1. Vi ricordate le elezioni in Olanda?
Il
loro problematico esito è stato indicato come una prima significativa battuta
d'arresto dei populismi. E in quel caso pareva particolarmente verosimile, dato
che il populista di turno ce l'aveva con l'€uropa solo per via
dell'immigrazione (e dell'alterazione dell'identità e bla, bla bla, a fini di
puro conflitto sezionale, ignorando quello sociale):
"L'opinione
prevalente sull'esito delle elezioni conseguente a questo quadro è che "non
molto cambierà a parte un controllo più severo sull'immigrazione".
Ma
questo perché l'attuale reazione "populista" all'UE-M, si muove
anch'essa proprio sul piano del controllo di ciò che gli uomini devono
credere e di ciò per cui si debbano affannare; e quindi, a nostro
parere, non ha mai posto un problema di rimessa in contestazione del paradigma
mercatista oligarchico alla base della creazione della moneta unica.
Di
certo questo paradigma non è stato al centro della campagna elettorale in
Olanda: i populismi si autosqualificano da soli, quando si limitano a
scimmiottare la visione di fondo degli ordo-liberisti €uropei, cercando solo di
contrastare gli effetti, e solo parte di essi, dell'applicazione del
paradigma supply side e del lavoro-merce ma, in fondo, lasciando i propri
seguaci fermi nel credere che non ci sia un altro mondo migliore di
quello...".
2.
Risultato: il governo in Olanda non risulta ancora formato, e dal sito ufficiale, attualmente,
campeggia ancora la compagine di ministri e l'accordo
di coalizione (del 2012!) uscenti e formatisi nella precedente
legislatura.
La cosa curiosa è che i punti essenziali di tale accordo di
coalizione,
ci scommetterei una cena al Quinto/Quarto (fanno la coda alla vaccinara secondo
la rigorosa ricetta tradizionale e sono stati premiati per la Carbonara), saranno
quasi integralmente riprodotti dal "nuovo" governo di prossima
coalizione.
Come
dire: tra non molto, se ne usciranno vari "operatori razionali" per proporre come quesito divenuto (ormai) retorico: "ma perché votare se si perdono soldi e tempo per ri-assumere
decisioni già prese"?
Di
tale "precedente" accordo programmatico vi riproduco i capisaldi:
potete andare a cliccare su ciascuno di essi e vi accorgerete che potrebbero
essere indifferentemente presi, per lessico, cultura (macro)economica e
struttura (ideo)logica, per il programma di Macron o, come
abbiamo documentato, per un country report della Commissione UE:
O
potrebbero essere assunti come base programmatica da una qualsiasi partito
€uropeista, progressista, liberoscambista e moderato che guarda al centro, al
supply side e alla competitività, ma "con attenzione per i problemi del sociale
e le nuove sfide della globalizzazione".
Dicono
che Geert Wilders, il populista a cui non stava bene (in Olanda, beninteso)
l'€urosistema dell'immigrazione no borders, non sia "reperibile" per
le consultazioni, mentre, giustamente, mentre,
dimostrando...straordinarie capacità negoziali e senso di responsabilità
(aspetti almeno in teoria considerati essenziali in politica), i leaders di
tutti gli altri partiti si rifiutano di averci a che fare, nonostante il PVV
sia risultato il secondo partito più votato.
Forse i media internazionali, e olandesi, si preoccupano per la
mitologica "governabilità"?
Pare
proprio di no. E
hanno una bella tradizione in materia e non solo loro:
"Dalla
seconda guerra mondiale, i governi hanno avuto un tempo medio di formazione di
72 giorni, da paragonare alle 4-6 settimane necessarie per formare una tipica
coalizione in Germania. Il record olandese sono i quasi sette mesi necessari
nel 1977, ma anche ciò impallidisce rispetto al suo vicino, il Belgio, che dopo
le elezioni del 2010 ha impiegto 541 giorni per arrivare a un accordo di
coalizione".
316
giorni per formare un governo conservatore "di minoranza" in
parlamento (dopo ben due elezioni rivelatesi inutili a chiarire una precisa
maggioranza): un governo che si regge sull'astensione "collaborativa"
(!) dei socialisti, che non hanno interesse a sottoporsi a una terzo voto
politico in tre anni, dato che temono di uscirne letteralmente distrutti.
Com'è
in effetti accaduto al partito socialista in Francia (al primo turno delle
presidenziali e in attesa delle politiche di giugno; v. Hamon) e,
obiettivamente, com'è accaduto in Olanda, ai
"socialdemocratici".
Basti
vedere questi rispettivi risultati elettorali:
5. Su "Il Messaggero" di oggi (pag.13), uno storico francese (specializzato nella Rivoluzione e nel periodo del Terrore), prevede una più che probabile vittoria di Macron, ma con queste prospettive di governo effettivo:
"R:
....Macron ha avuto dalla sua i media e la magistratura. Fillon, anche se non
era colpevole (?) e ha subito un attacco giudiziario e mediatico, ha avuto la
colpa politica di dar per scontata la sua moralità alla De Gaulle per poi
finire sotto inchiesta. Per questo l'astensione sarà alta e la vera battaglia
sarà quella per le legislative...
Domanda: Macron conta sulla razionalità dell'elettorato per
ottenere una maggioranza parlamentare. Ci riuscirà?
R: Non è escluso. Ma resta da capire come, con metà dei
parlamentari al primo incarico e dunque poco radicati nel territorio. La
situazione è imprevedibile. Un sistema a tre partiti è diventato fuori corso, e
a quattro non si vede come Melenchon e il Ps possano riconciliarsi.
L'unico vincitore mi sembra Melenchon, che ha messo insieme la
sinsitra della sinistra e una parte dell'elettorato antisistema alla Podemos o
alla Cinque Stelle. Per questo tace sulle indicazioni di voto: sa che c'è chi
vota Le Pen e non tornerà a votare per lui.
Macron rappresenta la frattura tra Est e Ovest, tra l'elettorato
rurale e urbano, prossimità alle frontiere e distanza, ma rischia anche lui di
non avere una maggioranza chiara...
Oggi...Macron rischia di non avere una maggioranza in parlamento
e di contentarsi del voto volta per volta...".
6.
E quindi, come
in Italia, si conferma che la "governabilità"
(qui,
pp. 2.1.4 e ss.) è una qualificazione di tipo tecnico-istituzionale che,
se assunta come valore autosufficiente (cioè come indicatore di un'astratta
funzionalità organizzativa che non si cura più del raggiungimento dei fini
costituzionali dell'organizzazione stessa), finisce per assorbirne ogni
altro, cioè per rendere irrilevante ogni contenuto e fine dell'indirizzo
politico-elettorale.
Quest'ultimo,
in teoria, dovrebbe risultare corrispondente alle esigenze che l'elettorato, ed
anche la obiettiva realtà socio-economica, cercano di segnalare al
sistema pseudo-rappresentativo dei partiti; ma, ci si accorge che, come
giustamente, ha detto Draghi (ispirandosi
a Friedman; qui, p.1, "addendum"), l'indirizzo politico è fissato
da un "pilota automatico".
7.
A questo punto della vicenda €uropea di desovranizzazione, quindi, la
rappresentatività contingente dei partiti non è più decisiva, perché essi,
abbiamo visto, si identificano in contenuti programmatici indifferenti alla
cinghia di trasmissione elettorale delle reali esigenze e bisogni dei popoli
interessati.
Questi
contenuti programmatici sono ormai ridotti alla parafrasi o alla scomposizione
formale, ma rispettosa delle priorità sostanziali, delle indicazioni
politico-economicho-fiscali dettate dalle istituzioni UE-M.
Piccole schermaglie, su diversi modi di intendere i diritti cosmetici,
ovvero sui tempi di realizzabilità delle misure consigliat€, vengono appositamente
ingigantite dallo spin mediatico che, anche in tal modo, si premura
essenzialmente del fatto che non venga comunque messo in discussione
"l'ordine internazionale dei mercati" (qui,
p.5: da rileggere in ogni caso...).
8. Anzi, si potrebbe persino dire che l'apparente frammentazione partitica attuale sia un bene per il "governo dei mercati": restituisce alle masse una sceneggiatura di contendibilità delle istituzioni (democratico-elettive) su varie, apparenti, versioni dell'indirizzo politico e così allontana la presa d'atto popolare sull'abolizione delle sovranità democratiche.
La
sceneggiatura di una grande reality sedativo stile "Truman show".
E
dunque, aveva pienamente ragione Reichlin (qui,
p.8.1.):
"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".
"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".
E
questa è l'€uropa: ora più che mai.
Perché
il problema di fondo rimane sempre questo:
"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena (e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"), ne deriva una struttura della massima rigidità.
E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.
E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".
Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".
"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena (e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"), ne deriva una struttura della massima rigidità.
E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.
E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".
Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".
9. Una volta fissato
l'autosufficiente valore della governabilità ex se, come esercizio di
gestione tecnocratica conforme alla volontà dei mercati, e quindi, giunta a
consunzione totale la stessa funzione originaria delle elezioni, - venuta a noia ai
mercati che governano, nonché ai cittadini, che sempre più tenderanno ad
astenersi per l'inutilità, prima ancora che per la difficoltà, di identificare una volontà del corpo elettorale-, si hanno drammatiche conseguenze sul
piano della futura sopravvivenza dei riti elettorali.
Ed
infatti, con sempre più insistenza (mediatica), si sta affermando
una crescente intolleranza per il voto, in quanto "di protesta"
(per il peggiorare delle condizioni sociali del lavoro, essenzialmente) e come
tale inefficiente. E,
con prevedibile coerenza, dovrebbe avere i giorni contati (in €uropa):
"Si rassicurasse: anche con laurea magistrale, il regime del mercato del lavoro e la struttura dell'offerta "competitiva" sono tali che la schiacciante maggioranza dei giovani "qualificati" rimane disoccupata. Ergo potenzialmente dedita a "inconsulti" comportamenti di protesta.
Certo, poi, a questi è più facile propinare, come fanno i Riotta e i Severgnini, che la colpa di ciò è della corruzione, degli sprechi e degli inauditi privilegi parassitari della generazione precedente.
In pratica, quello che ci raccontano costoro è che il sistema di propaganda mediatico-culturale funziona molto meglio con chi è "formato" fino in fondo mediante il suo rigido e spietato preorientamento (pop) della realtà.
Non funziona, invece, con chi, in modo molto più pratico, si è già cimentato nel tentativo di inserirsi nel mercato del lavoro, ma non avendo, prima, completato il percorso coattivo che porta alla identificazione degli interessi degli oppressi con quelli dell'oligarchia...
Nelle ONLUS che propugnano i diritti cosmetici, infatti, non c'è posto per tutti (per sbarcare il lunario sentendosi "cittadini/e del mondo").
E la soluzione di "condizionare" ancor meglio la massa a dosi massicce di politically correct, colpevolizzazione e conflitto generazionale, può solo ritardare di "un po'" il rigetto del corpo sociale per l'oligarchia.
Anzi: al momento della "saturazione" anche di queste fasce sociali, la reazione sarà ancora più radicale...
Un default del sistema di irregimentazione che viene dunque sopravvalutato e che non sposta di una virgola gli effetti sociali di lungo termine dell'ordine internazionale del mercato.
Insomma: stanno alla frutta e se queste sono le loro "risorse culturali" e strategiche, come potranno sopravvivere fino al prossimo giro di consultazioni elettorali?
Non potranno: dovranno abolire il suffragio universale.
Anche dei laureati..."
"Si rassicurasse: anche con laurea magistrale, il regime del mercato del lavoro e la struttura dell'offerta "competitiva" sono tali che la schiacciante maggioranza dei giovani "qualificati" rimane disoccupata. Ergo potenzialmente dedita a "inconsulti" comportamenti di protesta.
Certo, poi, a questi è più facile propinare, come fanno i Riotta e i Severgnini, che la colpa di ciò è della corruzione, degli sprechi e degli inauditi privilegi parassitari della generazione precedente.
In pratica, quello che ci raccontano costoro è che il sistema di propaganda mediatico-culturale funziona molto meglio con chi è "formato" fino in fondo mediante il suo rigido e spietato preorientamento (pop) della realtà.
Non funziona, invece, con chi, in modo molto più pratico, si è già cimentato nel tentativo di inserirsi nel mercato del lavoro, ma non avendo, prima, completato il percorso coattivo che porta alla identificazione degli interessi degli oppressi con quelli dell'oligarchia...
Nelle ONLUS che propugnano i diritti cosmetici, infatti, non c'è posto per tutti (per sbarcare il lunario sentendosi "cittadini/e del mondo").
E la soluzione di "condizionare" ancor meglio la massa a dosi massicce di politically correct, colpevolizzazione e conflitto generazionale, può solo ritardare di "un po'" il rigetto del corpo sociale per l'oligarchia.
Anzi: al momento della "saturazione" anche di queste fasce sociali, la reazione sarà ancora più radicale...
Un default del sistema di irregimentazione che viene dunque sopravvalutato e che non sposta di una virgola gli effetti sociali di lungo termine dell'ordine internazionale del mercato.
Insomma: stanno alla frutta e se queste sono le loro "risorse culturali" e strategiche, come potranno sopravvivere fino al prossimo giro di consultazioni elettorali?
Non potranno: dovranno abolire il suffragio universale.
Anche dei laureati..."
Il pilota automatico di Draghi funziona pure quello con "un algoritmo" tipo le "app" di Uber?
RispondiEliminaCerto che è proprio l'attacco finale, non solo alle Costituzioni democratiche, ma proprio all'umanità.
Guerra alle classe lavoratrice improntata al genocidio plurimo dei subalterni, e ai paesi non allineati, non a sufficienza liberalizzati e quindi non a sufficienza classisti; perciò sovrani e non vassalli.
Tutto ciò, rispettivamente, in nome della democrazia e della pace... non male, no?
Un nuovo ordine volto al "sociale" e alla hayekiana libertà...
Svegliamoci: gran parte dei traditori e dei pavidi collaborazionisti, affaristi e tecnocrati anche di non basso livello, non stanno facendo né i loro interessi del non brevissimo periodo né, ovviamente, quelli dei loro figli...
(La cosa più raccapricciante è che sarà il gregge dei semicolti e dei livorosi a chiedere che il suffragio universale venga abolito...)
Certamente: "l'operatore razionale" che porrà la domanda, accuratamente preparata già dai "segnali" lanciati ora, lo farà non appena si sarà assicurato un contesto istituzionale che renda scontato un consenso ple-bi-sci-ta-rio sull'abolizione del suffragio.
EliminaNon so tu, ma personalmente sospetto che l'Italia, more solito, farà da esperimento pilota. Tra non molto: basta attendere le vicende che seguiranno alle prossime elezioni politiche
Jacques Attali dal suo ultimo libro "L'Avvenir de la vie:"Quando si sorpassano i 60-65 anni l'uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società....
RispondiEliminaL'eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future.....
Il diritto al suicidio diretto o indiretto è perciò un valore assoluto in questo tipo di società. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorchè essa sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa".
Questi sono i sociopatici al potere, sospettati delle peggiori nefandezze umane, purtroppo nessun compromesso è possibile con tali devianze degenerative.
Dobbiamo aggiungere che questo sistema, dove "I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione" e i sindacati lisciano il pelo ai politici, non è sostenibile nel medio/ lungo periodo. La prossima bolla finanziaria quando esploderà farà impallidire quella del 2007/09 e rischia di travolgere padroni e servi. L'unico sbocco sarà quello di trascinarci in una guerra contro Russia e Cina e temo che per l'ennesima volta e per la fortuna dell'umanità superstite, noi saremo ancora una volta dalla parte sbagliata. Chissà, se siamo fortunati, potremo essere testimoni non solo della caduta dell'euro e della Ue, ma anche di questo turbo capitalismo finanziario a guida a stelle e strisce che sta distruggendo l'umanità.
Sto preparando un lavoro su Malthus: spero possa interessare....
Elimina(ti rendi conto che i radicali, cioè i membri del primo partito con la morale della finanza più sociopatica - la partitocraziaaaaa! - si chiamavano e, forse, si chiamano ancora tra loro.... "compagni"?)
https://youtu.be/lKBHbYobyKo
RispondiEliminaQuesto è carino.
“… uno dei più gravi aspetti negativi del neocapitalismo, su cui i suoi apologeti ‘democratici’ e ‘progressisti’ hanno tendenza a scivolare: la sua spinta di fondo antidemocratica, una spinta che appare coessenziale al sistema e pertanto non superabile nel quadro del sistema stesso. Essa non si manifesta più nelle forme brutali del fascismo ma, come abbiamo detto, in modo più raffinato, nella completa depoliticizzazione delle masse, nella conformistizzazione della pubblica opinione, nel condizionamento di tutte le reazioni in senso favorevole al sistema…
RispondiEliminaaccettazione della società esistente con la sua organizzazione fortemente gerarchizzata e con le sue chiusure sociali; una élite del potere ristretta e padrona non solo della potenza economica e politica ma dei mezzi di condizionamento della pubblica opinione e della violentazione delle coscienze; in ultima analisi la depoliticizzazione totale e lo svuotamento della vita democratica. La depoliticizzazione non è solo un fatto pratico ma è teorizzata: Daniel Bell in The End of Ideology spiega agli americani che le idee politiche non hanno più nessuna funzione nella vita moderna; si tratta solo di far funzionare il sistema e questo è un fatto tecnico, da risolversi caso per caso, senza bisogno di idee generali, ma secondo criteri di efficienza che sono gli stessi di cui dà prova il big business o di cui deve dar prova l’amministrazione militare per assicurare un’efficace difesa.
Ciò porta, come abbiamo altra volta osservato, all’annullamento della funzione dei partiti, almeno nel senso tradizionale: ESSI NON SI CONTRAPPONGONO PIÙ GLI UNI AGLI ALTRI COME PORTATORI DI IDEOLOGIE E DI SCELTE POLITICHE ALTERNATIVE, BENSÌ COME STRUMENTI PIÙ O MENO VALIDI, PIÙ O MENO EFFICIENTI PER IL MIGLIOR FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA STESSO… il cittadino non ha più possibilità reale di influire sulla cosa pubblica ma diventa un semplice ingranaggio della routine, e il potere si consolida sempre più totalitariamente nelle mani della chiusa oligarchia che lo detiene. Il sistema parlamentare è sostanzialmente ridotto oggi ad una macchina per il livellamento degli uomini al denominatore comune di ‘uomo medio’, sul cui orientamento, condizionato e dominato dall’alto, tendono a poco a poco ad allinearsi tutti i partiti. In ultima analisi, come in sede economica la libera concorrenza porta in sé i germi del proprio superamento e della tendenza al monopolio o all’oligopolio, così in sede politica la democrazia parlamentare di tipo occidentale porta in sé i germi della propria distruzione come democrazia e della tendenza all’oligarchia, un’oligarchia che domina sovrana sul conformismo dell’uomo medio…” [L. BASSO, Democrazia e nuovo capitalismo, in Problemi del socialismo, febbraio 1962, n. 2, 1-6].
In effetti, “… la struttura classista della società contemporanea è in grado di annullare di fatto molte delle “conquiste democratiche” del passato, a cominciare dalla principale conquista, quella del suffragio universale - che perde parte del suo valore effettivo a misura che il parlamento perde parte del suo potere a beneficio di altri centri decisionali extra-istituzionali…” [L. BASSO, Le forze spontanee incalzino i partiti a prender coscienza del “nuovo” dalle masse, in Questitalia, gennaio-febbraio 1969, n. 130/131, 31-35]. (segue)
E così, di pari passo con l’appiattimento indifferenziato e compatto dell’oligarchia partitica sulle istanze del governo sovranazionale dei M€RCATI, procede senza sosta lo svuotamento:
RispondiElimina“… di ogni vitalità [di] coscienza democratica del paese, per seminare a piene mani quella sfiducia, disgusto e apatia, che rendono ad un certo momento possibili i discorsi qualunquisti…” [L. BASSO, Dialogo fra generazioni di italiani nell’inchiesta sugli anni difficili, ne Il Paradosso, aprile-giugno 1960, n. 22, 38].
In una tale situazione, è quasi automatico che ad un certo punto siano gli stessi oppressi, spogliati della coscienza, ad invocare o assecondare la richiesta di un’abolizione del suffragio universale, a conti fatti ormai simbolo di una democrazia meramente procedurale e tecnocratica. Ci prenderanno per stanchezza. Quel che è certo, come affermava Basso, è che “… Per ora possiamo solo prendere atto di una cosa: la democrazia occidentale ha cessato di essere un modello…” [L. BASSO, Il Parlamento come pura facciata?, Il Messaggero, 12 luglio 1977].
Di fronte ad una tale desolazione, del tutto chiara a Basso sin dagli anni ’50, lo stesso affermava:
“… Quali sono le forze che, nella situazione di oggi, possono arrestare questa corsa al regime? Quali sono i contropoteri efficaci che possono ristabilire l’impero della democrazia e della legge in un mondo dove l’arbitrio dell’oligarchia dominante si sostituisce sempre più alla legalità, dove il libito e non il lecito diventa sempre più la norma dell’agire? … Come in tutti i casi in cui un ordinamento democratico cessa di funzionare o è paralizzato o non esiste affatto, IL VERO CONTROPOTERE DIVENTA DIRETTAMENTE IL POPOLO, con la sua presenza attiva e con il suo peso nelle lotte politiche.
Una coscienza popolare vigile e robusta, matura e impegnata, ha ancora a disposizione, pur nell’attuale situazione e prima che sia troppo tardi, strumenti pacifici per sbarrare la strada del regime e creare un’alternativa democratica, ma questa coscienza popolare rischia anche essa di addormentarsi. L’addormentamento delle coscienze in un sonno conformista e qualunquista è una delle componenti necessarie della marcia al regime e i nostri avversari lo sanno e non trascurano di mettere in azione tutti i mezzi, dalla stampa alla radio, dalla clericalizzazione alla corruzione, per giungere a questo risultato. E noi sappiamo tutti per esperienza che, se il qualunquismo dilaga, la strada è aperta alle dittature totalitarie. In un paese come l’Italia, dove le masse sono sempre state al margine della vita politica e sociale, l’edificazione della democrazia, prima che un problema di leggi o di soluzioni parlamentari, è un problema di masse, di partecipazione, di lotte, di iniziative, di maturazione democratica, di coscienza civile…”. [L. BASSO, Verso il regime? in Problemi del socialismo, febbraio 1959, n. 2, 83-98].
C’è da sperare che non sia definitivamente tardi
l'orizzonte è plumbeo,ieri ho visto per un po' il confronto Le Pen -macron e l' arroganza dell'ex banchiere(il vero fascista tra i due era lui) mi ha adirato.Leggendo ora il post arrivato al periodo "Si rassicurasse: anche con laurea magistrale, il regime del mercato del lavoro e la struttura dell'offerta "competitiva" sono tali che la schiacciante maggioranza dei giovani "qualificati" rimane disoccupata."Immediatamente mi è venuta in mente che la realtà è la musa ispiratrice del cinema e questa commedia ispirata proprio dalla situazione dei nostri ragazzi/e laureati https://www.youtube.com/embed/seEhOShK0cc
RispondiEliminaMarine Le Pen oggetto di lancio di uova... ed intanto Obama fa il suo endorsement a Macron... 'annamo bbene...
EliminaRientra tutto nel copione della sceneggiatura: ma dopo anni e anni di ripetitive puntate del serial, cosa rimarrà della democrazia?
EliminaUn velino "pop" che diviene un maitre a penser?
La trama sta diventando troppo esile per reggere al di là dell'idraulica circoscritta all'episodio elettorale. In questo, nella "numerazione", sono sempre stati e rimangono "maestri".
Eppure la Le Pen gliel'ha detto (in uno dei rari momenti autentici del dibattito troppo studiato a tavolino): "lei crede veramente di poter ancora applicare le ricette economiche degli anni '80?"
E sai qual è il motivo di maggior sgomento? Che il velino francese non ha VERAMENTE capito cosa MLP stesse cercando di dirgli.
La nascita della futura, e imminente, tragedia è tutta in questo tranche de dialogue: (inverto l'originale aforisma) "potevano scegliere tra guerra (alle democrazie sovrane) e disonore. Hanno scelto la guerra e avranno il disonore".
Gettandolo su tutti coloro che non si sono voluti rendere conto i tempo...
IL VERTICALE & L'ORIZZONTALE
RispondiElimina(otc, metafore simboliche)
Lo imparammo, forse, da Newton - che dalla vita ebbe piccole gioie se non quelle della scienza del “quanto d'azione” - che di orbite esistono non solo le ellittiche (i luoghi della “mancanza” dove la somma delle distanze da due punti fissi – i “fuochi” – rimane costante), non solo le iperboliche ( i luoghi dell' “esagerazione” dove rimane costante la differenza da due punti fissi – anch'essi “fuochi”) e anche le paraboliche (i luoghi della “comparazione” dove rimangono equidistanti le distanze da una retta – la “direttrice” - da un punto fisso – il “fuoco”).
Da quello che si sta osservando da tempo nei luoghi della Terra, parrebbe – e pare – che si stia da tempo abbandonata la visione delle “due dimensioni” - un alto e un basso, un destro e un sinistro – verso una “convergenza” monolitica di un unico interesse oligargico.
Parrebbe - e pare come ripetutamente dimostrato qui da '48 - che nella contrapposizione sociale di legittimi interessi, si siano drammaticamente dimenticate le equazioni di base e stravolte le misurazioni dei punti nelle orbite da “fuochi” e “direttrici” spostando lo storico conflitto verticale – semplificato in CAPITALE e LAVORO, il sopra e il sotto – in un conflitto orizzontale (ben definito in SEZIONALE e SUB-SEZIONALE) del LAVORO e la conseguenze restaurazione, violenta e crudele, del CAPITALE e delle sue paradossali “regole”.
Una scientemente pianificata translazione d'asse tra suggestioni e nerrazioni cosmetiche, idrauliche e alchimiche nella quale il “sopra” rimane sopra e nel “sotto/piatto” si riversano – irrisolte e irrisolvibili - le dinamiche della contrapposizione sociale lasciando solo l'immaginifico “elysium”.
Forse e non solo, la conoscenza delle equazioni orbitali è condizione non sufficiente alla definizione di “fuochi” e “direttrici” e, men che meno, comprendere la “parabola” della Costituzione, il luogo della “comparazione”, e viene richiesto il risveglio – il “quanto d'azione” - del pathos sopito.
Tiremm innanz !!
ps: sempre più nel “bleu” dipinto di “bleu” imperante tra incoscienza, demenza e complicità
Il gregge.
EliminaComincio a capire il marxismo: dei subalterni venivano fondamentalmente considerati solo i proletari. Ossia il ceto dei lavoratori urbanizzati e concentrati nelle grandi fabbriche: la classe operaia.
I contadini, il sottoproletariato e tutto il resto dei ceti subalterni erano, o non considerati, o visti con disprezzo.
Ora il proletariato urbano non esiste praticamente più.
(Ho un certo retrogusto nauseante nel pensare che una volta si urlava ai quattro venti il socialismo scientifico ed ora, chi ricorda i fondamenti empirici del materialismo storico, viene appellato... « scientista » :-))
very nice post
RispondiEliminaXYORE
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