domenica 20 maggio 2018

L'INTERESSE NAZIONALE E LA COSCIENZA INFORMATA (almeno far caso a Macron...)


Macron: no a surplus tedesco, feticcio a spese degli altri

1. Parrebbe dunque che se l'Italia non rispettasse i livelli di deficit programmati  - come obiettivi intermedi verso un pareggio di bilancio che implica un ammontare di avanzo primario che nessun paese dell'eurozona ha mai registrato, neppure la Germania- il mondo intero cascherebbe.
Al riguardo basti vedere questo grafico, da cui emerge come durante la seconda fase di recessione, indotta dalle politiche di aggiustamento dell'eurozona, quelle che "letteralmente uccidono la domanda interna", l'Italia manteneva un surplus primario di bilancio superiore a quello della Germania. 

2. Mentre quest'ultima, durante la recessione ha tranquillamente trasformato il proprio surplus (anni 2009-2011) in un disavanzo primario di bilancio, di entità e durata incomparabili con quanto fatto dall'Italia. E, per di più, l'ha fatto per salvare con fondi pubblici il proprio sistema bancario, infarcito di derivati di valore tutt'ora incerto, senza dunque risolvere l'ancor pendente e colossale problema di Deutschebank (e non solo). Che rimane la banca più rischiosa del mondo, sebbene la vigilanza bancaria BCE appaia preoccupata solo degli NPL del sistema italiano.
E la Germania intervenne senza doversi porre il problema della violazione del divieto di aiuti di Stato, subentrato solo quando le sofferenze causate non dalla recessione importata dalla crisi dei sub-prime, ma proprio dall'austerità obbligata dal fiscal compact (come ammette Bankitalia), avevano investito il sistema bancario italiano sotto il subentrato regime dell'Unione bancaria.

3. Più precisamente, la Germania, attraverso i suoi vari portavoce in servizio permanente, scatena anatemi preventivi che vengono sul FQ sintetizzati dalla sgomenta ironia di Marco Palombi, partendo dalla "cappa inestiguibile che aleggerà per sempre sul vostro paese" di Daniel Gros, - in relazione alla proposta di cancellazione del debito acquistato dalla BCE, con base monetaria generata dal nulla e quindi corrispondente a una passività che De Grauwe stesso definisce come solo formale e sostanzialmente fittizia-, passando per Clement Fuest, dedito a confessare ufficialmente la monocraticità (a base teutonica) delle decisioni dell'Eurogruppo e della BCE ("le autorità Ue non possono stare pigramente a guardare se i neo-anarchici del M5S e gli euroscettici della Lega vanno avanti con le loro politiche rivoluzionarie...Se iniziano a violare le regole fiscali, la BCE, pur riluttante, dovrà agire: l'Italia dovrà introdurre controlli sui capitali e uscire dall'euro") nonché per il mitico H.W. Sinn ("Non c'è soluzione. La catastrofe sta accadendo. E questo porterà alla distruzione dell'Europa"), per finire con "dialogante" Lars Feld che pragmaticamente la fa breve, cercando una soluzione finale ("è il momento di delimitare il rischio Italia").

4. Il Corsera aveva peraltro ben precisato il pensiero attribuito al Presidente della Repubblica che aveva definito l'interesse nazionale, inviolabile e indeclinabile, proprio in relazione ai vincoli fiscali dell'eurozona così pacatamente richiamati dai tedeschi: 
"Mattarella si concentrerà su un punto, dei due al centro del suo consulto (che sono, com’è ovvio, l’esistenza di maggioranza autosufficiente e la condivisione di un programma non minimalista). Ossia i vincoli europei. Da intendersi come vincoli economici, a partire dal rispetto dei conti pubblici in base ai parametri dell’eurozona, e vincoli politici, vale a dire la fedeltà ai trattati dell’Unione. Materie sulle quali il Paese non può permettersi di alimentare incertezze, restando in surplace troppo a lungo. È dunque qui che potrà ponderare le eventuali incompatibilità rispetto a quello che si definisce «interesse nazionale»
Obiettivo su cui il capo dello Stato non intende transigere. La sfida più grossa è questa.
Ci piacciano o meno le regole che reggono l’Ue, almeno fino a quando non la si riformerà, cosa ormai vicina, dato il voto continentale del 2019. Pertanto è probabile che il presidente, mentre esorterà i potenziali «soci» (chiunque alla fine siano) di un’auspicabile maggioranza a individuare una strada percorribile per rendere realizzabili le promesse della campagna elettorale, segnalerà il bisogno di un compromesso tra politica ed economia. Questione urgente. Basta riflettere sugli ultimi dati Istat, che rivedono in peggio i conti italiani del 2017, riducendo i margini di manovra del futuro governo".

5. Eppure, eppure, i parametri dell'eurozona, e in generale lo spirito cooperativo che dovrebbe contraddistinguere i rapporti economici tra gli Stati membri, perlomeno in termini di "fedeltà ai trattati", non paiono essere rispettati proprio dalla Germania
Qualcosa che avevamo evidenziato più volte, sia in relazione alla del tutto mancata "cooperazione reflattiva", sia in relazione alla tradizione mercantilista, che risale a un irrinunciabile atteggiamento ostilmente competitivo, e esplicitamente antisolidale (come ricostruito da Halevi), accentuato e non certo attenuato dai meccanismi della moneta unica. Che costituisce sì un "punto di riferimento", ma solo per una costruzione europea dedita alla compressione della domanda interna, mediante politiche fiscali antisociali (cioè che devono comprimere occupazione, salari e welfare), che la Germania impone da una posizione di vantaggio commerciale ottenuta in violazione delle stesse previsioni dei trattati!

6. E, infatti, persino Macron (!), cogliendo questo colossale aspetto disfunzionale dell'unione monetaria, lo ha fatto presente alla Merkel, proprio negli stessi giorni in cui Mattarella è apparso ignorarlo nella definizione de "l'interesse nazionale" in base a obblighi di fedetlà ai trattati ritenti incombenti solo sull'Italia:
La Germania non deve avere "il feticcio del surplus di bilancio e di quello commerciale", perché ciò "va a spese degli altri". La bacchettata arriva dal presidente francese, Emmanuel Macron, ad Aquigrana assieme ad Angela Merkel per un vertice trilaterale con l'Ucraina. Dopo aver spronato i francesi ad essere pronti "anche a spendere meno soldi pubblici", ha esortato "analogamente" i tedeschi, a superare i loro tabù
7. Per illuminare il concetto di "interesse nazionale" in base alla natura e al modo di intendere i trattati, senza doversi unilateralmente piegare alla prevedibilità dell'atteggiamento tedesco, in realtà, oltre alla "interpretazione autentica" di Prodi - che parlava della "morsa deflattiva in cui la Germania avvinghia l''Europa" (1990) fin dai tempi dello SME; (qui, p.5, infine) -, ci sarebbe anche la libera opinione espressa da Padoan già nel 1986 (sempre in "era" SME), riportata nell'ultimo libro di Cesaratto:


8. Dunque, pensare di attenersi ai parametri fiscali dell'eurozona, ignorando il surplus delle partite correnti della Germania, e l'atteggiamento anticooperativo tedesco ad esso strumentale, non rende un buon servizio alla stessa vitalità della costruzione €uropea
Anche supponendo che i risultati elettorali avessero premiato chi a tali parametri ha cercato di adeguarsi negli ultimi 25 anni, lo stesso Padoan, conscio che la "flessibilità" prevista dalla Commissione, quanto al rispetto del fiscal compact, è ormai irrevocabilmente esaurita (qui: pp. 2-5), avrebbe proposto un atteggiamento che risulta da questa dichiarazione (siamo al 31 ottobre 2017):
"Il giudizio del governo è che l'Italia sta ancora affrontando condizioni cicliche difficili, anche se in miglioramento". Lo scrive il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan nella lettera in risposta alla Ue. L'output gap stimato da Roma è al -2,1% del prodotto potenziale nel 2017 e a -1,2% nel 2018, mentre la Commissione nelle previsioni di primavera indica rispettivamente -0,8% e 0. Nella lettera Padoan ricorda che la Ue ha riconosciuto l'attuale metodo di calcolo dell'output gap può generare "stime implausibili per l'Italia".

9. Certo, ma poi il Country Report 2018 della Commissione per l'Italia, continua a considerare colmato l'output gap e ad invitare a rispettare la "regola del debito" (che è un rapporto col PIL) ignorando gli effettivi moltiplicatori fiscali. E quindi fingendo che l'ulteriore austerità fiscale non conduca a una depressione del PIL, cioè a un ulteriore allargamento dell'output gap. Se non addirittura a rasentare una nuova recessione, se i parametri fiscali fossero applicati rigidamente e acriticamente, come vorrebbero i tedeschi.
La disputa sulla stima dell'output gap va avanti almeno dal Def dello scorso anno (qui, pp. 15-18); ed è una disputa a cui anche un governo di sicura fede €urozonista non avrebbe potuto sottrarsi...
Nell'interesse nazionale: che, consiste, quantomeno, nell'avere la coscienza informata che i trattati e l'unione monetaria sono sia insostenibili che irriformabili
E non nell'ignorare ostinatamente questa realtà, mentre la povertà e la precarietà del lavoro dilagano in una società prostrata da inutili sofferenze.

10. L'interesse nazionale non coincide con l'interesse tedesco, accentuato dall'attuale assetto monetario dei trattati e dalla costante e mai sanzionata (e neppure seriamente sanzionabile) loro violazione della regola del surplus commerciale (qui, p.5)...
Qualunque siano la maggioranza e il programma di un futuro governo italiano.
Persino Macron è consapevole di questo problema.
E sarebbe il caso di prenderne atto e non ignorarne l'importanza per il benessere e la crescita del popolo italiano.

14 commenti:

  1. Ho letto il contratto. Il capitolo sul lavoro mi ha lasciato basita. Poi il capitolo sull’UE. Per me è un programma macroniano (d’altronde DiMaio l’ho sempre visto come il Macron di noi altri): saranno anche tatticismi, ma il problema per me adesso non è se ci dicono di no, ma se ci dicono di sì, e ci tengono impiccati ad libitum ad una rinegoziazione dei trattati che tutti sappiamo impossibile. Vedremo come sarà composto il governo, e quanto inciderà ancora Mattarella, ma il contratto è un programma da governo “neutrale”.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Salario orario minimo fissato per legge, richiamo esplicito all'art. 36, potenziamento centri per l'impiego (sia pure in ottica erogazione 'reddito di cittadinanza')

      e

      "si ritiene necessario rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance economica europea (politica monetaria, Patto di Stabilità e crescita, Fiscal compact, MES, procedura per gli equilibri macroeconomici eccessivi, etc.) attualmente asimmetrico, basato sul predominio del mercato rispetto alla più vasta dimensione economica e sociale"

      penso sia già un notevole passo avanti.

      In un programma di coalizione sarebbe del tutto irrealistico pensare di trovare scritto in questi paragrafi "uscita immediata dall'eurozona", "uscita immediata dalla EU", "immediata abolizione del jobs act" etc. etc..

      Elimina
    2. Questo esecutivo, come peraltro spiegato anche in un post precedente, soffre indubbiamente di numerose debolezze strutturali.

      Dal canto mio, osservo come il c.d. contratto non può che essere il frutto di una mediazione tra partiti che, tra l'altro, hanno poco a che spartire, politicamente. Inoltre il M5S è il partito di maggioranza relativa: questo anche influisce, e parecchio, sulla stesura di un programma politico. Per certi versi, concordo con Luca, anzi, già è tanto che sono riusciti a trovare una qualche quadra....

      Per il resto, sarebbe un governo decisamente a struttura 'policentrica': se, come sento ipotizzare, Salvini e Di Maio saranno entrambi vicepresidenti, credo che il Presidente del Consiglio (chiunque sia), si troverebbe molto ridimensionato perfino nel suo tradizionale ruolo di mantenimento dell'indirizzo politico della compagine. Insomma, non sarà un premier forte. Poi la base parlamentare: in Senato la maggioranza è di soli sei voti. Non si prospetta una vita facile, secondo me, senza un 'sostegno implicito' di qualche altra forza politica (e l'unica a mio avviso non può che essere Forza Italia), che, ovviamente, domanderà delle contropartite in cambio.

      La mia personale sensazione (ma ben potrei sbagliarmi), è che Renzi e Berlusconi, in fondo, sono riusciti a spingere Salvini e Di Maio al governo congiunto. Poi aspetteranno pazientemente il fallimento politico, per riproporre all'elettorato (magari in concomitanza con le europee del 2019), un nuovo patto del Nazareno come unica via per un governo "credibile".

      Debolezze strutturali o meno, in ogni caso l'€uropa sembra aver reagito come Dracula alla vista della Croce: questo almeno stando ai toni (vagamente minatori), che si sentono a Bruxelles, Berlino e Parigi.

      Staremo a vedere, ma, ammesso che ci sia una via per il ripristino della democrazia sostanziale, penso sia ancora lunga e irta di ostacoli...

      Elimina
  2. "Ci piacciano o meno le regole che reggono l’Ue, almeno fino a quando non la si riformerà, cosa ormai vicina, dato il voto continentale del 2019"

    Tu quoque LBC? Con tutto quello che è successo pensi che l'UE sia riformabile e che questo possa essere determinato dal voto del 2019?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oh, ma il post l'hai letto? Il p.4 riporta, linkato e virgolettato, un pensiero altrui.
      Il p.9, invece, conclude nel senso che invece "l'interesse nazionale...consiste, quantomeno, nell'avere la coscienza informata che i trattati e l'unione monetaria sono sia insostenibili che irriformabili".

      Diciamo che avevi fretta e hai prestato poca attenzione...

      Elimina
    2. Touché. L'ho letto all'una di notte crollando dal sonno. Chiedo scusa.

      Elimina
  3. Mi hai letto nel pensiero, con la "coscienza informata".
    Ci vogliono buttare fuori dalla UE(M)? Non vedo l'ora, sia che lo facciano, sia di vederglielo fare. Non lo faranno MAI, purtroppo, dato che non conviene a loro.

    Ma non sarà che con i pretesi debiti BCE ci vogliano salvare DB? Ammesso che bastino.

    Concordo con Mrsme. Nessuno pretende slogan antieuro nel programma, sarebbe inutile, ma il salario minimo non protegge dal licenziamento specie con le forme di non subordinazione amate anche della Lega (reintroduzione voucher) e non scordiamoci che il rdc è il reddito della gleba. In questo contesto i centri per l'impiego servono solo a legalizzare la schiavitù. Ma la Lega NON vuole abolire il JA, Borghi lo ha detto chiaramente, anche se non ci fosse più l'euro domattina. La Lega ha scelto di tutelare altri interessi, non il lavoro, piantiamocelo in testa e agiamo di conseguenza.

    Non lo chiamerei tuttavia un programma macronista. Macron sta smantellando il servizio pubblico e destroying demand, come aveva peraltro detto da candidato, quindi Le Maire che di questi provvedimenti è grande alfiere avverte di non dare il cattivo esempio a qualcosa che in casa gli sta creando un po' di moderato malumore, peraltro ben controllato da sindacati che fanno appunto il minimo sindacale e a cui sono stati recentemente camussati i dirigenti.

    Qui sono previste assunzioni in ricerca e sanità (come proponeva a esempio Stirati già in autunno), certo due settori dall'accesso blindato dove lavorano medio-alto borghesi dal consenso pesante, ma che elargiscono servizi vitali ai ceti più bassi. È macronista nel senso che non prende atto dell'irriformabilità UE, neppure col silenzio, al contrario riafferma la bontà e la necessità in modo assoluto del progetto EU visto come un valore. Volendo supporre la migliore buona fede, sia nell'immediato sia in prospettiva, anche elettorale, crea confusione e ambiguità senza rassicurare nessuno.
    Per chi non l'avesse già letto, suppongo pochi,qui c'è un articolo che ho trovato utile sulla piega che la cosa potrebbe prendere.

    P.S.: Le Maire è stato ministro di Sarkozy, viene dai Républicains, gli ex gaullisti, e non è nemmeno sessantottino, essendo nato nel 1969. Guarda un po' dove si annida la continuità liberista delle "élite cosmopolite".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Occorre pertanto porre in essere una riforma complessiva della normativa vigente volta ad introdurre un apposito strumento, chiaro e semplice [al posto dei defunti vaucher], che non si presti ad abusi, attivabile per via telematica attraverso un'apposita piattaforma digitale, per la gestione dei rapporti di lavoro accessorio."

      Dal testo del contratto (pag. 29) si evince quindi una decisa contrarietà alla abolizione totale dei vaucher (considerati utili per i 'lavori accessori'), non al 'jobs act' in quanto tale.

      "Particolare attenzione sarà rivolta al contrasto della precarietà, causata anche dal “jobs act”, per costruire rapporti di lavoro più stabili e consentire alle famiglie una programmazione più serena del loro futuro."

      A rigor di logica il jobs act è servito (e funziona in questo senso alla grande) a rendere veloci ed economici i licenziamenti, al fine di imporre più facilmente la deflazione salariale.

      Infatti nel jobs act c'è stata l'abolizione dell'istituto della reintegrazione in caso di licenziamento illeggittimo (a parte i casi 'impossibili' di licenziamenti motivati esplicitamente nella comunicazione aziendale di licenziamento da motivi razziali, di discriminazione di genere o religiosi) e la riduzione drastica delle indennità di mancato preavviso e di licenziamento (compensate parzialmente dal raddoppio della durata massima della NASPI, passata da un anno a due anni, ma di importo inferiore).

      Il 'reddito della gleba', in questo contesto legislativo, va visto quindi come una sorta di NASPI provvisoria illimitata (la cosa mi ricorda i tempi della naja, ove in sede di congedo si riceveva il certificato di 'congedo illimitato provvisorio', provvisorio nel senso di valido fino al successivo richiamo per guerra o per aggiornamento periodico all'uso delle nuove armi).

      Sono dell'opinione che la consistenza dell'aggregato U6 (un 'disoccupato' su tre cittadini in età da lavoro)

      http://goofynomics.blogspot.it/2017/08/volevate-essere-gli-u6.html

      giustifichi ampiamente l'introduzione temporanea del 'reddito della gleba', alias 'NASPI illimitata provvisoria'.

      Per quello che riguarda la Lega, supponendo che il progetto politico di Salvini & Co. sia la creazione di un partito popolare al servizio degli interessi dei lavoratori e degli imprenditori italiani (non certo degli oligopoli finanziari e finanziarizzati a trazione estera e degli importatori), ecco che si capisce pure il taglio ventilato della quota salari che va sotto il nome di 'riduzione del cuneo fiscale'.

      Per vincere questa partita a scacchi occorre mediare...

      Elimina
    2. Lascia perdere...bisogna saper riconoscere quando un compromesso diventa contradittorio e crea una debolezza strutturale delle future politiche.
      Debolezza che i fatti delle ultime ore stanno confermando...

      Elimina
    3. I rapporti di forza sono quello che sono e se non ci fossero stati i centri di irradiazione keynesiani (come questo blog e quelli vicini) il livello di consapevolezza sarebbe proprio nullo.

      Nel mio recente commento nel post 'La relazione pericolosa' di goofynomics ho augurato al senatore che nel futuro DEF di fine legislatura si possa registrare un PIL pro-capite di 29500 ('parity purchase power', anno di riferimento 2010, a fronte dei 27000 abbondanti registrati nel 2017).

      In altre parole ho augurato al nuovo governo di poter ottenere una crescita media del PIL italiano superiore al 2% annuo (e rammento per i diversamente matematici che una crescita percentuale costante è anche una crescita esponenziale).

      Cioè una crescita almeno 2/3 di punto maggiore di un governo della passata legislatura.
      Non credo che in questa legislatura si potrà mai ottenere di più.

      Ma continuando a seminare consapevolezza (e come dice Bazaar continuando ad indicare il nemico) chissà...

      Elimina
    4. Più che un "augurio" al futuro governo (cosa notoriamente poco scaramantica :-), dovevi dare un "in bocca al lupo" a chi sta in parlamento (che è un altro versante della questione, come insegnano Basso e Calamandrei, fin dagli anni 50-60)

      Elimina
    5. Tutto vero: l'alleanza e fragile nei numeri, nella linea politica (profondatprof eterogenea) e nella consapevolezza polituca di buona parte di chi la compone. Eppure sono bastate poche parole chiave per scatenare reazioni istituzionali inaudite: pare che Mattarella abbia letto a Salvini e Di Maio l'art.95 durante gli incontri di ieri ad esempio, e dall'estero le reazioni sono tragicomiche. Sicuramente emergeranno contraddizioni, forse anche tradimenti inattesi ma il nostro Paese ha dato prova di una maturità politica che non si vedeva in tutta l'eurozona da decenni. Grazie anche a 48 e ai centri di irradiazione dalla parte giusta: la nostra.

      Elimina
  4. Recapiteranno a ciascuno di noi una testa di cavallo mozzata, sanguinolenta.

    RispondiElimina
  5. Il PdR continua a non perdere occasione per far capire a tutti cosa sia una costituzione materiale in generale, e cosa sia la costituzione materiale della Seconda Repubblica nello specifico. I keynesiani sono minoranza numerica tanto nella Lega quanto nel M5S, ma sono maggioranza politica nella Lega (e non nel M5S). Questo non è compatibile con la Seconda Repubblica, come vedremo chiaramente scorrendo la futura lista dei ministri, ammesso e non concesso che il PdR, su mandato tedesco, non mandi tutto all'aria prima. Il "contratto" rispecchia questo stato di cose, essendo keynesiano solo a sprazzi. E con ministri anti-keynesiani, la frittata sarà fatta...

    RispondiElimina