DALL’OCCUPAZIONE ALL’OCCUPABILITA’. LA METAMORFOSI
PROGRAMMATA DEL DIRITTO COSTITUZIONALE AL LAVORO (E DELLA PERSONA) (Parte I)
“Ogni ordine sociale si basa su
un'ideologia”
[F. Hayek, Legge,
legislazione e libertà. Critica dell’economia pianificata]
PREMESSA INTRODUTTIVA- Con questo pregevole post, Francesco Maimone apre un filone che si dimostrerà particolarmente fecondo.
Anzitutto, perché consente di fare il punto riassuntivo, di quanto detto nel blog, sul quadro generale della ideologia-distopia che domina l'Unione europea.
In secondo luogo, perché si raccorda con immediatezza a tutte quelle diffuse, quanto inesatte, "credenze" che si possa "attuare la Costituzione", combattendo l'epifenomeno, o effetto attuativo, della finanza-cattiva, ovvero della finanziarizzazione ordinamentale ed economica, senza aver presenti gli scopi e gli strumenti essenziali del disegno perseguito.
Senza questa chiarezza di visione dei fatti che ci occorre di subire, infatti, si arriva facilmente a un dissenso generico, quanto vago e inoperativo, sull'UE(M), e quindi a predicare che la costruzione €uropea possa essere "salvata" con "altri" trattati; e financo a voler mantenere l'euro, senza aver mai capito che esso è lo strumento principe, necessario e sufficiente, della finanziarizzazione (a favore di ristretti interessi finanziario-bancari) e la giustificazione principale della disattivazione della Costituzione: una disattivazione gravemente illegale (extraordinem!), perché incide sui suoi principi fondamentalissimi e non soggetti a revisione, mentre instaura uno "stato di eccezione" che si basa su un malinteso "primato della politica" (laddove tale primato dovrebbe essere della Costituzione).
Si tratta dello "stato di eccezione", (dichiarato dai "mercati"), che, come ormai dovrebbe essere noto (se non lo fosse: studiate!), ridisloca la sovranità mutandone la titolarità rispetto alla previsione costituzionale: cioè l'euro è non solo il "motore" della concreta finanziarizzazione privata che stiamo subendo, ma distrugge la (tipologia di) sovranità democratica popolare prevista dall'art.1 Cost. connessa, nello stesso articolo, al fondamento "sul lavoro" (per quelli che "credono nelle Costituzioni", ovviamente: non per quelli che le vogliono sabotare e distruggere, ovvero che non sono più in grado di capire cosa siano e si prestano, forse inconsapevolmente, al disegno dei primi).
Consiglio ai neofiti del blog, pertanto, di leggere i links inseriti fin da questa introduzione.
1. Obiettivo: la ristrutturazione totalitaria
Il neo-liberismo “(…) teorizza e attua, come prassi
politica, un sistema di controllo sociale autoritario del conflitto.
Questo sistema di controllo, che pone capo una "diversa", ma non meno intensa programmazione economica, come bene evidenzia Robbins, si realizza in
varie forme, di cui le principali, contemporanee, sono il sistema mediatico e quello monetario.
Ma, su un piano più strettamente "finalistico" - a carattere "bio-antropologico-, questo sistema è funzionale ad una DEFINITIVA MUTAZIONE
dell'orientamento psicologico e esistenziale dell'essere umano (cioè vuole
invertire la sua autopercezione di essere capace di autodeterminarsi, sia pure
entro limiti storicamente "convenzionali").
Questa
utopia-distopia, ben evidenziata da Orwell, fornisce alla Storia un formidabile
paradosso: per strutturare la naturalità (scientifica) delle Leggi
del mercato, e le loro conseguenze di gerarchizzazione sociale definitiva
(come già nelle teorie teocratiche del medio-evo, da parte dell'aristocrazia
terriera che, pure, svolgeva, in origine, una funzione difensiva del minimo di sopravvivenza delle comunità
territoriali), il neo-liberismo ritiene indispensabile modificare la
"natura" degli esseri umani, rendendoli propensi ad accettare la
schiavitù come fatto normativo "fondante" [1].
1.1. A chi sia
digiuno dell’argomento (e quindi, a questo punto, colposamente incosciente),
dette conclusioni sembreranno poco famigliari.
Assumendo come particolare tema di studio quello del diritto fondamentale
al lavoro, si tenterà tuttavia di dimostrare, con rigoroso
approccio fenomenologico, come il neoliberismo non sia soltanto un modello
di gestione economica ma che lo stesso è finalizzato in modo prioritario ad
una specifica regolazione sociale nonché ad una ristrutturazione bio-psicologica
degli uomini (assunta come necessità etica e morale) in tutti gli ambiti e con
il rigoroso “consenso degli aventi diritto”.
Nella trattazione, ed al
fine di comprendere come sia stato possibile in Italia assistere nell’arco di
qualche decennio ad un ribaltamento di 180° dell’intero paradigma giuridico-costituzionale
(e socio-culturale), si darà per acquisito proprio quest’ultimo, fondato sulla inscindibile
sinapsi giuridica tra gli artt. 1, 3, comma II, e 4 Cost. con gli
articoli della “costituzione economica” di indiscutibile ispirazione
keynesiana.
2. L’irruzione del concetto di “occupabilità”
come inconfondibile impronta della revanche
neoliberista
Pietro Barcellona,
giurista e filosofo, ci ricorda che “… Il problema dell’influenza del sistema mediatico e della
propaganda, gestita nell’interesse di chi ne ha il controllo, non può essere affrontato senza un attento
studio delle parole e della loro potenza conformativa. Sono convinto che oggi
siamo quello che siamo perché siamo "parlati" da un linguaggio che non è espressione della nostra
autonomia e della nostra consapevolezza…” [2].
Il pensiero riportato non
potrebbe meglio adattarsi, come vedremo, alla presente indagine. La messa in
circolazione, anche in campo lavoristico, di una specifica terminologia (sapientamente
inoculata per anni ai cittadini ed avallata acriticamente anche da molti
giuristi) dà il senso di come, attraverso una strategia neurolinguistica di
tipo orwelliano, sia stato possibile giungere a radicali mutamenti giuridici-culturali
con il fine programmatico di una completa trasvalutazione dei valori
consensualmente accettata [3].
2.1. Innanzi tutto, come
correttamente ci ricorda il giurista Riccardo Del Punta, l’analisi da cui
prendere le mosse per comprendere la controriforma “tolemaica” approntata in
Italia in campo giuslavoristico deve essere focalizzata
“…sulla tesi secondo cui il diritto del lavoro sarebbe un fattore diretto di disoccupazione, impedendo al mercato del lavoro di riaggiustarsi su un equilibrio di piena occupazione. Tale tesi è una discendente diretta del pensiero economico dominante, quello della c.d. scuola neoclassica, che tende a riassorbire le spiegazioni del funzionamento del mercato del lavoro all’interno della teoria dell’equilibrio concorrenziale, la quale a sua volta sostiene la tendenza dei mercati perfettamente competitivi a trovare naturalmente un livello di equilibrio fra domanda e offerta, attraverso il meccanismo dei prezzi. Le implicazioni che ne derivano sul piano della politica economica sono, evidentemente, liberistiche, tanto che tali teorie si possono considerare come l’espressione economica di quell’ideologia del mercato autoregolato che ha avuto il suo maggiore fautore, nel XX secolo, in Hayek…” [4].
2.2. Come sappiamo, il mercato
del lavoro, nell’analisi neoclassica ottocentesca, è infatti un mercato alla
stregua di tutti gli altri, nel quale la funzione equilibratrice è assolta
dalle oscillazioni elastiche del salario.
Pertanto, qualsiasi intervento esterno
si risolverebbe in un turbamento competitivo che impedisce al sistema di
riordinarsi sul proprio equilibrio di efficienza. In tale prospettiva
“… le rigidità regolamentari nell’impiego del fattore lavoro ed i conseguenti costi economici del sistema di sicurezza sociale – che dilata progressivamente la platea dei soggetti protetti e l’intensità delle tutele – costituirebbero un ostacolo decisivo alla crescita economica ed allo sviluppo dell’occupazione, e pertanto si propugna una deregolamentazione generalizzata delle relazioni di lavoro ed una riforma del welfare in senso minimalista, quale ricetta privilegiata per competere sui mercati internazionali e sconfiggere la disoccupazione di massa. Solo eliminando le rigidità normative che impediscono alle imprese di variare liberamente le condizioni di impiego in aderenza alle fluttuazioni del mercato, sarebbe insomma possibile acquisire nuove quote di produzione, ristabilire un equilibrio virtuoso nel mercato del lavoro e realizzare un adeguato contemperamento degli interessi complessivi del mondo del lavoro …” [5].
2.3. L’ideologia neoliberista,
nella convinzione secondo cui ciò che conta è offrire agli imprenditori quante
più opzioni possibili nell’organizzazione dell’attività produttiva all’interno
del libero mercato globalizzato, propugna in definitiva
“… una deregolamentazione radicale DEL MERCATO DEL LAVORO E DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI attuata attraverso una esaltazione dell’autorità imprenditoriale …” [6].
Trattasi, a ben vedere, di argomenti datati e che anche in
Italia hanno trovato illustri teorici.
Già negli anni ’30, infatti,
Luigi Einaudi, nell’elogiare il “prezzo di equilibrio di
mercato” – definito come il “re
del mondo economico” – e nell’esaltare gli imprenditori,
sosteneva che “… resta il problema delle
trincee che gli imprenditori hanno scavato attorno a sé per difendersi contro
il tormento dell’ansia continua di intuire ed ubbidire alle segnalazioni del re
prezzo. Costui equilibra il mercato,
obbliga i produttori a modificare i piani produttivi per adattarli alle
variazioni degli ostacoli e dei gusti; ma a quanta fatica sfibrante costringe
gli imprenditori! Non questi soltanto tendono ad asserragliarsi per creare
attorno a sé uno specchio di acque tranquille in un mare in tempesta. Le
altre categorie produttive non stanno paghe alla stipulazione del contratto a
prezzo fisso. L’operaio teme che alla scadenza il salario sia ribassato, il
proprietario e l’inquilino vorrebbero garantirsi un reddito o un onere fisso
anche oltre il tempo della locazione, il risparmiatore paventa il fallimento
del debitore. Ognuno cerca garanzie e tranquillità per il proprio reddito,
difesa contro i soprusi dei più forti, i quali dalle munite trincee dei dazi,
dei cartelli, dei brevetti, dei marchi impongono prezzi troppo superiori a
quelli che sarebbero i prezzi di mercato in condizioni di concorrenza perfetta.
L’irrigidimento dei
prezzi, dei salari, dei fitti, che fu proprio di epoche storiche trascorse, è
ritornato ad essere uno dei fenomeni caratteristici del dopo guerra. L’irrigidimento
impedisce il formarsi di un equilibrio, di quel cangiante mobile equilibrio fra
sforzi e risultati, fra costi e prezzi, fra produzione e consumo, che solo ha
ragione di chiamarsi veramente equilibrio” [7].
2.4. Un'ideologia, quella suddetta, ormai fulcro degli odierni mercati
sovranazionali, che, affinché potesse però essere restaurata, aveva necessità di
attingere ad un nuovo armamentario linguistico, creato per l’occasione.
Ed infatti, nel novero dei
termini invalsi ed ormai comunemente accolti con valore tutt’altro che innocuo,
appartiene sicuramente quello di “occupabilità” [8], concetto che in origine nasceva con finalità descrittive,
intendendosi con ‘occupabile’ una
persona adatta e disponibile al lavoro.
Solo negli anni ’50 si affermò quella
che taluni studiosi battezzano “seconda stagione” del termine occupabilità [9], prevalendo quella di “flusso
di occupabilità” (Flow employability), che poneva l’accento sulla
problematica relativa alla domanda di lavoro e sull’accessibilità a
quest’ultimo nell’ambito delle economie (locali e nazionali).
In sostanza, l’occupabilità
così intesa aveva il compito di calcolare quali fossero le “reali probabilità oggettive” [10] di occupazione per una persona in
cerca di lavoro [11].
E’ negli anni’80,
tuttavia, che ha trovato definitivo ingresso nel vocabolario comune la “terza
generazione” del termine occupabilità, stavolta generalmente intesa in senso “interattivo” (Interactive
employability), definizione che è tuttoggi in auge e che si concentra in
modo pressochè esclusivo, perché considerate di primaria importanza, sulle
attitudini e abilità dei lavoratori. In questa direzione, “…conoscenza, abilità, tecnologia e impresa
sono le parole chiave per la competitività e la creazione di lavoro, NON LA REGOLAMENTAZIONE RIGIDA E
L’INTERVENTISMO ANACRONISTICO ... OCCUPABILITÀ
... È CIÒ CHE CONTA…” [12].
(vi pare "come fosse antani" e brematurata? Tranquilli, nella neo-lingua è del tutto normale. Questa è la tecnica prediletta del neo-liberismo..."situazionale" e "progettuale", what else?).
2.5. Sono queste le parole del
primo ministro Tony Blair (ispirato dal sociologo Antony Giddens) il quale, nel
1998, annunciava urbi et orbi la
propria politica “progressista”, ma che in realtà rifletteva un più ampio
cambiamento culturale affermatosi già alla fine degli anni ’90 e che, non a
caso, coincideva con un crescente disimpegno degli Stati nelle politiche attive
del lavoro:
“… Le politiche per il lavoro a livello sovranazionale, nazionale, regionale e locale hanno individuato l’occupabilità come base per lo sviluppo e l’implementazione dell’intervento statale. A livello europeo… l’occupabilità è definita come uno dei quattro pilastri, anche se, nella revisione della Strategia del 2003, l’occupabilità è stata inserita all’interno di quattro obiettivi generali: pieno impiego, qualità e produttività del lavoro, coesione sociale e un mercato del lavoro inclusivo …” [13].
In effetti, con il
Consiglio Europeo Straordinario di Lussemburgo (20-21 novembre 1997), l’Unione
Europea avviava un progressivo coordinamento delle politiche del lavoro degli
Stati membri mediante l'elaborazione di una c.d. Strategia Europea per l'Occupazione (SEO) basata sull'adozione di
Piani di Azione Nazionali per l'occupazione sottoposti ad un esercizio di
sorveglianza multilaterale.
La strategia fu articolata retoricamente in quattro
“pilastri” sulla cui base la Commissione europea avrebbe poi incentrato i
propri orientamenti per “l’occupazione” rivolti agli Stati membri.
Il termine
“occupabilità” si avviava perciò ad essere declinato nelle sue più chiare
specificazioni.
2.6. Il primo di tali pilastri
coincide guarda caso con l’occupabilità - intesa come astratta e potenziale “capacità
delle persone di essere occupate” - ed è diretto a
migliorare le capacità delle stesse di trovare un impiego e mantenerlo. Al
primo pilastro, si accompagna il secondo che si identifica con l’imprenditorialità, termine che “fa riferimento all'esigenza di creare nuovi e migliori posti di lavoro,
attraverso politiche per l'occupazione che tengano in
debito conto le esigenze delle imprese ed incoraggino la cultura del fare
impresa”.
Ai due pilastri nominati, si aggiunge poi l’adattabilità,
termine che “esprime l’obiettivo
di fornire alle imprese e ai lavoratori i mezzi per adeguarsi alle nuove
condizioni del mercato e adottare le nuove tecnologie”.
Il quarto pilastro,
infine, è costituito dalle pari opportunità, concetto che “riassume l'intento di
garantire uguali condizioni e prospettive di vita a tutti i cittadini,
attraverso la definizione di politiche e iniziative finalizzate alla rimozione
degli ostacoli che impediscono un'effettiva parità [14].
2.7. La politica dei quattro
pilastri era già lucidamente contenuta nei suoi tratti essenziali in un Libro
Bianco di Delors presentato dalla Commissione europea nel dicembre 1993 [15]. E con riferimento specifico al
terzo pilastro (“adattabilità”), la
dottrina ci informa che
“… non è soltanto il libro Bianco di Delors il padre nobile del terzo pilastro. Jeff Kenner (1999) sostiene che il filo d'Arianna - che collega flessibilità e sicurezza, non solo nel lavoro, ma nella società in generale - è costituito dalla c.d. TERZA VIA tra liberismo e socialdemocrazia che ha in Antony Giddens (1999) il mentore, ed in Tony Blair (1999) il più tenace e convinto eseguitore. La c.d. terza via non è semplicemente un filo conduttore, ma, probabilmente la fibra ottica sottesa all'intero network teorico su cui poggia il pilastro dell'adattabilità …” [16].
Venivano
sapientemente gettate le basi massive della ristrutturazione, da intendersi come
“strumento comunicativo estremamente efficace … un insieme di interventi programmati e sistematici, miranti al cambiamento del comportamento” [17].
___________________________________
NOTE
[1] http://orizzonte48.blogspot.it/2016/07/ue-eurss-no-totalitarismo-neo-liberista.html
[2] Così P. BARCELLONA, Parolepotere, Il nuovo linguaggio
del conflitto sociale, Castelvecchi, Roma, 2013, 23
[3] Si rinvia,
per un’approfondita analisi sull’argomento, ai seguenti post ed ai relativi
commenti: http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/il-test-di-orwell.html;
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/corollari-del-test-di-orwell-gli.html;
http://orizzonte48.blogspot.it/2015/03/lorientamento-ultimo-della-cultura.html
[4] Così R. DEL
PUNTA, Ragioni economiche, tutela dei lavori e libertà del soggetto, in Rivista
italiana di diritto del lavoro, Milano, 2001, 407
[5] Così
G. FERRARO, La flessibilità in entrata alla luce del Libro Bianco sul
mercato del lavoro, in Rivista italiana di diritto del lavoro, Milano, 2001,
427
[6] Così
G. FERRARO, La flessibilità in entrata alla luce del Libro Bianco sul
mercato del lavoro, cit., 428
[7] Così
L. EINAUDI, Trincee economiche e corporativismo, in “La Riforma Sociale”,
novembre-dicembre 1933, 633-656
[8] Per una
ricostruzione storica del termine, si vedano R.
MCQUAID - C. LINDSAY, The Concept of Employability, Urban Studies, 42, 2005
[9] R.
MCQUAID - C. LINDSAY, The Concept of Employability, cit., 197-219
[10] Si veda
R. LENDRUT, Sociologia du chômage,
Puf, Paris, 1966
[11] Si
veda R. MCQUAID-J. PECK-N. THEODORE, Beyond Employability, Cambridge Journal of Economics, 24,
2000, 729-749
[12] Così
J. PECK-N. THEODORE, Beyond Employability, cit., 730
[13] M. JASPEN-A. SERRANO
PASCUAL, Unwrapping European
Social Model, The Policy Press, University of Bristol, 2006, 230
[14] Reperibile
all’indirizzo www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneEuropaLavoro/Utilities/Glossario/PilastriSEO.htm;
la SEO è stata formalmente riformata e in sostituzione dei quattro pilastri
iniziali sono stati individuati “in modo cosmetico” tre nuovi obiettivi (COM 6/2003):
raggiungere la piena occupazione, migliorare la qualità e la produttività del
lavoro, rinforzare la coesione e l'inclusione sociale
[15] J. GOETSCHY, The European Employment Strategy:
Genesis and Development, in
EJIR 5, II, 130 http://www.eucenter.wisc.edu/OMC/Papers/Archive/goetschy99.pdf. Per una
ricostruzione di tale politica, si veda anche M. BARBERA, A che punto è l'integrazione delle politiche
dell'occupazione nell'Unione Europea?, in Dir. relaz. ind.,
fasc.2, 2000, 161
[16] Così
B. CARUSO, Alla ricerca della
“flessibilità mite”: il terzo pilastro delle politiche del lavoro comunitarie,
in Dir. relaz. ind., fasc.2, 2000, 141. Si tratta, non a caso,
della stessa “terza via” come dottrina economica respinta in Costituente; sulla
terza via, si veda l’intervista rilasciata da A. Giddens al quotidiano
Repubblica il 4 dicembre 2014 reperibile all’indirizzo http://www.repubblica.it/esteri/2014/12/04/news/giddens_una_nuova_terza_via_nell_era_di_internet_cos_la_sinistra_batter_i_populismi-102085534/
[17] Così
R. BANDLER – J. GRINDER, La ristrutturazione - La
programmazione neurolinguistica e la trasformazione del significato,
Astrolabio, Roma, 1983, 9
SPAZI TOPOLOGICI
RispondiElimina(.. chiedendo venia a '48 e Francesco)
Ci si potrebbe linguistica/mente riferire alla collocazione delle parole in una frase ma anche geometrica/mente alle proprietà qualitative di figure quando subiscono trasformazioni biunivoche e bicontinue, quali deformazioni senza “strappi”, “sovrapposizioni” o “incollature”: un cubo e una sfera sono omeomorfi (forme simili) perché deformabili l'uno nell'altro senza “strappi”, ect., mentre una sfera e un toroide non lo potranno MAI essere in quanto il “toro” contiene un “buco” che non può essere eliminato.
Tra loro non ci sarà MAI convergenza, limite, continuità, connessione, compattezza e di questo bisogna, consapevolmente, prenderne atto. (cioè, PUNTO)
Parrebbe che tutte 'ste vicende avvicendate attraverso “strappi”, “sovrapposizioni” o “incollature”, siano il tentativo metafisico di rendere convergenti, limitati, continui, connessi “sistemi” che neppure con strumenti infinitesimali potranno MAI essere convergenti, limitati, continui, connessi. (cioè, PUNTO).
Fa “bene” saperlo, conoscerlo, studiarlo senza MAI dimenticare, sociologica/mente, il grafico di Cipolla.
Carlo M. Cipolla, Le cinque leggi fondamentali della stupidità:
EliminaPrima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
Seconda Legge Fondamentale: La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
Terza (ed aurea) Legge Fondamentale: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
Quarta Legge Fondamentale: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.
Quinta Legge Fondamentale: La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Caro Flavio, abbiamo dedicato all'argomento un apposito post tre (dicasi tre) anni fa.
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/intelligenze-fragili-fragili-argomenti.html
Si vede che non segui "abbastanza" il blog :-) (e sicuramente avrai le tue buone ragioni).
Ma a non farlo si corre il pericolo di perdere il cutting edge della "faccenda", qui affrontato in tempi reali come da nessuna altra parte, mai...
Me l'ero perso o non ricordavo. Chiedo venia. Seguo per quanto posso sempre il blog, non posso però ricordare ogni cosa a memoria essendo persona semplice.
EliminaSiamo tutti persone semplici; anzi, persino sempliciotte (comparate agli autentici mostri che ci stanno divorando).
EliminaPiù che altro volevo spezzare una lancia a favore di Poggio, autore del sullodato post...
Ma certamente, fatto più che bene a ricordare. Solo che veramente non ricordavo ed allora avevo pensato di rinfrescare la memoria inserendo le varie categorie. ;)
EliminaMirowski, citato nel post in nota 1, ha scritto pagine molto incisive sui presupposti ideologici neoliberali dell’“occupabilità”, “capitale umano” in primis, e in generale frammentazione e flessibilizzazione di un sé completamente sottomesso alla superiore, indiscutibile, e quindi certo non programmabile (art. 41), saggezza del mercato: “Many people have quoted Foucault’s prescient observation from three decades ago: “In neoliberalism . . . Homo Economicus is an entrepreneur, an entrepreneur o f himself.” However, they overlook the extent to which this is a drastic departure from classical liberal doctrine.
RispondiEliminaClassical liberalism identified “labor” as the critical original human infusion that both created and justified private property. Foucault correctly identifies the concept of “human capital” as the signal neoliberal departure — initially identified with the MPS member Gary Becker — that undermines centuries of political thought that parlayed humanism into stories of natural rights. Not only does neoliberalism deconstruct any special status for human labor, but it lays waste to older distinctions between production and consumption rooted in the labor theory of value, and reduces the human being to an arbitrary bundle of “investments” skill sets, temporary alliances (family, sex, race), and fungible body parts. “Government of the self” becomes the taproot of all social order, even though the identity of the self evanesces under the pressure of continual prosthetic tinkering; this is one possible way to understand the concept of “biopower”.” (D. Mirowski, Never Let a Serious Crisis Go to Waste, Verso, London, 2014, pagg. 58-9)
Il che tra l’altro dimostra una volta in più che il virus neoliberale non intende affatto fare a meno dello Stato, ma “riprogrammarlo” per le proprie finalità.
Grazie Arturo. "Nel periodo che va dalla Riforma alla Rivoluzione francese una nuova classe sociale si creo' i titoli per una piena partecipazione al controllo dello Stato. Nella sua ascesa al potere, spezzo' tutte le barriere che, in ogni sfera della vita, fuorche' in quella ecclesiastica, avevano fatto del privilegio una funzione della condizione sociale, ed avevano associato l'idea di diritto con il possesso di terre. PER RAGGIUNGERE I SUOI FINI, ESSA DOVETTE EFFETTUARE UN MUTAMENTO FONDAMENTALE NEI RAPPORTI GIURIDICI FRA GLI UOMINI..." (H.G. LASKI, Le origini del liberalismo europeo, La Nuova Italia, Firenze, 1962, 167). Dando vita a nuove relazioni sociali.
EliminaL'idea, lo sappiamo, e' sempre la stessa: solo i proprietari hanno diritti (senza indagare, ovviamente, come la proprieta' e' stata conquistata). E tutti gli altri? Devono arrangiarsi. Il concetto di occupabilita', in uno con i suoi corollari, come mera potenzialita' di impiego, in fondo denota questo. Non sei proprietario? Peggio per te, sei solo occupabile, un qualsiasi animale da soma in mano al primo padrone di turno. Ti devi adattare o crepi. Nessuno deve aiutarti perche' e' moralmente sbagliato (per Einaudi, sappiamo, l'economia e' fondamentalmente una questione morale).
Solo che, in presenza delle Costituzioni democratiche, non si puo' spiattellare in faccia ai rozzi cittadini tali ideologismi. Bisogna modificare sapientemente il linguaggio e, con esso il comportamento conseguente, creando attorno un sistema che legittimi il tutto fino a che il nuovo paradigma diventa psicologia collettiva e convinzione accettata e persino difesa dai poveri disgraziati. Anche di questo nel blog si e' parlato fino alla nausea
OT
RispondiEliminaOps, esplode il caso Fillon.
Esplode caso Fillon: moglie stipendiata con fondi parlamentari
UK è USA furono i primi a sganciarsi da questo Neoliberismo è globalismo compeltamente fuori controllo, la Francia sarà il prossimo candidato, semplicemente per il motivo che il loro deficit commerciale non è più sostenibile è forse anche perchè non si vogliono schierare contro gli USA di Trump. My 2 cent.
Ok in UK la decisione del Brexit deve passare il parlamento, ma UK mai si andrà a schierare contro gli USA, mai, perciò penso che il Brexit sarà approvato chiaramente.
PS:
Impressionante come Trump non perda molto tempo è si mette al lavoro già partire dei primi giorni della sua presidenza. Questo fà veramente sul serio.