venerdì 2 settembre 2016

LA RIFORMA NON SI "DEVE" CAPIRE: MA E' INDISPENSABILE


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1. Partiamo dal concetto che norme espresse con una pluralità di proposizioni collegate in lunghi periodi e disseminate in molteplici commi, sono tipicamente neo-liberiste: vedremo perché.

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Intanto, facciamo una premessa utile per capire questo punto, guardando al fenomeno delle norme di "riforma" (tutte le riforme, volute dall'€uropa e dai "mercati") dal punto di vista strutturale e sintattico: le norme non enunciano in modo chiaro la loro reale ratio (cioè finalità ultima di regolazione dei comportamenti sociali).
La connessa voluntas normativa (cioè l'intenzione modificativa che si collega al fenomeno sociale oggetto della decisione politica), - voluntas di regola racchiusa nell'intitolazione formale dell'atto normativo o del suo singolo articolo -, risulta spesso incoerente, se non addirittura fuorviante, rispetto al contenuto: talora persino rispetto a quello verbale e sintattico, più spesso, ed ancor peggio in termini di dissimulazione, rispetto a quello logico-sostanziale.

2. Un tale tipo di normazione tende cioè a fondarsi, più che su precetti chiari e immediatamente individuabili, su pseudo-ragionamenti ovvero su  giustificazioni etiche di tipo "tattico": queste sono accuratamente preparate  da operazioni di marketing mediatico-sondaggistico per renderle condivise e accettabili.  
In altri termini, ragionamenti e giustificazioni etiche offerti al pubblico come "significato" e utilità della "riforma", risultano per lo più extratestuali, prefissate dal marketing politico-mediatico che ne precede l'emanazione e, dunque, in totale scollamento logico dal testo che le dovrebbe racchiudere.

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E tutto questo è tipico del neo-liberismo, assurto a pensiero unico e "teoria del tutto" (mainstream), determinante ogni scelta politica possibile.
Ed infatti,  preferendo - almeno per ora- conservare una facciata di consenso elettorale (idraulico) e di processo democratico formale,  tende orwellianamente a dissimulare il precetto reale che si vuol introdurre, in modo non "aperto" e non dichiarato: ove esplicitato con chiarezza, il precetto reale, sarebbe altrimenti inaccettabile per il senso comune, in quanto portatore dell'idea totalitaria di modificare la natura dell'uomo, coartandone le aspettattive e le normali aspirazioni di vita.
Cioè sacrificando gli interessi dei destinatari per avvantaggiare invariabilmente l'oligarchia, che reclama di poter controllare l'intero processo politico-normativo in modo indipendente da qualsiasi esito elettorale formalmente raggiunto.
 
3. La dissimulazione del senso reale delle norme diviene cioè espressione sistematica, anzi unica, della missione storica "restaurativa" del neo-liberismo: realizzare l'ordine razionale del mercato contro l'ordine precedente, che "deve" essere abbattuto, a costo di instaurare, in caso di rifiuto, il "regno del terrore"
Questo istinto coercitivo occultato, più semplicemente, ai giorni nostri, di farsa che ripercorre le tragedie del passato,  assume la forma della shock economy, dell'induzione intenzionale dello "stato di eccezione", del perseguimento della crisi per instaurare il "cambiamento".
Almeno finché l'inganno sia sufficiente a rendere accettabile il sacrificio dell'interesse delle indegne "masse", senza che da queste si sollevi un dissenso insuperabile. Ove la resistenza di massa assumesse carattere inaggirabile, nessuna altra modalità di instaurazione della paura e della diretta costrizione sarebbe considerata impraticabile. 
Questo vale ad esempio, per la necessità assoluta e senza alternative di "semplificare" le istituzioni costituzionali e il loro funzionamento:
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4. Riassumendo: allo stato attuale dei rapporti di forza instaurati tra oligarchia neo-liberale, restaurata nel suo potere istituzionale e mediatico, e masse, i veri precetti contenuti nelle "riforme", sono quelli che vengono introdotti, - come nella comunicazione pubblicitaria più sofisticata (subliminale)-, senza che il destinatario se ne accorga, perché li considerebbe assurdi, irrilevanti e contraddittori, se non chiaramente dannosi per il suo interesse.

Questa cosmesi politico-lessicale, inoltre, è volta a rendere non percepibile, attraverso la formulazione obliqua e frammentaria dei reali effetti modificativi dell'ordine sociale così dissimulati, l'incompatibilità coi precedenti principi generali e norme fondamentali dell'ordinamento democratico: un fenomeno particolarmente adatto per modificare le Costituzioni democratiche "sociali".

5. Per capire che le Costituzioni sociali sono considerate un ostacolo all'ordine naturale dei mercati e che ogni "cambiamento", che prende l'invariabile nome di (Grande) Riforma, occorre risalire alle fonti informali, provenienti da grandi imprese private del capitalismo finanziario, o da think tank da esse finanziati, che per primi:
a) "lanciano" il prodotto;
b) si assicurano della sensibilizzazione delle classi politiche culturalmente e finanziariamente sussidiarie e sussidiate, affinché, con l'urgenza del caso, avviino il processo normativo dissimulato appena descritto;
c) determino, a perfezionamento della riuscita della "manovra", una movimento di persuasione mediatica che induca la "complicità" (quantomeno etica) delle stesse masse "danneggiate". Per questo abbiamo parlato di "proiezione identificativa" degli oppressi con gli interessi dell'oppressore, come key-note della costruzione €uropea e delle riforme che da essa sono imposte.

9 commenti:

  1. Tra le varie tecniche di manipolazione della coscienza sociale, a monte dell'empirico "metodo Junker" sta la finestra di Overton.
    1) impensabile (vietato)
    2) radicale (vietato ma con eccezioni)
    3) accettabile-sensato (necessario)
    4) diffuso (socialmente accettabile)
    5) legalizzato (celebrato dalla politica statale)
    Quando si ritiene di poter chiudere una finestra si apre immediatamente la successiva, secondo intervalli di tempo scanditi da azioni di "gramigna" a volte volutamente contro-intuitive e azzardate, per monitorare il livello di bassa allerta e non reattività collettivo.

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  2. Buongiorno. Arrivo a dire (????) che sarebbe già un bel passo avanti "averla non capita", PERCHE' ALMENO LA SI SAREBBE LETTA O ANCHE SOLO ...SFOGLIATA....
    Qui siam ben piu' indietro...

    Nell''Illuminante video breve che allego dal min 0,49 il presidente del circolo anpi di un paese qui vicino alla festa di reggio emilia dichiara: " IO VOTO COL PARTIGIANO NICOLINI GERMANO DETTO IL DIAVOLO ... CHE HA DETTO.....CHE DA PARTIGIANO LUI.....LE COSE .... DI VOTARE SI......."

    (Per la cronaca : nomi e personaggi assai tutti " vicini" alla cooperazione.... guarda caso...che strano eh!....)
    Siamo messi cosi'. ancora grazie... Bruna
    http://video.repubblica.it/dossier/le-riforme/reggio-emilia-la-base-dell-anpi-alla-festa-pd-al-referendum-voteremo-si/249778/249925

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    1. I partigiani veri sopravvissuti alla IIGM ce ne sono stati ben pochi.

      Da quando il PCI ha sostenuto il maggioritario, chiunque ha sostenuto le varie evoluzioni di questo partito è stato fascista.

      Poco importa perché rimbambito o rincitrullito dalla vecchiaia.

      È un dato di fatto.

      Non c'è nulla di male ad essere pinochettiani: basterebbe rendersene conto....


      (Intanto pare che un Fassina che riecheggia Mortati abbia letto la "Costituzione nella palude": «la democrazia è nazionale oppure non è»)

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  3. Off-topic, ma interessante da segnalare.
    Si è già discusso sul fatto che la libera circolazione dei capitali senza controlli da parte dello Stato, uno dei capisaldi della normativa UE, sia dannoso per i lavoratori, poiché comprime il potere contrattuale di questi ultimi. Se un lavoratore è più produttivo e rivendica un aumento di salario, il datore di lavoro può decidere di trasferire i macchinari in un altro Stato UE lasciandolo disoccupato. L'aumento di di libertà del capitale coincide esattamente con la compressione delle libertà dei lavoratori. Sempre sulla libera circolazione dei capitali, vorrei segnalare questo articolo del Corriere della Sera ripreso da Dagospia, che spiega come la libera circolazione dei capitali sancita dalle norme UE metta al riparo dalla responsabilità penale.
    Se si trasferisce una società italiana dissestata in un altro Paese come la Bulgaria e subito dopo si fonde la società trasferita con un'altra del luogo, diventa possibile fare in tempo a svuotare la società in Italia e nel contempo impedire che ne venga dichiarato il fallimento e mettere al riparo i bancarottieri dal reato. Contro una eventuale istanza di fallimento la società italiana, fusa nella bulgara, può opporre il «difetto di giurisdizione» e basta che il relativo contenzioso in Bulgaria duri almeno un anno: trascorso infatti un anno dalla cancellazione della società dal Registro delle Imprese, in Italia non può più essere dichiarato il fallimento della società, ed il fallimento è necessario per configurare il reato di bancarotta.

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  4. Si è lavorato a lungo, senza dubbio.

    Un punto di svolta, nella storia della cultura giudica italiana, s’è chiaramente avvertito in occasione di quel convegno dell’Associazione dei costituzionalisti tenuto a Ferrara nel ‘91, durante il quale Bognetti potè proclamare con compiacimento che l’atmosfera era cambiata.

    C’era anche un personaggio il cui peso nella storia italiana difficilmente può essere sottovalutata: Giuliano Amato. Il titolo del suo intervento era Il mercato nella Costituzione (Quaderni Costituzionali, a. XII, n. 1, aprile 1992, pp. 7 e ss.).

    Che ci diceva il nostro? Dopo aver dato conto della profonda diffidenza della maggioranza dei Costituenti verso il mercato (difeso dai democristiani per ragioni più politiche che economiche), constatato che all’epoca della programmazione, negli anni Sessanta, ”giunse al suo culmine la cultura economica, e di progettazione delle istituzioni per l’economia, che aveva dominato la Costituente.”, osserva: “ proprio mentre questo accadeva giungevano invece d’oltralpe indirizzi, divieti e vincoli sintonizzati su una lunghezza d’onda totalmente diversa, quella del mercato e della sua difesa, dell’intervento pubblico volto non a interferire con esso, ma a dettare le regole per salvaguardarne la concorrenzialità e per ottenere, per questa strada, efficienza economica. Era la Comunità Europea a richiamarci a questo ordine nuovo e i richiami vennero, sempre più fitti e ineludibili, sul versante della politica industriale, che dovette perdere pian piano buona parte del suo bagaglio di incentivi, e su quello dello stesso ordinamento creditizio, dove sempre più le autorità monetarie furono costrette ad abdicazioni di potere e a lasciare che l’allocazione delle risorse venisse da convenienze valutate dagli stessi operatori.
    E entrata così in Italia la cultura del mercato, la presa d’atto che c’è in esso non un pregiudiziale disvalore da contenere, ma un valore (certo non unico, mé pervasivo) da lasciare sviluppare.”


    Per chi sappia adeguarsi, e adeguare, al nuovo corso si aprono verdi pascoli: ”Detto questo, e dando quindi per scontato un tempo (che è tuttavia già in corso) di rieducazione culturale, va anche aggiunto che le chiavi di cui ci stiamo dotando, chiavi che sono anche di interpretazione aggiornata della Costituzione, possono aprire più porte di quanto sinora si sia pensato. Se si assume infatti la concorrenza fra più operatori come un positivo veicolo di efficienza, se si assume inoltre che altrettanto può essere detto per la dialettica conflittuale del negozio fra privati quando essa abbia luogo in condizioni di equilibrio [qui mi viene in mente Steve Keen che suggerisce di leggere i "let's assume" degli economisti neoclassici come fossero altrettanti "let's pretend"], allora perché non pensare alla trasposizione di tali valori sul terreno dei servizi, degli stessi servizi sociali, dando qui un contenuto effettivo a «diritti», che sono oggi passiva sudditanza a farraginose burocrazie?”.

    Il nuovo avanzava, e di strada “rieducativa” quanta ne ha fatta.

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  5. Ma oltre che della guerra di posizione, tanto per riprendere la nota metafora gramsciana, Amato è stato protagonista anche della guerra di movimento. Forse non tutti ricordano che, all’epoca del suo celebre governo, il nostro “aveva tentato di proporre al Parlamento l’approvazione di una delega legislativa, se così si può dire, extra ordinem, al governo per l’adozione di atti con forza di legge «diretti ad assicurare l’equilibrio dell’economia e della finanza pubblica». Il carattere eccezionale dei poteri richiesti risiedeva nella circostanza che questi avrebbero potuto essere attivati «allorché il Governatore della Banca d’Italia, su richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, segnali uno stato di grave pericolo per l’equilibrio dell’economia e della finanza pubblica, sulla base di condizioni da lui accertate dei mercati valutari e finanziari», nel corso dei tre anni successivi all’entrata in vigore della legge di delega. Nell’ambito di una serie di settori di intervento, pertanto, il Governo avrebbe acquisito poteri innominati che, in nome dell’emergenza, avrebbero potuto consentirgli di procedere, autonomamente dal Parlamento alla ridefinizione, seppur in via transitoria, dei fondamentali della politica economica, assumendo su di sé la esclusiva responsabilità dell’indirizzo politico in materia.” (F. Bilancia, La crisi dell’ordinamento giuridico dello Stato rappresentativo, Cedam, Padova, 2000, pp. 269-79).

    Poi del ddl non se ne fece niente e sei mesi dopo al governo arrivò Ciampi. Altri pezzi di storia italiana che credo utile ricordare.

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    1. E fortuna vuole che tu abbia reinserito nel circuito del dibattito questo precedente di Amato solo dopo che la "Grande Riforma" della Costituzione è giunta al referendum sicché il testo non può più essere emendato dai riformatori.

      Talora la mancanza di cultura storico-istituzionale, e di conoscenza effettiva della politica italiana, di JP.Morgan (id est di qualche insider ital-€uropeista che si presa a fare da "eroico" consulente), può risultare in un (piccolo) vantaggio...

      Anche se, a ben pensarci, oggi una tale delega in bianco all'Esecutivo risulterebbe sostanzialmente superflua: il potere extraordinem dei mercati è sostanzialmente insito nella disciplina del fiscal compact e dell'Unione bancaria.
      E l'autonomia dal Parlamento del "detentore" della sovranità è definitivamente sancito in termini di gerarchia: non c'è bisogno di delega parlamentare al governo (in moto parallelo) per le sovraordinate istituzioni UEM.

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  6. Strepitoso Cassese su FQ di oggi: "Due Camere, dopo l’elezione diretta del Parlamento europeo e l’elezione dei consigli regionali, diventano un fattore di blocco. L’ha detto molto chiaramente, con accurata motivazione, anche il presidente Napolitano … alla luce della sua passata esperienza di presidente della Camera dei deputati”. ". Inaudito! Il Parlamento italiano sarebbe un fattore di blocco, un ostacolo, a due preclari esempi di assemblea tra le più lontane, nel funzionamento reale, alla trasparenza del processo legislativo (vedi, ad es., il fondamentale peso delle lobby nell’europarlamento, per cui Bruxelles è seconda solo a Washington per la concentrazione di lobbisti) e paradiso del clientelismo, dell’affarismo e dello sperpero di fondi pubblici (vedi l’incredibile numero di inchieste e rinvii a giudizio coinvolgenti i consiglieri regionali, specie per spese pazze con i fondi dei gruppi, corruzione e imbrogli vari tipo le firme false per le liste elettorali).
    Con questa dichiarazione Cassese si candida ad alfiere dei sostenitori della "nuova Costituzione", preludio agli esecrandi SU€ (stati uniti d’€uropa), ma a noi dà una formidabile ragione in più per conservare il nostro assetto parlamentare così com'è.

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  7. Novità in casa UNICREDIT. Muister (francese) sembra cedere Pioneer (225 miliardi di euro) alla francese Amundi (1000 miliardi di euro). In ogni caso i pretendenti di Pioneer sono tutti esteri. Si chiede l'articolista "forse il giorno il giorno in cui non ci saranno più grandi gruppi italiani a gestire il risparmio degli italiani e a investire sul debito pubblico qualcuno solleverà il problema". Per ora il problema sembra "non pervenuto". Ma sicuramente il Bail-in sta avendo i suoi primi effetti.

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