sabato 7 ottobre 2017

BRUENING, ZIO ADOLFO NON KEYNESIANO E IL BIG BUSINESS - LA CARRIOLA DI HITLER (2)

Adolf Hitler cutting the first sod for the motorway of the Reich from Frankfurt/Main to Heidelberg

Adolf Hitler inaugura i lavori per la costruzione dell’autostrada da Francoforte a Heidelberg il 23 settembre 1933.

1. Sempre accorpando in un'unica esposizione organica le ricostruzioni di Arturo (ex Tooze) sul "pensiero economico di Hitler" (è ovvio che occorra leggere questo post insieme col precedente), veniamo ad altri interessanti aspetti che ci ricordano da vicino.

2. Cominciamo dal luogo comune di "Hitler keynesiano" e da come, in coerenza con la visione ("Popolo tedesco: esporta o perirai!") mostrata nel discorso al Reichstag del 1939 (riportato nel precedente post, p.7), egli concepisse la disciplina e il mercato del lavoro:
"Mi pare una buona occasione per un po’ di sano debunking del tanto persistente, quanto infondato, mito dell’”Hitler keynesiano”. Un accostamento ingiurioso che credo non abbia stufato solo me. Vediamo se con l’aiuto del lavoro di Tooze (che mi pare abbastanza autorevole…) riusciamo almeno a mettere un po’ di sabbia nell’ingranaggio dello spin.

Ne ho già fatto uso in passato parlando di una fase più avanzata del regime, ma torniamo alle origini.

Vediamo quindi di chiarire un po’ gli antefatti del famoso “piano di lavoro” di Hitler.
(Tooze, pagg. 24-5): “La creazione di posti di lavoro emerse come argomento di intensa discussione all'interno dell'estrema destra politica tedesca solo nella seconda metà del 1931.
Il partito nazista non adottò la creazione di lavoro come momento chiave del proprio programma fino alla tarda primavera del 1932, e mantenne questa posizione solo per 18 mesi, fino al dicembre 1933,  allorché la spesa per la creazione di lavoro nel settore civile fu formalmente rimossa dalle priorità del governo di Hitler. 
Nonostante i proclami della propaganda di Goebbels e la preoccupazione dei commentatori e storici venuti successivamente a tale epoca, le misure di creazione del lavoro nel settore civile smisero chiaramente di essere un elemento fondamentale dell'agenda della coalizione nazionalista che prese il potere nel gennaio del 1933.
In effetti, tra i partners della coalizione del gennaio 1933, la creazione di lavoro era altamente divisiva.  Misure agevolative del credito furono ferocemente contrastate da Hugenberg,  leader del DNVP, partner indispensabile della coalizione guidata da Hitler. 
La creazione di lavoro era vista con sospetto anche dai circoli di banchieri e imprenditoriali vicini al partito nazista, che su questa questione avevano un portavoce in Hjalmar Schacht.
[Un politica di pieno impiego] risultava in acuto contrasto con le tre questioni che avevano veramente unito la destra nazionalista e che avevano reso possibile il governo di Hitler del gennaio 1933: la tripla priorità del riarmo, del ripudio del debito estero della Germania e del preservare l'agricultura tedesca. 
Queste erano le convergenze che avevano dominato l'agenda della destra fin dagli anni '20. Dopo il 1933 esse assunsero, se necessario, a spese della creazione di lavoro, la priorità. Fu l'azione di Hitler su questi tre aspetti e non l'espansione occupazionale che contradddistinse la linea di demarcazione tra Weimar Republic e Terzo Reich.

Pag. 55: “Sotto ogni punto di vista, tranne quello della propaganda, le misure creative di lavoro nel settore civile  del 1933 furono depotenziate dalle decisioni assunte sul riarmo e sul debito estero.   
Il pacchetto di provvedimenti sulla spesa militare eccedeva di gran lunga qualsiasi preoccupazione per la creazione di lavoro civile. Secondo l'accordo del giugno 1933, la spesa militare doveva essere quasi tre volte maggiore della somma di tutte le misure annunciate nel 1932 e nel 1933 per la creazione di lavoro nel settore civile.

4. "E se la disoccupazione certo diminuì e il PIL tornò a crescere non bisogna credere neanche per un attimo che della ripresa i lavoratori tedeschi abbiano visto più che le briciole. Anche qui, come nel caso del fascismo, i più eloquenti sono i dati sui consumi.
Pag. 65: Nel 1935 il consumo privato era ancora del 7% al di sotto dei livelli anteriori alla Depressione e gli investimenti privati era sotto del 22%. In contrasto con ciò, la spesa pubblica statale era del 70% superiore a quanto fosse nel 1928, e l'aumento era quasi interamente dovuto alla spesa militare.” (E vedremo subito come associare la spesa militare a "politiche keynesiane" sia un frequente e mai abbandonato errore di comprensione del modello keynesiano).

4.1. "I tedeschi, dunque, stavano meglio come condizioni salariali e di tutela del lavoro? I dati storico-economici smentiscono pure questa ulteriore vulgata. Coi più "banali" degli indicatori; proprio quelli che oggi sono tornati...fuori moda.
"A questo punto non è difficile immaginare la dinamica di salari e profitti (pagg. 108-9): “La combinazione di una domanda interna in crescita, l'orientamento alla competizione sull'estero, prezzi crescenti e salari relativamente statici [il che vuol dire, come aveva precisato a pagina 64, che “ i salari reali di molti lavoratori decrebbero drasticamente nel 1933, poichè i salari ristagnavano e i prezzi alimentari cominciarono a salire”] creò un contesto nel quale era difficile non ricavarne alti profitti". 
"In effetti, al 1934, i bonuses pagati ai consigli di amministrazione di alcune società risultarono così spettacolari che provocarono un acuto imbarazzo al governo di Hitler. Alla luce dei ben più modesti incrementi nei redditi dei lavoratori, sembrò che i comunisti e i socialdemocratici segnassero un punto a proprio favore. The Nazi regime era una 'dittatura dei Capi'.

5. Questo sta scritto sul più importante saggio di storia economica sul Terzo Reich uscito negli ultimi 10 e passa anni.
Ovvero, se, come ci ricorda Barba, lo scopo delle politiche keynesiane è quello di aumentare la propensione al consumo della società nel suo complesso per accrescerne il prodotto, come aveva detto giustamente Quarantotto, altro che Hitler keynesiano: riarmo über alles.

La differenza col fascismo, se dovessi provare a sintetizzarla in due parole, sta nella situazione economica mondiale: mentre negli anni ’20 si trattava di schiantare il movimento politico e sindacale dei lavoratori al fine di superare un’impasse politica avversa all’imposizione dell’austerità necessaria per ripristinare le “regole del gioco” del gold standard, in Germania si trattava di realizzare lo stesso obiettivo repressivo per rendere politicamente accettabili al grande capitale i salvataggi che gli erano necessari a causa della sottovaluazione degli effetti distruttivi dell’austerità a cui aveva poco prima plaudito, in un contesto internazionale in cui il “gioco”, di cui era stato entusiastico sostenitore, era crollato. 
Certo, dal loro punto di vista (dei capitalisti tedeschi) si trattava di un regime transitorio (ma questo era vero pure per la classe dirigente liberale rispetto al fascismo).

6. Ancora Tooze, sugli antecedenti "austeri" dei partiti nazionalisti (che appoggiarono Hitler), già  nella fase di Weimar pag. 104: “Sebbene mai completamente tacitati, gli ultranazionalisti era in minoranza e il Reichsverband (gruppo/coalizione di governo) usò la sua influenza per assicurarsi che un numero sufficiente di deputati del DNVP  votassero col governo per approvare il primo Piano Dawes nel 1924  e il Piano Young nel 1930. Inoltre, il partito nazionalista del popolo tedesco (DNVP) sostenne entusiasticamente l'agenda internazionale liberoscambista promossa dai ministri del Reich per gli affari economici e quelli esteri alla Lega delle Nazioni.” 
Il dato storico di questa posizione dei nazionalisti (ben anteriore alla scelta del riarmo) non va trascurato per la sua oggettiva coincidenza con la linea attuale della Germania.

6.1. Ed infatti:
Pag. 105: “Non sorprendentemente, perciò, [il partito nazionalista] diede supporto entusiastico al Cancelliere Bruening quando, nella primavera del 1930, promise di soddisfare sia l'agenda domestica che quella internazionale allo stesso tempo.
Col flusso di capitale straniero temporaneamente arrestatosi, adempiere ai termini del Piano Young richiedeva un severo programma di deflazione interna,  che a sua volta pose  Bruening in grado di muovere vero l'inversione di tendenza sul piano interno,  - il cosiddetto 'domestic Young Plan' - che le imprese avevano a lungo bramato
Quello che la German business lobby, insieme con la maggioranza degli esperti formatisi nell'esperienza economica (al tempo) convenzionale, non compresero, era la gravità della crisi interna e internazionale che ciò avrebbe scatenato.” E se anche ciò fosse stato compreso in seguito (ove mai accettate le spiegazioni keynesiane sulla crisi del 1929) di certo oggi questa comprensione è stata del tutto rimossa.

7. Ma persino Hitler doveva temere che queste politiche potessero condurre a un "certo" scontento sociale...
"Come uscirne senza concedere niente al lavoro?
Ecco un Hitler pronto alla bisogna (Tooze, pag. 102): “La riunione del 20 febbraio 1933 e i suoi esiti sono il più noto esempio della volonta delle imprese tedesche di assistere Hitler nel fondare il suo regime dittatoriale. A tale evidenza non ci si può sottrarre. 
Nulla suggerisce che i leaders delle grandi industrie tedesche fossero pieni di ardore ideologico per il nazionalsocialismo,prima o dopo il febbraio del 1933. Nè Hitler richiese a Krupp & Co. di sottoscrivere un programma di violento antisemitismo o per una guerra di conquista. 
Il discorso che Hitler tenne agli imprenditori nella villa di  Goering non era il discorso che aveva tenuto coi generali poche settimane prima, nel quale aveva apertamente parlato di riarmo e del bisogno di espansione territoriale. Ma ciò che Hitler e il suo governo promisero fu la fine della democrazia parlamentare e la distruzione della sinistra in Germania e per questo la maggioranza dei grandi industriali tedeschi era desiderosa di investire un congruo acconto.
In sostanza, direi, aveva ragione Kalecki su tutta la linea e anche di più.
Poi, certo, alla fine, ne ho già parlato, il giocattolo gli è sfuggito di mano. Poverini. (Noi)".

7.1. [Prosegue Arturo] Insomma, riprendendo sinteticamente questo post, direi che il punto non è liberismo vs. protezionismo, ma imperialismo vs. sovranità democratica (che potrà decidere il “dosaggio” “di protezionismo e liberismo”, come diceva Caffè, che conviene al benessere del popolo che la esercita, senza imposizioni e pregiudizio verso gli altri, e che si accompagni alla condivisione del sovrappiù, assicurando la stabilità del capitalismo. If, indeed, such a thing is possible…)."

8. Riassumendo: "Hitler keynesiano" è un misunderstanting infondato, se non in taluni casi apertamente malizioso, in cui si può incorrere solo per superficialità storica, politica e soprattutto economica
Neppure la mitizzazione del programma di pubbliche infrastrutture del regime nazista regge a una seria disamina storico-fattuale (selezione compiuta sempre Arturo):
"E allora parliamo pure delle mitiche Autobahnen (Tooze, pagg. 45-7): “Nella mitologia della creazione di lavoro da parte del regime nazista, le autostrade occupano un posto speciale.
Ironicamente, comunque, le autobahns non furono mai concepite principalmente come misure di creazione del lavoro, e di fatto non contribuirono materialmente ad attenuare la disoccupazione.  
Seguirono un  logica non di creazione di lavoro, ma di ricostruzione nazionale e di riarmo, una logica che era tanto simbolica quanto pratica... […] 
Il 23 settembre, nel sito del  Frankfurt-Darmstadt building, Hitler e Goebbels misero su un grande spettacolo per le telecamere dei cinegiornali. Hitler fece più che dare il primo colpo di pala, riempì un'intera carriola. In pratica comunque,l'effetto del programma di opere autostradali sulla disoccupazione fu trascurabile. Nel 1933 nella prima tratta di autostrada, furono impiegati non più di 1000 lqvoratori.  Dodici mesi dopo la nomina di Todt, la forza di lavoro impiegata nelle autostrade era di sole 38.000 unità, una minuscola frazione dei lavori creati da quando Hitler era asceso al potere”.

8.1 "Il notevole pregio del libro di Tooze, come di tutti i lavori di storia veramente buoni, è di ricostruire i fatti con estrema accuratezza. Questo consente di darne un’interpretazione, che dipende sempre dai modelli, implici o espliciti, di funzionamento della società e dell’economia usati dallo storico, più o meno diversa dalla sua.
Per esempio è certo che l’ideologia abbia avuto un ruolo molto importante nella parabola nazista, ma è altrettanto vero che bisogna riflettere attentamente sui fatti materiali, e le costellazioni di potere ad essi sottesi
Per esempio, a proposito del Lebensraum ("spazio vitale"...secondo le esigenze autodefinite dai tedeschi con pretese bio-scientifiche), scrive lo stesso Tooze:
La crescita economica non poteva essere presa per scontata e Hitler non fu senza dubbio l'unico a dirlo apertamente. Come s'è visto, la dottrina della vita economica come un campo di battaglia era già pienamente formata in Mein Kampf  e nel  'Secondo Libro' di Hitler. 
E questa visione darwinista fu soltanto incoraggiata dalla susseguente Grande Depressione. Data la densità di popolazione in Germania e l'insistenza di Hitler sulla  inevitabilità del conflitto derivante dalla crescita export-led, la conquista del nuovo Lebensraum fu certamente uno strumento del crescente livello di reddito pro-capite della Germania".

9. Dunque, politiche economiche mercantiliste, come sempre preparatorie del free-trade e della crescita preferenziale export-led, garantita da posizioni di forza tecnologiche ma, prima ancora, di competitività di costo del lavoro, e dunque in compresenza di lavoro-merce: un elemento, quest'ultimo, garantito più dalla forza dello Stato militar-poliziesco che dalla più "tradizionale" preoccupazione (liberista) di dover mantenere il consueto livello "naturale" di (dis)occupazione. 
Tutti questi elementi caratterizzano, prima e dopo l'ascesa al potere, ed in stretta aderenza al capitalismo liberista, il regime nazista.
Lo attesta la ricostruzione di Tooze (ma non solo, vedremo) con la sua accuratezza nella ricostruzione dei fatti e dei dati.

10. Una prima conclusione è possibile ritrarla: l'oggettiva sostanza, "sociale" e politico-economica, del regime hitleriano non differisce dall'attuale politica economica, altrettanto, se non più, export-led, della Germania
E su questo non possiamo neppure dire che Tooze sia particolarmente "di parte" (cioè un indignato marxista-keynesiano, alla Kaldor o alla Kalecky). 
Da un lato, infatti, abbiamo visto come un attento recensore della costante linea della politica economica tedesca - che sia l'ordoliberismo d'antan del secondo dopoguerra (US-sponsored), o il modello renano, o più ancora la svolta finanziarizzata verso l'investimento estero nella fase "eurozona",- come Halevi (p.5), evidenzi le stesse caratteristiche sopra viste.
E la sua ricostruzione converge con quella di uno storico dell'economia di sicuro segno ideologico opposto qual'è Eichengreen, nel parlare apertamente di corporativismo tedesco (v. p.2): un elemento costante che trascende la parentesi hitleriana e si radica piuttosto nello shock conseguente alla sconfitta nella prima guerra mondiale e alle "soluzioni" di Bruening.
Tra l'altro, la  preponderante infuenza di tale "tradizione" spiega anche l'attuale disciplina degli artt.151, par.2, e 152 del TFUE , dei quali, inspiegabilmente e tutt'ora, sfugge l'evidente impronta corporativa (cioè apertamente e prioritariamente "competitiva", nel subordinare qualsiasi istanza sociale di tutela del lavoro all'export-led growth).
Dall'altro lato, poi, Tooze (accessibile anche in italiano), come vedremo nella prossima puntata, non sfugge nemmeno lui, come attento storico ma pur sempre di angolazione anglosassone (pur senza certo arrivare alle estreme conseguenze di von Mises), alla tentazione di una (sia pur raffinata) reductio ad Hitlerum.

11. Per l'appunto, nella parte 3a, cercheremo di dare risposta al problema delle cause e degli effetti, molto concreti ed attualissimi (in €uropa), della reductio ad Hitlerum  (di cui, pure, ci ha parlato Bazaar, in termini di storia del pensiero moderno e contemporaneo, in quanto rendibile coerentemente dalle scienze sociali). 
E possiamo anticipare un aspetto, mai trascurabile: la reductio ad Hitlerum è uno dei modi più comodi ed efficaci che ha il capitalismo di autoassolversi dalle tragedie ricorrenti provocate dalla sua ossessione per il gold standard. Che costituisce un filo conduttore che trascende le ideologie e i regimi che queste plasmano (elemento sovrastrutturale, pur capace di retroazioni sull'assetto materiale della società), se, con una certa "ingenuità" (interessata), non si ha riguardo alla permanenza della "struttura" dei rapporti di produzione cui si tende nei vari momenti storici.

11 commenti:

  1. Scusatemi per questo intervento non pertinente ma leggetevi quest’ultimo articolo di Dezzani. Le conclusioni a cui arriva, per quanto possano lasciare sbigottiti, sono molto plausibili e danno risposta a un quadro che diventa sempre più coerente. È un allarme che non possiamo far cadere ma che dobbiamo rilanciare, prima che ci vengano chiusi i canali. È sempre più chiaro che ai paesi della periferia d’Europa è stata fatta una guerra a tutti gli effetti.
    http://federicodezzani.altervista.org/leuropa-a-due-velocita-passa-per-il-sacco-di-roma/

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    1. In linea generale, il mercantilismo prepara alla guerra; questa, poi, può essere condotta con strumenti propriamente militari o mediante il free-trade e la successiva finanziarizzazione del controllo sull'avversario sconfitto, in quanto divenuto debitore (verso una potenza estera dominante). Ed è in realtà la linea esplicativa più volte ripresa da questo blog.

      Il commento quindi non è OT, considerato che questo post (ove Arturo riassume proprio questi termini della questione: cioè contrapposizione "imperialismo vs democrazia rappresentativa") serve a chiarire i presupposti storici, costanti e riconoscibili nel tempo, di queste diverse, ma equivalenti, forme di conflitto aggressivo.

      In pratica, è molto più efficiente e stabile, - e richiede meno sovrastruttura ideologica (suscitando meno resistenze)-, condurre la guerra di assoggettamento imperialista attraverso mercantilismo-freetrade-desovranizzazione monetaria=> potere del creditore finanziario (estero), sancito da trattati economici.

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  2. Tema già discusso dal Presidente nel precedente post:

    “Un'analisi anti-fenomenologica e tutta ideologico-liberista, scissa dalla considerazione della struttura (dei rapporti di produzione instaurati nell'eurozona).

    L'UE-M non può ANCORA permettersi di offrire un modello appetibile di superamento degli Stati nazionali a cui ricorrere nell'immediato: per il semplice fatto che il suo modello di Stato federale minimo hayekiano, cioè abrogatore dei diritti sociali e del lavoro, in questo momento DEVE ancora seguire la GRADUALITA' ORDOLIBERISTA.

    E ciò semplicemente perché l'UE stessa non ha completato il lavoro in tempo, cioè prima che la deflazione salariale e l'alta disoccupazione strutturale fossero stabilizzate SENZA SUSCITARE UN DIFFUSO MALESSERE SOCIALE.

    E' questione di timing: OGGI, l'UEM è alle prese con una difficile transizione (mediatico-propagandistica) per completare il suo disegno e stabilizzare nuove istituzioni che svuotino la sovranità: l'effetto di queste riforme sarebbe più austerità e più gold standard (bilancio federale con contribuzione maggiorata paritaria tra gli Stati rispetto al PIL, ESM come FM€ e condizionalità perenne su inasprimenti della riduzione degli Stati, unione bancaria "selettiva" e accentratrice della moneta privata sui sistemi, privati, dei paesi dominanti).

    Alla difficile riuscita del disegno corrisponde un tale livello di privatizzazione finanziaria delle istituzioni (ex-solidaristiche e divenute "competitive"), che esigerebbe un tempo di digestione sociale alquanto lungo: almeno quello lungo il cui arco, nei vari paesi, scomparissero i baby-boomers (che rammentano gli ordinamenti previgenti del welfare) e in modo che funzionasse a regime la storiella cosmetica del "conflitto generazionale".

    La Catalogna, regione spagnola dove si è realizzato di gran lunga il più alto livello di austerità fiscale pro-investitori esteri, è quindi (solo) in contro-tempo: ha anticipato eccessivamente la sua rivendicazione mettendo in difficoltà i suoi sponsor sovranazionalisti.

    E ha sbagliato il timing, PER ORA, PERCHE' si è trovata, per sue difficoltà interne, a dover SCARICARE SULLA SPAGNA IL MALCONTENTO CREATO DAL SUO ZELO FISCALE, deviando il malcontento dalla sua vera causa, l'euro e il suo sistema di aggiustamento "gold-standard".

    L'UE sta semplicemente segnalando questo ai catalani e ai vari "indipendentisti": quando sarà arrivato il momento del colpo finale alle sovranità statali democratiche lo stabiliamo noi, cioè l'oligarchia sovranazionale.
    Non "voi" meri SEGUACI LOCALI ENTUSIASTI E ZELANTI del riordino oligarchico supply-side e privatizzato delle società.

    Se dal "centro di irradiazione e deliberazione", cioè il comitato delle elites degli STATI DOMINANTI, non arriva il segnale- che coinciderà con la istituzionalizzazione delle macroregioni multinazionali (che per configurazione geografica è meno realizzabile in Catalogna), il segnale è questo: lasciateci lavorare e abbiate fede; E INTANTO RISOLVETEVI I PROBLEMI DI SCONTENTO SOCIALE REGIONALIZZATE DA VOI, perché l'operazione di scaricabarile verso lo Stato centrale mette in difficoltà quest'ultimo che DEVE FARE COMUNQUE IL LAVORO PIU' GROSSO E PIU' UTILE AL COMPL€SSIVO DISEGNO (basta rileggersi la Sassen sul ruolo delle classi politiche nazionali nel promuovere la globalizzazione).

    L'UE, perciò tra due "progetti" in corso, sceglie razionalmente quello che dà i vantaggi maggiori e bacchetta i "primi della classe" che vogliono ottenere subito un risultato complessivamente meno €fficiente.”

    http://orizzonte48.blogspot.it/2017/10/zio-adolfo-e-la-mobilitazione-libero.html?showComment=1507278963951#c3424232440322456474

    p.s. da leggere tutta la discussione.

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  3. (Se al posto del nick ricompare quello strano geroglifico, confermo la parentela "arturiana" :-)).

    La tessera mancante del puzzle per passare alla Germania del dopoguerra secondo me è quella figura chiave della storia tedesca che è stato Gustav Stresemann. Di nuovo Tooze (pag. 2): “This alternative to nationalist militancy also aimed to achieve a revision of the onerous terms of the Treaty of Versailles. But it aimed to do so not by gambling on military force. Instead, Weimar's foreign policy prioritized the economy as the main field within which Germany could still exercise influence in the world. Above all, it sought security and leverage for Germany by developing financial connections with the United States and closer industrial integration with France. In certain key respects, this clearly anticipated the strategy pursued by West Germany after 1945. It was a policy that enjoyed the backing of all of the parties of the Weimar coalition - the Social Democrats, the left liberal DDP and the Catholic Centre party. But it was personified by Gustav Stresemann, leader of the national liberals, the DVP, and Germany's Foreign Minister between 1923 and 1929.

    E’ notevole che l’alternativa “democratica” a Hitler fosse incarnata da un simile personaggio, la cui posizione “filo-americana” non era nient’altro che una ricollocazione realista dell'imperialismo tedesco dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale: “Stresemann was in every respect a full-blooded German nationalist. He never distanced himself from the annexationist positions he had adopted during World War I, because he saw no reason to regret them. Nor was he ever willing to accept as a long-term solution the eastern border with Poland as defined by the 1921 plebiscite and League of Nations decision.
    His strategy, which relied on manipulating the interlocking interests of the United States, Britain and France, was simply more complex than the confrontational mode favoured by the ultra-nationalists.
    ” (Ibid., pag. 5).


    Una volta che la sponda americana era paralizzata dalla grande depressione, chiaro che l’opzione Hitler, nelle intenzioni transitoriamente, poteva diventare attraente.

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  4. Alla fine la differenza è fra un’egemonia economica, unione monetaria inclusa, appoggiata direttamente sulle armi tedesche (senza naturalmente sminuire gli aspetti ideologicamente più aberranti e mostruosi che vi si sono accompagnati sotto il Terzo Reich, da cui però non bisogna neanche farsi abbagliare), oppure sull’imperialismo “pacifista” americano, come lo definiva sarcasticamente Trotskij (Le prospettive di una rivoluzione mondiale, 1924):

    Fatto notevole: è a scopo d’interesse che l’America ha alimentato la guerra attraverso la sua industria; è a scopo di interesse che è intervenuta, per schiacciare un temibile concorrente; e, tuttavia, è riuscita a mantenere una solida reputazione di pacifismo. È uno dei paradossi della storia, paradosso che non ha e non avrà niente di divertente per noi. L’imperialismo americano, fondamentalmente brutale, spietato, rapace, grazie alle particolari condizioni dell’America, ha la possibilità di avvolgersi nel mantello del pacifismo - cosa che non possono fare gli avventurieri imperialisti del vecchio mondo. Ciò dipende da ragioni geografiche e storiche. Gli Stati Uniti non hanno avuto bisogno di mantenere un esercito di terra. Perché? Perché sono separati dai loro rivali da immensi oceani. […] Ecco la principale ragione geografica che ha permesso loro di agghindarsi con questa maschera del pacifismo. In realtà, contrariamente all’Europa e agli altri paesi, l’America, fino ad ora, non aveva esercito. E se ne ha uno, è perché vi è stata costretta. Chi l’ha costretta? I barbari, il kaiser, gli imperialisti tedeschi.

    La seconda ragione della reputazione di pacifismo degli Stati Uniti, bisogna cercarla nella storia. Essi sono intervenuti nell’arena mondiale quando l’intero globo terrestre era già conquistato, diviso e oppresso. Per questo l’avanzata imperialista degli Stati Uniti si effettua sotto le parole d’ordine: «Libertà dei mari», «Frontiere aperte» ecc. ecc. Perciò, quando l’America è costretta a compiere apertamente una canagliata militarista, agli occhi della sua popolazione e, in una certa misura, di tutta l’umanità, la responsabilità incombe unicamente sui cittadini ritardati [nel senso di ritardatari] del resto del mondo.


    Finché l’accordo regge…

    (Certo però sarebbe simpatico vivere in un mondo un po’ più civile…)

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    1. Un giorno mi dirai com'è venuto fuori il geroglifico.

      E perché devi sempre far tradurre a me queste interessantissime fonti :-)

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    2. Il geroglifico è un mistero anche per me: le mie conoscenze informatiche sono limitatissime.

      Sulle fonti, hai proprio ragione: dopo aver riportato i passi riprodotti nel post ho avuto alcune distrazioni, ma per questi non ho scuse :-):

      Questa alternativa a un combattivo atteggiamento nazionalista aveva anch’essa come scopo la revisione dei pesanti termini del Trattato di Versailles, senza però scommettere sulla forza militare. La politica estera della repubblica di Weimar dava invece la priorità all’economia come campo principale in cui la Germania poteva ancora esercitare la sua influenza nel mondo. Soprattutto cercava sicurezza e forza politica per la Germania attraverso legami finanziari con gli USA e una più ravvicinata integrazione industriale con la Francia. In certi aspetti chiave, si tratta di una chiara anticipazione della strategia seguita dalla Germania Ovest dopo il 1945. Si trattava di una politica che godeva dell’appoggio di tutti i partiti della coalizione di Weimar – socialdemocratici, liberali di sinistra della DDP e Zentrum cattolico. Era però personificata da Gustav Stresemann, leader dei nazional-liberali, la DVP (Deutsche Volkspartei), e ministro degli esteri tedesco dal 1923 al 1929

      Stresemann era sotto ogni aspetto un convinto nazionalista tedesco. Non prese mai le distanze dalle posizioni annessioniste che aveva espresso durante la Prima Guerra Mondiale, perché non vedeva ragione per pentirsene. Né fu mai disponibile ad accettare come soluzione a lungo termine il confine orientale con la Polonia definito dal plebiscito del 1921 e dalla decisione della Società delle Nazioni.
      La sua strategia, che si basava sulla manipolazione dei reciproci interessi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, era semplicemente più complessa rispetto all’atteggiamento conflittuale preferito dagli ultra nazionalisti
      ”.

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  5. … Il progetto autostradale occupò molte persone a costi relativamente bassi, in particolare operai del settore edile, vittime della Depressione e referenti elettorali primari dei nazisti…nella concezione della Wehrmacht il sistema delle Autobahnen sarebbe stato un efficace strumento per mobilitare rapidamente le divisioni nel caso in cui la Germania si fosse nuovamente a combattere una guerra su due fronti.

    Il progetto Autobahnen è stato inquadrato da numerosi studi accademici come un esempio di keynesiana spinta della domanda aggregata, concepito prima che Keynes pubblicasse la sua Teoria Generale (1936)… Gli studi più recenti indicano però che i disavanzi fiscali del regime nazista erano troppo modesti perché potessero prodursi gli effetti moltiplicativi dello stimolo alla domanda keynesiano. A creare posti di lavoro e migliorare la situazione fiscale fu semmai il ciclo di ripresa innescatosi dopo il culmine negativo del 1932…
    ” [P. BARBIERI, L’impero Ombra di Hitler, Mondadori, 2015, 140].

    Tra gli studi più recenti, segnalo questo Paper di Albrecht Ritschl il quale avvalora, dal punto di vista dell’analisi strettamante economica degli aggregati, quanto sostenuto da Tooze e riportato nel post. Interessanti sono i paragrafi III (Governo centrale-Bilanci e politica fiscale) e IV (Gli investimenti, la creazione di lavoro e l’Autobahn) dello studio ed i relativi grafici riportati in calce al documento. Non sono un economista, quindi…Quarantotto riuscirà a leggerci più di quanto non riesca a fare io; tuttavia cerco di riportarvi (con traduzione da non imitare!) il “succo” di quanto ho cercato di capire da detti paragrafi e le conclusioni dello studio.

    Nel paragrafo III, Ritschl ci dice che il deficit nazista in generale mostra un salto dal 1933 al 1934 e poi rimane praticamente stagnante fino al 1936. Solo dopo il 1936 si ha una ripresa del deficit spiegabile con l’intensificarsi della preparazione alla guerra. Per ciò che riguarda il comportamento del deficit durante la Grande Repressione, il bilancio rimane più o meno in equilibrio fino al 1932 e mostra un modesto deficit nel 1933. Se si analizzano, attraverso la Figura 3, le relazioni tra politica fiscale e le fluttuazioni del reddito, non si nota alcuna espansione keynesiana. Come ci dice l’Autore “Al fine di avere un effetto sul reddito, ci devono essere plausibili relazioni quantitative fra l'impulso fiscale ed il cambiamento osservato nell'output”. Ed invece queste relazioni non si notano.

    Ritschl ci dice “Se gli impulsi fiscali erano così piccoli, ci sarebbero voluti grandi moltiplicatori sotto un meccanismo keynesiano reddito-spese per la trasmissione di questi in un'espansione trainata dalla domanda” Niente di tutto ciò, ed i consumi si mostrano stagnanti nel periodo di riferimento. Tant’è che dalla Figura 4 si ricava che “… durante il periodo tra le due guerre, il rapporto tra consumi e reddito disponibile era altamente irregolare. A quanto pare, i consumatori tedeschi nel periodo tra le due guerre erano non esattamente keynesiani: il rapporto marginale del consumo al reddito oscilla selvaggiamente e ripetutamente supera l'intervallo consentito dalla dottrina keynesiana”.

    Ritschl tira le somme del paragrafo III “… Per essere coerenti con le ipotesi keynesiane, i deficit pubblici fra il 1933 ed il 1935 avrebbero dovuto essere due a cinque volte più grande di quanto fossero in realtà. Inoltre, la risposta lenta dei consumi privati alle fluttuazioni nel reddito disponibile suggerisce che c'è poco di un meccanismo di libro-stile keynesiano…”. (segue)

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    1. Mitico Ritschl! Ovviamente Tooze tiene in attenta considerazione i suoi lavori: è pure fra i ringraziati. Come logico, un libro come il suo può arrivare solo dopo decenni di studi precedenti (doverosamente segnalati nelle centinaia di note). Ed era ora.

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  6. Per ciò che riguarda il Paragrafo IV dello studio e relaticamente alle spese in deficit per la costruzione di autostrade, gli investimenti in strade e autostrade hanno acquisito una quota importante degli investimenti totali in quel settore solo dal 1935 in poi. Negli anni precedenti, il loro ruolo è molto meno importante.

    Nel 1933 e 1934 la spesa per strade e autostrade è completamente insignificante e guadagna slancio solo nel 1936, quando l'economia tedesca già avvicinava la piena occupazione. Pertanto, gli investimenti nell'infrastruttura della motorizzazione avevano effetti prociclici e hanno guadagnato importanza solo quando la ripresa era già avvenuta: “… LA RIPRESA AUTOBAHN-LED ERA SEMPLICEMENTE UN MITO, NON UN DATO DI FATTO…”.

    Conclusioni: “Una rivalutazione critica dell spesa in disavanzo durante la ripresa nazista rivela un ruolo sorprendentemente piccolo per la politica macroeconomica. Sia le prove descrittive e i risultati da previsioni del tempo a più variabili serie suggeriscono che recupero dalla grande depressione è stata principalmente determinata da un effetto rimbalzo che era visibile nei dati già dalla fine del 1932. Fino intorno al 1936, la ripresa tedesca non era più avanzata di quella della Gran Bretagna o gli Stati Uniti, dove sono state seguite molto meno politiche fiscali espansive. Tuttavia, anche in Germania l'impulso fiscale generato dal disavanzo di bilancio era troppo piccolo per essere coerente con la stimolazione keynesiana domanda sotto un meccanismo di reddito/spesa…. i deficit avrebbero dovuto essere da due a cinque volte superiori di quanto fossero in realtà…

    Anche i nostri risultati indicano che la spesa pubblica è stata dominata dalla preparazione della guerra già in una fase molto precoce della ripresa nazista. Trovo poca giustificata l'interpretazione popolare che la rispresa sia stata scatenato dalla creazione di lavoro non militari e dalla costruzione della rete Autobahn. L’investimento in autostrade ha raggiunto considerevole grandezza solo nel 1936. Tutti questi progetti sono pallidi al confronto con il rapido sviluppo delle spese militari, fatta eccezione per l'anno del 1933, quando il riarmo non era ancora davvero cominciato…

    La persistenza di bassi salari è un fattore che è stato evidenziato in diversi studi (Vedi, più di recente, Fisher e Hornstein, 2000) . Inoltre sono necessarie ulteriori ricerche su la ristrutturazione del sistema bancario che ha accompagnato l'introduzione dei controlli sul mercato dei capitali, un tema che è stato trattato in dettaglio istituzionale di Barkai (1990). Concludiamo che LA RISPRESA NAZISTA NON ERA UN ESERCIZIO DA MANUALE DI STIMOLAZIONE DELLA DOMANDA KEYNESIANA… La ripresa economica in Germania nel 1930 rimane il caso di paradosso di espansione della domanda pubblica senza creazione della domanda keynesiana
    ”.

    Quindi, prima della decisa virata verso un’economia di guerra, gli investimenti nazisti in deficit sono stati limitati. In generale, poi, i moltiplicatori non mentono, come spiega nel dettaglio Ritschl: puoi fare tutta la piena occupazione che vuoi, ma se la domanda aggregata non decolla, ciò significa una sola cosa, ovvero che i lavoratori se la passano male perché hanno salari da fame.

    Abbiamo imparato sulla nostra pelle a chiamarla d€flazione. E non vuole finire.

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  7. Quindi fondamentalmente i nazional-socialismi (in Italia e in Germania), non sono altro che l'ultima trappola capitalista, perseguendo in sostanza quella stessa politica deflattiva che li precedeva. Sono quindi un fuoco fatuo, uno specchio per le allodole in cui il popolo inevitabilmente cade. O, meglio ancora, l'ennesima prova del fatto che "le politiche di destra avvantaggiano solo la destra".

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