Riceviamo e pubblichiamo questo post di Sofia che è la cronaca drammatica del...non-paradossale verificare sul "campo", in prima persona, ciò che si è evidenziato sul piano dell'analisi istituzionale ed economica.
1. Ho scritto in merito agli effetti dell’austerity sulla sanità e al costo (effettivo) della sanità
privatizzata, analizzando norme, riportando dati, facendo analisi e traendo conclusioni,
forse prevedibili e scontate e forse lontane mille miglia dalla realtà.
Ma avere la necessità (e quindi la sfortuna) di dover varcare la soglia di
una struttura ospedaliera per assistere un parente, dover affrontare certi percorsi
burocratici, vedere coi propri occhi, toccare con mano è cosa ben diversa,
difficile da fotografare e riportare con obiettiva lucidità e freddezza, troppo
forte il disgusto, l'amarezza, il senso di sconforto.
Troppo sconvolgente
l’impatto con una realtà che più di tutte costringe ad una presa di coscienza:
che il punto di non ritorno (del pareggio di bilancio) non è così lontano come si immagina, aleggia già
sulle nostre teste, fa tremare sotto i nostri piedi una delle poche certezze
rimaste, che ci si era illusi di poter conservare, ossia l'inviolabilità ed
intoccabilità del diritto alla salute e di un sistema sanitario nazionale
gratuito ed accessibile a tutti, la certezza delle cure soprattutto per eventi
sanitari gravi.
2. I tagli alle strutture ospedaliere in un’ottica di concentrazione e
accorpamento ha fatto scomparire gli ospedali più piccoli e facilitato
l’espandersi di strutture immense, equiparabili a Ministeri quanto
all’applicazione di impietose regole, ma con l’ulteriore svantaggio che pur
trattandosi di un luogo in cui devono muoversi e spostarsi infermi ed
inabilitati, nessuno si preoccupa di come siano percorribili centinaia di metri
del percorso blu e dieci piani per raggiungere il reparto in cui sarai
ricoverato. Solo se chiedi allo sportello informazioni si vantano di avere un
utilissimo servizio di noleggio carrozzine (percorrere almeno 200 metri,
prendere l’ascensore, scendere al piano -3, lasciare un documento di
riconoscimento, salire in reparto e poi, ovviamente, riconsegnare la carrozzina
da dove è stata prelevata!).
Entrare in un ospedale è come entrare in un manicomio dove medici e
infermieri sotto organico, dopo essere costretti a turni massacranti, ti rivolgono
sguardi pieni di odio, finiscono per rendersi immuni alle richieste di
rassicurazioni e cure dei malati, scaricano le loro isterie o la loro
stanchezza sui parenti accompagnatori dei malati, che pure sacrificano famiglia
e lavoro per assistere, per sostenere e spesso per sopperire a un sistema che
non è in grado di accudire come dovrebbe.
Medici e infermiere sempre reticenti
a rilasciare informazioni perché il SSN risente troppo delle cause di
risarcimento del danno per la mala-sanità, addetti alle pulizie che
all’occorrenza stanno all’accettazione o cambiano la flebo, così come
infermiere che all’occorrenza servono anche i pasti.
3. Un sorriso è raro, un po' di comprensione è un miraggio. Eppure a
volte arriva; da medici o infermieri che lottano come guerrieri senz'armi,
nonostante tutto, ancora carichi di senso di appartenenza ad un ordine speciale
e senso di responsabilità, per difendere il loro ideale di professione, l'unica
che salva vite umane, nel vero senso della parola.
Eppure, di fronte ai loro visi bui e impassibili, tra lettighe che
sfrecciano senza sosta in pronto soccorso, tra codici rossi e gialli, tra gente
che arriva in continuazione (da quello in fin di vita per un incidente
stradale, all'anziano che nei vuoti di memoria ha preso le pillole una volta di
troppo), come criticarli?
Stipendi bloccati, straordinari non pagati, concorsi inesistenti, anni di
studio e specializzazione per un perfetto
precariato a tempo indeterminato e forse una sola possibilità di uscirne: andare
all'estero dove la preparazione dei medici italiani è ritenuta tra le più
qualificate, e sempre che alle spalle ci sia stata una famiglia con abbastanza
soldi per sostenere lo studio aggiuntivo delle lingue o uno stage in
America.
4. Ore infinite passate in sala di attesa, impossibile non osservare i
dettagli.
Sul tabellone alle 10 del mattino, servono il numero 596, non per servire
un cappuccino, ma per somministrare flebo, misurare la pressione, spedire
pazienti in radiologia per una TAC nei casi più gravi.
Se i letti in reparto non ci sono, il pronto soccorso accoglie su barelle
stipate ovunque, anche davanti all’ingresso del gabinetto, pazienti più
disparati, casi clinici più vari, senzatetto compresi se hanno alzato il
gomito, per diverse ore, ma anche per un paio di giorni, nella speranza che un
posto si liberi.
Ed è sfortunato chi è costretto a tale ignobile attesa massacrante, piena
di speranza che almeno ti facciano un emocromo perché i tagli impongono che l’assistenza
d’emergenza sia ridotta ai minimi termini.
Molto più fortunato, invece, è chi arriva con un bell’infarto, che ottiene
subito (si spera) tutte le attenzioni dell’equipe medica e un letto pressoché
certo.
Sale d'attesa piene di indistinti sguardi persi e una varietà di corpi
vaganti, rassegnati, idrofobi, isterici, punk tatuati, prostitute, pensionati,
sedie a rotelle parcheggiate agli angoli con sopra corpi rassegnati
all'inquietudine; il pazzo che si dondola a scandire il tempo, la barbona che
gira nei corridoi con la valigia (sempre la stessa valigia, vuota, esattamente
come lo sguardo, alla ricerca di certezze, di punti di riferimento inesistenti
se non per il fatto che quelle quattro mura, almeno, sono sempre là).
E poi ancora, il bambino cinese che ha ingoiato l’ago, il romeno caduto
dall'impalcatura, neri, indiani, pakistani, il turista tedesco, l’anoressica
depressa, il reduce ubriaco, e poi predicatori, lestofanti, commercianti, tutti
diversi e tutti uguali di fronte all'attesa che quei corpi e i loro fardelli
siano passati ai raggi x o che i loro parenti escano indenni dai loro mali
(nonostante possano aver bisogno dello psicologo per dimenticare una giornata
passata al pronto soccorso).
“Infermiera ho freddo!” – “Mi spiace non abbiamo più coperte”.
“E lei! Tenga quel piede sollevato!!” - Ok ma allora datemi dei cuscini! Mi spiace
siamo a corto di cuscini”.
Medici che escono dalle sale operatorie con sacchetti di plastica legati
alle caviglie perché non hanno calzari.
Che non hanno il forcipe per far nascere i bambini.
Che non hanno il filo giusto per le suture in camera operatoria.
Infermerie che non hanno i farmaci, sale operatorie che non hanno la
rianimazione, camerate con i letti rotti, comodini che cadono a pezzi, pulsanti
di chiamata che non funzionano, sedie a rotelle con le ruote rotte e piene di
ruggine. Spazi che vengono lavati e puliti una volta al mese.
5. Fine luglio, le ferie. Personale ulteriormente ridotto, interi reparti che
all'improvviso scompaiono negli accorpamenti momentanei (ortopedia in uno con
cardiologia) e infermieri che devono saper fronteggiare qualunque malato alla
faccia di qualunque sia la propria specializzazione o la propria esperienza.
Ma si sa.
I tagli, gli sprechi, la corruzione, le raccomandazioni. Abbiamo
vissuto al di sopra delle nostre possibilità ed ora si paga un prezzo: che sia la
costante del disservizio che diventa normalità, che sia rassegnazione di fronte
a una lista di otto mesi per una ecografia, che sia impazienza, che sia
consapevolezza che occorre mettere mani al portafogli per pagare
l'assicurazione privata, l'ambulanza privata, il medico privato, il
fisioterapista privato, l'infermiera privata.
Che sia vuoto di memoria per cui l'art. 32 della Cost. appare come uno
sconosciuto.
Che sia speranza, quella di non aver mai bisogno del SSN, di quelli che
pensano che "tanto non toccherà mai a me" e invece si ritrovano su
una barella a imprecare o a pregare di potersi rialzare sulle proprie gambe. E
scappare.
VIVI CONSUMA CREPA Sanità Toscana Privatizzata e Appaltata Ambulatori Medici al Centro Commerciale https://www.facebook.com/CGavinana/posts/1126268290776704
RispondiEliminaArticolo di una bellezza disarmante.
RispondiEliminaOltre all'angoscia che traspare dall'esperienza di ricovero, l'orrore di chi ha lo sguardo che travalica l'inano livore dell'utente medio.
Il dolore bianco di chi ha coscienza che tutto ciò non è frutto del caso, e nemmeno di una generica cattiva condotta della classe dirigente; ma il frutto ripugnante di una consapevole visione dell'ordine sociale.
Questa immane sofferenza viene trasformata in un gigantesco trasferimento di ricchezza al sistema finanziario internazionale: istituti come Deutsche Bank e JP Morgan lo hanno auspicato nero su bianco.
E funzionari dell'FMI hanno già risposto che in Africa o nel Sud-est asiatico è sempre stato così. (Sempre?)
D'altronde, per chi ci abbia fatto caso, quando si sente un annuncio in sala d'aspetto, non viene più richiamata l'attenzione dei "pazienti".
Ma dei "clienti".
Sì, una consapevole pianificazione dell'ordine sociale.
EliminaGiocare con la morte e la sofferenza altrui, derubricando ogni essere umano a "costo", è divenuto il primo indice della meritocrazia.
Come ci rammenta stopmonetaunica, una meritocrazia condivisa dai più emarginati e quindi servili, del potere, dei soggetti colpiti.
Un capolavoro
Adesso chiamo i dilogatori dell'Onu e li mando in questo ospedale a dire a tutti i pazienti quanto sono fortunati ad averlo, almeno, un ospedale. Anzi, li travesto da infermieri.
RispondiEliminaE quando gli diranno “Infermiera ho freddo!”, costoro risponderanno:
"Si cara, ma lo sai che ci sono miliardi e miliardi di riFFuGGiati che stanno peggio di te, non hanno una casa, non hanno un ospedale, non hanno da mangiare;
vergognati! tu vivi nel lusso! E' colpa tua se ci sono miliardi di riFFuGGiati, perché tu sei un'egoista e non gli doni nemmeno i tuoi risparmi! E vuoi anche una coperta? Dona piuttosto i tuoi ultimi risparmi sudati di una vita di lavoro a questi poverelli il cui sguardo di condanna ti perseguiterà per il resto dei tuoi giorni se non lo fai!"
Dopo di lei arriverà il parroco e gli dirà:
"Hai freddo? Questa è una condanna per i tuoi sommi peccati, per il tuo egoismo, e Dio vuole che tu faccia penitenza soffrendo le pene corporali"
ESSI ci faranno sentire in colpa di essere dei privilegiati fino a quando avremo ancora un pezzo di pane da mangiare in più rispetto a coloro che ESSI avranno già depredato del tutto. Dopo di ciò avranno finalmente portato a termine il loro ordine internazionale dei mercati.
E questo era un ospedale "di eccellenza", beninteso...
EliminaAnche i "dialogatori" ci capiteranno, perché l'esistenza umana lo implica e il sistema della colpevolizzazione che costoro predicano lo renderà sempre più disumano.
Telefonagli, dunque, e chiedigli pure se, nel frattempo, hanno pensato a stipulare un'assicurazione sanitaria privata per sè, i propri figli e, specialmente, i propri genitori.
Magari pensano che mangiando vegano, o con qualunque altro espediente politically-internationally-correct, saranno sempre giovani, intransigenti (con gli altri) e privi di empatia per gli esseri umani che stanno loro accanto. Accanto da sempre, ovviamente: non appena "inviatici" da coloro che finanziano le ONG e le "strade" dell'accoglienza no-limits per la deflazione salariale eretta a schiavitù...
Il Pronto Soccorso del San Camillo?
RispondiEliminaComunque ho conosciuto un piccolo eccellente Ospedale Regionale, quello di Lagonegro, in Basilicata. Niente cooperative di stranieri sottopagati, niente bar, solo una macchinetta per acqua e bibite e, udite udite, le cucine! Niente catering disgustoso! Tutti al lavoro con orgoglio ed efficienza dalle 7 del mattino. Spero che si sia mantenuto tale....
Al di là degli aspetti organizzativo-funzionali, preciso che qua stiamo parlando di una scelta di struttura quasi obbligata per il reparto cui si era obbligati e rivolgersi: oncologia e chirurgia conseguente, con complicanze cardiovascolari; dopo una dimessione quantopiù veloce e obbligata as such, le ulteriori gravi complicanze obbligano a ricorrere, - nei giorni immediatamente successivi al ricovero!-, al pronto soccorso (razionalmente, nella stessa struttura policlinica).
EliminaNon scendo in dettaglio: ma non è che in un quadro clinico complesso e multidisciplinare puoi rivolgerti a qualsiasi ospedale "minore", proprio perché magari non ha l'insieme dei reparti necessari nel caso.
E questo, appunto, a prescindere da quanto un piccolo ospedale possa essere umanamente "ospitale"..
Che dire? "In claris non fit interpretatio", recita un vecchio brocardo.
RispondiEliminaDopo la II guerra mondiale, credevo che almeno il senso di umanità, quel "sentire" che non deve essere né spiegato né giustificato di fronte alla sofferenza, fosse un patrimonio acquisito a livello culturale.
C'è voluto il meraviglioso mondo dell'€uro per farmi drammaticamente ricredere.........
Sono arrivato sino in fondo a fatica, con gli occhi velati. Non saprei cosa altro aggiungere, solo u senso di tristezza infinita e di rabbia incontenibile quando li sento parlare (ESSI)
RispondiEliminaAggiungo la mia testimonianza di operatore socio sanitario in una casa di riposo; turni di lavoro con riposi che spesso "saltano" causa carenza di personale, retribuzioni modeste, anziani da assistere con demenze anche gravi.....un lavoro non certo semplice che richiederebbe, oltre alla competenza, una serenità e una gratificazione che ti facciano sentire "importante" nel tuo ruolo; nella realtà vengono aumentati i carichi di lavoro, diminuisce il personale e l'assistenza agli ospiti degenera....solo la sensibilità individuale, dove presente, a sopperire con qualche piccola attenzione verso questi uomini e donne....e una amara considerazione: la mia generazione non si potrà permettere nemmeno questa triste assistenza...morirà per strada....
RispondiEliminaEcco: morire per strada è la massima €fficienza voluta da €ssi...Siamo pedine da deflazionare finchè servi(amo), inutili e dannosi da vecchi, e quindi un costo da tagliare col "FATE PRESTO!"
EliminaPosso soltanto ringraziare Sofia per avere scritto questo post, attento e sensibile anche nei confronti di chi in luoghi così induriti deve lavorare ogni giorno.
RispondiEliminaSiamo al punto in cui più una professione copre ambiti delicati più la si espone a frustrazione e burn-out. È un inferno in cui ognuno è costretto ad interpretare un ruolo che non ha scelto.
Se in tali condizioni i lavoratori commettono degli errori o quantomeno rendono un'assistenza carente, questo è un risultato voluto (come ben sappiamo, in questo blog) perché si vuole diffondere l'impressione che i servizi pubblici siano per forza scadenti e che come tali vadano soppressi o mantenuti in forma minima e colpevolizzante per fasce sociali marginalizzate.