martedì 1 luglio 2014

L'AUDIZIONE: I COSTITUZIONALISTI E IL CONTENTINO PROCEDURALE (il sondaggismo costituente)

 

Sapete come la penso sulla riforma del Senato e sulla molto presunta legittimazione di questo parlamento a fare qualunque cosa che non sia una nuova legge elettorale conforme a quanto indicato dalla Corte costituzionale.
Da questo articolo di Bechis, traiamo, alla lettera (più sotto), l'estratto significativo degli interventi dei costituzionalisti "auditi".
Sottoscrivo in pieno l'osservazione di Dogliani circa "lo sfregio dei cosiddetti effetti retroattivi della sentenza della Corte", ma, trovandomi al suo posto, dovendo tener conto della manifesta insufficienza di cultura giuridica (e, trattandosi di Costituzione, democratica) di questa classe politica (tutta), avrei spiegato qualcosa sull'effetto conformativo della sentenza stessa (la "prorogatio ad infinitum"...); come ho spiegato più volte, questo è stato ambiguamente esplicato nell'ultimo paragrafo del decisum costituzionale, ma rimane pur sempre qualcosa che, alla luce di elementari principi, ha un significato e uno solo costituzionalmente compatibile (cioè quello della legittimazione delle camere limitata nei termini anzidetti).

Interessante, se non altro perchè completamente assente dal consueto dibattito mediatico-livoroso, acclamante la "riformapurchessia", l'evidenziazione del nuovo anomalo "processo materialmente costituente": anche su questo rammentiamo le tante parole già spese.
Un processo costituente nasce da una legittimazione rappresentativa dell'intero popolo, - e non quindi tutta all'interno di una sola formazione neppure avente la maggioranza dei voti elettorali-, ed in contrapposizione alla rottura finale dell'ordinamento precedente che discenderebbe dal comune sentire di un popolo intero rispetto al precedente regime. 
Siccome tale contrapposizione e tale comune sentire sono, a nostro parere, una creazione mediatica (abbiamo parlato di "sondaggismo come nuovo potere costituente"), l'impressione che si stia perpetrando un golpe diretto dai controllori dei media, cioè dai gruppi economici sottostanti, è fortissima, come confermano le forti parole di Dogliani. 

Del pari condivisibile la notazione complementare operata da Ferrajoli, relativa alla precondizione logico-istituzionale che il monocameralismo sia giustificabile solo in caso di legge elettorale rigorosamente proporzionale, a pena, altrimenti, di silenziare lo stesso ruolo del Parlamento. 
E, aggiungiamo, di produrre la diretta instaurazione di un regime extra-elettorale guidato dall'€uropa, dato il simultaneo svuotamento delle prerogative dello stesso governo nazionale dovuto alla sottoscrizione di trattati come il Two-pack e il Fiscal Compact.

Il problema più drammatico è che queste audizioni, nel clima attuale, dominato dall'€uropa che chiede ulteriore consolidamento suicida del bilancio (come conferma l'uscita di Delrio sull'ERF camuffato, con 320 miliardi di beni reali offerti in garanzia, dimenticando accuratamente di far capire agli italiani che sarebbero escussi ogni anno nella misura prevista dal fiscal compact), appaiono solo un "contentino" procedurale.
Insomma un: "avete parlato, avete criticato, ci siamo dimostrati aperti alle critiche e ora...continuiamo imperterriti in nome della legittimazione che ci siamo autoattribuiti "a prescindere"".

I timidi allarmi della stampa (non certo della TV), sono annacquati dalla impostazione tea-party che essi abbracciano ormai senza alcun dubbio: non è la democrazia, in alcun modo e misura, oggetto di preoccupazione, ma solo la riduzione del "perimetro dello Stato", la corsa al taglio della spesa pubblica senza neanche sapere cosa significhi. 
E siccome il monocameralismo appare un buon mezzo a questo fine, rafforzando, in tale visione, l'attuazione immediata dei desiderata di un governo che è solo un passacarte della governance UE, dobbiamo prendere atto che non solo si rinuncia alla sovranità ma che occorra farlo anche a costo della tracce residue di democrazia. 
Che, essendo tutela di valori a realizzazione obbligatoria per il governo-parlamento, evidenzia come questa riforma, nei presupposti costituenti, nel metodo e nella sostanza, faccia finire in soffitta la Costituzione nel suo insieme, se la si considera fondata sui valori chiave del principio lavoristico e della eguaglianza sostanziale: aspetto che, more solito, gli stessi costituzionalisti sembrano non cogliere, sfuggendogli la dimensione socio-politica dello schema economico-fiscale imposto dall'UEM. 


"Dalle audizioni svolte nella prima commissione del Senato guidata da Anna Finocchiaro si comprendono ancora meglio le tensioni politiche che lacerano i partiti a palazzo Madama. Quasi tutti gli esperti hanno infatti bocciato l’impianto della riforma, tanto più se sposato con una legge che alla Camera dia un forte premio di maggioranza.

mario dogliani mario dogliani
Secondo molti professori una riforma così è ad altissimo rischio di bocciatura da parte della Corte Costituzionale. Ed ecco in sintesi come gli esperti hanno vivisezionato il pacchetto di riforme Renzi-Boschi. L’intervento più critico è stato quello di Mario Dogliani, professore di Diritto Costituzionale, Università di Torino, secondo cui «il generale accordo sul fatto che l’attuale legislatura debba avere l’intera durata quinquennale costituzionalmente prevista, comporta uno sfregio dei cosiddetti effetti retroattivi della sentenza della Corte costituzionale, e cioè del significato obiettivo della sentenza.

Sfregio che consiste nel far leva sullo spropositato premio di maggioranza - dichiarato incostituzionale - proprio per autoassegnarsi quella durata al fine di approvare gli strumenti - elettorali e costituzionali - volti a sopraffare le attuali minoranze interne e le opposizioni esterne».

Dogliani ne ha pure per il linguaggio tipico renziano, paragonato addirittura a quello di Benito Mussolini e dei fascisti: «Blindature, asfaltature, carri armati, gufi, palude, “comitato dei bischeri”... sono termini che presuppongono una legittimazione originaria extra parlamentare.

luigi ferrajoli luigi ferrajoli
E infatti si è sentito parlare di una legittimazione del Governo che discenderebbe dalle “primarie” e dalla successiva approvazione del programma da parte della Direzione del Pd. Questo sarebbe il nuovo processo materialmente costituente. Questi sarebbero i “fatti”, o i miti, originariamente costituenti. Ma non si rendono conto i “giovani” del governo delle straordinarie assonanze tra questo linguaggio e quello che fece deragliare il sistema parlamentare statutario? ».

Dogliani però non è solo. Sulla critica principale ha la stessa opinione Luigi Ferrajoli, ordinario di Filosofia del diritto Università Roma Tre: «Il difetto maggiore dell’attuale progetto governativo di riforma del Senato consiste nella sua associazione alla legge elettorale, quale risulta anch’essa dal progetto governativo. Questa riforma del Senato consiste infatti, sostanzialmente, nella sua abolizione: sono infatti assai poche e scarsamente rilevanti le competenze che gli vengono attribuite. Essa consiste, in breve, nella trasformazione dall’attuale bicameralismo perfetto in un sostanziale monocameralismo.

giuseppe de vergottini giuseppe de vergottini
C’è una condizione perché il monocameralismo sia un fattore di rafforzamento anziché di emarginazione del ruolo del Parlamento: che l’unica Camera - la Camera dei deputati - sia eletta con un sistema elettorale perfettamente proporzionale, in grado di rappresentare l’intero arco delle posizioni politiche ».

Fieramente avversari del progetto Renzi sia Alessandro Pace, che vede nel pacchetto «un monocameralismo dominato da una coalizione di partiti non legittimata dalla maggioranza degli elettori, per giunta privo di contro-poteri», che l’ex giudice costituzionale Gustavo Zagrebelski: «La visione d’insieme è quella d’un sistema politico che vuole chiudersi difensivamente su se stesso, contro la concezione pluralistica e partecipativa della democrazia, che è la concezione costituzionale. La posta in gioco è alta. Per questo è giusto lanciare l’allarme».
Gustavo Zagrebelsky foto La Presse Gustavo Zagrebelsky foto La Presse

Ma critico è anche Giuseppe De Vergottini, ordinario di diritto Costituzionale all’Università di Bologna: «La composizione del Senato sarebbe caratterizzata da uno schema schizofrenico. I rappresentanti delle autonomie permarrebbero incarica seguendo la durata del mandato locale che quindi potrebbe risolversi in periodi diversificati di durata di quello senatoriale. I componenti presidenziali addirittura avrebbero durata sorpassante quello della durata della generalità dei componenti di provenienza regionale e locale».

17 commenti:

  1. A proposito di L.Ferrajoli : La democrazia attraverso i diritti

    Non ho letto il testo.
    Mi sono imbattuto nell'indice dove si trova:
    "5.6. BB) Il principio di completezza e le garanzie primarie dei diritti sociali. Il diritto a un reddito di base. Per un welfare dei diritti, p. 213 –"
    e una recensione dove si legge:
    "... Non deve dunque meravigliare che i teorici dell’”Economia sociale di mercato”, e in particolare Röpke, Einaudi e Hayek, in nome del “primato dell’etica” sull’economia, siano arrivati a proporre un reddito minimo garantito, insistendo sulla necessità di una “legislazione sociale” ispirata - scrive Einaudi - al “principio generale che in una società sana l’uomo dovrebbe poter contare sul minimo necessario per la vita”, ..."
    Quindi i nostri costituzionalisti hanno letto in lungo e in largo.
    Gli rammento quanto segue:

    Art. 4

    La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
    Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

    ps in proposito Fichte aveva le idee più chiare: "principio fondamentale di ogni forma razionale di governo è che ogni individuo sia in grado di vivere del prodotto del suo lavoro".

    pps "ogni forma razionale di governo"

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    1. E' chiaramente il primato dell'etica oligarchica del fittest sull'economia...keynesiana (cioè sulla sua dimensione della crescita e redistribuzione). Etica, a sua volta, ritratta, dalla registrazione dei rapporti di forza imposti dal capitalismo sfrenato: quello per cui, appunto, il reddito minimo garantito sarebbe auspicabile per preservare i detentori della ricchezza in progressiva concentrazione verticale, dagli atti violenti della crescente schiera dei disperati.
      Insomma, questa "etica", sottostante al reddito di cittadinanza, è solo l'altra faccia della concentrazione smodata della ricchezza nei soggetti economici transnazionali...

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    2. Che i nostri insigni costituzionalisti abbiano letto in lungo e largo, ne sono convinto anch'io. Proprio Ferrajoli nel librino citato a pagina 131 afferma "...Soprattutto in Europa, il capovolgimento è stato formalmente prodotto dalla costituzione economica disegnata dai trattati istitutivi dell'Unione, i quali hanno letteralmente ribaltato il modello dirigista dell'economia tracciato dagli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione i quali prevedono l'ovvio principio che l'economia deve essere governata dalla politica e sottoposta alle leggi, senza le quali non ci sarebbero neppure la proprietà, il contratto e in definitiva lo stesso mercato. Sulla base del principio della libera concorrenza, assunto ora come una sorta di norma fondamentale del diritto comunitario, i trattati e i regolamenti dell'Unione hanno sostituito all'ordine del diritto l'ordine del mercato: precludendo qualunque intervento degli Stati nell'economia dei loro paesi e vietando tutte le restrizioni ai movimenti di capitali, con conseguente libertà di fuga dei capitali all'estero per sottrarsi alle imposizioni fiscali e per accumularsi in forme occulte. La vecchia Europa dello Stato sociale interventista nell'economia è così diventata un sistema di economie ancor meno governato e dirigista degli Stati Uniti, che quanto meno dispongono di una Banca centrale con i poteri di tutte le banche centrali del mondo, una fiscalità e un bilancio federale, e una comune politica economica". Io aggiungerei anche un bell'esercito...Comunque io mi chiedo: come si fa a condurre un'analisi tutto sommato lucida e poi alla pagina seguente attaccare la tiritera della corrrruzzzzioone? Ma soprattutto, denunciate le storture, perchè non si consiglia la retromarcia?

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  2. Chiedo venia, il librino in realtà è "Dei diritti e delle garanzie" conversazione di Luigi Ferrajoli con Mauro Barberis. Purtroppo alla fine la proposta è il "++++++++++Europa", tema che ovviamente è sparito del tutto dai nostri giornaloni, come le fanomatiche vittorie di Renzi dell'altroieri.

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    1. Diretta derivazione della indifferenza etica alle vere conseguenze sociali del liberismo, come se la Costituzione disattivata in fondo sia solo un episodio di una Storia inevitabile e senza effetto sulla crescita e occupazione. E' questo il punto che sfugge: l'illusione stessa che siamo ad un livello irreversibile di benessere "occidentale", opulento e sempre un pò colpevolizzabile e da scontare.
      La stessa ottica alla base dei diritti cosmetici...

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    2. il tema non è però sparito dalle bocche dei piddini. oggi Boccia è riuscito a dire che:

      "le tragedie dei migranti accadono perchè non c'è abbastanza europa"

      che oltre ad essere una frase senza senso compiuto in Italiano, farebbe ridere (non fosse che ci sono di mezzo dei morti) al solo pensare i nuovi nein europei a un incremento di fondi per la gestione del fenomeno....se non sbaglio (e potrei sbagliare) la UE ha stanziato 4 milioni annui per la cosa mentre noi ne stanziamo circa 120 l'anno.

      per carità si parla di briciole in termini economici, ma dà l'idea della menzogna "verso l'infinito e oltre" adottata come manifesto dai mentitori seriali che popolano la tv.
      ne vedremo sempre di più di arrampicate sugli specchi del genere e di sempre più assurde.

      speriamo un giorno di poterci guardare indietro e farci due risate pensando alle bombe dei tamarri di governo. come si rideva a ripensare alle battute berlusconiane dei bei tempi.

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    3. Penso che il problema dell'immigrazione non lo vogliono-possono risolvere, perché fino ad ora è stato funzionale al contenimento dei salari e alla conseguente svalutazione interna, oltre che come riserva futura di voti da comprare in cambio di una qualche concessione di diritti cosmetici (pd docet).
      Gli immigrati solo a questo servono..
      .. già gliene frega poco o nulla dei suicidi di un qualche migliaio di loro connazionali, figurati se gliene importa se un qualche altro migliaio di poveri disgraziati, senza ne patria ne Dio, annega nel mediterraneo.

      "Le tragedie come i Boccia invece accadono perché c'è troppa €uropa" :-)

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    4. Sulla questione immigrazione, ho trovato molto lucido questo articolo di Brancaccio.

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    5. A Brancaccio muoverei due obiezioni: a) che la "repressione" finanziaria è politicamente lontana ed attualmente impraticabile quanto la stessa euro-dissoluzione, forse più (nel senso che la prima potrebbe semmai essere una delle conseguenze della seconda); b) che il problema dell'immigrazione trova un correttivo attuale immediato nelle norme costituzionali che impongono che i diritti "umani" siano garantiti agli stranieri a condizioni di parità e che i diritti del lavoro lo siano invece a condizione che l'ingresso a tale titolo trovi giustificazione nelle leggi dello Stato. Attualmente l'assetto fiscale dell'euro non consente alcuna delle due "equiparazioni" e dovrebbe condurre a un radicale e doveroso mutamento di politiche estere e interne sul punto. A prescindere da ogni coordinamento con l'Europa, le cui regole, oltretutto, sono indifferenti a questi problemi italiani. E non solo sull'immigrazione..

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    6. Ovviamente hai ragione (l'euro break-up è un prius logico e fattuale di qualsiasi ipotesi di definanziarizzazione), ma la reticenza di Brancaccio verso l'euro (per profondissime ragioni che lascio agli appassionati esegeti del suo pensiero sondare) è talmente nota che qualunque mio apprezzamento va sempre considerato al netto dello scontento per la medesima. ;-)

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    7. infatti Brancaccio oggi parla di repressione finanziaria principalmente quando parla della solita uscita dall'euro da sinistra. non in altri contesti mi pare.

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    8. Veramente a me pare vero il contrario, Luca, nel senso che Brancaccio parla di repressione finanziaria da anni mentre è proprio la connessione fra l'euro e la libertà di circolazione dei capitali che manca all'appello! (Almeno quando divulga; quando, analizza, vd. dopo).
      Se vuoi un'idea generale del suo pensiero, puoi leggere un dialogo a tre con Revelli e Dal Lago svoltosi nel 2009 su Micromega. Brancaccio aveva caricato il pdf sul suo sito, ma purtroppo ora non è più disponibile. Te ne riporto il passaggio cruciale, in cui polemizza molto duramente col liberoscambismo (vogliamo chiamarlo "spirito di Ventotene"?) di Revelli: "Dunque, il punto di fondo è questo: se noi continuiamo a manifestare una certa pruderie, una certa inquietudine nei confronti della proposta di bloccare i capitali e di ridurre l’apertura dei mercati, rischiamo di cadere in un equivoco colossale. Mi spiego: io sostengo che un’epoca di rinnovata coesione e protagonismo del movimento dei lavoratori a livello globale, un’epoca di nuovo «internazionalismo operaio», potrà fiorire solo in seguito a un processo di rinnovata segmentazione e divisione dei mercati, partendo dai mercati finanziari per arrivare eventualmente anche ai mercati delle merci.
      Quando si dice di temere una «deriva nazionalista» secondo me si cade in un equivoco, perché occorre riconoscere che sul piano storico il movimento dei lavoratori si sviluppa a livello internazionale proprio in relazione a dei processi di segmentazione e di irrigidimento dei mercati finanziari e delle merci, non certo grazie a una loro apertura. Quando si è verificato un processo di apertura globale dei mercati finanziari e delle merci, la competizione è diventata sfrenata e il movimento internazionale dei lavoratori ha ripiegato su se stesso, fino a implodere.
      Questo è un punto molto importante, nel senso che o capiamo questo fatto ed esigiamo una presa di posizione precisa su questo problema, oppure continueremo a essere vittime di esponenti politici che attraverso una pletora di chiacchiere cercheranno di coprire le peggiori nefandezze."
      Se ti interessano le sue analisi, puoi leggere (son 40 pagine) la prefazione al Capitale finanziario di Hilferding, scritta a quattro mani con Luigi Cavallaro. Un testo molto interessante e profondo, in cui troviamo questo passaggio: "La «mezzogiornificazione» delle aree periferiche del continente, evocata da tempo e da più parti, non costituisce a questo punto una minaccia, ma un fatto. E che per molti anni si sia comunque riusciti a produrre una sintesi politica tra capitali forti e deboli, soprattutto grazie alla riduzione del lavoro a variabile residuale, a mero canale di scolo delle contraddizioni intercapitalistiche, non deve ingannare: per effetto della crisi i contrasti hanno raggiunto proporzioni tali che l’impossibilità di una sintesi politica e la conseguente deflagrazione dell’Unione europea sono divenute eventualità tangibili. Sarà la storia futura a dire se l’attuale forma dell’Unione monetaria europea alla fine imploderà o sopravvivrà al prezzo di una desertificazione economica e sociale delle sue periferie; quel che è certo è che in entrambi i casi le conseguenze dovranno per forza rientrare nel novero delle responsabilità storiche dei socialisti e dei comunisti." E qui il lettore ingenuo si domanda: perché, se la sopravvivenza dell'euro provocherebbe "la desertificazione economica e sociale" dei paesi periferici, il nostro non prende una posizione più chiara?

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    9. Avevo letto quella prefazione. L'impressione è che fosse intesa come punta più avanzata della critica (condivisibile) che sentiva l'esigenza di esprimere: ma pur sempre una critica dall'interno di una posizione diciamo "sistemica" (se non implicitamente politica). Una critica elevata ad (auto)contraddizione, proprio perchè evidenzia il non-senso di rimanere all'interno di quella posizione sistemica...

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    10. Anch'io avevo avuto un'impressione analoga. I marxisti di osservanza brancacciana con cui ne ho parlato inquadrano il tutto nell'ambito di una finissima, anche se ovviamente - almeno per me - imperscrutabile, analisi politica storico-materialista.
      Devo ammettere che mi è più congeniale l'ingenuità cittadina dei francesi.

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  3. CUORE DI CANE
    (otc)

    ''Se l'Europa accetterà di dare un futuro alle proprie ambizioni, sarà bello sfidare l'avvenire insieme''.

    Paiono queste le “limature” rugginose del discorso d’apertura del semestre di Matteo, Federica e Graziano e in un attimo tornano in mente le immagini di Pallino, il cane, del romanzo giovane di M Bulgakov tra i randagi nelle strade dell’inverno di Mosca del 1924.

    Una strana simmetria tra Jean Claude, un luminare del “ringiovanimento”, e il terrificante esperimento di trapianto di ipofisi e gonade in un Pallino “salvato” - non per bontà di cuore ma per sfida ambiziosa di un innaturale esperimento - dal freddo e dai morsi della fame per provare a diventare una “vuota” bestia umana.

    Trapiantato eretto in piedi, proverà ad affabulare di Florentia senza conoscenza della Storia, della sua arte, dei suoi mestieri, dei suoi sentimenti.

    Proveranno – fin quando avranno concessa possibilità tra le dubbiosità dei tanti Tabellini – a sfidare le consapevolezze di un bene comune utilizzandone le stesse parole.

    Poi una Natura – matrigna, benevola, naturale, forse – saprà ristabilire la dinamica degli equilibri alla stabilità “flessibile”.

    Quante sofferenze risparmiate e quanti piaceri invece goduti, con il cuore del .. cane.

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  4. Ribadisco che l'eurostrabismo è tutto frutto di un "fattoide" giuridico: e cioè che il principio di (libera) concorrenza sia anzitutto corrispondente, come potenzialità realizzabile, alla realtà del capitalismo "reale" -laddove già con la crisi del '29 si evidenziò l'inadeguatezza della teoria neo-classica di fronte alla schiacciante prevalenza di oligopoli e monopoli nell'offerta- dall'altro, che tal principio sia di pari dignità a quelli dell'intervento disegnati nella Costituzione economica.
    Come conseguenza di tale supposizione, svincolata da dati e adeguate conoscenze economiche, si ritiene la disattivazione della Costituzione economica, e con essa le privatizzazioni e liberalizzazioni, uno strumento neutrale, ininfluente sui principi fondamentali della Costituzione, e come tale, "equivalente e moderno" nel perseguimento del benessere e della piena occupazione.
    Colpevolmente o meno che sia, questa concezione riesce a malapena a contrastare il riduzionismo della democrazia a "metodo", perchè indebolisce i presupposti stessa di tale contrasto, ignorando che non la "forte concorrenza", ma la stabilità dei prezzi e il concetto di piena occupazione neo-classico siano il fulcro della costruzione europea.
    Da qui anche la sopravvalutazione del sistema antitrust e delle autorità indipendenti, che sono il rafforzamento e non il bilanciamento sociale della prevalenza del neo-liberismo istituzionalizzato (ordoliberismo: termine che ho visto finalmente usare da Sapelli in un articolo di oggi)

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