1. Sulla ricostruzione, in termini di Storia relativamente recente, del modo in cui si è "stranamente" evoluto in Italia (ma non solo), l'atteggiamento dei vertici politici (e della conseguente grancassa mediatica, che crea e destabilizza i vari indirizzi governativi ritenuti, chissà dove e chissà come, di volta in volta opportuni/inopportuni) verso il problema dell'immigrazione, vi rinvio a questo pregevole post di Lameduck.
In sintesi: ciò che era normale circa 20 anni fa, è progressivamente divenuto inaccettabile, senza che sia mutato, in termini di razionalità elementare delle dinamiche di gestione del benessere di una qualsiasi comunità a base statuale (e quindi, a leggere l'art.1 Cost, "sovrana"), lo schema fondamentale, quale ritraibile dalla nostra Costituzione.
Lo schema è il seguente: lo Stato moderno, democratico, si assume il già difficilissimo compito di garantire, come sua funzione sovrana essenziale, i diritti fondamentali dei cittadini. La condizione dello straniero è regolata dalle leggi in conformità alle norme e ai trattati internazionali (art.10, comma 2, Cost.).
2. Ciò significa che i diritti fondamentali, includendo al primo posto la dignità del lavoro e quindi il "pieno impiego" - come principale vincolo di indirizzo costituzionalizzato per le politiche di parlamento e governo, secondo un chiaro disegno posto a base della nostra Costituzione- , sono un (difficile) obiettivo che va realizzato prioritariamente e inderogabilmente verso i "cittadini".
Elementari principi di civiltà giuridica, sanciti da quel "diritto internazionale" richiamato dall'art.10 Cost., implicano che i diritti fondamentali principali - (al di fuori cioè dei c.d. diritti politici, propri della "cittadinanza" e che sono strettamente connessi con la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla vita economica e sociale del paese; art.3, comma 2, Cost., e quindi alla soluzione del problema della eguaglianza sostanziale nella fruizione da parte dei cittadini della garanzia dei diritti fondamentali sociali) - abbiano un'applicazione di cui "tutti", quindi gli esseri umani a prescindere dalla qualità di cittadino, sono i destinatari.
3. Come si contemperino queste due direzioni generali intraprese dalla Costituzione nella tutela dei diritti fondamentali, lo abbiamo visto in questo post:
VINCOLO €STERNO E ESIGENZA COSTITUZIONALE DI PARI DIRITTI INVIOLABILI TRA CITTADINI E IMMIGRATI
Il passaggio essenziale:
"Questa conclusione deriva dalla natura della sovranità popolare che l'art.1 Cost. riferisce al popolo italiano, il quale, si astiene dalla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie tra i popoli, ai sensi dell'art.11 Cost.
Quest'ultimo
precisa contestualmente che l'Italia non userà mai la guerra come mezzo
di offesa alla libertà di un altro popolo. Cioè solidarietà interna al popolo italiano, nel porre a fondamento e vertice dei valori quello del lavoro, e solidarietà esterna affidata al rispetto della libertà altrui e alla osservanza del diritto internazionale generale (art.10 Cost.)...
Se,
come accade nel fenomeno della immigrazione sul territorio italiano,
cittadini non italiani si trovino in relazione con le istituzioni
democratiche repubblicane, ciò porterà all'applicazione di tutte quelle
forme di assistenza umanitaria e dei diritti civili che vengono
riconosciuti a "tutti": per capirlo, basti vedere le norme della
Parte I "DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI", che sono talora formulate in
modo da rivolgersi, per l'appunto, a "tutti", cioè a tutti gli esseri umani sottoposti alla sovranità territoriale e democratica italiana...
Quanto agli stranieri legalmente lavoratori in Italia, il criterio è dunque il seguente: se
assistenza sociale e sanitaria (artt.32-40 Cost.) o le altre forme di
diritto tutelate in Costituzione - quali l'accesso all'abitazione, 47
comma 2, e alla proprietà in generale, 42 Cost.- sono garantite ai cittadini, altrettanto dovrebbe essere assicurato, in misura tendenzialmente pari, ai non cittadini lavoratori.
Questa parità, finchè sarà conservata la cittadinanza straniera, sarà tendenziale, dato che tale conservazione perpetua il vincolo politico con un'altra comunità nazionale; ma, nondimeno, non
potrà tradursi in una posizione addirittura migliore, in termini di
efficienza, efficacia e priorità finanziarie, rispetto a quella
assicurata ai cittadini italiani.
Questo discorso diviene attuale a seguito dell'adesione alla Unione monetaria ed alla privazione della sovranità monetaria e, ormai, con sempre maggior incidenza, di quella fiscale, al punto che è divenuto assolutamente prioritario il problema, causato da tale adesione, della "scarsità di risorse"
pubbliche, addirittura vincolate, - con limitazioni dell'indebitamento
statale, riduzione dello stock del debito, fino al pareggio di
bilancio-, ad una progressiva e crescente riduzione.
Questa stessa crescente riduzione delle risorse pubbliche obbligata dalla Unione Europea, conduce alla necessità vincolata di stabilire delle priorità nel graduare le risorse decrescenti; e pone direttamente in pericolo persino la stessa garanzia dei diritti fondamentalissimi dei cittadini che, pure, la Costituzione prevede come oggetto di obblighi inderogabili di intervento a carico delle istituzioni.
Si
pensi al sostegno dell'occupazione, come priorità delle priorità
derivante dall'art.4 Cost., all'assistenza sanitaria e pensionistica
(art.32 e 38 Cost), alla stessa istruzione pubblica (34 Cost.).
Conseguentemente, nella graduazione degli interessi che pone capo alle politiche fiscali e di spesa dello Stato nella situazione ormai impostaci dall'adesione all'euro, non sarà costituzionalmente legittimo:
a)
apprestare ai non cittadini, non dotati della qualità legittima di
lavoratore, forme di assistenza superiori a quelle apprestate ai
cittadini;
b)
sacrificare il livello essenziale minimo delle prestazioni erogato ai
cittadini, cioè il livello che garantisca l'effettività di tali diritti
inviolabili e degli impegni gravanti sulle istituzioni democratiche, a
favore di non cittadini."
4. E torniamo all'ottimo "memento" di ricostruzione storico-politica fatto da Barbara Tampieri.
A quanto da lei tratteggiato, aggiungo solo che già l'idea (originata da Nazioni Unite sempre più al servizio del governo mondiale ad impostazione liberista-hayekian-kalergico) della "migrazione di ricambio", - idea che sostanzialmente sta al fondo dell'€uro-tecno-cosmetismo-, presuppone un sistema socio-politico che crei e protragga la crisi demografica "autoctona" (cioè un grave fenomeno di denatalità e conseguente "invecchiamento" della popolazione, delle cui cause non si parla mai...senza enorme ipocrisia cosmetica).
A quanto da lei tratteggiato, aggiungo solo che già l'idea (originata da Nazioni Unite sempre più al servizio del governo mondiale ad impostazione liberista-hayekian-kalergico) della "migrazione di ricambio", - idea che sostanzialmente sta al fondo dell'€uro-tecno-cosmetismo-, presuppone un sistema socio-politico che crei e protragga la crisi demografica "autoctona" (cioè un grave fenomeno di denatalità e conseguente "invecchiamento" della popolazione, delle cui cause non si parla mai...senza enorme ipocrisia cosmetica).
E, quindi, presuppone l'avvenuto consolidamento del sistema di "costituzione materiale" neo-liberista globalizzato, che sancisca, ("ordoliberisticamente" in UEM, cioè secondo l'incondizionata prevalenza del libero mercato sull'azione di tutela che l'odiato Stato dovrebbe apprestare ai suoi cittaidni):
A) la "durezza del vivere", (del cittadino, da privare delle sue parassitarie "sicurezze") come nuovo principio eticamente sano, da imporre extra e contra Constitutionem ai propri cittadini; non a caso tale durezza è implicitamente esaltata, come grund norm del nuovo "ordo", dalla corrente culturale €uropeista che discende da Ventotene.
Veniamo alle conseguenze demografiche della "durezza del vivere".
Si impone, a colpi di "vincolo esterno", cioè per trattato internazionale MAI vagliato nella sua conformità ai presuppostI di adesione dettati dall'art.11 della Costituzione, lo smantellamento progressivo, e intensificabile, dello Stato sociale, mediante tetti al deficit e politiche monetarie deflazioniste. Ciò induce, inevitabilmente, per progressiva distruzione di occupazione e capacità di spesa pubblica, lo svuotamento del diritto al lavoro e di quello all'abitazione, nonchè alla piena assistenza sanitaria pubblica, sanciti dalla Costituzione: artt.1, 4, 32, e 47 Cost..
Tutti questi elementi, concomitanti e indotti dal paradigma della costruzione europea (e infatti variamente registrabili in tutta l'UE), non possono non essere alla base di una ben prevedibile crisi demografica, determinata dall'obiettivo scoraggiamento della natalità (che, infatti, inizia a manifestarsi proprio con l'affermarsi del vincolo esterno, all'inizio degli anni '80);
Si impone, a colpi di "vincolo esterno", cioè per trattato internazionale MAI vagliato nella sua conformità ai presuppostI di adesione dettati dall'art.11 della Costituzione, lo smantellamento progressivo, e intensificabile, dello Stato sociale, mediante tetti al deficit e politiche monetarie deflazioniste. Ciò induce, inevitabilmente, per progressiva distruzione di occupazione e capacità di spesa pubblica, lo svuotamento del diritto al lavoro e di quello all'abitazione, nonchè alla piena assistenza sanitaria pubblica, sanciti dalla Costituzione: artt.1, 4, 32, e 47 Cost..
Tutti questi elementi, concomitanti e indotti dal paradigma della costruzione europea (e infatti variamente registrabili in tutta l'UE), non possono non essere alla base di una ben prevedibile crisi demografica, determinata dall'obiettivo scoraggiamento della natalità (che, infatti, inizia a manifestarsi proprio con l'affermarsi del vincolo esterno, all'inizio degli anni '80);
DA NOTARE COME L'INCREMENTO "RELATIVO" DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, cioè NON DEI NATI DI CITTADINANZA ORIGINARIA ITALIANA, SI COLLOCHI IN PIENO IN TEMPI DI EURO, CIOE' DI VINCOLO ESTERNO €UROPEO INTENSIFICATO, E QUINDI DI ACCELERAZIONE DELLA DE-SOVRANIZZAZIONE DEMOCRATICA ITALIANA: invece la più pronunciata "stagnazione" demografica si colloca, non casualmente, proprio all'indomani del 1981, l'anno del divorzio Tesoro-Bankitalia, dettato dalle esigenze di deflazionare all'interno del primo vincolo monetario impostoci dall'Europa, lo SME.
B) il senso di colpa per la non accettazione di quel grado di "durezza del vivere", mediante la comparazione ("tu sei un privilegiato, pensa a chi sta peggio di te") dello status di cittadino con la condizione dei migranti (cittadino, naturalmente, anche reso colpevole dell'invecchiamento e della crisi di denatalità, sulle cui cause ci si guarda bene dal fare la connessione con la spinta ideologica sovranazionale alla "migrazione di ricambio");
C) la tenaglia creata da contraddittori principi di trattati applicativi UE, tra i fenomeni a) (durezza del vivere) e b) (senso di colpa "comparativo").
C) la tenaglia creata da contraddittori principi di trattati applicativi UE, tra i fenomeni a) (durezza del vivere) e b) (senso di colpa "comparativo").
Questa tenaglia mira a rendere accettabile e anzi moralmente dovuto sia l'inasprimento stabile della situazione occupazionale (disoccupazione strutturale al 10,5 assunta in UEM, per l'Italia, come pieno impiego) sia la deprivazione di risorse pubbliche (tagli continui alle pensioni, alla sanità e agli enti locali, riducendo il territorio ad una condizione di degrado infrastrutturale para-bellico, oltre alla privatizzazione). La "tenaglia" consolida e ci rende assuefatti allo stato di necessità dell'austerità fiscale (passata dall'originario tetto insostenibile al deficit al distruttivo paregigo di bilancio "strutturale").
5. In definitiva siamo al punto del ribaltamento di prospettiva rispetto ai principi dello Stato di diritto democratico configurato in Costituzione: non è più, come dovrebbe essere, la legge dello Stato a valutare la compatibilità e le condizioni di sostenibilità (demografiche e socio-economiche) dell'assenso allo stabilimento di cittadini altrui sul proprio territorio.
Si nega la stessa configurabilità di un potere sovrano di distinguere, secondo procedure legali internazionali e nazionali, tra solidarietà esprimibile sul piano internazionale, in ragione della specificità circoscritta di situazioni che certamente non possono essere permanenti e planetariamente diffuse, - cioè un costante modo di proporsi di squilibri nella comunità internazionale- , e la vera e propria invasione del proprio territorio, che non può mai essere consentita da uno Stato democratico senza violare gli obblighi di tutela essenziale che ne legittimano le istituzioni rappresentative.
6. Di fronte a tali situazioni di crisi permanenti e diffuse, il dovere prioritario dei singoli Stati è instaurare azioni di tutela, negoziali e di diritto interno, dell'equilibrio economico e demografico nazionale (e ovviamente globale), ricorrendo a iniziative, pressanti e chiare negli obiettivi, che investano la Comunità internazionale del cercare di risolvere le cause di tali crisi.
Non quindi accettando la imposizione coattiva del mero fronteggiare di effetti (la migrazione di massa), irrisolvibili nelle forme attualmente oggetto di diktat, mentre si tenta di ripercuotere, opportunisticamente, sui cittadini un ricatto morale che dissimuli la preventiva imposizione della durezza del vivere: ciò in quanto il ricatto morale è imposto unitamente a austerità e privazione della sovranità fiscale e monetaria degli Stati.
Affrontare i soli effetti e non le cause porta soltanto alla scontata e crescente destabilizzazione sociale che, partita dalle aree di crisi, sia "importata" nelle aree di destinazione, con l'impoverimento e la crescente disperazione dell'insieme delle popolazioni, sia quelle "sradicate" che quelle stravolte nella propria coesione interna.
7. L'immigrazione diviene invece, in questo disegno, per molti versi "mostruoso" (data la sua natura occulta nei fini e nei presupposti), uno "stato di eccezione", cioè una fonte di supersovranità de-nazionalizzata, reso permanente dalla stessa crescente destabilizzazione economico-sociale globalizzata, perseguita dal supremo governo "mondiale", de facto, dei mercati finanziari.
In €uropa ciò è anzitutto imposto da condizionamenti, sia derivanti da trattati UE estranei a ogni presupposto proprio dell'art.11 Cost., che da un paradigma politico-mediatico globalizzato senza alcuna connessione coi principi più elementari dell'interesse delle comunità nazionali. E, quale "stato di eccezione", tale interferenza si afferma quindi come superiore alla sovranità legale-costituzionale: residua rilevanza del dettato costituzionale, caduto in pretesa desuetudine, impone, addirittura, di prescindere da ogni valutazione di compatibilità e sostenibilità, (valutazione riconosciuta come pienamente legittima dal diritto internazionale condiviso dalle Nazioni civili).
8. Un'ultima notazione che traggo testualmente dal post di Barbara:
"...oggi come ai tempi della Vlora, possiamo aspettarci che le ondate migratorie continuino a fungere da diversivo (sulla pelle degli esseri umani coinvolti) per far passare leggi e trattati liberticidi, nascondere i preparativi di nuovi conflitti e riposizionamenti imperiali.
Oltre che servire da arma di
ricatto da parte di altri paesi per ottenere aiuti.
Con la differenza
che oggi, rispetto al 1991, i 90 miliardi da spendere non ci sono più.
L'eurozona con l'unico euro che ci incatena tutti ci impedisce anche in
questo senso di difenderci.
Parlo di diversivi e distrattori perché in questi giorni, forse non è un
caso, con il rischio di vedere passare l'odioso Italicum per non
parlare del prossimamente nefasto TTIP, non è che si parla un po' troppo
di migranti sui media?"
Ed infatti, in questi ultimi giorni questo è il "dibattito, mandato in onda a reti unificate 24 ore su 24...
E a proposito dell'uso strumentale dell'immigrazione, ecco che arriva subito uno dei "padri nobili" ad illuminarci:
RispondiEliminahttp://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/22/immigrazione-napolitano-i-governi-abbiano-coraggio-dire-verita/1613746/
Non è che abbia detto granchè: trapela controluce semmai, a voler dare un senso a queste altisonanti e generiche parole, una certa conformità coi toni espressi dall'amministrazione USA (UE faccia interventi militari, si organizzi e spenda di più, molto di più, per la difesa...comune).
EliminaFlassbeck, che lavora da anni all'UNCTAD, conosce benissimo questo genere di situazioni e aveva scritto in proposito un interessante articolo sui paesi del Nordafrica. Putroppo oltre che in tedesco ora è pure a pagamento: se vi fidate ;-) vi racconto io quello che diceva.
RispondiEliminaLa maggior parte dei paesi del Nordafrica sono stati governati per anni sotto la supervisione del Fondo o della Banca Mondiale. Dopo le primavere arabe, le valute di quei paesi che non erano produttori petroliferi si sono destabilizzate e allora per temponare il deficit di partite correnti, a chi non potevano che rivolgersi i nuovi governanti? Al Fondo ovviamente. Che i controlli di capitali, no; un bel pacchetto di riforme invece sì (e tutti i paesi europei zitti e mosca dietro). Dal memorandum sottoscritto dalla Tunisia: "We are committed to reducing the obstacles to the proper functioning of the labor market. To that end, we signed a new social contract on January 14, 2013 with employers and trade unions, which will serve as a common social roadmap. The organization of a permanent council for a tripartite social dialogue in 2013 was agreed, as well as the establishment of an insurance fund to cover loss of employment of economic reasons. A broad consultation is planned to discuss the new employment strategy currently under preparation. The main priorities for the medium term will consist, in particular, in referoming the labor code to promote greater flexibility and reduce the structural asymmetry of skills prevailing on the market". "Chi conosce le circostanze - chiosa Flassbeck - sa benissimo che cosa si intende dire".
E questo, credo "a fortiori", valga per il resto dell'Africa subsahariana che senz'altro è governata sotto la supervisione di IMF-WB da lungo tempore...
EliminaIl Wasghington Consensus conosce sempre e solo "quel" modo.
E nessun governante, (tranne Putin a quanto pare), pare avere il potere di resistere. Per lo meno, serbando una parvenza di democrazia.
Il trilemma di Rodrik è drammaticamente il vero paradigma della globalizzazione....
Molti non hanno la benché minima intenzione di resistere. Flassbeck ha scritto due articoli molto interessanti per raccontare le sue esperienze al Fondo: dà conto di una diffusa mancanza di consapevolezza. Nel senso che non c'è una diabolica (e quindi pragmatica...) volontà di rapina, ma sono proprio imbullonati sulle rotaie dei loro paradigmi e vanno avanti come guidati da un pilota automatico (come direbbe il tale...). Prova ne sia che sono stati intrapresi programmi che risultavano controproducenti rispetto alla stessa politica estera americana. I politici europei d'altra parte sono o troppo ignoranti (Flassbeck racconta di gente che ha rifiutato di farsi scrivere interventi critici per paura di non saper rispondere alle domande...) o legati alle rispettive banche centrali, che a volte, come nel caso tedesco, sono molto più rigide e ortodosse degli americani (tra l'altro F. ricorda che a insistere per avere il Fondo in Europa è stata proprio la Germania). L'unico politico europeo su cui si poteva contare per argomentare una critica era Dominique Strauss-Kahn.
EliminaQuesto non vuol dire che le critiche non servano: l'offensiva intellettuale contro i sistemi pensionistici a capitalizzazione (come quello cileno) è stata talmente forte che Fondo e Banca Mondiale li hanno ritirati dal pacchetto standard. Flassbeck sostiene che governi europei diversamente orientati potrebbero facilmente trovare sponde non solo in Asia e in Europa orientale ma anche in America Latina. Campa cavallo...
Il fenomeno di ortodossia inerziale descritto da Flassbeck ci riporta direttamente a quanto va dicendo, con più risonanza di tutti, Ha Joon Chang.
EliminaIl pensiero unico sarebbe una sorta di mostro "inconsapevole" che si autoalimenta: da qui, l'enorme importanza della propaganda di controllo accademico insinuata dalle varie diramazioni della scuola austriaca, via Chicago e giù per i vari rami....
Il che ci riporta al problema gestionale accademico che faceva presente Alvin Hansen...
Alla fine la struttura rimane il potere economico e la sovrastruttura, di qualunque campo culturale (per l'economia...pour cause), sovrastruttura che segue...come l'Intendenza
"L'unico politico europeo su cui si poteva contare per argomentare una critica era Dominique Strauss-Kahn"
EliminaEcco, diciamo che i politici europei sanno far tesoro delle "lezioni"...
Insomma, tengono famiglia e la fine di DSK non ci tengono proprio a farla.........
Diciamo che ai politici europei CONVIENE essere "ignoranti".
EliminaNo, ma dico, un Bersani, per dire, ignora? Lo crediamo davvero?
Insospettito dall'inizio a causa della mistificazione a mezzo disinformazione mainstream,conoscendo la misura del miglio marino per esperienza,cerco ragguagli da subito.Mi sarei risparmiato questo post su questo prezioso blog,che ultimamente uso seguire in silenzio,se l'ennesima notizia di GR non mi avesse fatto montare il sangue alla testa."Soccorsi a cinquanta miglia al largo di Tripoli,in direzione Lampedusa..." "La tragedia nel canale di Sicilia..."
RispondiEliminaPrego confrontare
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/04/19/la-mappa-ecco-il-luogo-del-naufragio_59a5332b-e8f5-4063-8e0b-84230ea172b5.html
Più che di immigrazione,parlerei di importazione.
Sì importazione di miseria. Come vedi anche dallo scambio con Arturo, il punto è sempre il mercato del lavoro imposto dal WC...Globale, finanziarizzato, inarrestabile
EliminaCiao Quarantotto, scusami, ma nella mia ingenuità faccio fatica a capire come dopo la crisi dei mutui subprime, non sia nato e poi prosperato nell'occidente un movimento culturale globale d'opposizione al Liberismo. Dopo il fallimento di Lehman, l'intero sistema finanziario globale stava collassando su se stesso. Altro che mano invisibile, altro che il mercato sa allocare le risorse in maniera efficiente, altro che il mercato sa autoregolamentarsi. Furono costretti ad intervenire gli odiati Stati con l'odiatissima spesa pubblica a salvare le chiappe di quei sociopatici. Un fiume di denaro che andò dai poveri ai ricchi un welfare alla rovescia.
RispondiEliminaDopo vent’anni di dittatura del pensiero unico liberista, si apriva una finestra temporale unica per la sinistra e il movimento sindacale per uscire dall’angolo culturale dove erano stati confinati con la crisi del Keynesismo. E che diamine, nel 1973 bastò una crisi petrolifera, probabilmente indotta ad arte per dichiarane il suo funerale, in quanto per un brevissimo lasso di tempo coincisero alta inflazione e disoccupazione ( nel decennio 1970/1980 l’Italia è cresciuta ad un ritmo medio del 3.8% e la disoccupazione si attestava fra il 6/8%). Qui nel 2007/2008 fallì l’intero sistema finanziario occidentale e nessuno a sinistra alzò la voce e denunciò l’insostenibilità dei paradigmi liberisti. Preferirono il loro suicidio politico ( a sinistra non c’è più nulla) piuttosto che affermare l’evidente e quindi porsi come antagonisti alle elites mondialiste, incarnate nel FMI, WB, WTO, UEM.
Ormai è chiaro anche a me come funziona il sistema: Prima ti blandiscono, poi se non basta c’è sempre pronto un Dossier fabbricato su di te ( vero o falso non importa) da dare in pasto all’opinione pubblica, se anche questo non è sufficiente si adopera il modello Berlusconi-Strauss-Kahn, per penultimo c’è l’incidente stile Mattei e Gardini o l’infarto stile Olivetti, e per ultimo c’è sempre un colpo di Stato a disposizione o una primavera araba.
Il dramma è che loro sono lo 0.1%, super organizzati e ben consapevoli di quali siano i loro interessi ed obiettivi e sanno quali sistemi usare per raggiungerli, noi siamo la moltitudine di cui la stragrande maggioranza non sa più nemmeno riconoscere quali siano i propri interessi, divisi gli uni dagli altri e ammiratori/adoratori dei loro carnefici.
non hanno preferito il suicidio politico. hanno preferito il tradimento politico pur di perpetuare la propria posizione di potere.
Eliminascelta fatta 20 anni e più fa.
quello che è successo dopo il 2007 è logica conseguenza o obiettivamente l'unica cosa che ci potevamo attendere.
siamo stati ingenui a pensare che potessero scegliere diversamente.
Credo che tutte le disgustose sbrodolate sui "bambini africani", la caritas non richiesta in gran parte promossa dalle missioni e dalle ONG, non siano altro che l'effige mostruosa di un potere materiale che è un'involuzione rispetto a quello classico conservatore. Quello per cui, almeno, con la "galanteria cavalleresca" e i suoi "principi di onore", aveva almeno dato un po' di ospitalità alla cultura.
RispondiEliminaIl potere moderno, qullo (neo)liberale, non conosce limiti al peggio: l'incapacità di darsi regole e limiti, è portato a unica logica nella sua perpetuazione.
Ciò che ricorda Arturo, è sacrosanto: la storia del "terzo mondo" e dei popoli "svantaggiati", è la storia del free trade. È la storia che, dal trattato di Eden del 1787, diventa la storia di dei 1000 e non più 1000 "TTIP" che hanno devastato l'epoca moderna.
Il conservatorismo nasce con Burke che denuncia in tutta Europa la Rivoluzione francese come sovvertimento golpista della finanza internazionale, impegnata a svendere il patrimonio dei francesi e del clero dopo il trattato commerciale stipulato con l'impero britannico pochi anni prima.
Se derogalementi la circolazione dei fattori della produzione, deregolamenti i fattori della produzione (per certi zucconi la tautologia può essere un "non-passaggio logico" efficace): vuoi liberare la circolazione dei capitali? "Liberi" i lavoratori che, a causa dei vantaggi comparati, si troveranno a fare la fame disoccupati, e potranno con valigie di cartone e barconi emigrare efficientando "il favoloso mondo del mercato".
Quando dopo il "TTIP" del 1787 i Francesi presero loro i "barconi" per passare la Manica, il governo Inglese discriminò vergognosamente i profughi eccettuando l'Habeas Corpus ai poveri cristi che scappavano dalla miseria e dal terrore giacobino (ampiamente previsto, nei suoi risvolti tirannici, proprio dal cattivone Burke).
Il governo mondiale auspicato da Kelergi, per cui alla "moltitudine" di popoli verranno sostituiti la "moltitudine di individui", è la sintesi dell'elitismo austriaco e dell'imperialismo anglosassone.
I grandi flussi migratori, come è evidente nel campione di ciò che si vorrebbe per l'intero piante, ovvero gli USA, portano a far esplodere le tensioni sezionali tra i gruppi sociali che vengono distinti per per etnia, lingua o religione. Questa conflittualità orizzontale, porta, da una parte a gerarchizzare la società per "razza", imponendo che il conflitto distributivo privilegi chi appartiene a un "gruppo sociale" per "nascita" (ritorno al concetto dinastico della trasmissione del potere), dall'altra nascondono il conflitto tra classi - verticale - secondo la logica del divide et impera.
In USA, dopo mezzo millennio, non abbiamo una nazionione di individui, ma abbiamo una nazione di individualisti: non esistono più popoli che si autodeterminano, ma ghettizzazione e possibilità sociali decrescenti in funzione dal gruppo etnico di appartenenza.
E, peggio di tutti, in USA vi è l'impossibilità di avere un'identità di classe, e di proporre qualsivoglia resistenza sindacale. (In particolare i WASP credono tutti di appartenere alla classe dirigente, anche se appartengono a classi supbalterne).
Questo è ciò che si vuole per l'Europa: quindi sì, Pilon fa bene a vedere come in realtà non ci sia un traffico umano di mafia "africana" che esporta concittadini, ma che il traffico umano è importazione dell' upper-class euroatlantica in ottica di conflitto di classe. Il tutto condito da ingegneria sociale e propaganda manipolatoria per educare con il senso di colpa le classi subalterne.
RispondiEliminaChi parla in questi casi di razzismo o criptorazzismo, è un imbecille.
Peggio, perché il "razzismo", come dovrebbe sapere chi - libero da sovrastrutture ideologiche - ha un più sobrio approccio filologico alla linguistica, non ha mai avuto a che fare con fenomeni migratori.
Il razzismo è stato storicamente sovrastruttura ideologica a supporto della falsa coscienza delle classi dominanti, ai fini della conflittualità di classe e a fini imperialistici.
Non sono invece del tutto d'accordo con il messaggio lasciato passare da Arturo quando, riportando Flassbeck, dice: «Nel senso che non c'è una diabolica (e quindi pragmatica...) volontà di rapina».
Questa dichiarazione contrasta con quella rilasciata da un alto esponente di queste organizzazioni e recentemente riportata dal buon Mazzalai: è vero che ci sono truppe di neolaureati che magari pensano pure di fare del bene in questi Paesi. (Come in Europa...). Ma è altrattanto vero che emergono coloro che hanno meno empatia e sono ben istruiti "all'avidità" come i leader che si pongono ad esempio. Chi non si adegua, prendere pressione "di tipo sociale" dentro l'organizzazione.
Il neoliberismo è un'ideologia e, come tutte le ideologie, sono falsa coscienza dei "funzionari" e lucida ingegneria sociale per i "dirigenti".
Basta parlare di "irrazionalità del mercato": non c'è niente di più razionale del fallimento del mercato stesso.
(Tra l'altro son pure un bacchettone contrario alla promozione dell'uso dei preservativi in Africa: se avessero la possibilità di produrli - senza doverli importare - non ci sarebbe neanche l'emergenza demografica e sanitaria per cui bisogna andar loro a spiegare come dovrebbero copulare. Bad Samaritans)
"Non sono invece del tutto d'accordo con il messaggio lasciato passare da Arturo quando, riportando Flassbeck, dice: «Nel senso che non c'è una diabolica (e quindi pragmatica...) volontà di rapina»."
EliminaIn effetti, concordiamo sull'esistenza di un livello di orchestrazione, ovvio, razionalizzante e intenzionale sui "fallimenti del mercato" (negati in radice come tali):
"Il fenomeno di ortodossia inerziale descritto da Flassbeck ci riporta direttamente a quanto va dicendo, con più risonanza di tutti, Ha Joon Chang.
Il pensiero unico sarebbe una sorta di mostro "inconsapevole" che si autoalimenta: da qui, l'enorme importanza della propaganda di controllo accademico insinuata dalle varie diramazioni della scuola austriaca, via Chicago e giù per i vari rami....
Il che ci riporta al problema gestionale accademico che faceva presente Alvin Hansen...
Alla fine la struttura rimane il potere economico e la sovrastruttura, di qualunque campo culturale (per l'economia...pour cause), sovrastruttura che segue...come l'Intendenza"
Il senso di quanto dice Flassbeck, per essere chiari, non è certo quello di negare che ci siano (anche) orchestrazioni. Il punto è un altro: "Um es klar zu sagen: Wenn diese Ballung von Macht und von Wissen auch nur im Ansatz vorhanden wäre, würde ich morgen schon aufhören, Aufklärungsarbeit zu leisten, und mich ganztags meinem Garten widmen." Ovvero teorie (sbagliate) e prassi (distruttive) aprono inevitabilmente spazi che potrebbero essere sfruttati. E' insomma un invito all'ostinazione (che tutti i presenti hanno già raccolto, credo).
EliminaNon sono invece d'accordo con la lettura che dai di Burke. Sarebbe però un discorso un po' lungo e non so quanto IT, quindi rimando. ;-)
@Arturo
EliminaBè, ma cosa intendi? Sei focalizzato a correggere il tiro sul "messaggio che viene lasciato passare", oppure proprio a livello filologico?
Puoi immaginare che alle ricerche sul "conservatorismo" ci sia finito tramite Robin: attualmente sono focalizzato su Strauss, e in Burke mi ci sono imbattuto incidentalmente proprio perché le analisi che porta sulla Rivoluzione francese completano il quadro ante e post 1789 dal punto di vista "che ci interessa".
Quindi, particolare "letture" di Burke attualmente non ne do, se non in modo molto "da manuale": la lettura che vorrei più o meno rafforzare "falsificando", è quella sulla Rivoluzione francese, ed il suo intrecciato "duplice aspetto", culturale e storico-materialistico.
La modernità, o, se vuoi, "la fine della storia", nasce da lì: Hegel¹ individua l'aspetto filosofico-culturale, i conservatori individuano l'aspetto storico-materialistico (per certi versi, con una certa disincantata acutezza per cui, dal lato progressista, sarà necessario attendere Marx).
Ma avremo modo per approfondire.
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¹ «L'intero complesso della situazione della Francia in quell'epoca presenta il quadro della più enorme corruzione. È un selvaggio aggregato di privilegi contrari ad ogni idea e ragione, uno stato senza senso, accompagnato ad un tempo dalla massima corruzione dei costumi e dello spirito: un regno dell'ingiustizia», tanto che György Lukács definisce Hegel "un Marx mancato" a causa della realtà sociale troppo arretrata in cui era vissuto.
Sì, parlavo del livello filologico, in riferimento all'interpretazione burkeana della rivoluzione francese. Detto in super sintesi, non mi sembra molto corretto descriverlo come un teorico di un colpo di stato della finanza internazionale. Non solo perché per Necker affermava di nutrire "a high degree of respect", ma perché il monied interest che lo preoccupa veniva visto come una peculiarità francese: a causa di certe particolarità dello sviluppo economico della Francia prerivoluzionaria (in particolare la difficoltà di trasformare la terra in denaro e viceversa) il monied interest francese nutriva una particolare ostilità verso la proprietà fondiaria: "the owners of the two distinct species of property not so well disposed to each other as they are in this country" (questa è una citazione dalla Considerations).
EliminaQuesta è però solo la prima fase della rivoluzione; la seconda, più perniciosa e destinata a diventare l'incubo dei liberali ottocenteschi e oltre (fino ad arrivare al nostro amico Hayek, che considerava la Rivoluzione francese espressione di "totalitarian democracy and socialist leanings": The Constitution of Liberty, Chicago, The University Chicago Press, 2011, pp. 530-31), vedeva l'ascesa al potere di una classe politica di *non proprietari*: "By the end of 1791, however, Burke had written off the monied interest as a major power in France, and now saw a new phenomenon in Europe, a government that could exist and operate in independence of any kind of property." (F. Canvas, The Political Economy of Edmund Burke, N.Y., Fordham University Press, 1995, pag. 161). E l'espressione economica di questo innaturale stato di cose sarebbe stata l'emissione di carta moneta, anche come mezzo di pagamento dei creditori internazionali ("The credit of the ancient government was not indeed the best, but they could always, on some terms, command money, not only at home, but from most of the countries of Europe where a surplus capital was accumulated; and the credit of that government was improving daily. The establishment of a system of liberty would of course be supposed to give it new strength; and so it would actually have done if a system of liberty had been established. What offers has their government of pretended liberty had from Holland, from Hamburg, from Switzerland, from Genoa, from England for a dealing in their paper? Why should these nations of commerce and economy enter into any pecuniary dealings with a people who attempt to reverse the very nature of things, amongst whom they see the debtor prescribing at the point of the bayonet the medium of his solvency to the creditor, discharging one of his engagements with another, turning his very penury into his resource and paying his interest with his rags?" Sempre dalle Consideration)
In effetti la capacità della Rivoluzione di andare oltre i suoi limiti di classe, seppure solo momentaneamente e in mezzo alla tempesta politica, è diagnosticata correttamente da Burke, secondo una linea che anche Marx, in certe sue interpretazioni della Rivoluzione (ebbe infatti a fornirne diverse: c'è un gran bel libro di Furet che le passa in rassegna), avrebbe condiviso. E davanti a cui Hegel non si sarebbe ritratto (in questo Losurdo, distinguendo fra opzioni politiche immediate e categorie teoriche di fondo, mi pare riesca a dare un giudizio dell'atteggiamento hegeliano più preciso di quello proposto da Lukács).
Mi sa che poi così sintetico non sono stato, ma mi son lasciato prendere dall'interesse per l'argomento. :-) Comunque ne riparleremo.
In effetti io vedo un approccio molto facile da parte della cultura mainstream. Anche oggi ho avuto una discussione al riguardo. "E' un flusso che non si può fermare", "se non imparano la democrazia da noi non potranno migliorare le condizioni di vita da loro", "il fatto cha la loro assistenza drena risorse agli strati più socialmente bassi della popolazione è un argomento mal posto perché anche loro sono popolazione", "le risorse ci sono", "siamo emigrati anche noi", e così via.
RispondiEliminaIo mi sono permesso di osservare che:
a) Lo spostamento dei fattori di produzione (in questo caso i migranti), non è una dinamica naturale. Quando un popolo è costretto ad "esportare se stesso", non è un successo, nè morale nè sociale. Anzi, è indice di politiche economiche che lo costringono a ciò in nome di interessi non suoi. Così è stato, storicamente, con il nostro meridione. Dire "non esistono più i popoli" per tacere la cosa è ipocrita.
b) Purtroppo le risorse sono "drenate" a danno degli strati socialmente più bassi della popolazione. Soprattutto, poi, in un regime economico dominato dal pareggio di bilancio e dalla spending review.
c) Le politiche deflazionistiche in atto (10 per cento di disoccupazione strutturale), non favoriscono certo un inserimento ed una regolarizzazione dei migranti. Al massimo un loro utilizzo come "disoccupati di riserva" da parte delle elites e di manodopera da parte della malavita.
d) ma un vero fondo per l'assistenza allo sviluppo economico di quei Paesi (magari in luogo di "missioni di pace" che non hanno esportato nessuna democrazia e non hanno stabilizzato un bel niente), no? Anche solo ipotizzarlo, o almeno dire che è il neocolonialismo economico neoliberista il VERO problema (di cui la "migrazione" è una conseguenza)?
Ma non credo di essere stato ascoltato. "Le migrazioni ci sono sempre state", mi viene detto, come se fosse un fatto fisiologico e naturale (come il predatore che mangia la preda per sopravvivere), da accettare senza azzardarsi a formulare giudizi di valore.
Amen......
qui ci sono un po' di numeri :http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/22/naufragio-migranti-tutti-i-numeri-delle-migrazioni-e-la-soluzione-possibile/1611055/ (spero siano validi)
RispondiElimina"L’Acnur, l’agenzia dell’Onu per l’assistenza ai rifugiati, ha diffuso a sua volta i numeri relativi ai primi sei mesi del 2014. Ci dicono che il piccolo Libano accoglieva in quel periodo 1,1 milioni di richiedenti asilo, la Turchia quasi 800mila, la Giordania 645mila. Ciascuno di questi paesi da solo si faceva carico dunque di un numero di persone in cerca di protezione superiore a quello di tutti i 28 paesi dell’Unione Europea messi insieme. E da allora la situazione è molto peggiorata, per loro molto più che per noi. Un altro dato eloquente riguarda il numero di rifugiati accolti per ogni mille abitanti. Qui il Libano raggiungeva quota 257, la Giordania 114, la Turchia scendeva a 11. Il primo paese dell’Ue è la piccola Malta con 23, la Svezia è a quota 9. L’Italia, sotto la media europea, si fa carico di 1,1 rifugiati ogni mille abitanti."
Tanto tempo fa con Mattia Corsini provavo a mediare tra la posizione di Barbara e la sua.
Rispetto all articolo di Luciano e dei commenti di cui sopra sopratutto questo Di Lorenzo Carmineo
d) ma un vero fondo per l'assistenza allo sviluppo economico di quei Paesi (magari in luogo di "missioni di pace" che non hanno esportato nessuna democrazia e non hanno stabilizzato un bel niente), no? Anche solo ipotizzarlo, o almeno dire che è il neocolonialismo economico neoliberista il VERO problema (di cui la "migrazione" è una conseguenza)?
Ma non credo di essere stato ascoltato. "Le migrazioni ci sono sempre state", mi viene detto, come se fosse un fatto fisiologico e naturale (come il predatore che mangia la preda per sopravvivere), da accettare senza azzardarsi a formulare giudizi di valore.
Amen...... "
Intanto restiamo umani.
Un certo tipo di flussi migratori sono naturali. quello che non è naturale è che uno Stato come L'Italia o l'Europa non sia abbastanza prospera per sopportare neppure quelli" naturali", nella norma.
Quindi speriamo che le crisi ci aiutino a ritrovare i l senso dello stato uscendo dall'Euro e da questa Europa.
Ma "aiutarli a casa propria" oppure un "vero fondo per l'assistenza ecc" mi sembra come lo slogan "più Europa" (qualcosa che se si voleva fare o si potrebbe fare si sarebbe già fatto)
Il capitalismo (in qualsiasi veste si trasformi) non credo si esaurirà in poco tempo,mentre le persone (noi ,gli altri) ci sono,
Non credo esistano soluzioni comunque. Demistificato il "buonismo",oppure un altra notizia per distrarre l'attenzione; rimane di come si vorrebbero tutelare i confini dello Stato. (qui mi piacerebbe una risposta da Luciano)
Anche vent'anni fa" l'atteggiamento dei vertici politici verso l'immigrazione" non mi sembra nei fatti molto dverso da quello attuale( forse allora si avevano le 50mila lire da dare,oggi no) perchè è il flusso migratorio dall'Albania non mi sembra venne interrotto.
Il problema è che oggi la guerra,le guerre ,sono stae fnalmente "dichiarate",non so per preciso disegno, o per impreciso disegno ,coinvolgendo tutte le persone. E durante lo stato di guerra valgono le regole degl occupanti...
I confini si difendono allargando il benessere nel mondo (cioè le democrazie fondate sul lavoro e aventi gli strumenti per far crescere l'infant capitalism, o comunque serbare la ricchezza umana, prima che economica, nella dignità). I confini di TUTTI.
EliminaQuesto sarebbe il fondamento effettivo della legittimazione negoziale di diritto internazionale per l'italia: se non fosse privata della reale sovranità e lo stesso ONU non fosse ridotto a un simulacro impotente e pomposo, invece di essere il luogo di sintesi della umana solidarietà nella comunità delle nazioni sovrane.
Un mondo ideale di razionalità umanitaria, assurto a ordinamento giuridico, non c'è forse mai stato.
Ma si può fare molto meglio di così: basta non abbandonarsi al Washngton Consensus e smetterla di credere che la globalizzazione porti, essa, i miglioramenti tecnologici e il miglioramento delle condizioni di vita
Al di la del fatto che il flusso migratorio dall Libia (paese completamente destabilizzato), non sembra avere caratteristiche di normalità, aiutarli a casa propria significherebbe inmamzitutto renderli sovrani e padroni delle loro risorse. Sarà utopistico forse, ma assimilarlo a mero slogan non mi pare corretto. Sarebbe come negare che l'africa sia vittima di pesanti forme di neocolonialismo. Ossia negare l'evidenza.
RispondiEliminaDa un certo Eugenio Cefis, discorso ai militari dell'Accademia di Modena, 1972.
RispondiEliminaImpressionante. Più Europa e più TTIP!
EliminaVeramente ottimo articolo. Una cosa che mi faceva riflettere era proprio il senso di colpa comparativo, ad esempio vorrei sottoporre alla sua attenzione questi articoli di La Repubblica edizione genovese del 30 aprile 2015 a firma di Aldo Lampani,
RispondiEliminahttps://fbcdn-sphotos-f-a.akamaihd.net/hphotos-ak-xap1/v/t1.0-9/11182253_774678715981471_5585502997798579379_n.jpg?oh=c9b6faf7c200922e2e488d44075377b6&oe=55D9957A&__gda__=1439629222_6a23de10d225087e5f39e5e35a2c5c25
ove si dice, ad esempio, che "L'Italia non è il Mali, ma si continua a parlare degli italiani - e dei genovesi - come una moltitudine di affamati e disperati". Più sotto si afferma che in Liguria "nessuno soffre di fame o sete o vive con 1,25 dollari (meno di un euro) al giorno, condizioni queste per conclamare "assoluta" la povertà". A parte che mi sfugge il concetto di Lampani di povertà assoluta come di colui che vive sotto 1,25 dollari al giorno (e chi vive da disoccupato con 3 dollari al giorno e deve pagare un affitto di 600 per un loculo di 20 metri quadri?)...Beh, certo se i paragoni sono con il Mali...allora prima di agire e fare qualcosa dovremmo aspettare di diventare noi italiani vero e proprio terzo mondo?
L'articolista poi ci sciorina che non è vero che siamo poveri perché in Liguria disponiamo ad esempio "di 78 miliardi di risparmi e 289 miliardi di beni immobili."; cifre da verificare, ma anche fossero vere qual'è la loro distribuzione? Chi possiede 20.000 euro come risparmi di una vita è paragonabile a chi ne possiede 900.000? Non serve sapere che la Liguria possiede "grandi" risparmi se poi questi sono concentrati tutti in poche mani. L'articolista prosegue "L'80% dei suoi abitanti ha una casa". Andando avanti capiamo dove vuol arrivare l'articolista quando ci viene a dire che in Liguria non è vero che esiste la povertà: "Certo qualche risposta arriva dalle recenti indagini messe in opera dalla Guardia di Finanza, dall'Agenzia delle Entrate, dagli uffici comunali preposti. Sin dalle prime indagini hanno scoperto percentuali altissime di furbetti dell'Isee - dai benefici per l'università a quelli per l'asilo, dall'accompagnamento all'esenzione del ticket sanitario - che hanno depredato la solidarietà pubblica."
A me la storiella dell'altissimo tasso di "furbetti" dell'Isee sembra la stessa della propaganda degli italiani tutti baby pensionati, oppure tutti evasori fiscali, una propaganda autorazzista che più fonti hanno decisamente confutato, e che vede il nostro grado di evasione fiscale in linea con gli altri paesi europei.
Per non parlare del fatto che la vera evasione fiscale non è quella del tabaccaio che, subissato di tasse, cerca di sopravvivere non pagandole, ma quella dei multimiliardari che portano i loro soldi nei paradisi fiscali.
RispondiEliminaPer non parlare del fatto che dal 2015 è stato introdotto un nuovo Isee che prevede controlli più serrati e che quindi la percentuale di "furbetti" è comunque destinata a calare.
A me sembra di capire che l'articolista voglia insinuare che, dato che gli italiani, e i liguri, sono in realtà quasi tutti dei falsi poveri disonesti e "furbetti", la prossima mannaia "de sinistra" avallata da La Repubblica sia destinata ad abbattersi proprio su "quell'80% dei suoi abitanti che ha una casa"(nel caso della Liguria) e che quindi non vive nelle condizioni di povertà assoluta con 1,25 dollari al giorno "come in Mali".
Sembra di capire che questi proprietari di case "disonesti", "infidi" e "furbetti", che magari si sono comprati casa dopo decenni di mutuo e lavorando come muli, dovranno espiare le proprie colpe cedendo, prima o poi, quello che si sono meritati, perchè il paragone che ci viene propinato è quello che in Mali non hanno nemmeno i soldi per mangiare!
Ma vorrei sapere se invece storie come la mia andranno mai a finire su "La Repubblica". Io quest'anno ho compilato il nuovo Isee e il mio reddito e patrimonio mi posizionano sotto la soglia della povertà e avrei diritto a chiedere il bonus sociale luce e gas. Mentre per quanto riguarda il bonus luce ho presentato domanda al comune di Genova, per quel che riguarda l'elemosina del bonus gas (perchè avere 30 euro all'anno dallo Stato come aiuto nelle bollette del gas vuol dire ricevere l'elemosina) sono 3 mesi che giro invano tutti i Caf del Comune di Genova e tutti mi rifiutano di accettare la domanda opponendomi le scuse più svariate, come, ad esempio:"non ci hanno rinnovato la convenzione per erogare il servizio", "telefoni a questo numero" che on risponde mai, oppure "noi facciamo il bonus gas solo a chi ha compilato l'isee con noi". Quindi io che avrei tutti i diritti a ottenere il bonus gas dopo aver compilato l'isee che presuppone controlli serrati sul mio reddito e patrimonio, nondimeno non riesco ad ottenere nemmeno l'elemosina di 30 euro all'anno che mi spetterebbe. Ecco, quando io che vivo questa situazione mi imbatto in articoli che affermano che gli italiani sarebbero tutti o quasi "furbetti" che depredano "l'enorme" contributo della solidarietà dello Stato, mi viene uno scatto di rabbia violenta e mi trattengo a stento da atti inconsulti.
E' evidente che articoli del genere rispondono a uno schema mentale precostituito che prescinde da un'effettiva conoscenza degi indicatori rilevanti nel determinare l'incidenza intollerabile sulla popolazione residente dell'esercito dei disoccupati in nero che si va ad accrescere. Nessun barlume di consapevolezza sul circolo vizioso di redistribuzione di spesa pubblica a risorse crescentemente limitate, tra soggetti deboli, e deflazione salariale che così si innesca.
EliminaIl risultato è l'ostruzionismo metodologico (e illegittimo de facto), a salvaguardia "impedtivia" dell'effettiva erogazione di miseri benefici, a cui gli enti pubblici sono indotti.
Un mondo kafkiano, presidiato da media orwelliani...
Comunque anche la storiella degli italiani quasi tutti proprietari di case mi sembra la solita storiella propagandistica che vuole spacciare il popolo italiano come popolo più ricco e privilegiato di quello che è in realtà, al fine di giustificare misure sempre più draconiane che finiranno con il spolparlo sempre di più.
EliminaSemplicemente a me sembra che il conteggio dei proprietari di case si basi sui "capifamiglia" e non su "tutti gli italiani". Infatti, come potrebbe essere possibile avere 80 o 90% di italiani proprietari di case se non conteggiando, in una famiglia con figli minorenni o maggiorenni, anche questi come "proprietari di case"?
Come afferma questo sito,
http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2011/07/19/29220-8-famiglie-su-10-hanno-una-casa-propria-ma-e-il-5-del-totale
sarebbe più appropriato dire che "precisamente è il 79,1% delle famiglie ad essere proprietario di casa", che è diverso dal dire che "quell'80% dei suoi abitanti che ha una casa".
Questo sito afferma inoltre che "il valore totale delle abitazioni è in mano al 5% dei proprietari più "ricchi"" il che ridimensiona un po la pretesa di coloro che affermerebbero che l'80% degli italiani sono proprietari di case. Se fosse vero che l'80% degli italiani ha una casa di proprietà allora quasi tutti i figli se ne andrebbero a vivere da soli all'età di 18 anni, mentre la realtà che vediamo intorno è che tali figli a 40 anni sono costretti a stare nella casa di proprietà dei genitori perché non trovano lavoro (o se lo trovano è precario) e non possono quindi pagarsi un affitto/mutuo.
A me sembra proprio di vivere in una realtà orwelliana, dove la manipolazione delle percezioni è funzionale a ridurci in schiavitù. Infatti, se secondo il giornale La Repubblica, siamo tutti ricchi proprietari di case, falsi poveri, falsi invalidi, a cosa serve il welfare state? A nulla! Anche se il giornalista ammette comunque che il nostro servizio sanitario o la cassa integrazione hanno aiutato qualcuno in periodo di crisi, se però tutti o quasi i beneficiari sarebbero proprietari di casa, "furbetti" e disonesti che si approfitterebbero della solidarietà statale che in realtà non si meritano, il welfare state sarebbe per lo più uno spreco inutile; il tutto portato avanti anche con il senso di colpa comparativo, che ci dice che non saremmo allo stesso livello dell'Africa e tutti abbiamo comunque più di 1,25 dollari al giorno per vivere (e quindi i proprietari di casa si dovrebbero vendere la casa per pagarsi da mangiare); l'articolo sembra più o meno esplicitamente insinuare che, anche se in teoria qualcuno ne avrebbe diritto perchè autenticamente povero, il welfare state e l'aiuto ai poveri, come il reddito minimo, sarebbero comunque molto difficili da gestire e sui poveri ci vorrebbero controlli polizieschi per colpire chi sgarra (mentre sugli evasori multimiliardari l'articolista non ha nulla da dire) e sarebbe quindi forse meglio non dispiegarli (o ridurli) a causa della maggioranza degli italiani evasori, "furbetti", ladri, corrotti, baby pensionati, nullafacenti, approfittatori ecc. ecc.
Il frame di giornali come La Repubblica è proprio questo; nel tempo del vincolo esterno, dell'euro, della deindustrializzazione, della precarietà, del fiscal compact, del pareggio di bilancio forzato, la propaganda più reazionaria e fascista di taglio ai servizi pubblici è spacciata come una cosa "de sinistra"