pensiero per invertire l’idea di una massa, deve domandarsi se sta usando uno strumento che sia uguale e contrario o ancor più potente di quello che ha portato la massa a quel punto di non ritorno. E quindi deve domandarsi se il linguaggio usato è abbastanza chiaro, immediato, diretto, pungente o comunque se ha tutte quelle caratteristiche che occorrono per arrivare alla massa. Non si può cavarsela (e non mi riferisco a 48) con un giudizio di valore sulla massa, ritenendola ignorante e quindi non in grado di comprendere. Ci sono soggetti della massa che lavorano tutto il giorno e hanno casa e figli a cui pensare, leggere qualcosa che sia comprensibile subito piuttosto che dover trovare il tempo di leggere almeno tre volte per comprendere, fa la differenza sull’opera di coinvolgimento della massa (Poggiopoggiolini, sei una persona straordinaria e ti ammiro oltre ogni dire, ma cosa trasmetti del tuo sapere e a chi quando scrivi?quanti riescono a cogliere il vero significato delle cose meravigliose che vorresti comunicare?).
    E’ vero che le persone hanno sempre meno energia, meno capacità di lottare per la sopravvivenza e l’affermazione dello Stato democratico eppure ciclicamente si è sempre presentata la forza giusta in grado di trascinare le folle verso la comprensione, focalizzazione e riaffermazione dei propri diritti, succederà anche adesso, in tanti aspettano solo la forza giusta anche se non ne sono consapevoli. Siamo d’accordo che questa forza dovrebbe stare dentro di noi, ma appare soluzione subordinata accettabile quanto meno che questa forza si riconosca in soggetti impeccabili e capaci di guidare verso l’orizzonte del senso comune piuttosto che del proprio tornaconto personale in tutte le sue sfaccettature.
    Invece la confusione regna sovrana. E nella confusione i furbi (quelli accorti nel fare il proprio tornaconto) regnano prosperi, gli stolti (quelli che mancano di senno e di perspicacia) proliferano indisturbati, i diligenti sono trascinati dalle correnti e dagli eventi, i coraggiosi (quelli che si assumono fino in fondo la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie idee senza aver bisogno sempre di una via alternativa o di fuga) sono chiamati stupidi, quelli che dovrebbero avere comportamenti impeccabili, fare da guida, essere esempio di lucidità e fermezza, chiarezza, irriverenza e dolcezza (tranne anche qui, rare eccezioni), parlano per il solo gusto di parlare, o si soddisfano della propria eco, o alzano la voce come diversivo per rapinarti della tua essenza, o ancor peggio, urlano ancora più forte per coprire le voci flebili di chi porge domande alla loro coscienza.

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    1. Solo per dire che "è conclamata la complessità e oscurità del proprio pensiero" è una battuta ironica.
      Questo è quello che sento di fare e il modo in cui mi esprimo trovando uno stimolo che, altrimenti, verrebbe meno.
      Comunque non esistono altri blog che parlano dei temi trattati qui: mi piacerebbe vedere "come" lo farebbero, dovendo affrontare certe complessità.

      Abbi fede, comunque: come ho detto a Bazaar, bisogna avere pazienza...Unexpected things are always in abeyance

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    2. @Sofia
      Mi rivolgo a te, piacevolmente tirato per la giacchetta, e alle tante “dame&cavallieri” che abitano questa fucina di scienza, conoscenza e .. incoscienza.
      In questi tempi, con grande consapevolezza c’è da raccolgiere le razionalità gentili degli “animus” femminili che tendono a ricondurre la mascolina “anima” nella ricostruzione di un comune “sé” civico consapevole.
      In questi tempi, s’avrebbe bisogno – e sai quanto il desiderio “necessitato” – della stessa immediatezza divulgativa usata dalla pandemia del batterio pop antisociale, antidemocratico, disumano.
      In questi tempi, c’è certa/mente da considerare “poche cose ma chiare” da divulgare in platee interessate a distinguere il chiaro dallo scuro e il poco dal molto.
      In questi tempi, c’è ancora da sostenere e ricordare “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo” con la consapevolezza nietschiana di "chi lotta con i mostri badi a non diventare mostro lui stesso. E se scruti a lungo un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te".
      In questi tempi, avremmo anche il desiderio di spazio e tempo per guardare, spulciare, considerare gli appunti brevi di tanti viaggi, ciascuno consapevole del proprio libero arbitrio.
      In questo viaggio, s’ha da fare – condividendo senza remore e pretese - quello che, per natura e capacità, ciascuno riesce a mettere nel “camino”.
      M'è capitata - a sorte - il razionale esoterico junghiano, meno quello dell’artigiano intrattenitore e chissà se, osservando teiere attorno a Marte, si riuscisse anche a comprendere la "durezza e il sudore della vita" tranne se ....
      Gli uni e gli altri, parti del viaggio ..
      Un abbraccio ... :-)

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    3. Prima di tutto un grande abbraccio a tutti. Che non è esattamente la cosa che mi viene meglio o più facilmente, ma a volte ci vuole.
      Poi due considerazioni sparse. Come diceva Machiavelli ci vogliono "buone leggi et buone armi", e dunque mi sembra opportuno sia il lavoro di analisi giuridica e culturale che economica e comunicativa: queste due ultime sono state le armi con cui ci hanno ridotto dove siamo.
      Per rispondere brutalmente a Sofia (che non lo merita!) direi che possiamo "chiederci se si è fatto abbastanza", ma solo per dieci minuti mentre si beve il caffè, e dopo si fa semplicemente qualcosa. Può anche darsi che serva, altrimenti proveremo qualcos'altro, e questo proposito devo sottolineare il lavoro fatto da Quarantotto per conquistare un linguaggio più diretto e incisivo.
      E devo anche dargli ragione su due punti: che l'imprevisto accade sistematicamente e che questo blog è decisamente unico. Sul primo punto non mi soffermo (non siamo divini e tantomeno lo sono ESSI), per il secondo posso affermare la mia grande soddisfazione (intellettuale, ahimè) per essere riuscito a unire tanti puntini e mettere assieme, in un disegno semplice e CHIARO, tanti disagi e tanti dubbi, alcuni vecchi di quarant'anni.
      Saremo pure in pochi, ma è già un piccolo miracolo averci fatti ritrovare (grazie ancora); andiamo avanti, improvvisiamo, facciamo quello che riesce e aspettiamo che l'imprevedibile accada. Quando succederà cercheremo di fare qualcosa di utile... non sarà quanto vorremmo ma una lettura corretta della situazione dà una forza incredibile.

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  13. Chi tratta i tuoi stessi argomenti ti copia in modo ignobile e non é in discussione il tuo impegno. La domanda era: facciamo abbastanza e soprattutto facciamo nel modo giusto?

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    1. Non parlavo del mio impegno in verità: ma proprio del fatto che questo è quello che concepisco come "modo" che consente un cammino. Che poi poi sia "giusto" e "abbastanz"a, non è problema da porsi in modo così conseguenziale: sono parametri riferibili a un obiettivo che, realisticamente, trascende il cammino possibile e la sua traiettoria. Questa va valutata in termini di lungo periodo: senza mai dimenticarlo.
      Altrimenti al titanismo del pensiero, si sostituirebbe quello ancor più vano (e autocolpevolizzante) dell'autoinvestitura di un compito trascendente le proprie risorse: non che queste vadano utilizzate solo in una sfera rigidamente controllabile, ma certamente l'utilizzazione non deve rispondere a domande che non siano il punto di partenza di cui ci si assume la responsabilità.
      Che allo stato, è questo tipo di divulgazione: che verrebbe a mancare, per inefficienza se fosse rapportata a un bench mark estraneo di efficienza, cioè ad un "opponente" così evanescente e velleitario come il dover cambiare un paradigma culturale di massa!

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    2. Ringrazio tutti e specialmente sofia che ha saputo tradurre un dibattito di questo livello in termini decisamente più digeribili per tutti, varrebbe la pena trarne un post a parte.

      In effetti le preoccupazioni qui contenute sono reali e tangibili. E i punti sollevati affatto banali. Personalmente condivido la posizione di sofia e anche il suo dubbio di fondo.

      Come bazaar si ricorderà, il mio approccio é molto "taoista", vicino alla teoria della "traiettoria storica" di cui parla 48. Se questo sistema da una parte ci massacra attivamente, dall'altra sta gettando al contempo i germi della sua stessa insostenibilità di lungo termine e della reazione popolare che a lungo andare porterà alla sua "distruzione", o meglio al suo divenire qualcosa di diverso e non necessariamente conforme a sua volta con il nostro modello costituzionale. Questo é un processo intrinseco in qualunque avvenimento, e l'euroliberismo non fa eccezione, ne sono più che convinto.

      Certo, il "dopo" potrebbe non essere parimenti di nostero gusto, né soprattutto abbiamo qualsiasi garanzia che potremo arrivare al dopo in tempi ragionevoli e compatibili con il mantenimento di un minimo di benessere per alcuni e con il tenere la testa sopra il livello dell'acqua (che é quel che mi riguarda di persona). E potremmo pure perdere per strada alcuni dei nostri per sopraggiunta difficoltà economica al livello di guardia. Io per esempio, rispetto ad un solo anno fa, non riesco più a muovermi liberamente per l'italia e devo risparmiare duramente su tutto. E' un ostacolo per il mio attivismo? Assolutamente si. Se poi cambiassi lavoro, come pare accadrà a settembre/ottobre, potrei perdere il collegamento internet e tanti saluti. E c'é chi sta ben peggio di me e non ha pertanto i mezzi neppure per provare a capire. Se anche ce la facesse, aiutato magari da qualcuno di noi, poi non potrebbe agire concretamente per mancanza di mezzi e questo penso aumenterebbe solo la sua disperazione. Non dimentichiamo che essere semplici profeti di sventura é una pessima idea, che porterà le nostre idee ad essere ancora meno efficaci, poiché rischiamo di passare (e già passiamo, grazie alla spinta mediatica in tal senso) per uccelli del malaugurio disfattisti tanto bravi nella pars destruens quanto nulli nella costruens.

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    3. Quindi é più che logico per me interrogarsi sul modo migliore di investire le poche forze e mezzi a disposizione. Adesso abbiamo Riscossa che sta diventando o diventerà la casa di chiunque abbia a cuore la costituzione, ma non é certo banale capire che uso farne.

      Se é vero che credo nei processi storici, come ho detto prima, é altrettanto vero che penso che gli uomini non siano dei semplici attori/spettatori privi di possibilità di influire. E' vero che un ghandi o un robespierre hanno solo "interpretato" e dato sfogo a questioni e tensioni irrisolte che trascendevano la loro persona, ma é anche vero che senza queste persone, tali tensioni si sarebbero probabilmente trascinate più a lungo e con una scia di distruzione e miseria maggiore.

      Ora, non penso che abbia senso sentirsi responsabili oltremisura di ciò che si potrebbe fare forse/magari/quantunque/però. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Ma ha senso interrogarsi sulla linea di azione concreta, senza preconcetti. Che a mio modo di vedere non deve limitarsi alla sola divulgazione. Questa deve continuare, certo, a beneficio di tutti coloro che posso davvero far uso di informazione di livello.

      Ma parallelamente, non é stupido o "titanico" pensare a come dare a queste idee uno sbocco pratico, che faccia i conti con la dura realtà politica odierna. "Unexpected things are always in abeyance", verissimo, ma qua servono cose inaspettate e favorevoli a noi. Confidare in una simile coincidenza é chiedere un po' troppo a mio parere. La provvidenza va sempre aiutata :) anche perché il resto del fronte antisistema é tutt'altro che compatto, e spesso é solo capace di fare danno a tutta la causa, in molti modi.

      Alcuni elementi su cui fare qualche pensata pratica potrebbero essere:

      -La questione referendum contro il fiscal compact. Potrebbe essere l'occasione per lanciare una campagna informativa di riscossa sull'argomento.

      -La questione ucraina, che mette bene in risalto come l'UE sia servile alla NATO e guerrafondaia non solo economicamente ma anche in pratica, con buona pace dell'art. 11

      -"la svolta autoritaria", o meglio, la riforma del senato in senso autoritario, che rischia di essere lo scalpello per smantellare la costituzione anche nel testo oltre che nei fatti. riscossa potrebbe prendere posizione.

      -in generale tutto ciò che serve perché la critica a euro e Ue esca di prepotenza dal frame "fascismo/xenofobia/nazionalismo", sui cui una lega a caso continua a battere, senza peraltro criticare l'ordoliberismo. qui siamo anche troppo espliciti, ma appunto, non siamo ancora conosciuti.

      bye!

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