1. Il precedente post, che grazie alla "recensione" di Alberto ha suscitato un gran volume di lettori, pone l'esigenza di fare alcuni chiarimenti.
La ricostruzione dei fatti storici registrati negli ultimi decenni, già ora agevolmente accessibili, ci consente di capire le "prevedibilità" del sistema di potere global-finanziario, ad epicentro USA, in modo tale che le sue dinamiche sono direttamente rilevabili e, anzi, esplicitamente dichiarate. Le figura e le vicende dello stesso Stiglitz ci forniscono un parametro altamente indicativo.
Partiamo dal fondamentale scenario degli anni '90 del secolo scorso.
E' la fase in cui il c.d. Washington Consensus trova la sua applicazione in modo che potremmo definire, in molti sensi, "militarizzato", e che, con l'idea del "nuovo ordine mondiale", fa saltare la pallida barriera della tentata democrazia "internazionale" imperniata sul "principio di non ingerenza", mutando irreversibilmente il ruolo delle Nazioni Unite, fino a renderle sostanzialmente un "ente" inutile, - come, a suo tempo, rapidamente era divenuta (sia pure per motivi sovrastrutturali diversi) la "Società delle Nazioni"; e cioè un organismo che, contrariamente alla sua ragion d'essere originaria, risulta ormai fuori dai giochi effettivi dell'affermazione del nuovo diritto internazionale (tradizionalmente esso si afferma per prassi che divengono consuetudini, fonte suprema in tale campo del diritto...del più forte).
2. In cosa consista il Washington Consensus possiamo ritrarlo, con passabile attendibilità, da Wikipedia (si tratta di una definizione storica e funzionale su cui, dati gli equilibri di forza attuali, non c'è bisogno di particolare decodificazione della descrizione mediatica).
Come vedrete, l'essenza del fenomeno ha a che fare con l'aspirazione neo-liberista ad abbattere il ruolo dello Stato e a minare il suo fondamento nella sovranità popolare, dunque la capacità di autodeterminazione democratica, basata sulle Costituzioni. Le scelte, in forza di tale "visione", non "possono" più appartenere ai governi democratici nazionali ma devono procedere per la fissazione di principi, ad applicazione automatica e corrispondenti, come vedremo, al diritto internazionale privatizzato.
A sua volta, l'applicazione automatica di tali principi di politica economica e, inevitabilmente, sociale, è volta a ridisegnare (qui, p.3) l'assetto delle classi sociali che compongono le singole comunità, unificando la "massa" in un'unica middle-class di tendenziali working poors (quantomeno di consumatori indebitati e in crescente condizione di rischio di insolvenza): cioè si intende creare una classe unificata di "piccola" (piccolissima, quasi un...neo-sottoproletariato "semicolto") borghesia, - non certo di borghesia "media" che, in tale disegno, deve sostanzialmente scomparire per sopprimere il suo potere di interdizione elettorale, tanto maggiore quanto più grande è la sua, non pienamente controllabile, propensione a votare. Questo fenomeno di de-fidelizzazione dal voto, rafforza l'applicazione delle tecniche di governo del neo-liberismo globale, agevolando il controllo politico sociale: infatti, questo ridisegno tende a massimizzare l'astensionismo e dunque il compimento della funzione meramente idraulica delle elezioni.
3. Il diritto internazionale teso a plasmare l'assetto economico-sociale in luogo degli Stati, può così assumere il ruolo di quello che Lordon denomina il "diritto internazionale privatizzato" (qui p.8), che è un modo di definire, in ragione della fonte del diritto divenuta prevalente, "l'ordine internazionale dei mercati", la cui instaurazione è l'obiettivo genetico dell'intera costruzione europea con un sistema di trattati che precede, a livello di ingegneria sociale sperimentale, e poi interagisce "con" tale paradigma globale: questo sistema, proprio per tale sua ante-genesi europea, si rivela di grande efficacia nell'imporre il Washington Consensus proprio nei paesi non in via di sviluppo, ponendo le premesse, per fatto compiuto, per una imponente "condizionalità" de-sovranizzante gli Stati (qui. pp. 3-7), il cui culmine mondiale è proprio la moneta unica.
4. Fatta questa premessa riassuntiva di un lungo discorso qui svolto da anni (e per cui vale la pena di effettuare il ripasso suggerito dai links), appaiono abbastanza chiari sia la definizione storico-funzionale, sia i contenuti di "principio", del Washington Consensus forniti da Wikipedia:
"L'espressione Washington consensus è stata coniata nel 1989 dall'economista John Williamson
per descrivere un insieme di 10 direttive di politica economica
abbastanza specifiche che egli considerava come il pacchetto standard da
destinare ai paesi in via di sviluppo che si fossero trovati in crisi economica. Queste direttive erano promosse da organizzazioni internazionali con sede a Washington D.C., come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, e il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d'America[1].
Tra le direttive del "pacchetto" standard, vi sono riforme nella
stabilizzazione macroeconomica, l'apertura agli investimenti e alle
attività commerciali, e l'espansione del mercato nell'economia del paese
che avesse richiesto l'aiuto di una delle tre organizzazioni (FMI, BM e USDT).
Dopo l'invenzione da parte di Williamson,
l'espressione è successivamente stata usata abbastanza comunemente con
un secondo significato più ampio per riferirsi ad un generale
orientamento verso un approccio economico fortemente orientato al
mercato (a volte descritto negativamente con il termine neoliberismo o laissez-faire).
Nell'enfatizzare il peso della differenza tra i due significati lo stesso Williamson
ha sostenuto che le sue dieci direttive originali, strettamente
definite, abbiano acquisito lo status di "tradizionali" (cioè
solitamente date per scontate) mentre il suo secondo e successivo
significato, che si riferisce ad una sorta di manifesto neoliberista,
"non abbia mai ricevuto consenso [a Washington] e da nessuna altra parte
in particolare". Dopo un ventennio si può ragionevolmente affermare che
esso può essere considerato morto (ndr: allora occorre avvertire Draghi e la Commissione UE...)..
Le discussioni sul Washington Consensus sono state a lungo
controverse. In parte, la controversia è dovuta al mancato accordo sul
significato da dare al termine, il che crea appunto uno scontro tra il
significato "originale" inteso da Williamson e quello più ampio (più vicino al neoliberismo).
Ma ci sono anche sostanziali differenze tra i meriti e i demeriti delle
direttive politiche. Alcuni critici, ad esempio, sono in disaccordo con
l'enfasi del "Consensus" originale sull'apertura dei paesi in via di
sviluppo ai mercati globalizzati o con ciò che denotano come un eccessivo rafforzamento delle forze preesistenti del mercato interno alle spese di funzioni chiave dello stato. Per altri il problema non è ciò che c'era nel consensus, ma piuttosto ciò che non c'era,
come la costruzione di istituzioni forti e l'assenza di sforzi puntati a
migliorare chi nella società si trova in condizioni peggiori. A
dispetto comunque, di queste controversie molti scrittori e molti
istituzioni orientate allo sviluppo sono ad oggi d'accordo
nell'accettare l'idea generale che le strategie debbano essere
personalizzate in base alle situazioni dei singoli paesi.
...
Il consensus come inizialmente stilato da Williamson includeva 10
larghi gruppi di suggerimenti in materia economica relativamente
specifici:
- Una politica fiscale molto disciplinata volta a evitare forti deficit fiscali rispetto al prodotto interno lordo
- Il riaggiustamento della spesa pubblica verso interventi mirati: si raccomanda di limitare "i sussidi indiscriminati" e di favorire invece interventi a sostegno della crescita e delle fasce più deboli, come le spese per l'istruzione di base, per la sanità di base e per lo sviluppo di infrastrutture
- Riforma del sistema tributario, volta all'allargamento della base fiscale (intesa come somma globale delle singole basi imponibili) e all'abbassamento dell'aliquota marginale
- Tassi di interesse reali (cioè scontati della componente puramente inflativa) moderatamente positivi
- Tassi di cambio della moneta locale determinati dal mercato
- Liberalizzazione del commercio e delle importazioni, in particolare con la soppressione delle restrizioni quantitative e con il mantenimento dei dazi ad un livello basso e uniforme
- Apertura e liberalizzazione degli investimenti provenienti dall'estero
- Privatizzazione delle aziende statali
- Deregulation: abolizione delle regole che impediscono l'entrata nel mercato o che limitano la competitività, eccetto per quel che riguarda le condizioni di sicurezza, di tutela dell'ambiente e di tutela del consumatore e un discreto controllo delle istituzioni finanziarie
- Tutela del diritto di proprietà privata"
5. Possiamo dunque tornare al "caso" Stiglitz avendo un quadro di riferimento che, tra l'altro, trova riscontro in altri economisti, di maggior capacità analitica del fondamentale aspetto "istituzionale", come Chang, Rodrik e, in tempi passati più "neo-classici", ma non dissimili da quelli odierni, il fondamentalissimo Veblen.
Wikipedia USA ci fornisce un quadro sufficiente a trovare molte conferme a quanto detto in questo e nel precedente post, in particolare nei commenti:
"Stiglitz è nato a Gary, Indiana, da Charlotte (née Fishman), un'insegnante di scuola, e Nathaniel David Stiglitz, un venditore di polizze assicurative. Dal 1960 al 1963, ha studiato all' Amherst College, dov'era membro particolarmente attivo del gruppo di discussione e presidente del consiglio degli studenti. Si recò al Massachusetts Institute of Technology (MIT) per il suo quarto anno del corso di laurea, svolgendovi la tesi per la graduazione finale...
Dal 1965 al 1966, si trasferì alla University of Chicago per fare ricerca sotto Hirofumi Uzawa che aveva ricevuto un NSF
grant. Ha poi studiato per il suo PhD presso il MIT dal 1966 al 1967, tenendo, durante questo periodo, corsi in qualità di assistant professorship... Dal1966 al 1970 fu ricercatore associato presso la University of Cambridge: giunse al Fitzwilliam College, Cambridge come Fulbright Scholar nel 1965, e vinse poi una Tapp Junior Research Fellowship at Gonville and Caius College.
Stiglitz è ora professore alla Columbia University, con incarichi alla Business School, al Department of Economics e alla School of International and Public Affairs (SIPA), ed è editore de The Economists' Voice journal con J. Bradford DeLong and Aaron Edlin.
Tiene lezione anche per un programma di graduazione superiore tra Sciences Po Paris e la École Polytechnique in 'Economics and Public Policy'.
E' stato anche presidente de The Brooks World Poverty Institute alla University of Manchester dal 2005.[16][17] Stiglitz un economista New-Keynesian
Oltre a ad aver dato molti influenti contributi alla microeconomia, Stiglitz ha svolto numerosi ruoli politici.
Ha avuto incarichi nella Clinton administration come capo del Council of Economic Advisors del Presidente (1995 – 1997).
Alla World Bank,
ha svolto le funzioni di senior vice-president e "chief economist" (1997–2000), in un tempo in cui sono iniziate proteste senza precedenti contro le organizzazioni economiche internazionali, segnatamente al Seattle WTO meeting del 1999.
E' stato licenziato (fired) dalla World Bank per aver espresso dissenso dalle sue politiche.
E' stato un autore leader per il Intergovernmental Panel (comitato-collegio) on Climate Change, che ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 2007.
E' membro del Collegium International, un'organizzazione di leaders con expertise politiche, scientifiche, e "etiche", il cui scopo è fornire nuovi approcci nel superare gli ostacoli verso un mondo pacifico, socialmente giusto e economicamente sostenibile.
E' anche membro del comitato scientifico della Fundacion IDEAS, un think tank spagnolo.
Stiglitz ha fornito la sua consulenza al presidente Obama, ma è stato anche un critico acceso (v. poi, nelle note biografiche di Summers, al p.11 seguente) del piano di salvataggio finanziario-industriale della sua Amministrazione.
Stiglitz ha affermato che chiunque abbia disegnato il piano di salvataggio bancario dell'Amministrazione è "o nelle mani delle banche o incompetente".
Nell'ottobre del 2008, gli è stato richiesto dal Presidente dell'assemblea generale delle Nazioni Unite di presiedere una commissione per redigere un rapporto sulla crisi finaziaria ed economica. In esecuzione di ciò, la commissione ha prodotto lo Stiglitz Report.
Il 25 luglio del 2011, Stiglitz ha partecipato al "I° Foro Social del 15M" organizzato a Madrid (Spain) esprimendo il suo supporto alla protesta spagnola del 2011.
Stiglitz was the president of the International Economic Association from 2011 to 2014.
Il 27 settembre 2015, il partito laburista del Regno Unito ha annunciato che
Stiglitz avrebbe fatto parte del suo Economic Advisory Committee insieme con altri cinque "world leading economists".
[E non sarebbe finita qui, avendo ruoli, più o meno formali, nel consigliare l'attuale governo greco o persino "Sinistra Italiana" ...]
6. Ma, più che sottolineare come (ovviamente) le Nazioni Unite e comunque le organizzazioni internazionali economiche non abbiano tenuto in conto lo Stiglitz Report, è interessante tornare al suo "licenziamento" dalla World Bank, che illustra molto bene la "catena di comando" che regola il Washington Consensus, e quindi il neo-liberismo dell'ordine internazionale dei mercati", ovvero il paradigma restauratore del capitalismo ante crisi del 1929 in forza del diritto internazionale privatizzato.
Dalla vicenda non solo ritraiamo la sua, certamente coraggiosa, presa di posizione (non dovuta, considerato che rimane comunque un unicum per un economista nella sua posizione di rilievo), ma anche la sostanza dei rapporti di forza e delle gerarchie organizzate che governano il nuovo ordine mondiale a epicentro nell'ambiente finanziario USA:
"Allorché la WB cominciò la sua verifica del periodo decennale di transizione degli ex-paesi comunisti verso l'economia di mercato, si rivelarono esiti fallimentari in quei paesi che avevano seguito le politiche di "shock therapy" del Fondo Monetario Internazionale – sia in termini di declino del PIL, che di incremento della povertà - che risultarono ancora peggiori del "peggio" che molti critici avevano evidenziato agli albori di tale fase di transizione (!..ndr: è una fonte USA quella da cui attingiamo).Si rivelarono chiari legami tra le deludenti performances socio-economiche e le politiche imposte dal FMI, come gli schemi privatizzati dei voucher e la eccessiva stretta delle politiche monetarie.Nel frattempo, il successo dei pochi paesi che avevano seguito strategie di economia politica molto diverse suggerivano che c'erano alternative di policies che potevano essere seguite".
7. E qui viene il "bello":
"Il Dipartimento del tesoro USA aveva posto un'enorme pressione sulla World Bank per far tacere le sue critiche verso le politiche che essa stessa e il FMI avevano perseguito.
Stiglitz aveva sempre avuto una scarsa relazione amichevole con il segretario del tesoro Lawrence Summers.
Nel 2000, Summers richiese, con successo, la rimozione di Stiglitz's, si ipotizza in cambio della ri-nomina del presidente della World Bank, James Wolfensohn's – uno scambio che Wolfensohn nega abbia avuto luogo. Se Summers abbia mai fatto tale brutale richiesta è controverso – Wolfensohn sostiene che "gli avrebbe risposto di "fottersi".[45]
Stiglitz si dimise dalla World Bank nel gennaio 2000, un mese prima che il suo incarico avesse termine.[43]. Wolfensohn, diede annuncio delle dimissioni di Stiglitz nel Novembre 1999 e annunciò contemporaneamente che Stiglitz sarebbe rimasto come suo Special Advisor, e avrebbe presieduto un comitato di ricerca per un successore. Questo il commento, al tempo, rilasciato al New York Times da Stiglitz:
Joseph E. Stiglitz said today [Nov. 24, 1999] that he would resign as the World Bank's chief economist after using the position for nearly three years to raise pointed questions about the effectiveness of conventional approaches to helping poor countries.[46]
In tale ruolo, Stiglitz aveva svolto una continua critica del FMI, e, per implicazione (ndr: abbiamo visto sopra chi siano stati i "negoziatori-contraenti" del Washington Consensus), dello US Treasury Department. Nell'aprile del 2000, in un articolo per The New Republic, scrisse:
Diranno che il FMI è arrogante. Diranno che il FMI non presta realmente ascolto ai paesi in via di sviluppo che si suppone debba aiutare. Diranno che il FMI agisce in segreto e isolato da ogni responsabilità democratica. Diranno che il FMI adotta "rimedi" economici che spesso peggiorano le cose – trasformando meri rallentamenti dell'economia in recessioni e le recessioni in depressioni. E avrebbero dettto una cosa giusta (And they’ll have a point). Sono stato capo economista della World Bank dal 1996 fino allo scorso Novembre, durante la più grave crisi economica globale degli ultimi 50 anni. Ho visto come il FMI, in tandem con lo U.S. Treasury Department, abbiano agito. E ne sono stato sconcertato.
L'articolo fu pubblicato una settimana prima del meeting annuale tra WB e FMI e provocò una forte reazione. Si rivelò troppo forte per Summers e ancor più "letale" per il protettore di Stiglitz alla
World Bank, Wolfensohn.
Wolfensohn aveva privatamente condiviso l'opinione di Stiglitz's, ma stavolta era preoccupato per il suo secondo mandato alla WB, sul quale Summers aveva minacciato di porre il veto.
Stanley Fischer, deputy managing director del FMI, convocò un meeting speciale dello staff e informò che Wolfensohn aveva concordato di licenziare (ndr; sempre "to fire") Stiglitz. Contemporaneamente, il dipartimento External Affairs della WB dichiarò alla stampa che Stiglitz non era stato licenziato; il suo "posto" era stato semplicemente abolito 47]
Wolfensohn aveva privatamente condiviso l'opinione di Stiglitz's, ma stavolta era preoccupato per il suo secondo mandato alla WB, sul quale Summers aveva minacciato di porre il veto.
Stanley Fischer, deputy managing director del FMI, convocò un meeting speciale dello staff e informò che Wolfensohn aveva concordato di licenziare (ndr; sempre "to fire") Stiglitz. Contemporaneamente, il dipartimento External Affairs della WB dichiarò alla stampa che Stiglitz non era stato licenziato; il suo "posto" era stato semplicemente abolito 47]
Il 19 setttembre 2008, in un'intervista radiofonica con Aimee Allison e Philip Maldari su Pacifica Radio's KPFA 94.1 FM, di Berkeley, California, Stiglitz implicò, infine, che il Presidente Clinton e i suoi consiglieri economici non avrebbero sostenuto il North American Free Trade Agreement (NAFTA) ove fossero stati consapevoli delle "previsioni occultate" (stealth provisions), inserite dai lobbisti, e che ad essi erano sfuggite (overlooked)".
8. Che dire? Il processo di "governance" del diritto internazionale privatizzato si era reso evidente: se pure qualche errore di comprensione del tessuto negoziale del NAFTA come delle implicazioni delle politiche del FMI fosse stato presente nell'Amministrazione Clinton, non pare che questo, allo stato attuale, abbia portato a correzioni di impostazione politico-economica, nè all'abbandono, da parte del FMI, delle stesse policies ad esito peggiorativo già evidenziate alla fine degli anni '90.
Da un lato, il rilancio liberoscambista globalizzato, mediante trattati come il TPP e il TIPP, ha avuto nelle Amministrazioni democratiche, e nella stessa attuale posizione di Hillary Clinton, (sia pure, limitatamente alla conclusione del TTIP, ora, in fase elettorale, prudentemente più "tiepida"), una coerente e incrollabile continuità: oltre al TTP sono stati conclusi altri 19 trattati di liberoscambio (e sempre con Stiglitz in posizione fortemente critica).
9. Dall'altro lato, poi, il FMI, non ha certo abbandonato i principi del Washington Consensus, e, applicatili in €uropa alla crisi della Grecia, ha aiutato, nell'ambito della trojka, a "trasformare una crisi (di bilancia dei pagamenti) in recessione e la recessione in depressione", come aveva icasticamente evidenziato Stiglitz nel 1999.
Il FMI, questa l'apparente novità, ora si pente (qui, p.8): ma il memorandum imposto nel 2015 alla Grecia rimane intatto, senza che alcuna conseguenza applicativa del principio "rebus sic stantibus" (qui. p.4) abbia condotto le autorità greche (pur semi-consigliate da Stiglitz) a invocarne la sopravvenuta eccessiva onerosità.
In fondo di fronte a quale Corte potrebbe invocarla, senza sentirsi dire che la situazione non è "eccezionale", ma semplice fisiologia TINA dell'eurozona?
Alla Grecia rimarrebbe solo la...Grexit, come mezzo di autotutela di diritto internazionale. Ma transeat, Stiglitz sta ancora suggerendo che occorra decidere tra dissoluzione concordata dell'euro e riforma verso un "altro" euro. Due chimere, drammaticamente superate dagli eventi...
Prosegue imperterrito nel suo luminoso cammino professional-istituzionale (come ogni protagonista istituzionale del Washington Consensus, o della "costruzione europea", che si rispetti): nulla può scuotere veramente i grandi protagonisti della "Grande Società" del Washington Consensus; solo qualche piccolo rallentamento e qualche disavventura "culturale", ma non certo a livello di introiti economici.
Il suo curriculum, come sempre capita, ci fornisce ogni chiarimento:
"Summers è divenuto professore alla Harvard University nel 1983. Ha lasciato Harvard nel 1991, per collabprare come Chief Economist alla World Bank dal 1991 al 1993.
Nel 1993, Summers fu nominato Sottosegretario per gli International Affairs dello United States Department of the Treasury durante la Clinton Administration.
Nel 1995, fu promosso a Deputy(vice-ministro) Secretary of the Treasury sotto il suo mentore politico di lunga data Robert Rubin. Nel 1999, è succeduto a Rubin come Secretary of the Treasury. Nel corso della sua collaborazione con la Clinton administration Summers ha svolto un leading role nella reazione statunitense alla crisi economica messicana del 1994 , alla crisi finanziaria asiatica del 1997, ed alla crisi finanziaria russa. Ha anche avuto una grande influenza nel consigliare la privatizzazione, consigliata dagli USA, delle economie degli Stati post-sovietici e nella deregolazione del sistema finanziario USA, inclusa l'abrogazione del Glass-Steagall Act.
Alla fine del mandato di Clinton, Summers è stato il 27° President of Harvard University dal 2001 al 2006.
Summers si è dimesso da tale carica sulla scia di un voto di sfiducia da parte della Facoltà di Harvard, che fu la conseguenza, in larga parte, sia del conflitto di Summers's con Cornel West; - furono sollevate questioni inerenti al suo conflitto di interessi finanziario adombrato per la sua relazione con Andrei Shleifer-; sia di un suo discorso del 2005, in cui suggeriva che la sotto-rappresentazione delle donne nelle scienze e nella ingegneria poteva essere dovuto ad una "differente disponibilità attitudinale di base" e meno a modelli di discriminazione e socializzazione.
Summers si è dimesso da tale carica sulla scia di un voto di sfiducia da parte della Facoltà di Harvard, che fu la conseguenza, in larga parte, sia del conflitto di Summers's con Cornel West; - furono sollevate questioni inerenti al suo conflitto di interessi finanziario adombrato per la sua relazione con Andrei Shleifer-; sia di un suo discorso del 2005, in cui suggeriva che la sotto-rappresentazione delle donne nelle scienze e nella ingegneria poteva essere dovuto ad una "differente disponibilità attitudinale di base" e meno a modelli di discriminazione e socializzazione.
Nel commentare criticamente la political correctness nelle istituzioni di istruzione superiore, Summers ha detto nel 2016, "C'è un'enorme quantità di assurda political correctness. Ora, io sono qualcuno che crede fortemente nella diversità, che ha resistito al razzismo nella sue molte incarnazioni, che pensa che ci sia molto di ingiusto nella società americana e che vada combattuto, ma pare esserci un nefasto totalitarismo circa le idee considerate accettabili e dibattibili da parte dei colleghi nel campus".
Insomma, a tutto c'è un limite: sia nella politically correctness, sia, verrebbe da aggiungere, nel combattere le grandi ingiustizie della società americana...Adelante con juicio, giustamente.
11. Ma l'attivismo nel curare la propria professione, - con una certa manifesta scissione dalla concretezza di questo dichiarato impegno a "combattere" il "molto di ingiusto"-, certamente a Summers non è mancato:
"Dopo aver lasciato Harvard (ndr: abbiamo visto nel 1991), Summers ha lavorato come managing partner nello hedge fund D. E. Shaw & Co., e come freelance speaker per altre istituzioni finanziarie, che includono Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Citigroup, Merrill Lynch e Lehman Brothers.
Summers ha ripreso il "pubblico servizio" durante la Obama administration, prestando la sua opera come Director of the White House United States National Economic Council (NEC) per il Presidente Barack Obama
dal gennaio 2009 al novembre2010, emergendo come un decidente economico "chiave" nella risposta della Obama administration's alla Great Recession.
Dopo aver lasciato il NEC nel dicembre 2010, Summers ha lavorato nel settore privato e come columnist per i maggiori quotidiani.
A metà circa del 2013,il suo nome era largamente circolato come potenziale successore di Ben Bernanke quale Chairman of the Federal Reserve, sebbene dopo la resistenza della "sinistra", Obama abbia alla fine nominato alla carica Janet Yellen"...
In realtà il coccodrillo Fondo Monetario ha versato parecchie lacrime: Grecia, Argentina, Russia, Messico. Salvo, poi, tornare lupo nel periodo della muta.
RispondiEliminaStrano come le lezioni imparate non le ricordino mai...
Sì, in realtà l'ex-post "regret" del FMI pare ormai corrispondere a una "tecnica" di governance: strike and retreat, non appena ci si debba fare carico di qualsiasi responsabilità, a qualsiasi titolo, per le proprie scelte.
EliminaMa, a ben vedere con le attuali "scuse" della Lagarde, (http://vocidallestero.it/2016/07/29/aep-il-fmi-ammette-la-sua-disastrosa-infatuazione-per-leuro-chiede-scusa-per-il-sacrificio-della-grecia/), questa volta si è andati più a fondo, compiendo una vera e propria inchiesta di audit interno, senza limitarsi a paper e convegni di esponenti (invariabilmente esprimentesi a titolo individuale "off the record").
Anzi sull'off the record, in questo caso, si fa l'ammujna di volerlo sanzionare, dopo aver avallato per anni "secretive meetings".
L'impressione è che il FMI, - anche rileggendosi bene i 10 "principi" del WC- abbia essenzialmente fatto una mossa "preventiva": è sul piano QUANTITATIVO piuttosto che QUALITATIVO che si prendono le distanze dal caso Grecia.
In modo, cioè, da poter proseguire le stesse policies condizionali, ma senza legarsi alla "puzza di bruciato" che promana ben forte da fiscal compact, unione bancaria e, in definitiva, dall'eurozona.
In caso di incendio, "exit"...dalla Trojka.
Anche per questo la posizione di Stiglitz avrebbe potuto essere ben più tempestiva e, in questo momento, ben più netta; cioè di aperta e IRREDIMIBILE condanna dell'euro.
A questo punto dell'intera vicenda, gli sarebbe costato politicamente molto poco, appena un anticipo su un disastro che si cerca pateticamente di ritardare, a costo di scatenare semmai un effetto valanga; scientificamente poi nulla.
Anzi, gli avrebbe evitato di ripetere l'ambigua e stucchevole storiella degli eurobond e della solidarietà fiscale federale in senso redistributivo, il cui divieto nei trattati non è certo frutto di "stealth provisions".
Ma le ragioni degli USE, con tutta la loro mitologia di maldestra importazione, evidentemente giocano ancora un notevole peso nella visione di qualsiasi americano.
Del Messico e della Russia non ricordo: ero troppo giovane. Ma dell'Argentina mi ricordo bene. Il mea culpa del Fondo era stato molto profondo. Si battevano il petto con forza. E, soprattutto, avevano confessato come l'adozione di una moneta straniera era deleterio per un paese. E, infatti , dal 2004 mi è chiaro che l'euro non possa funzionare.
EliminaGrazie
L'economia è senza dubbio la scienza più esoterica che esista: per questo Caffè parlava di iniziati della moneta!
RispondiEliminaComunque, dai, bisogna dire che a Summers non sfugge la relazione tra politically correctness, diritti cosmetici e totalitarismo "liberal".
Il pensiero politico viene disarticolato alle origini con del becero moralismo o dell'antimoralismo, sempre buoni per manipolare il guilt system e slittare dal pensiero critico a quello emotivo-istintuale.
In pratica la componente fondamentale del bipensiero.
La sinistra liberale - democrat - sembra diventare sempre più una Chiesa.
I neocon assomigliano invece sempre più all'aristocrazia feudale....
Ruoli diversi, medesime famiglie, e stesso gruppo sociale a capo della piramide.
Mi aspetto che prima o poi anche Stglitz cominci a parlare si "suddidiarietà"...
(Risparmio per decenza i commenti sul "delta luminoso" che le élite americane stampano dappertutto...)