1. Una pseudo-notizia (che assomiglia fin da ora a un "fattoide" previsionale) ci porta a definire il quadro della situazione in cui, come italiani, siamo tragicamente finiti.
Si tratta della campagna politico-mediatica che "dichiara" il jobs act - ma, in realtà, il vero busillis sta nella decontribuzione per i nuovi assunti- capace di portare a un milione di nuove assunzioni entro l'anno.
Che un ministro della Repubblica rilasci delle dichiarazioni come quelle relative al milione di posti di lavoro, - pur definendolo un "numerone" in rapporto alla più "modesta" certezza di centinaia di migliaia di posti aggiuntivi che comunque dichiara-, implicherebbe un'approfondita conoscenza dei dati e delle dinamiche del mercato del lavoro.
Ma non sembra che tali dati e tali dinamiche consentano una previsione persino come quella indicata come "minore", cioè relativa a centinaia di migliaia di posti di lavoro aggiuntivi.
2. Vediamo un po' di dati aggiornati.
Ieri, 30 marzo 2015, è stato pubblicato questo bollettino Istat sulla disoccupazione.
Fate bene attenzione perchè è eloquente:
"Dopo la crescita del mese di dicembre e la sostanziale stabilità di
gennaio, a febbraio 2015 gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44
mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell'ultimo mese di
0,1 punti percentuali.
Rispetto a febbraio 2014, l'occupazione è
cresciuta dello 0,4% (+93 mila) e il tasso di occupazione di 0,2 punti.
I disoccupati aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila).
Dopo
il forte calo registrato a dicembre, seguito da un'ulteriore diminuzione
a gennaio, a febbraio il tasso di disoccupazione sale di 0,1 punti
percentuali, tornando al 12,7%, lo stesso livello di dicembre e di 0,2
punti più elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di
disoccupati è cresciuto del 2,1% (+67 mila).
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni mostra un lieve
incremento nell'ultimo mese (+0,1%), rimanendo su valori prossimi a
quelli dei due mesi precedenti. Il tasso di inattività si mantiene
stabile al 36,0%, contro il 36,4% di febbraio 2014. Su base annua gli
inattivi diminuiscono dell'1,4% (-204 mila)."
3. Insomma: abbiamo una dinamica di leggera diminuzione del tasso di disoccupazione, peraltro ondivaga e instabile (rispetto a febbraio 2014, abbiano un +0,2%), che toglie significatività al picking cherries governativo, cioè alla tecnica dello scegliersi, per parlare di disoccupazione, il migliore dei dati di volta in volta disponibili.
Tale è la volatilità dei dati rilevati che l'Istat conclude lo stesso bollettino con questa avvertenza:
"Per offrire ai lettori andamenti che risentono in misura minore della
variabilità che si osserva a breve termine, da questo mese l'Istat
pubblica anche le medie mobili mensili a tre termini degli indicatori
congiunturali sul mercato del lavoro.
Rispetto ai tre mesi precedenti,
nel periodo dicembre-febbraio l'occupazione è rimasta sostanzialmente
stabile, mentre il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti
percentuali, in larga misura per la risalita del tasso di inattività
(+0,3 punti)".
Ecco la spiegazione del "giallo" di una disoccupazione che pareva scendere mentre un Paese è in pervicace recessione (sia pure decrescente): seguendo una tendenza comune del mondo occidentale "avanzato" (cioè deflazionista e con mercato del lavoro precarizzato), e che è ben valutata dalla Fed per calibrare i propri interventi monetari, è il calo della popolazione attiva a spiegare modeste diminuzioni del tasso di disoccupazione.
4. Attenzione: come abbiamo più volte visto, secondo la legge di Okun, affinchè la disoccupazione rimanga stabile, cioè non aumenti, occorre una crescita NOMINALE del PIL di 2,7 punti. Mentre, affinchè il tasso di disoccupazione diminuisca di un punto, occorre una crescita REALE dello stesso PIL di 2 punti (c.d. "regola del 2 a 1").
La conferma empirica di questa "legge" la troviamo proprio in un altro bollettino Istat, dal titolo: "Occupati e disoccupati (media 2014)".
Provo a mettervi in sequenza i dati più significativi:
"Nella media del 2014, dopo due anni di calo, l'occupazione cresce
(+0,4%, pari a 88.000 unità in confronto all'anno precedente), a sintesi
di un aumento nel Nord (+0,4%) e nel Centro (+1,8%) e di un nuovo calo
nel Mezzogiorno (-0,8%, pari a -45.000 unità).
... Il tasso di occupazione si attesta al 55,7%, +0,2 punti percentuali
rispetto al 2013. L'indicatore rimane invariato per gli uomini e sale di
0,3 punti per le donne. Alla crescita nel Centro e nel Nord si
contrappone il calo nel Mezzogiorno (-0,2 punti percentuali)."
La legge di Okun, dunque, non vale e nonostante una recessione 2014 pari a 0,4% del PIL, l'occupazione può aumentare tranquillamente?
Non proprio.
Ecco i dati Istat (sempre nello stesso bollettino) puntualmente confermativi della legge di Okun, una volta che si sia abbastanza ragionevoli da capire che un lavoratore part-time non volontario è equiparabile ad un disoccupato, o, quantomeno, a un mezzo occupato: cioè andrebbe conteggiato, ai fini statistici, 0,5 e non 1, se si volesse offrire un quadro realistico del mercato del lavoro, per capire sia la produzione-produttività effettiva, sia le ragionevoli aspettative su variazione di redditi disponibili e conseguenti consumi (e anche entrate fiscali dello Stato):
"Alla nuova discesa dell'occupazione a tempo pieno (-35.000 unità,
pari a -0,2%), si associa l'ulteriore incremento di quella a tempo
parziale (124.000 unità, pari a +3,1%). L'incidenza di quanti svolgono
part time involontario sale dal 61,3% del 2013 al 63,6% del 2014."
Ai fini pratici, il part-time involontario, equivale a circa 78.864 unità. In totale, conteggiando tutto il part-time a 0,5 (com'è statisticamente logico e come fa la Yellen), 35.000 occupati a tempo pieno in meno (discesa della relativa occupazione) fronteggiano "effettivi" 62.000 posti di lavoro in più (via part-time "ponderato"), con un saldo di soli 37.000 posti aggiuntivi.
5. Ma non è finita qui. Perchè, come vedremo, da un lato arrivano sul mercato del lavoro nuove "unità" che accrescono quasi integralmente il dato dei disoccupati, dall'altro, chi ha perso il lavoro continua a non trovarlo, divenendo in misura crescente disoccupato di lunga durata (la condizione più tragica). Ed infatti:
"Nella media del 2014 continua la crescita della disoccupazione con un
aumento di 167.000 unità (+5,5%), che interessa entrambe le componenti
di genere e tutte le ripartizioni geografiche.
L'incremento è dovuto in quasi sette casi su dieci a quanti sono alla
ricerca di prima occupazione. L'incidenza della disoccupazione di
lunga durata (dodici mesi o più) sale dal 56,4% del 2013 al 60,7% del
2014.
Nella media del 2014, il tasso di disoccupazione raggiunge il 12,7%
in confronto al 12,1% di un anno prima. L'incremento interessa entrambe
le componenti di genere e tutto il territorio nazionale, in particolare
il Mezzogiorno dove l'indicatore arriva al 20,7%."
6. In sintesi: inutile scorporare il dato assoluto degli occupati o basarsi sui dati mese su mese della disoccupazione, oppure dimenticarsi che la crescita degli occupati è sostanzialmente un aumento del part-time. Se si considera il dato della variazione annuale del tasso di disoccupazione e lo si rapporta alla variazione del PIL, Okun funziona.
Ovviamente, occorre tenere conto dei famosi part-time.
In effetti: la disoccupazione 2014 aumenta di 0,6, nella media annuale sul 2013 indicata dall'Istat.
Il PIL 2014 risulta, pare, diminuito dello 0,4%.
Secondo la legge di Okun, applicata a "canone inverso" (cioè sulla misura della recessione anzichè della crescita), la diminuzione di un punto "reale" di PIL (cioè al netto dell'inflazione) dovrebbe portare a due punti di disoccupazione aggiuntiva.
Ergo, 0,4 punti di recessione (ad inflazione 2014 praticamente a zero), secondo la "legge del 2 a 1", dovrebbe corrispondere a 0,8 di disoccupazione aggiuntiva.
La differenza di due decimali, rispetto a questo calcolo applicativo del 2:1 di Okun, la si ottiene, in modo empirico ma realistico, conteggiando correttamente la nuova occupazione, attribuibile (quasi esclusivamente) ai posti part-time (che infatti contribuiscono tendenzialmente per la metà alla crescita del PIL, rispetto ai posti di "occupato a tempo pieno" che statisticamente andrebbero a sostituire).
7. Ma veniamo alle mirabolanti previsioni dell'applicazione degli sgravi contributivi, che incentivano le assunzioni nel regime del jobs act, con contratto a tempo indeterminato e, però, a "licenziamento libero" (contratto che, da solo, non avrebbe sicuramente smosso il mercato delle assunzioni).
L'ammontare iniziale del finanziamento a tale sgravio previsto nella legge di stabilità è di 1,9 miliardi, v.P.6, lett. b) (non si capisce perchè oggi, ovviamente nei talk show, si arrotondi direttamente a 2 miliardi, come se, in pareggio di bilancio, 100 milioni fossero bruscolini).
Entro questi limiti finanziari, il numero delle assunzioni nel regime fiscale privilegiato che ne sarebbero state incentivate era stato stimato in circa 200.000 unità.
E' chiaro che questa stessa stima, come s'era detto, non può equivalere a 200.000 posti aggiuntivi: si tratta solo di nuove assunzioni, cioè di pratiche avviate presso l'INPS per notificare i contratti e poter fruire degli sgravi.
Ma, tenuto conto della convenienza economica per i datori, potrebbero essere:
a) assunzioni per turn over di personale andato in quiescenza, indispensabile per l'impresa, ma opportunamente ritardate per fruire del regime fiscale favorevole;
b) ovvero, nuove assunzioni per sostituzione di lavoratore il cui contratto viene trasformato (es; da contratto a termine delle varie tipologie, divenuti meno convenienti dal punto di vista fiscale-contributivo);
c) ovvero, assunzioni sostitutive di lavoratori licenziati per motivi economici o organizzativi, sempre in vista della convenienza fiscale della loro sostituzione (cioè dismissioni di unità lavorative aggiuntive all'ipotesi di turn over);
d) infine, potrebbe trattarsi di assunzione in part-time (cioè "nuovo" contratto a tempo indeterminato in regime di tempo parziale, se la nuova disciplina lo preveda: ma mi parrebbe logico di sì...).
8. Ne deduciamo che tra turn over, trasformazioni, sostituzioni di licenziati e part-time, 200.000 posti potrebbero essere tutti, o quasi, meramente "sostitutivi" di vecchia occupazione e non aggiuntivi di nuova: cioè il tasso effettivo di disoccupazione potrebbe non variare o variare di poco (qualche decimale).
Se invece, come tende ad accreditare il sistema mediatico, - in quanto incapace di fare obiezioni alle dichiarazioni mirabolanti degli esponenti governativi-, il "milione di posti di lavoro" fosse aggiuntivo, la disoccupazione, nella media del 2015 calerebbe vertiginosamente.
Infatti i disoccupati "ufficiali", per l'Istat (ma non secondo i più complessi calcoli del CNEL), sono 3 milioni e 200.000 circa.
Un milione di disoccupati in meno (cioè di assunzioni aggiuntive "nette"), porterebbe il tasso di disoccupazione da 12,7 (media 2014) all'incirca all'8,4% (si tratta, per necessaria approssimazione empirica, della diminuzione di circa un terzo).
Secondo la legge di Okun, un calo "effettivo" del genere potrebbe conseguire ad una crescita reale del PIL di circa 8 punti, abbondanti.
Siccome tale legge è empiricamente confermata dai dati che abbiamo sopra esaminati, e comunque mi pare ben più attendibile del cherry picking dei dati governativi (e del "buttamola in caciara" degli espertoni televisivi), dovremmo escludere ogni minima credibilità alla previsione di un milione di posti di lavoro aggiuntivi.
Anche se l'attuale finanziamento di 1,9 miliardi fosse interamente utilizzato (e non è affatto detto, se le condizioni della domanda interna permangono negative) e si arrivasse a 200.000 posti ipoteticamente e ottimistimicamente "aggiuntivi", avremmo una diminuzione del tasso di disoccupazione (medio e finale del 2015) a circa il 12%.
Il che, però, equivale, per la suddetta legge del 2:1, ad una crescita dell'1,4% del PIL, nel 2015 (solo per arrivare a 200.000 posti aggiuntivi, corrispondenti all'ammontare attuale dello stanziamento "incentivante" di sgravi, per assunzioni, previsto dalla legge di stabilità).
Neppure Confcommercio (in base a calcoli deduttivi piuttosto "debolucci") ha il coraggio di ipotizzarla: il governo, come abbiamo visto, ipotizza di inserire nel DEF di aprile un +0,7%. Cosa che farebbe sì che i posti "aggiuntivi" dovuti al jobs act-norma di sgravio, risultino pari a circa 100.000, cioè alla metà di quelli in totale consentiti dallo sgravio attuale.
Dunque, la stessa previsione di (soli) 100.000 posti aggiuntivi (rispetto al 2014) potrebbe rivelarsi eccessivamente e ingiustificatamente ottimistica.
Infatti, sempre nel post precedente, abbiamo visto come questa previsione di crescita per il 2015, sia del tutto avulsa dal considerare l'impatto recessivo della legge di stabilità, - e a prescindere dall'applicazione delle clausole di salvaguardia-, essendo, allo stato, più probabile una crescita "reale" del PIL 2015 pari o vicina allo 0 (zero).
Rammentiamo poi, per l'ennesima volta, che, contrariamente a quanto credono la totalità dei giornalisti televisivi (e non solo), il taglio della spesa pubblica è la misura più recessiva che ci sia nell'ambito delle manovre fiscali (qui da Okun dobbiamo passare ad Haavelmo).
E infine, persino la previsione di una crescita zero, deve considerarsi moderatamente ottimista, perchè si fonda sul mantenimento di un attivo CAB per il 2015 di circa il 2% e sul mantenimento di questo livello di prezzi del petrolio e di cambio dell'euro rispetto al dollaro...
Bolle di speculazione informativa.
RispondiEliminaLa ringrazio di cuore per quello che ha spiegato e per come l’ha fatto. La puzza di marcio sui dati riguardanti l’occupazione l’avevo avvertita, anche se non avevo ancora ben chiara tutta la “chimica”.
E quindi? Se la situazione è disastrosa, verrebbe da pensare che gli italiani siano quantomeno un po’ depressi. Ma va! Il principio di causalità aristotelico non ha diritto di cittadinanza in queste terre. Ed infatti, sempre dall’Istat ci arriva notizia che, nonostante i dati sull’occupazione da Lei ricordati, le imprese credono nella ripresa e aumenta anche la fiducia dei consumatori, con un indice al livello più alto da quasi 13 anni (maggio 2002), con miglioramento dei giudizi sulla situazione economica del Paese e le aspettative sulla disoccupazione e, altresì, con un "lieve aumento" anche delle attese future sull'economia!!
L’Istat ha certificato come la campagna di Poletti e compagni sia andata a buon fine.
Sembra di vivere in un rinnovato clima da belle èpoque
In effetti, alla fine conta solo che le "campagne" vadano a buon fine. Da sempre i governi ricorrono alla c.d. "illusione finanziaria". Ma in genere non lo facevano, in passato, per dissimulare una stagnazione fatta passare come fine di un ciclo negativo, strutturalmente provocato, che alterna la stessa recessione (com'è stato finora).
EliminaOra lo stiamo vedendo e assomiglia di più al governo che nel 1942-43 continuava a raccontare che la guerra la stessimo vincendo. E per lo più la gente ci credeva (o, peggio, preferiva crederci).
Poi è arrivato lo sbarco in Siclia e il bombardamento di S.Lorenzo e del Verano...e il 25 luglio
Questa storia del "milione di posti di lavoro", la avevo già sentita.
RispondiEliminaRisaliva alle elezioni politiche del 1994, e fu promessa da una certa persona che viene, dai piddini di oggi, accusata di aver corrotto il Paese e di aver mentito al suo popolo.
Meno male che adesso ci sono Renzi e Poletti, così "puliti", così "concreti", così rispettosi della verità fattuale (ovviamente detto in senso ironico).........
Sì, ma ho preferito non rammentarlo ai più, perchè QUELLA promessa era molto più attendibile e molto meno consapevolmente menzognera.
EliminaCome possiamo dirlo?
A quel tempo non c'erano il pareggio di bilancio e il fiscal compact (con il commissariamento della sovranità fiscale) e,se per questo, neppure l'euro e il relativo 3%.
Ergo, teoricamente, una politica espansiva che decidesse di abbandonare il super-avanzo primario di quegli anni, per fare investimenti pubblici e spesa corrente in ampia misura, era ben possibile.
Quantomeno,lecitamente e non truffaldinamente promettibile in campagna elettorale...
Il salto evolutivo è notevole, al passo con i tempi, ed il rischio concreto è quello di finire come il tacchino induttivista. L’aggravante consiste però nel fatto che gli effetti di un bombardamento sono già evidenti, quantunque la gente creda (o finga di credere) alle magnifiche sorti e progressive. E ad onor del vero, il senso di impotenza è grande anche in chi comincia a vederci bene
RispondiElimina