giovedì 22 giugno 2017

ER PARTITO? "FAMOLO STRANO" (MA SEMPRE SECONDO IL MARK€TING)


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1. In esito a "er dibbattito" apertosi nel post sulle possibili alleanze, trovo interessante rimarcare un paio di punti.
Il primo è qualcosa che mi è già capitato di dover evidenziae, in varie occasioni di dialogo con attivisti politici (o ex-tali o aspiranti tali) esponenziali di un sovranismo di sinistra.
["Breve" inciso non secondario: dico così per semplificare, perché ormai il termine "sovranismo" è considerato impraticabile perché i media e le "voci autorevoli" mainstream" hanno deciso che esso equivale a fascismo-xenofobia e quindi....ci si adegua e si rinuncia all'uso, prima ancora che del lemma (significante), del concetto stesso (significato), dando all'ipotizzato avversario il vantaggio di determinare la "tua" agenda a suo piacimento, godendo, grazie a un pervasivo controllo mediatico, di un potere di interdizione praticamente illimitato
E questo secondo la migliore tradizione orwelliana del totalitarismo: bisogna privare chi eserciti qualunque forma anche larvale di dissenso, delle stesse parole per definire "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo".
Se ci si vergogna del "sovranismo", id est di autodefnirsi apertamente sul concetto di sovranità democratica del lavoro, si accetta che ciò che è insito nell'art.1 Cost. (e naturalmente in tutti i coordinati altri principi fondamentali della Costituzione che ne derivano), venga connotato secondo la convenienza politica dell'ordine internazionale del mercato, e si è sconfitti in partenza senza colpo ferire
La riprova? Se questa sostanza rivendicativa fosse ridenominata "patriottismo", - oltre che essere costretti ad usare un vocabolo non ancorato prioritariamente al dictum costituzionale- il mainstream del controllo mediatico-culturale, avrebbe buon gioco a "traslare" le stesse critiche e gli stessi anatemi su tale terminologia. 
Quello che conta è l'accettazione di un'auctoritas definitoria del "linguaggio" (o meglio bis-linguaggio) legittimamente utilizzabile nella dialettica politica, riconosciuta a chi questa dialettica vuole mantenerla a livello cosmetico e rendere, appunto perciò, il processo elettorale idraulico.]

"Sarà senz'altro una constatazione banale, ma Lenin e Gramsci (e Pajetta) - e in misura diversa anche Marx e Basso - parlavano a un partito politico, e non a un interlocutore virtuale. Lenin, prima dell'Ottobre, aveva dedicato vent'anni della sua vita a curare minuziosamente e con ferrea determinazione il partito. Ma oggi il partito non c'è, perché è stato buttato nel cestino dei rifiuti della storia nel 1989 da quella stessa élite eurocomunista liberal che avrebbe poi distrutto il paese (come, più e peggio di Berlusconi)."
Esprimendo più compiutamente il concetto sul piano delle alleanze, si può dire che un'alleanza si fa per necessità, cioè allorché non si possa sperare, nel breve-medio periodo, di ottenere un consenso elettorale (diamo per scontato che stiamo parlando di democrazia) sufficiente per governare. 
L'alleanza ha la sua ragion d'essere nel poter influenzare la controparte, per trovare un terreno programmatico condiviso che realizzi almeno una parte, importante e prioritaria, delle proprie istanze politiche. Ma per poter indurre "l'alleato" a questa condivisione (che si suppone reciprocamente mitigatrice delle rispettive istanze incompatibili), occorre avere una certa sostanza di consenso che, a sua volta, presuppone una forza politico-elettorale organizzata stabilmente in un partito che abbia già raccolto una quantità adeguata di voti.
Senza questa precondizione non ha senso neppure tentare di sedersi al tavolo di una trattativa per fare un'alleanza.

3. E qui sorge il secondo punto: "a sinistra" - ammesso che abbia un senso, oggi, voler definire questa connotazione se non si comprende che sinistra e destra possono riconoscersi solo in termini "economici", cioè in ragione degli interessi sociali di riferimento all'interno del conflitto di classe immanente nel capitalismo, più che mai se questo ha debordato stabilmente dal quadro costituzionale- un tale partito non c'è.
Con una certa fantasia creativa congiunta ad "ottimismo della volontà", si può immaginare di creare un tale partito, sulla base della deduzione logica che ce n'è bisogno e che ci sarebbe uno spazio potenziale, proprio perché la classe degli oppressi-impoveriti dall'oligarchia capitalista è crescente e priva di riferimenti. 
Ma è possibile, oggi ipotizzare, in linea generale, la creazione di un partito, segnatamente connotato per essere portatore di istanze sociali ampiamente maggioritarie nella società, e quindi "di massa"?

"Ne segue, allora, una conclusione ancor più banale: se si vuole andare da qualche parte (e magari verso l'applicazione della Costituzione del '48) bisogna fare il partito.
Che non è il "famoerpartitismo" giustamente stigmatizzato da Bagnai, ma è proprio una mera constatazione logica. E la logica non si può arrestare alle soglie della prassi, direi.
L'intellettualità variamente cosmopolita (vedi Tomaso Montanari e Falcone), i micro-burocrati e i borghesi "liberi&giusti" sono dei "famoerpartitisti". La necessità di cui parlo è una cosa seria. Del resto per parlare di alleanze deve prima esistere un'espressione fenomenologica compatibile col concetto di "alleanza", credo...
Data l'inesistenza del partito nel panorama attuale - ivi compresi i 5S verso i quali ho albergato qualche pia illusione - la questione si pone. Credo anzi che snobbarla o allontanarla in nome del "non-maturismo" o del "benaltrismo" non sia né saggio, né morale.
Non c'è bisogno di sforzi titanici per cominciare. Per proseguire sicuramente sì, ma quello è un altro discorso...".

5. Può la logica fermarsi alle soglie della prassi? 
«Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi».
(F. von Hayek da "Verso la schiavitù", 1944).
Da qui, ci pare del tutto consequenziale la seguente obiezione:
"L'accesso al mercato della politica, cioè un nuovo partito, è del tutto assimilabile all'accesso al mercato oligopolistico di certi settori di utilities o di beni di consumo durevoli; e, ancor più direttamente, al mercato dei "quotidiani" nazionali (di carta stampata).
Non elaboro oltre perché mi ripeterei su dimostrazioni logico-analogiche già fatte.
Questo per dire che l'accesso esige lo stesso volume di investimento da cui dipende la (incerta) possibilità di proseguire".
Ed infatti, qualunque prassi deve fare i conti con la realtà, partendo dall'idea che "ciò che è reale è razionale", cioè vincola la nostra ragione e ne determina gli sviluppi dialettici razionalmente "possibili".

6. Proseguiamo con gli spunti offerti dal dibattito e facciamo alcune verifiche di "fattibilità". Questa è la tesi, cioè la proposta di prassi ritenuta possibile:
"Il M5S, e in particolare lo scomparso Gianroberto Casaleggio, hanno (inconsapevolmente) creato il partito in franchising. Questa rivoluzione politologica è passata del tutto inosservata, perché tutto ciò che viene dal M5S, naturalmente, è "rozzo, "ignorante", "ridicolo" ecc.
Non credo ci sia da dilungarsi più di tanto sul franchising in sé: il franchising è nato negli USA e ha consentito, per esempio, a McDonald's di passare da rosticceria di successo a mostro planetario... a costi ridicoli. 
La cosa geniale del franchising è che sono i "dipendenti" a fare l'investimento: il franchiser deve "solo" creare e tutelare un marchio e un know-how, poi apre le porte a chiunque voglia diventare franchisee, prevedendo procedure e obblighi legali molto stringenti. Il bello è che il franchiser mantiene sempre il potere il ritirare la franchise a ogni franchisee che violi i patti.
Credo davvero che la perfettissima compatibilità tra franchising e sua applicazione in politica non possa sfuggire a nessuno.
E' sufficiente che un gruppo relativamente ristretto di persone decida di diventare franchisers, stabilendo le regole (statuto) e il know-how (programma politico), e avvii poi una campagna di adesione aperta a chiunque accetti la franchise: starà a queste persone sottoscrivere un patto vincolante e darsi da fare per fare "proselitismo", organizzare eventi, diffondere altri "punti vendita" ecc ecc. 
Il bello è che il franchising è sommamente leniniano, perché mantiene intatti certi principi di funzionamento codificati da V.I. e che, francamente, hanno sempre dimostrato di funzionare (mi riferisco alla disciplina e al centralismo democratico, ovviamente, tra gli altri). 
Considerando la disoccupazione intellettuale (e operaia) esistente in Italia, il mercato di persone disposte a diventare franchisees credo sia persino eccessivo. 
Questo tipo di organizzazione, oltre a costare poco, in termini di spese vive, consente di evitare il "dibattitismo" dei gruppettari, e il "consociativismo di classe" dei gruppi dirigenti
Perché la franchise è una sorta di Costituzione, un atto politico-legale supremo cui tutti sono sottomessi, sebbene con ruoli e obblighi diversi. Il franchiser, in particolare, ha l'obbligo di "fare la rivoluzione" (banalizzando, ovviamente), i franchisee di eseguire le direttive del centro e di operare autonomamente (ma entro confini fissati nella franchise) a livello locale. Il gruppo dirigente (i franchisers), poi, verrà rinnovato e rinsanguato secondo le regole della franchise.
E lo stesso know-how verrà rinnovato sempre in base alle norme della franchise.
Quindi, per tornare alla sua metafora, sì, è vero: con "tecnologie commerciali" tradizionali la creazione di un partito è uno sforzo titanico e assolutamente al di fuori della portata di chiunque non sia multi-milionario. Ma il franchising, invece, consente di farlo a costi sostanzialmente irrisori.
Cosa vogliamo fare?"

7. Non è che ci piaccia fare obiezioni per divertimento,  - se è in gioco la democrazia, prendere atto delle difficoltà immense del suo ripristino non è affatto divertente- ma si può anzitutto osservare:
a) se un certo assetto socio-economico è divenuto istituzionale, cioè salvaguardato da norme che, ci piaccia o meno, sono considerate ad applicazione inderogabile, ogni "metodo" di espressione politica che sia realmente manifestabile, non può che condurre a contenuti istituzionalmente compatibili con tale assetto.
Se così non fosse, d'altra parte, e un nuovo gruppo politico arrivasse, in opposizione a ciò, a rendersi rilevante elettoralmente, sarebbe dichiarato illegittimo: dapprima con le buone, cioè in via mediatica, e fino a che non si auto-sconfessi e si dichiari pro-istituzione, cioè pro-UE; poi con le cattive, procedendo all'instaurazione di procedimenti penali a carico dei suoi promotori e attivisti. 
Ah: se poi il partito oppositivo fosse "vecchio", cioè trasformatosi da una precedente e diversa "identità", recherebbe al suo interno tracce - senza "i"- di pregressa compromissione e istituzionalizzazione tali e tante da non poter, a sua volta, che svolgere un'azione limitabile a priori: la sua "espansione" sarebbe comunque difficoltosa e rallentata e avrebbe comunque bisogno di alleanze. E queste, non essendoci possibilità di "nuovo" effettivamente incompatibile con il sistema istituzionalizzato, sarebbero giocoforza con parti del sistema stesso...
Riassumendo: se dunque questo assetto socio-economico, come segnala (ex multis) Mirowsky (qui, p.1 ss.), è totalitario, un partito di nuova creazione sarà (con altissime probabilità) anche totalmente compatibile con esso; quindi per definizione il metodo suggerito (interno alla regole del mercato, fattesi "istituzione") condurrà a captazioni del consenso che sono irrilevanti rispetto al possibile mutamento di tale assetto socio-economico, nella migliore delle ipotesi, e, nella più probabile, che risultano "funzionali", cioè rafforzative dello stesso;
b) La seconda osservazione è un corollario di quanto appena detto.
Se si ritiene che una prassi sia percorribile, la prima cosa che si può fare è tentare e...farmi sapere: sarei curioso degli esiti. Naturalmente, il mio non è sarcasmo gratuito.
Sui contenuti di marchio e know-how praticamente "collocabili" in franchising (con ragionevoli attese di positivo riscontro elettorale, beninteso), nutro forti dubbi.
Per evitare dibattitismo e gruppettari autoproclamatisi la qualunque, questi contenuti dovrebbero necessariamente essere molto simili a quelli del M5S. Cioè riflettere preferenze del mercato politico-elettorale già presenti, anche solo come potenzialità, e quindi strettamente derivate dal controllo mediatico-culturale dell'oligarchia mondialista

8. In realtà, non vedo (purtroppo) come non possa non essere così: i fatti parlano molto chiaramente, sia sul piano delle visioni più generali che degli effetti sistemici delle misure economico-sociali che ne derivano.
Trattasi di inesorabile legge del marketing: che, infatti, registra metodi di anticipazione dei comportamenti dei consumatori in funzione degli elementi che, in concreto, contraddistinguono la struttura del mercato e il suo grado di controllo "culturale".
E questo, obiettivamente, vale in una situazione in cui se "i mercati governano, i tecnici gestiscono e i politici vanno in televisione" (folgorante sintesi di Reichlin, v. p.8), il governo dei mercati non può essere intaccato mediante l'accettazione delle sue regole come "teoria del tutto" (sempre Mirowsky), e dunque per via di una prassi conseguente a questa teoria totalitaria resasi "istituzione".

9. Da tutto quanto precede, posso, sia pure in modo provvisorio e ipotetico, (cioè in assenza di elementi sufficienti per poter dimostrare una diversa ipotesi), attenermi a una conclusione già formulata:
"Una volta fissato -ormai in modo incontestabile- l'autosufficiente valore della governabilità ex se, come esercizio di gestione tecnocratica conforme alla volontà dei mercati, e quindi, giunta a consunzione totale la stessa funzione originaria delle elezioni, - venuta a noia ai mercati che governano, nonché ai cittadini, che sempre più tenderanno ad astenersi per l'inutilità, prima ancora che per la difficoltà, di identificare una volontà del corpo elettorale-, si hanno drammatiche conseguenze sul piano della futura sopravvivenza dei riti elettorali
Ed infatti, con sempre più insistenza (mediatica), si sta affermando una crescente intolleranza per il voto, in quanto "di protesta" (per il peggiorare delle condizioni sociali del lavoro, essenzialmente) e come tale inefficiente. E, con prevedibile coerenza, dovrebbe avere i giorni contati (in €uropa)."


10. Ma ne richiamo anche un'altra, di conclusione già assunta, che ci rammenta come tra astensionismo e gradualismo tattico, probabilmente, al di là del "metodo" - cioè ammesso che quanto suggerito da Giovanni sia perfezionabile e adattabile alla formazione di un partito "di massa" e di sinistra economica- qualsiasi discorso mi pare rinviato alla irresistibile voglia tedesca di attendere questo "giro" di consultationi elettorali in ambito europeo, augurarsi che fioriscano un po' ovunque i Macron, secondo schemi che già si preannunziano anche da noi (e vi presterei grande attenzione), e mettere a segno il "grande balzo":
La strategia della gradualità dell'euro-ordoliberismo (v. alla voce Padoan-Moscovici e prossima legge di stabilità), tornata in auge con l'esigenza di neutralizzare la reazione popolare incarnata dai "populismi", ha dunque buone prospettive di stabilizzarsi. 
Ma solo finché siamo in clima pre-elettorale: perché la tattica di astuto buon senso di Amato ("Non penso che sia una buona idea rimpiazzare questo metodo lento ed efficace - che solleva gli Stati nazionali dall'ansia mentre vengono privati del potere- con grandi balzi istituzionali...Perciò preferisco andare lentamente, frantumando i pezzi di sovranità poco a poco, evitando brusche transizioni dal potere nazionale a quello federale. Questo è il modo in cui ritengo che dovremo costruire le politiche comuni europee..."), potrebbe essere abbandonata in favore della spinta della Merkel al "grande balzo istituzionale"
Magari già a luglio a livello di grande decisione che, in Italia, come accadde per l'Unione bancaria, verrà raccontata come una grande vittoria. 
Certo, le due cose, - gradualità e "balzo istituzionale" -, sono in qualche modo transitoriamente conciliabili: per vedere Weidman alla BCE e per la formalizzazione e l'entrata in vigore delle modifiche dei trattati, con l'accentramento definitivo della sovranità fiscale nella Commissione e nel suo apparato sanzionatorio-repressivo, si arriverà presumibilmente alla fine del 2019.
Per allora, l'astensionismo istituzionalizzato, in Italia, potrà aver fatto grandi progressi...". 

11. In questa dialettica tra "non maturismo" (è vero: è una precondizione che sarebbe ormai inaccettabile al punto in cui siamo già arrivati, ma le "risorse culturali" sono quelle che sono), e corsa contro il tempo prima della "soluzione finale", dunque, le alleanze sono un'irrealistica aspirazione teorica: e la presupposta formazione di un partito di massa, a orientamento legalitario-costituzionale, altrettanto...Non ci resta che sperare nell'inatteso.
Le sorprese sono in fondo solo delle non infrequenti rivincite dei fatti sul bis-linguaggio arrivato a farsi istituzione. 

48 commenti:

  1. Ho sempre ritenuto che formare un partito sia un gesto innane,ma ciò non cancella il senso di sovverchiante impotenza che mi opprime, pensare che l'unica risorsa che ci rimane è la preghiera, per quanto sia cosa cristiana non mi dà sollievo.
    Il mondo che si và delineando con sempre più nettezza è poco dissimile da un girone dantesco, dove una massa abrutita dalla miseria tribola
    Per la vanagloria e l'avidità di pochi, pensare che ciò sia il nostro destino inesorabile salvo l'inatteso, non posso e non voglio crederlo, iniziare a contarci e magari a organizarci non sarebbe un male, nel caso succeda l'inatteso almeno saremmo pronti, Lenin e Trotsky presero in paese con pochi uomini.

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    1. Consentimi: "iniziare a contarci e magari organizzarci" è esattamente il punto in cui le cose sono ferme da anni e anni. Se non è accaduto, ci sarà un motivo. E pure piuttosto evidente e ingombrante.

      Qui si fa un discorso NECESSARIAMENTE diverso, che muove dallo spunto, certamente acuto, fornito da Giovanni.

      Faccio solo un rilievo logico: per potersi contare ed organizzare occorre che esista, già in atto, una categoria tipologica di cittadini e elettori immediatamente riconoscibile. E non solo: ma già contraddistinta da esigenze e prospettive altamente convergenti.

      Così non è, perché, tra l'altro, il "divide et impera" funziona benissimo nel rendere ideologicamente, cioè in via sovrastrutturale, eterogenei interessi di classe strutturalmente convergenti.

      Da qui non si scappa: se veramente volessi farlo, di contarti e di organizzarti, credo tu sappia benissimo che non puoi. E anche che chi l'ha variamente tentato non ci sia riuscito se non in modo parziale e insufficiente (modo che è inutile).

      Le "sorprese" di cui parla la parte finale del post, non sono casuali, ma nascono sempre e solo dalla consapevolezza diffusa...

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    2. A me piacerebbe contarci e organizzarci e "Farle sapere" come disse al convegno di Chianciano l' anno scorso sbottando ,ma vedo che l' ottimismo della volontà attualmente è presunzione delle velleità.Il fatto stesso di come vadano le cose con il partito - franchising su menzionato, che ai miei occhi sarebbe stato perfetto se avesse avuto il "know how" derivato dalla Costituzione ma che ,proprio per aver successo ed essere appetito dall' elettorato "residuo"alla grande astensione , deve seguire sotto sotto poi il mainstream(dopo essere stati rimbicilliti come il protagonista d' Arancia Meccanica dal cricca casta coruzzzzione,sentir parlare di spesa pubblica crea molta perplessità tra i miei amici M5S).Rivedo nel post tutto quanto sta succedendo eppure perchè deve essere così difficile ciò che sento utile come l' acqua da bere in questa stagione.I motivi li ho letti e riletti sul post "Democrazia e partiti di massa"ma allora sono io un po' spostato con pochi altri "patologici "a volere il nuovo Partito della Costituzione?Non so più che scrivere temo solo che non potrò in nessun modo contrastare associato ad altri cittadini ,quanto ha previsto nel post "L'ERF CI ATTENDE ALLA FINE DEL QE? E SE ARRIVA PRIMA IL BAIL-IN CON L'ESM? O ANCHE ENTRAMBI"

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    3. due cose lette su sollevazione:http://sollevazione.blogspot.it/2017/06/allearsi-coi-sovranisti-di-destra-di.html http://sollevazione.blogspot.it/2017/06/dove-va-la-francia-di-jacques-sapir.html Per me se avessi un partito a cui aderire o un M5S appena credibile,andrebbe bene un ' alleanza anche con Nerone o Caligola ,pur di fermare i barbari alemanni

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  2. Sperare nell'inatteso?
    Come ho scritto altrove, non possiamo affidare le nostre speranze ad eventi esterni più o meno prevedibili. Il futuro che vogliamo dobbiamo costruircelo. Il problema è che sono d'accordo con quanto scritto nell'articolo: all'interno dell'attuale sistema organizzativo e di regole non è possibile far crescere alcuna proposta realmente alternativa. Quindi?
    La soluzione è una sola (con la "O" chiusa) ma, come è facile intuire, non si può dire. A meno che uno non sia in cerca di guai.
    Del resto ci arriveremo ugualmente, ma in modo disorganizzato, perché anche la pratica della rana bollita ha i suoi limiti.

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  3. Sto cercando di svegliarmi anche se mi costa sofferenza e delusione. Come a Giovanni in me è albergata forte la pia illusione.La speranza di poter cambiare. Quando ci si accorge che è tutta una farsa il risveglio è ansiogeno e doloroso.

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    1. Esattamente un secolo fa, a fine 1917, gli Imperi Centrali sembravano sul punto di vincere la guerra, nonostante l'ingresso degli USA nel conflitto contro la Germania ad Aprile e contro l'Austria-Ungheria a Dicembre.

      Ad Ottobre ci fu Caporetto, in Dicembre l'armistizio con la Russia.

      Ad Aprile 1918 addirittura la pace di Brest-Litovsk (un vero "balzo in avanti" che poteva pensarsi risolutivo per gli Imperi Centrali, con la Russia che parve accettare lo status di vassallo della Germania).

      https://en.wikipedia.org/wiki/Treaty_of_Brest-Litovsk

      Se non cedettero allo sconforto i nostri nonni/bisnonni allora non lo dobbiamo fare neppure noi oggi.

      Una curiosita' a proposito di trattati "irrevocabili": il trattato di Brest-Litovsk fu stracciato alla fine dello stesso anno 1918 e le frontiere con la Russia in esso fissate furono sostanzialmente ripristinate solo nel 1991....

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  4. Caro 48, hai argomentato con logica così stringente che non è possibile non darti ragione, salvo che su un punto. Oggi, come è avvenuto spesso nella Storia (che altrimenti sarebbe una cronologia di continui successi di chi è più forte) non serve chiamare alla lotta coloro che amano lottare per vincere, ma quelli che amano lottare perché la lotta è ciò che dà senso alla loro esistenza. Non c'è altro.

    Questo tipo di uomini e donne esiste (ovviamente non hanno nulla a che vedere con i folli, tipo il soggettone che in una manifestazione del 1977, davanti ai miei occhi stralunati, si lanciò da solo, accetta in mano, contro uno schieramento di celerini... venendone adsorbito sotto una gragnuola di randellate).

    Questo tipo di uomini e donne, che amano la lotta perché è la lotta, sta già costruendo l'inatteso.

    Anche facendo la guardia a un bidone vuoto.

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    1. Ma la Storia è una continua cronologia dei successi di chi è più forte. Se non altro perché è fatta di scontri inevitabili e dalla dialettica esce una sintesi destinata inevitabilmente a individuare un vincitore.
      Semmai, dovremmo sperare che la Storia non faccia vincere sempre e solo psicopatici e figure tragiche (per il resto dell'umanità).

      Quanto al tipo di persone che fanno nascere l'inatteso, non è che ho menzionato la possibilità casualmente o retoricamente...

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    2. Ti prego, la tautologia no! Il "più forte" non è chi vince (tautologia) ma chi si prevede che vincerà nel contesto delle convinzioni correnti, e invece è sconfitto dall'inatteso. Il nuovo "più forte". Inatteso.

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    3. La Storia è tautologica proprio perché per definizione racconta e spiega (più che altro tenta di farlo) a posteriori.
      L'inatteso che ci viene ri-qualificato dalla ricostruzione storica (ben condotta), in effetti, non è mai tale.
      Talora, su singoli episodi, esiste il "casuale", ma mai sulle dinamiche epocali.

      Le convinzioni correnti, piuttosto, sono quanto di più inattendibile per gli uomini di ciascuna epoca, laddove siano, com'è fisiologico, tenuti all'oscuro dal loro desiderio di quiete.
      La lucidità di visioni appartiene agli inquieti (sparute minoranze on a regular basis); se poi stanno dalla "parte sbagliata" della dialettica storica, inoltre, gli tocca pure essere inascoltati.

      La tua è, semmai, la descrizione di un'analisi valoriale ma sempre a posteriori, cioè basata su un giudizio assiologico "a priori" e applicata a eventi passati.

      Ma poi: che importanza ha, se si è deciso che comunque si lotterà al meglio di se stessi?

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    4. “Le sorprese di cui parla la parte finale del post, non sono casuali, ma nascono sempre e solo dalla consapevolezza diffusa”:

      … è certo che Marx, nel prevedere il tramonto del capitalismo e l’avvento del socialismo, faceva riferimento essenzialmente all’unità, all’organizzazione e alla ribellione della classe operaia piuttosto che al crescere della miseria. È anche troppo noto che il marxismo non é una dottrina fatalista o determinista, che aspetti il crollo della società capitalista da un gioco puramente automatico di contraddizioni. Certo non mancò chi l’interpretò in questo senso, e le stesse espressioni letterali dei programma di Erfurt - che fu considerato per molti anni il modello dei programmi marxisti - si prestavano a questa interpretazione.

      In realtà il marxismo non è né l’una né l’altra cosa, NÉ DETERMINISMO NÉ VOLONTARISMO. Che cosa porta il capitalismo alla crisi rivoluzionaria e al crollo…? Il conflitto fra le forze produttive e i rapporti di produzione:

      “In una certa fase del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in conflitto coi rapporti di produzione esistenti, o - per formulare in termini giuridici lo stesso concetto, - coi rapporti di proprietà nell’orbita dei quali si erano finora mosse. Da forme di sviluppo delle forze produttive questi rapporti si convertono in vincoli. Si apre allora un’epoca di rivoluzione sociale. Col mutamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente l’intera gigantesca sovrastruttura”.

      E già nove anni prima, nel 1850, Marx e Engels scrivevano nella Neue Rheinische Zeitung Revue che una “vera rivoluzione” è possibile solo nelle epoche “in cui fra questi due fattori, forze di produzione moderne e modi di produzione borghese, scoppia una contraddizione.”

      Ora fra le forze produttive moderne …in primo luogo …ci sono i lavoratori che non sono esseri meccanici ma uomini coscienti. Ed è in quanto passano attraverso la coscienza degli uomini, che le contraddizioni del capitalismo diventano forza rivoluzionaria. È nota l’importanza che la coscienza di classe ha nella dottrina marxista: Marx considera che GLI OPERAI SI COSTITUISCONO IN CLASSE, CIOÈ IN PARTITO POLITICO, solo in quanto sentano la propria solidarietà al disopra di ogni divergenza o contrasto di interesse immediato, e sentano la propria solidarietà solo nella lotta contro la classe avversa.

      In altre parole, i contrasti di classe, le lacerazioni interne della società, diventano un fatto politico, solo in quanto diventino UN FATTO COSCIENTE. La dottrina marxista è la dottrina della partecipazione cosciente (selbstbewusstene Teilnahme) dei lavoratori “al processo storico di sovversione sociale che si svolge sotto i nostri occhi”.

      In questo senso quindi la lotta politica del proletariato, e la rivoluzione socialista che ne rappresenta l’acme, richied[e] un intervento positivo della volontà dei lavoratori, e non possono in nessun caso essere considerati una pura manifestazione di determinismo storico.

      MA NON SONO NEPPURE MERO VOLONTARISMO, perché la coscienza degli uomini è a SUA VOLTA DETERMINATA DAL LORO ESSERE SOCIALE: perciò la coscienza di classe e la volontà rivoluzionaria che ne deriva sono necessariamente legate all’esistenza di contraddizioni obiettive in seno alla società. Non è perciò il crescere della miseria che spinge automaticamente la società capitalistica alla propria distruzione, ma è il crescere dell’antagonismo fra i rapporti capitalistici di produzione e le forze produttive, antagonismo che si esprime in una rafforzata coscienza di classe dei lavoratori
      . (segue)

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    5. Ne consegue che, QUANTO PIÙ SI INNALZA IL LIVELLO DELLA COSCIENZA DI CLASSE, TANTO PIÙ SI ACCRESCE LA TENSIONE SOCIALE, e sarebbe di certo poco marxista attendere una spinta ulteriore al socialismo nei paesi capitalistici piuttosto da un arretramento delle condizioni economiche dei lavoratori, da un aumento della miseria, che non da un avanzamento della loro coscienza, cioè da un affermarsi di nuove esigenze e di nuove rivendicazioni.

      … Se il ritmo di sviluppo della coscienza supera il ritmo di sviluppo della società capitalistica, se le nuove rivendicazioni economiche, sociali e politiche maturano più rapidamente che non maturi la volontà dei capitalisti di soddisfarle, gli equilibri, volta a volta raggiunti sono superati e gli antagonismi sociali crescono anziché attenuarsi nonostante i miglioramenti economici.

      … Senza nessuna pretesa di prevedere in quali nuove o vecchie forme potranno manifestarsi le future crisi del capitalismo, è certo che la rivendicazione della sicurezza da parte dei lavoratori è una rivendicazione che investe la natura stessa del capitalismo. E questo nel momento in cui la tendenza dei popoli coloniali all’emancipazione effettiva, e non soltanto all’indipendenza politica, mette in pericolo le sorgenti stesse dello sfruttamento imperialistico.

      Come nel corso del secolo XIX le masse popolari e i ceti medi riconobbero che il modo più sicuro per garantire la libertà politica contro le tendenze reazionarie dei governi, era quello di partecipare direttamente all’esercizio del potere attraverso la conquista della democrazia, così si può ritenere che nel corso dei secolo XX le masse lavoratrici diventeranno coscienti che il modo più sicuro per conquistare una vera sicurezza economica contro le tendenze del capitalismo all’instabilità è quella di partecipare direttamente alla gestione dell’economia attraverso una socializzazione...

      Non quindi dalla miseria crescente, ma dai nuovi antagonismi sociali, dalla lotta per la libertà, per la democrazia, per la sicurezza, per il potere, i marxisti devono attendersi la vittoria … Questa lotta scaturisce dalle contraddizioni stesse del capitalismo: è dalle condizioni di dipendenza, di sfruttamento e di insicurezza che esso crea, che i lavoratori sono spinti a lottare per superarle, ed è attraverso queste lotte che si formano e si irrobustiscono le loro organizzazioni, nasce e si approfondisce la comune solidarietà e compattezza, cresce la loro forza, MATURA LA LORO COSCIENZA POLITICA, LA QUALE DÀ FORMA E CONSISTENZA AI PARTITI CAPACI DI UNIFICARE E GUIDARE LE LOTTE. L’ansia di sicurezza, di giustizia, di libertà della immensa maggioranza degli uomini si traduce così nella maturata certezza che solo la direzione pianificata dell’economia possono emancipare gli uomini dal dominio delle classi privilegiate e garantire a tutti possibilità di sviluppo e sicurezza di vita...

      È QUESTA COSCIENZA che distingue la vera e propria lotta socialista dalla lotta puramente riformista o socialdemocratica. I socialdemocratici lottano infatti solo per riforme nell’ambito del sistema, lottano per lo stato di benessere, senza rendersi conto che lo stato di effettivo benessere non può essere assicurato senza la conquista del potere …; per i socialisti invece è proprio il fine del socialismo, cioè della conquista del potere e della socializzazione, che dà un senso ed una direzione a tutte le lotte particolari. Ma la maturità politica dei socialisti sta nel saper spingere sempre più avanti LA COSCIENZA DI CLASSE, verso forme più alte di antagonismo sociale, non nell’attendere che il gioco cieco delle contraddizioni capitalistiche porti ad un aumento di miseria e ad una catastrofe automatica
      ” [L. BASSO, Il marxismo non è superato dalle statistiche, in Conquiste democratiche e capitalismo contemporaneo, Feltrinelli, 1957, 69-77].

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    6. Il rapporto capitalismo-socialismo è e rimane un rapporto dialettico, non essendo qualche cosa di estraneo al capitalismo, che ad un certo punto sopravviene dall’esterno a sovvertirlo (Lenin, neanche a dirlo, operò in condizioni del tutto diverse), poiché è l’espressione della contraddizione stessa della società capitalistica. Ma questo processo dialettico non porterà fatalmente alla società socialista (chiamiamolo “recupero della democrazia costituzionale).

      Tuttavia “… per passare dall’anticamera al socialismo vero e proprio, è necessario varcare ancora una porta, e questa porta è l’intervento cosciente dei lavoratori … Un intervento cosciente dei lavoratori per la presa del potere richiede una volontà dei lavoratori di sostituire l’ordinamento socialista all’ordinamento esistente, richiede cioè che i lavoratori stessi, le forze produttive, si ribellino al carattere individuale e privato dei rapporti produttivi.

      Ma esse si ribelleranno se avranno coscienza di questa contraddizione, se avranno coscienza cioè che proprio la natura privatistica dei rapporti produttivi impedisce il soddisfacimento delle esigenze sociali di cui esse, sempre più partecipi al carattere sociale della produzione, sono portatrici. Qui appare evidente il nesso fra crisi e rivoluzione, che Marx verificò storicamente nella rivoluzione del 1848 e che pose a fondamento della sua strategia
      ” [L. BASSO, Introduzione a un programma, in problemi del socialismo, ottobre 1959, n. 10].

      Dopo quarant’anni di propaganda liberista, esiste una tale massa critica? Vorrei che fosse così, ma nutro qualche dubbio

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  5. è stato Asor Rosa, credo, a invocare i carabinieri; naturalmente la "sorpresa" non può essere questa.
    Scherzi a parte, credo che il post metta in evidenza, molto bene, il "curaro sociale" iniettato da Brzezinski e dai suoi accoliti nei popoli occidentali in nome della necessaria "apatizzazione di massa". Siamo paralizzati, bloccati davanti al vuoto assoluto che abbiamo di fronte, come quei tuffatori messicani prima del salto dalla scogliera.
    Eppure Casaleggio s'è buttato, e ha sconvolto se non il mondo, quantomeno l'Italia. Ma Casaleggio era portatore di una cultura politica postmoderna e liberale, e il M5S ha mantenuto nel suo dna (nella sua franchise...) queste caratteristiche.
    Il mio principale, e forse unico, punto di dissenso rispetto al post, è relativo all'inevitabilità, se ho ben capito, di una sussunzione, nel partito, dell'oggettività del mercato politico esistente. Essendo un avversario della supply-side economics, non posso cavarmela dicendo che "ogni offerta crea la sua propria domanda". Mi appellerò, allora, al riconoscimento, da parte dei grandi rivoluzionari del XX secolo, dell'importanza cruciale dell'aspetto volontaristico e carismatico nel successo della rivoluzione. Senza un atto di volontà, la "rivoluzione" (sempre banalizzando, mi si perdoni) non arriva. I massimalisti – piaga infetta del socialismo italiano mai sufficientemente cauterizzata, e produttrice dei gruppettari, dei parolai, dei famoerpartitisti, e dei provocatori à la Negri – sono purtroppo la dimostrazione migliore che non solo la rivoluzione non è come il 27 barrato, ed è inutile aspettarla alla fermata, ma anche che l'agitarsi nel "siglismo" di questi, mi si consenta, patetici "liberi&giusti" che vorrebbero tanto fare un contenitore politico grande almeno quanto il loro ego, non sia che l'altra faccia di questa moneta falsa.
    Ma, a differenza loro, qui c’è una base ideologica seria, oso dire, e una formula organizzativa che è un vero e proprio moltiplicatore di potenza pitagorico.
    E dunque...
    Qualcuno ha detto "unitevi, non avete da perdere che le vostre catene". E siccome Salomone nell’Ecclesiaste ci ammonisce che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, mi sa che questa esortazione si sia scontrata, nel 1848, con obiezioni non poi così diverse da quelle che è possibile formulare nel 2017. E quindi, di rimbalzo, che sia valida ieri come oggi. Il Club di Roma di Peccei (citazione à double tranchant, ne convengo) è nato la sera a cena, dopo che il convegno che lui aveva organizzato a beneficio dei padroni del vapore si era risolto in un fiasco clamoroso. Credo fossero in sette attorno al tavolo. Certo, lo so: avevano dietro i soldi di gente molto potente e ricca. Ma senza un atto di volontà non avrebbero fatto nulla (e ci saremmo risparmiati la decrescita felice, ma questo è un altro discorso). E poi, loro la formula organizzativa del franchising non l’avevano, grazie a dio.
    Vogliamo provare a perderle, queste catene? Al massimo avremo buttato via una serata in un ristorante. Essendo di Reggio Emilia, so bene che dalle riunioni nei ristoranti possono sortire cose pessime, all'insegna della peggior eterogenesi dei fini. Ciò nonostante, perché non provarci?

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    1. "avevano dietro i soldi di gente molto potente e ricca". E falli essere pure con dietro gente povera e del tutto comune!

      Nino Bixio, a Calatafimi, rispose a Garibladi che gli chiedeva perché non c'era copertura di artiglieria sul fianco:
      "Generale, anzitutto perché l'attacco imprevisto non c'ha dato il tempo di presidporla.
      Secondo, perché non abbiamo artiglieria".

      Naturalmente, talora, si può vincere lo stesso. Ma occorrono grandi conoscenze del campo, della tattica, e doti non comuni di stratega e trascinatore di uomini

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    2. ah ah, questa di Bixio non la conoscevo, ottima davvero

      "occorrono grandi conoscenze del campo, della tattica, e doti non comuni di stratega e trascinatore di uomini"
      è vero; e infatti Casaleggio non sarebbe riuscito a fare nulla senza un personaggio con la P maiuscola, checché se ne pensi ovviamente, come Beppe Grillo.
      Non vorrei scadere nel petulante, per carità. Ma un investimento di 35 euro in una cena potrebbe riservare qualche interessante "sorpresa"... oppure, più probabilmente, chiudersi con una stretta di mano e un addio. Vogliamo mettere, però, la soddisfazione di mettersi il cuore in pace e di poter rispondere ai nostri nipoti terroristi, quando ci chiederanno conto della nostra paralisi nell'oscurità delle catacombe tra qualche anno: "Ma come un cavolo?! Io nel 2017 c'ho provato, cosa ti credi?! Sono uscito a cena con un gruppo di sconosciuti, figurati. Poi s'era fatta 'na certa, avevo lasciato l'auto in doppia fila..."

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    3. Non hai idea di quante cene ho già fatto e continuerò a fare...
      Ma se capiti a Roma, scrivimi preventivamente alla mail in calce alla home page.

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    4. Tutto ciò che non è massimalista e radicale è inutile in quanto non dialettico.

      Al male sradicato, ossia all'immoralità radicale, non si può che rispondere che con la più rigida e intransigente tensione morale ed intellettuale.

      Non ci sono compromessi con i Principi universali.

      Lelio Basso era un massimalista per il semplice fatto che il pensiero hegelo-marxiano è strutturalmente massimalista.

      La struttura che porta a questo tipo di selezione darwiniana va distrutta: non si può permettere che si cristallizzi una struttura sociale che ha portato le persone peggiori, più malate e sociopatiche, a concentrare tanto potere politico.

      È un mondo fatto al contrario.

      È ovvio che l'organizzazione "open source" a la sorosian 5 stars movenent, con tanto di "dittatore benevolo", è l'unico tipo di organizzazione possibile.

      Ma sfugge proprio il punto: la macelleria sociale sta già procedendo da tempo, il sangue sta già correndo a fiumi e i malati di mente ai punti apicali della struttura fanno i loro riti mentre aspettano l'avvento del loro dio che non arriverà mai. Non lo sanno, ma sono rinchiusi nel delirio della loro malattia, in un manicomio, e camminano intorno ad una colonna credendosi chi Napoleone, chi Giulio Cesare. Inutili come Paccei, come la massoneria mondialista o come gli MBA.

      Inutili come tutti i rentiers e orgogliosi di essere inutili. Fa parte della patologia ormai da millenni.

      È la struttura che vuole il liberalismo alla Soros coniugato all'orrore del malthusianesimo del Club di Roma. Non può non essere così.

      Lenin, come il suo opposto - ossia Grilleggio - avevano una preparazione decennale.

      Non c'è più tempo.

      Nella Società dello spettacolo è l'anonimato ad essere l'antitesi al potere.

      Dimenticati brand e franchising: come dice Quarantotto, rimani nel sistema e, prima o poi, lo puntellerai: se Casaleggio e Grillo non fossero stati uno liberale e l'altro malthusiano, non avresti mai neanche saputo chi fossero.

      Radicalismo, coscienza ed anonimato. Tutto ciò diffuso nel fragore silenzioso della consapevolezza.

      Tutto il resto lo ha già scritto Francesco con l'ennesima perla di filologia che stronca qualsiasi propensione permeista.

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    5. Grazie Bazaar per queste tue risposte che mi fanno capire di non essere solo...
      Tu non sai di quanti ho sentito, con cui ho parlato, con cui ho cenato assieme, che "dar basso" volevano fare partiti e "rivoluzioni" con la stessa ideologia "alternativa" e "colorata" che hanno appreso dalla Struttura, l'unica consentita: l'ideologia "rivoluzionaria" dei rentiers confezionata per il volgo "attivista" e "colorato", che si sente sempre in movimento (ma non capisce che questo movimento è eterodiretto) e deve sempre fare qualcosa (dettato dalla Struttura che si camuffa come "alternativa").
      E' chiaro che al vero pensiero critico, cioè quello contrario alla Struttura liberista-malthusiana-sterminazionista-grillina-decrescista-clubromista, non viene dato lo stesso spazio e le stesse opportunità di visibilità che ha trovato un Casaleggio o un Peccei: perché Peccei e Casaleggio sono la Struttura, Lelio Basso NO (ed infatti Lelio Basso io l'ho conosciuto qui e solo qui, perché la Struttura l'aveva gettato nel buco nero della Storia)!
      Quindi è inutile fare "er partito" con personaggi che vogliono arruolarti nelle loro varie "rivoluzioni colorate" "dar basso"; vorrebbe dire evirarsi per salvare il Pianeta!
      Ci resta solo da sperare nella coscienza, nell'autocoscienza, nella vera consapevolezza, nella capacità di analisi ed autoanalisi, nella divulgazione e in qualcosa di inatteso...

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    6. "i malati di mente ai punti apicali della struttura fanno i loro riti mentre aspettano l'avvento del loro dio che non arriverà mai"

      A giudicare da questo rito pubblico ( https://www.youtube.com/watch?v=g0B28vi3u8c inaugurazione del tunnel del Gottardo nel 2016) direi che forse non sono malati di mente, che il loro dio e' noto da sempre all'umanita', che questo dio ha un nome e che alla precisa domanda del piu' grande 'massimalista' di tutti i tempi disse di chiamarsi Legione.

      Tra l'altro, le ragioni per cui se sei un liberista e/o un malthusiano non puoi essere cristiano dovrebbero apparire evidenti a chiunque abbia letto le scritture, eppure....

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  6. "Le sorprese sono in fondo solo delle non infrequenti rivincite dei fatti sul bis-linguaggio arrivato a farsi istituzione.". Il bis-linguaggio di cui ESSI fanno abuso finirà per determinare una situazione di caos ; ingovernabile alla fine anche da ESSI.

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  7. resto piuttosto pessimista
    1. la riuscita dell’operazione movimentista di “franchising” del m5s dipende in larghissima parte da: (a) Casaleggio (massoneria, alta finanza); (b) Grillo (showman/frontman grande trascinatore); (c) Travaglio (stampa/TV): (d) varie ed eventuali
    2. qualunque altra operazione movimentista (o partitica) di “franchising” che sia sgradita al punto (a), non avrà successo.
    3. qualunque altra operazione movimentista (o partitica) di “franchising” che non disponga di un punto (b) altrettanto brillante e comunicativo, avrà molto meno successo (e di Grillo ne nasce uno ogni cinquant’anni).
    4. qualunque altra operazione movimentista (o partitica) di “franchising” che non disponga di un punto (c) che speri di spostare l’elettorato mediante il solo uso di internet e di blog (seppure economicamente/politicamente impareggiabili, come questo), avrà un successo nullo o trascurabile ai fini della politica italiana/europea
    5. in ogni caso, qualunque operazione movimentista (o partitica) che dovesse essere baciata da un iniziale successo, verrà prontamente ed estesamente *infiltrata* da “squali”, “saltasulcarro” e “camuffati”, che guarda caso finiranno per conquistare posti di primo piano (devo fare i nomi, citando ad esempio il m5s?)
    6. dunque? come si esce da questo impasse? ha ragione il sempre ottimo Bazaar quando dice che "non c'è più tempo"?
    peraltro, tra le (d) “varie ed eventuali”, c’è sicuramente il punto da te giustamente sollevato che sottolinea come il successo *di mercato* di un’operazione di “franchising” dipenda dal riflettere “preferenze del mercato politico-elettorale già presenti, anche solo come potenzialità, e quindi strettamente derivate dal controllo mediatico-culturale dell'oligarchia mondialista”. tale considerazione genera un corto-circuito logico, perché allora qualunque ipotetica nuova operazione movimentista di “franchising”, se vuole avere *successo* finirà per essere una copia del m5s…

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  8. Non ci sono fronti antieuro né se ne possono creare; non ci resta che sperare nell'inatteso.
    Sono d'accordo.

    Ma Bazaar e Francesco Maimone, autori del post precedente in cui, se non ho capito male, mettevano in luce la possibilità di accettare delle alleanze con chiunque, purché finalizzate all'abbattimento del fronte eurista, che ne pensano?

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    1. La pensano nello stesso modo espresso in questo post (altrimenti nei loro interventi avrebbero fatto presenti degli elementi critici o aggiuntivi): basta coordinare i contenuti e avvedersi che questo post è l'evoluzione logico-pratica del precedente.

      Lì si sottolineava come NON ci sia nella visione e nella prassi marxiana più attendibili un'idea quale il "mai-con" che prescinda dall'individuazione dell'avversario comune nel conflitto di classe.

      Qui, si parla di come, comunque, anche a superare questo ostacolo "ideologico" mal posto, un partito che possa dirsi legittimato (anche solo) alla trattativa per un'alleanza non ci sia per impossibilità di sua costituzione e per attuale irrilevanza elettorale (nonché per dissolvimento di qualsiasi altro partito di massa "di sinistra").

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    2. Banalmente, il problema attuale - per quanto sia giusto e sacrosanto ragionarci - non è la "formazione di un nuovo partito" nel senso comune del termine. Manca coscienza. Totalmente.

      E manca in primis in coloro che hanno la velleità di diventare "avanguardia", ossia dirigenza politica e culturale.

      Che era poi il senso ultimo dello scorso post.

      Brutalmente: siamo tornati culturalmente indietro pure alla rivoluzione francese. Non ci sono nemmeno dei movimenti culturali lontanamente paragonabili a ciò che hanno generato una "resistenza cosciente", da quei barlumi nel giacobinismo, a quella più eminentemente "pratica" del socialismo marxista, che ha poi ha concretamente aperto le porte "alla dottrina sociale della chiesa", al suffragio universale e, infine, alla democrazia sociale.

      Se la "malafede" è tendenzialmente un problema di coscienza morale di pochi, l'ignoranza, il nichilismo cognitivo più assoluto, riguarda praticamente tutti coloro che ricoprono ruoli importanti nella formazione della cultura e della conoscenza.

      O ignoranti in "buona fede" - come se a monte non ci sia già un problema morale in un certo tipo di "ignoranza", spesso tipicamente antisocratica - o ignoranti in "malafede". I secondi sono sicuramente più furbi, e di loro è il mondo. Ma parimenti ignoranti rimangono.

      Un archetipo? L'inutile erudizione del non compianto Eco? Cosa dire del positivismo totalitario di questo spacciatore di nichilismo, che in una vita non ha avuto la capacità di dare un senso a nulla? una sterminata erudizione senza alcun senso. Inutile. Morta. Altro che "migliaia di vite vissute quanti i migliaia di libri letti". Ne ha vissuto (forse) una: come vuoto ingranaggio della struttura colorata hooliwoodianamente nella Società dello spettacolo.

      Basta vedere la produzione artistica, letteraria, filosofica che circola - anche negli ambienti più "esclusivi" - per capire il dramma culturale della Società dello spettacolo, in cui tutto è sovrastruttura mercificata.

      Cosa dire dello storico che, dopo un convegno, mi si avvicina e sussurra: « ma anche Lelio Basso era "europeista"! »

      Pensare realmente ad un demos senza logos, non è semplicemente infantile: è da malati di mente. È dissonanza cognitiva.

      È avere in saccoccia chili e chili di erudizione banalmente inutile.

      Incoscienza totale. Dalle basi.

      È tutto da ricostruire. Appunto. Dalle basi.

      Più che di una partito c'è da organizzare una Fondazione a la Asimov...

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    3. Il compito di Eco era, peraltro, quello.
      Però, sulla coscienza che, nella fattispecie, preferisco definire "consapevolezza", non sono d'accordo. Ve n'è più ora che allora, almeno, come "thoght collective", che si è creato e si sta creando con "contaminazioni" incrociate (seppur di nicchia, ma il pensiero è sempre di nicchia). E, un "famoerpartitismo" serio (ovvero nn velleitario) credo possa nascere solo su questo nucleo aggregatore, così come un'impurità in una soluzione aggrega le molecole fino a formare un cristallo sempre più cospicuo. Il resto è vanità (o velleità). Parlavo con Ugo ieri, e si diceva che le varie formazioni "sinistrate" sono come un'automobile che consuma tutto il carburante per restare ferma. Nessuno riesce ad agire come thought collective, ma tutti vogliono portare i loro piccoli ego sul palcoscenico (parliamo, ovviamente di quelli in buonafede, e che hanno fatto un certo percorso) e non capiscono che, In uno thought collective, tutti sono strumenti per un fine e non v'è spazio per considerazioni di tipo psicanalitico (più "psicanale", che altro).
      Poi, naturalmente, v'è la praxis e, tutte le considerazioni del post, non sono eludibili. Inoltre v'è la questione cronologica, ma il "se non ora quando?" non è mai un movente sensato per agire. In una riunione recente, cercavo di far capire che un chirurgo può anche essere veloce, l'importante è che che compia tutti i passaggi che vanno compiuti. Però ero con persone che amano saltare i passaggi e buttarsi nell'agone come martiri cristiani tra le fiere. Contenti loro...
      Scrisse Adorno (Minima moralia): "Il compito quasi insolubile è quello di non farsi accecare nè dalla potenza degli altri, nè dalla propria impotenza"

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    4. "psicanale"...

      Non ce la posso fare.

      La "psicostorioproctologia".

      L'altra faccia della morale: Velo di Maya e la relazione tra morale e rettitudine.

      Comunque, per rispondere ad Adorno e per sintetizzare gli ultimi due post, propongo questa saggezza nella lotta asimmetrica partigiana: « rimanere coscientemente immobili, è già prassi »

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  9. Post fondamentale. Mi permetto di aggiungere una postilla dettata dall'impeto dei miei venti (e due) anni.

    Questo blog, insieme a pochissimi e però validi elementi, ha costruito nel tempo un poderoso patrimonio di critica. La divulgazione culturale (dunque politica) ha sicuramente prodotto in 5 e passa anni un risultato importante, ridotto in termini di numeri e però essenziale per la lettura del futuro prossimo.

    Le giuste considerazioni fatte in questa sede dimostrano l'impossibilità pratica di "fare er partito": molte le incognite, troppe le difficoltà. Non vorrei però che da ciò si passi a quell'atteggiamento mentale à la Turati modello 1921, ossia individuare esattamente i tremendi sviluppi della contingenza politica senza però nemmeno tentare di opporvisi.

    In questo senso più che la politica- con la p minuscola, visti i tempi- credo e spero che il campo migliore e più fattivo per la eventuale costruzione di un'alternativa costituzionale sia quello dell'attività culturale.

    Diffondere ovunque e comunque segnali, fare dei blog come orizzonte una linea del Piave su cui resistere e al contempo prepararsi per un ipotetico balzo in avanti. Sulle macerie della riflessione politica in Italia possono di nuovo brillare i raggi della Costituzione: questo blog ne è un esempio incomparabile.

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    1. Grazie.
      Sulla diffusione culturale abbiamo cercato di fare del nostro meglio.
      Forse, è venuto il momento di ripensare a sinergie e coordinamento di contenuti tra diversi blog. Sarebbe una naturale risposta alla struttura di mercato implicita nell'attuale assetto.

      Ma, a parte le difficoltà "intersoggettive", probabilmente non servirebbe a molto: il controllo della simulata "controinformazione" è ben diretto nell'appropriarsi di ogni spazio che sia comunque "ceduto" e ad immettere comunque nuovi "operatori" che amplifichino l'effetto Dunning-Kruger fino alla sua massima espansione praticable.

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    2. Nelle nostre umili condizioni la monografia sulla sovranità andava proprio in questa direzione (ed ha colto nel segno, visti i numeri).

      Naturalmente la contro-informazione parte da posizioni complesse, necessita di elementi validi e pazienti (Lenin ha atteso decenni, non mesi...) e soprattutto deve puntare a diffondersi su leve necessarie dal punto di vista della rivoluzione-restaurazione. Peccherò di elitismo, ma se non si crea (o si tenta di) una contro-classe dirigente all'altezza, cosciente dei propri compiti storici e davvero "dalla parte dei lavoratori" ogni speranza presto o tardi diviene vana.

      La "generazione Erasmus" è un gregge, ma una aliquota di quelle pecore diverrà per forza del tempo i Monti, i Carli e i Draghi di domani. Dove saranno allora, e ancora, i Basso e i Caffè?

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  10. Mi permetto di commentare, professore, presa dal terribile sconforto di aver letto, per l'ennesima volta, un post disfattista e pessimista, il quale racconta la storia come un qualcosa di ineluttabile e già scritto.
    Più che rispondere punto per punto relazionando le mie convinzioni, in opposizione alle sue, in un post infinito e ripetendo cose che noi del FSI abbiamo detto e scritto per anni (il partito che aspira ad essere costituzionale e che nasce su sul neologismo SOVRANISMO inteso come applicazione della Costituzione), ritengo sia fondamentale più di tutto partire da questa premessa, che poi è la stessa critica aspra che Costanzo Preve svolge nei confronti degli intellettuali post-moderni: consegnare alle nuove generazioni un mondo privo di senso, irridendo (senz'altro in buona fede, considerando l'immenso contributo che lei ha dato alla divulgazione dei temi sovranisti) l' "ottimismo della volontà", razionalizzando la propria personale e generazionale delusione, e trasformandola in intellettualismo pessimistico, è un atteggiamento intollerabile, poiché spinge alcuni tra i più consapevoli di noi a rimanere inermi.
    L’indicazione che la politica e la cultura non abbiano un’evoluzione propria, ma seguano quella dell’economia, gli preclude il diritto di poter discriminare la giustizia e la verità degli oggetti storici, ed è un modo inconscio attraverso il quale aderiamo al totalitarismo economico di von Hayek, trasformandoci nei fatti in inconsapevoli complici.
    L'intellettuale ha la profonda responsabilità di poter utilizzare l'ascendente di cui dispone nei confronti dei suoi allievi non solo per proporre riflessioni, ma per far sì che, attraverso quelle considerazioni, essi diano seguito alla costruzione di un intellettuale collettivo, che conquisti la tanto anelata egemonia culturale in opposizione alla totalitaria tendenza in essere. L'attuale crisi degli intellettuali, e la perdita del loro ruolo di guida, è strettamente legata all'assolutizzazione dell'individuo: se la società è un semplice aggregato di “individui casuali” immersi nella “liquidità” non resta all'intelligenza che il banale ruolo del “notaio” delle tendenze in atto, ed è proprio questo divorzio tra pensiero e prassi ad aver condotto a un impoverimento della proposta politica.
    "Il compito nostro non è facile. Non si attuerà né in un giorno, né in un mese. Abbiamo bisogno e diritto di non essere oppressi da ingiuste impazienze."

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    1. Se sei bannata su twitter un motivo c'è e il tuo commento lo conferma appieno.

      A parte che dell'auctoritas di Preve qui ne facciamo volentieri a meno, i suoi remarks standards sul ruolo degli intellettuali sono stati qui da lungo tempo e autonomamente già svolti (v., ex multis, alla voce Gramsci): E NON C'ENTRANO UN TUBO COL CONTENUTO DI QUESTO POST (basterebbe aver letto i principali commenti per averlo compreso: capire il post, leggendosi pure i links, è chiedere troppo).

      Comunque tutto bene, non dovresti lamentarti: il FSI ha tutta la mia simpatia e, come risulta evidente per qualunque lettore, non c'entra col contenuto del post (a già: dimenticavo che occorrerebbe averlo capito).

      Inoltre, come "intellettuale" di punta dello stesso FSI credo giusto che tu rammenti a te stessa le linee a cui attenerti.

      Infine ti faccio un regalo:
      "Farà piacere un bel mazzo di rose
      E anche il rumore che fa il cellophane
      Ma una birra fa gola di più
      In questo giorno appiccicoso di caucciù

      Sono seduto in cima a un paracarro
      E sto pensando agli affari miei
      Tra una moto e l'altra c'è un gran silenzio
      Che descriverti non saprei

      Oh, quanta strada nei miei sandali
      Quanta ne avrà fatta Bartali
      Quel naso triste come una salita
      Quegli ochhi allegri da italiano in gita

      E i francesi ci rispettano
      Che le balle ancora gli girano
      E tu mi fai, dobbiamo andare al cine
      E vai el cine, vacci tu

      È tutto un complesso di cose
      Che fa sì che io mi fermi qui
      Le donne a volte sì sono scontrose
      O forse han voglia di far la pipì

      E tramonta questo giorno in arancione
      E si gonfia di ricordi che non sai
      Mi piace restar qui sullo stradone
      Impolverato, se tu vuoi andare, vai

      E vai che io sto qui e aspetto Bartali
      Scalpitando sui miei sandali
      Da quella curva spunterà
      Quel naso triste da italiano allegro

      Tra i francesi che si incazzano
      E i giornali che svolazzano
      C'è un pò di vento, abbaia la campagna
      E c'è una luna in fondo al blu

      Tra i francesi che s'incazzano
      E i giornali che svolazzano
      E tu mi fai, dobbiamo andare al cine
      E vai al cine, vacci tu"

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    2. Giusto per ricordare, sull'importanza degli intellettuali scendo giù a prendermi un caffè, … scusami un attimo … passa una mano qui, così sopra i miei lividi ma come piove bene sugl'impermeabili…...e non sull'anima.

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    3. Caro Poggio, hai inserito links troppo complessi per indurre una connessione nella memoria "a Preve"

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    4. " [...] soldi che permettono alla rivista di sopravvivere «erano della Cia.

      Silone e Chiaromonte immediatamente si dimisero e interruppero la pubblicazione. Posso ancora ricordare la loro incredula disperazione» [...]

      Pensate alla faccia dei migliaia di "intellettuali" europeisti se aprissero un solo libro senza figure che parli di federalismo! Poverini!! Povere stelle!!!

      Che sia mai che la divulgazione culturale è un attimo di profonda responsabilità morale?

      Che i quattro scalzacani anonimi che lavorano nei think tank al servizio delle dinastie dei rentiers siano più preparati del piddino medio che accende un cero sotto l'immagine della Arendt?

      Ma andatevene a!

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    5. Credevo di avere una precisa cognizione della mia stupidità ed ignoranza ma dopo aver letto le "articolate considerazioni" della sig.ra Carletti mi sembra che entrambe siano un abisso nella mia mente. Credo proprio che se non si riesca a raggiungere un eguale stato di "consapevolezza", alludo a quello manifestato alla sig.ra, non si potrà mai costituire un partito (sovranista ?) . M'infratto nell'abisso aperto e con due dita di rhum cercherò di farmene una ragione.

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  11. Con i dovuti e doverosi distinguo questo post mi richiama alla mente le discussioni con un amico del "NO", alla fine la mia solita domanda è:" Gera' se votassimo domattina, tu per chi voteresti?", mi sorride e mi lascia col mio carico di angoscia.

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  12. Non solo in Italia:
    http://www.foxnews.com/opinion/2017/06/20/its-all-trumps-fault-even-scalise-shooting-beatings-and-traffic-deaths-worst-media-moments-month.html
    In USA il pragmatismo e' meglio radicato nella gente.
    Problematiche come quella sollevata non sono viste nella stessa ottica ma in quella di "funzionamento": si fa cio' che funziona e si cessa di fare cio' che non funziona .
    E' possibile (non probabile) che Trump riesca a rompere le scatole all' "ordoliberismo" in quanto si oppone alla sua idea di "cose da fare per i cittadini USA" .
    Dobbiamo confidare negli errori della Germania: come sempre.

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  13. In riferimento al L.Basso pensiero sulla necessità di un percorso socialista di intervento cosciente dei lavoratori, per la contestazione radicale della natura individuale e privata dei rapporti di produzione capitalistica attraverso la presa organizzata del potere, mi permetto di segnalare l'azione politica portata avanti dalla neonata formazione Fronte Popolare che pare procedere in questa direzione, con coerenza interna.

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  14. Alcune osservazioni in pillole, rimanendo a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

    1. La storia procede, le cose vanno cambiando nel corso del tempo anche se noi volessimo mantenrle ferme, e più volte nella storia ci sono state svolte anche drastiche (rivoluzioni?). Si potrebbe perfino dire che è irrealistico ritenere che le cose si manterranno inalterate nel futuro anche più prossimo.

    2. Chi detiene il potere, condivide con noi la comune appartenenza al genere umano. Quindi, chi volesse opporsi a questo potere, opporrebbe ad alcuni uomini, altri uomini che come tali non possono in linea di principio apparire invincibili.

    3. Le ragioni di questa ferma presa del potere da parte di una ristretta elite agisce secondo meccanismi perfettamente noti. Sappiamo bene che l'aggravamento delle condizioni stesse secondo cui è possibile condurre l'iniziativa politica discende in ultima analisi dal venire meno di ogni forma di mediazione, dei cosiddetti organi intermedi, perchè un idiota qualsiasi, se dotato di mezzi mediatici adeguati, può in pochi minuti venire a contatto con miliardi di esseri umani direttamente, immediatamente, e ciò alla lunga, se perseguito con ostinazione, porta a un condizionamento fortissimo di ampie fasce di popolazione.

    4. Serve perciò un partito come istanza collettiva di costruzione di un buon senso alternativo a quello dominante, cioè ci troviamo di fronte alla necessità di una lotta di tipo ideologico.

    5. Ho scritto un libro in cui delineo alcune caratteristiche fondamentali di una nuova ideologia, ma in cui in ogni caso l'aspetto principale, e non potrebbe che essere così, è la critica impietosa all'ideologia liberale che è quella dominante. La lotta senza quartiere al liberalismo a me appare come il compito prioritario che abbiamo di fronte, visto che da essa discende tutto il resto.

    6. Qui, tuttavia, si pone un problema che a me appare come il più grave. Bisognerebbe quindi per le cose fin qui dette che il radicalismo ideologico sia un requisito indispensabile. Tuttavia, ciò dovrebbe coniugarsi con una capacità di presa sull'elettorato. Questo passaggio dovrebbe essere garantito dal radicamento sul territorio, un gruppo di militanti da una parte ideologizzati e preparati che all'interno del partito fronteggiano adeguatamente tutte le sfide del mondo che abitiamo, e dall'altra duttili nei rapporti con le persone e quindi in grado di tradurre i convincimenti idoelogici in atti concreti neall situazione data.

    7. Naturalmente, questo partito non potrebbe che adottare il meccanismo del centralismo democratico.

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  15. Se Quarantotto mi permette, volevo aggiungere che nella situazione data, il potere pure così forte ed assoluto, a me appare tuttavia molto precario, una sorta di gigante dai piedi di argilla.
    Essendo che proprio perchè nel pensiero dominante il potere coincide con la ricchezza (qui si potrebbe anche aprire una parentesi sul marxismo, che tuttavia ometto per non approfittare troppo della vostra pazienza), se questo concetrato immane di ricchezza che sono riusciti a realizzare si sgretolasse, ciò si tradurrebbe immediatamente in una perdita di potere.
    Poichè il capitalismo non ha finora trovato come sostituire il piano programmato già dalla fine degli anni settanta ed attuato prevalentemente negli ultimi venti anni di crescere gonfiando le attività finanziarie, e poichè è inevitabile che le bolle che così si creano siano destinate prima o poi a scoppiare, dobbiamo attenderci un nuovo scoppio molto prossimamente, con la differenza rispetto al 2008 che stavolta la leva monetaria è già stata ampiamente sfruttata, e sarebbe vano tentare di intervenire da parte delel banche centrali creando ancora liquidità. E' mia opinione che sin dall'inizio la svendita di titoli di ogni tipo sposterebbe gli operatori professionali verso il mercato delle merci determinando un vero eproprio impulso improvviso di inflazione, quella stessa che pure tutti noi invochiamo.
    Naturalmente, un mezzo per evitare lo scoppio della bolla finanziaria ci sarebbe, e consisterebbe nello scoppio di un conflitto di grandi proporzioni, e certo tutti noi speriamo che non sia questo l'esito, anche per il pericolo concreto di un olocausto nucleare.
    Così, io vedo oggi come compito prioritario di chi si oppone al potere dominante, quello di costruire una classe dirigente alternativa, convinto che ci consegneranno un mondo in condizioni molto precarie, in cui sapere subentrare nelle attività sociali fondamentali costituirebbe l'unico modo per contrastare la stessa scomparsa di un'organizzazioen civile delle società umane (lo so, sono catastrofista).

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  16. Grazie per i contributi di questi due post, per spunti e necessari rimandi allo studio (porca miseria) offerti, che mi lasciano però sospeso, a un punto morto. Sono talmente confuso che non riesco nemmeno a formulare le domande senza sembrare brutale. Comunque ci provo perché m'è venuta una idea. Nella discussione è uscita fuori una specie di contraddizione tra definizione a priori e a posteriori.
    Mi spiego, il pessimismo della ragione sorge a posteriori, quando l'ottimismo della volontà ha prodotto il suo frutto. Gli intellettuali sono tautologicamente "fascisti" a posteriori, però sia voi, che Preve, o Eco e Bobbio, siete a priori intellettuali. Il blog non serve ed è sommerso da spazzatura "altra", ma voi lo fate. Qualsiasi partito sarebbe servo di una qualche elite (a posteriori), però bisognerebbe farlo se ci fossero le condizioni a priori, le quali a loro volta dipendono da "Essi". Questa necessità dell'agire è un assioma. Una verità assoluta che distingue l'umanità. Non va spiegata o giustificata. Bisogna agire.
    Per quanto riguarda il famoerpartito, dunque, la domanda è: di quale nuova elite sarà servo il partito che guiderà il "dopoguerra"? (sperando le virgolette siano appropriate). E non parlo della classe dirigente, ma dei vertici ultimi. Chi sono e cosa produrranno questi nuovi strapotenti alienati?

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  17. "Le classi lavoratrici italiane hanno, al pari e al fianco di quelle di ogni parte del mondo, la responsabilità storica di elevare le proprie rivendicazioni dal piano economico a quello politico e di guidare l’intera società nazionale sulla via del riscatto e della liberazione, come contributo italiano al progresso umano possibile e necessario, per salvare noi stessi e conquistare una società nuova. Esse sono però reduci, contrariamente a quanto avviene in altri paesi, dall’esaurimento ormai irreversibile del ciclo politico apertosi con la fondazione del Partito Comunista d’Italia nel 1921.

    Se tutte le condizioni oggettive sono oggi radunate per rendere esplicita la necessità della rivoluzione sociale, la fase ci consegna tuttavia un quadro di assoluta disarticolazione organizzativa e di affievolimento della coscienza di classe a livelli mai riscontrati prima. Non esistono oggi le condizioni per l’immediata ricostruzione del partito di classe, ma questo non significa che si debba rinunciare alla lotta. Le nostre responsabilità sono anzi accresciute dalla situazione in cui versiamo e nessuno ha il diritto di fare un passo indietro, di ripiegare le bandiere e rintanarsi a casa ad attendere gli eventi. È tempo che i rivoluzionari italiani facciano capire, come parecchie volte hanno saputo fare nella storia e nello spirito della parte migliore del Risorgimento e della Resistenza antifascista, che non intendono arrendersi davanti alle difficoltà e venir meno alla loro missione trasformatrice dell’esistente.

    Le condizioni per la ricostruzione del nostro Partito possono essere ricreate dal coraggio, dall’abnegazione e dal lavoro instancabile di tutti e di ciascuno, al di fuori delle forme partitiche oggi esistenti e determinate da gruppi dirigenti incapaci d’interpretare la realtà quando non complici della sua conservazione, ma nella salda prospettiva dell’unità nella lotta con tutti coloro che, dentro e fuori di esse, vorranno organizzarsi per elevare la lotta economica per la difesa degli interessi della classi lavoratrici che dilaga in tutto il paese, seppure parcellizzata, a lotta politica per contendere il potere ai gruppi dominanti della società.

    Lotta per il potere significa oggi difendere le relazioni sociali elementari dalla loro smaterializzazione, pianificata scientificamente attraverso l’ingannevole egualitarismo dei social network, organizzare a partire dalla dimensione minuta del condominio o del luogo di lavoro forme, momenti, strutture embrionali di potere popolare. Significa far maturare in quei luoghi la consapevolezza della necessità del partito rivoluzionario attraverso il lavoro paziente e quotidiano di quadri coscienti, disciplinati, formati, che sappiano interpretare e restituire il suo significato pratico al concetto di avanguardia." Pt.1

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  18. "Significa riaffermare il significato profondo dell’antifascismo e della Resistenza come emersione del protagonismo operaio nella vita nazionale e come ripensamento e rifondazione dell’Italia, nel quadro determinato dalla Rivoluzione d’Ottobre, la cui spinta propulsiva non si è mai esaurita.

    Significa, anche, restituire il suo contenuto anticapitalista alla lotta contro il patriarcato, il maschilismo, il sessismo, la discriminazione di genere, correttamente inquadrando il loro contenuto all’interno dei rapporti sociali capitalistici e la necessità di abbandonare la via della “trasgressione” liberal-libertaria, funzionale al mercato, per riprendere quella della costruzione di una nuova morale che accompagni il processo di liberazione umana.

    Il nostro metodo è quello del conflitto, non a caso garantito dalla Costituzione italiana rispetto alla “pace sociale”: il conflitto è lo strumento per la trasformazione della società.

    Tale impostazione è stata tradita dalla cosiddetta “concertazione” avvallata dai tre sindacati confederali storici a partire dal 1993, che ha ridotto il potere contrattuale delle organizzazioni dei lavoratori ed eroso diritti e salari. L’abrogazione dell’articolo 18, il rifiuto del patronato di riconoscere il ruolo del sindacato, e il recente Accordo sulla rappresentanza costituiscono gli ultimi atti di questo ciclo, attraverso il superamento di fatto dei principi costituzionali e dello Statuto lavoratori.

    Per tutte queste ragioni abbiamo il dovere di passare al vaglio della critica l’intero “processo di apprendimento” del movimento operaio storico italiano , del PCI e dei partiti che gli sono succeduti, senza nessun intento liquidatorio, ma con il fine di progredire teoricamente per fondare su basi solide il lavoro di ricostruzione cui ci accingiamo.

    Fronte Popolare nasce senza nessuna illusione di autosufficienza: la nostra organizzazione militante intende offrire il proprio contributo al più ampio processo aggregativo di forze che agiscano sulla base dell’inscindibile relazione tra teoria e prassi e in aperta opposizione a ogni scorciatoia o cedimento opportunistici.

    Su queste basi ci accingiamo al lavoro e alla lotta e chiediamo a tutte le compagne e i compagni consapevoli del momento di unirsi a noi per contribuire a restituire forma al movimento reale che abolisce lo stato di cose presente".

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  19. Preciso che forse non sono stato chiaro. Se le condizioni per l'uscita dipendono dalla elite, sarà la elite che le creerà (come fa sempre, manipolando le coscenze). Dunque non è domanda banale (né di certo vuole essere provocatoria) cercare di individuarla e farci i conti. Prenderne le misure. Sarà questa la bestia che dovremmo covarci in seno. O no?

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  20. Post molto commentato, noto con piacere. Mi permetto (se 48 vorrà approvare il commento) di segnalare questo mia riflessione del marzo 2015: <a href="http://egodellarete.blogspot.it/2015/03/questo-benedetto-movimento-politico-dal.html?m=1>Questo benedetto movimento politico dal basso!</a>

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