giovedì 5 aprile 2018

IL BALLOTTAGGIO N€UTRALIZZATORE GIA' IN ATTO E IL PILOTA AUTOMATICO DEFINITIVO



1. Dove eravamo rimasti?
Ah sì: al fatto che in Italia, la commedia dell'arte della politica, va sempre vista in una cornice di strutturale religiosità (confessionale). 
Detto banalmente, - mentre i talk e i giornaloni si affannano nel più grande dispiegamento di forze possibile per chiarire che il risultato elettorale non conta praticamente nulla (ma non hanno neppure tutti i torti, se si considera che 1/3 dei voti sbandierati come "populistico-innovativi" sono destinati a una forza del tutto indifferente ad una scelta fra legittimità costituzionale, della Repubblica fondata sul lavoro, e rispetto del vincolo €sterno) -, "TUTTI I SALMI FINISCONO IN GLORIA".
Banale ma graniticamente "reale" (e ciò che è reale è razionale, cioè ha sempre della cause efficienti ben identificabili: se lo si vuole). Ed infatti, e come al solito traggo ex multis da un compatta serie di fonti che veicolano lo stesso messaggio:


2. Di questa linea mirata a predeterminare ogni possibile contenuto del futuro indirizzo politico nazionale, abbiamo già dato una spiegazione teorica, cioè economico-istituzionale; lo abbiamo fatto infinite volte e basti ricordare che la sovranità democratica scompare e con essa la stessa originaria funzione, costituzionalmente prevista, delle varie istituzioni, sia di garanzia che di indirizzo politico, una volta che sia restaurato l'ordine internazionale dei mercati (free-trade dettato dall'adesione a un'organizzazione economica internazionale, moneta con funzione equivalente al gold standard con banca centrale indipendente dall'indirizzo politico elettorale e mercato del lavoro assolutamente flessibilizzato; qui, p.4). Il processo elettorale assume il suo pieno ruolo di Truman show variamente sedativo del malcontento, secondo una prevedibile sceneggiatura. 

3. Idraulica allo stato puro. Punto:
"Duccio: Mi azzardo a dire che è ormai l'intero ordinamento giuridico a non essere più tale, cioè ordinamento.
In primo luogo, se la gran parte delle norme viene creata al livello comunitario, cioè fuori dalla sede naturale del Parlamento, la Costituzione perde necessariamente quel ruolo di guida dell'attuazione del programma economico sociale in essa iscritto.
Potrà al più, anche senza negarne formalmente il ruolo di fonte sovraordinata, fungere da parametro esterno in base al quale operare il consueto controllo ex post, eventuale e "a risorse vincolate", da parte della Corte Cost., di singoli 'pezzi normativi' di un indirizzo politico determinato da organismi internazionali, che ovviamente non contemplano, né sono tenuti a farlo, il programma economico costituzionale.

Altro aspetto, strettamente conseguente, della dissoluzione dell'ordinamento sta nella mancanza di tassatività delle norme, il cui contenuto generico e indeterminato trova un chiarimento o talora una specificazione adatta soltanto "al caso concreto" nelle normazioni "secondarie" recate dagli organi dell'esecutivo.

Un terzo aspetto, anch'esso ampiamente trattato sul Blog e correlato agli altri, si verifica con il supino riconoscimento del carattere giuridico vincolante erga omnes a 'norme interne' degli operatori privati in posizione dominante a livello internazionale.
Che siano le norme di Basilea, giù giù fino ai mille protocolli e attestazioni di qualità su processo aziendale e prodotto.

In tutto ciò, il legislatore italiano non tocca palla, e nemmeno ne avrebbe le capacità. Infatti, in un circolo vizioso a velocità crescente, l'assenza o la perdita di capacità 'interna' (in tutti i poteri costituzionali e settori della società) legittima e rende necessitato il ricorso "allo straniero
".

Dario: Potremmo dire che oggi l'Italia è in Europa un vero e proprio territorio annesso, considerando l'attuale assetto giuridico-economico che si è venuto a instaurare. 
Non credo che si possa neanche parlare di un rapporto sul modello Stato (Europa)-Regioni (Stati membri), lo troverei troppo "concessivo" (NdQ: dire "ampliativo", rispetto alla riconoscibilità di compiuti caratteri come "indipendenza" e "sovranità").
Direi invece proprio un rapporto di Impero-Province. Gli ordinamenti interni, concordo, di fatto non esistono più, salvo quello della Germania, e l'esercito europeo su cui oggi si spinge molto costituirebbe il passo finale perfezionante di quest'annessione."
...Fissata questa traccia riassuntiva, familiare (ormai spero) alla buona parte dei lettori del blog, appare utile fare un collegamento all'attualità: rileggete con attenzione e rendetevi conto del perché il Truman Show delle prossime elezioni sia descrivibile in questi termini:
Il voto, attesa la incomprensibilità, da parte dell'individuo comune-elettore, della realtà normativa naturale - secondo il criterio di legittimazione neo-liberista e internazional-mercatista di ogni possibile "Rule of Law"- è solo un processo subordinato di ratifica delle decisioni "impersonali" del mercato.
4. Per fortuna, almeno in termini di chiarimento senza equivoci, interviene (su La7, naturalmente) il prof.Cassese:
"Cassese in diretta stamattina su La7 (Omnibus) a dirci che il Presidente della Repubblica è il garante degli impegni assunti dallo Stato Italiano con i trattati europei.....a dirci che le istituzioni europee ci hanno garantito la pace e, di fatto, ad ammonirci contro eventuali governi "sbagliati": dopo i giornalisti, i vignettisti e i dirigenti di aziende, ora vengono messi in campo i costituzionalisti: D'Attorre si sta contrapponendo piuttosto bene ricordando che Maastricht, il Fiscal Compact, l'Unione Bancaria non c'entrano nulla con la pace (Cassese:"ma io non vorrei parlare di banche", e già, si era intuito)...".

5. Ora non dovrebbe sfuggire, a còlti studiosi della storia dei rapporti economici internazionali, che il free-trade e il suo corredo indispensabile del gold standard, imposti coi trattati, sono tutt'altro che forieri di pace, e, piuttosto, equivalenti, per chi ne subisce l'imposizione (dovendo, senza esitazioni aderire ai relativi trattati multilaterali), ad una sconfitta in un conflitto (di aggressione colonialista) del tutto analogo a una "guerra delle cannoniere".
Le conseguenze di questa irenica aspirazione, paludata di idealismo ma scollata dalla Storia politica ed economica specialmente del continente europeo, a negare radicalmente questa ricorrente situazione di asservimento di ex-nazioni sovrane a nazionalismi aggressivi, cioè imperialisti e mercantilisti, sono assai gravi

5.1. Ma più ancora è grave non essere in grado di accorgersene (pur disponendosi, in teoria, degli strumenti culturali per poterlo fare agevolmente). 
Dunque se il trade internazionale è un fenomeno storicamente naturale per l'umanità (pure sulle piroghe del paleolitico, passando per i fenici e per i Danaos dona ferentes), è il "free" che non funziona: cioè la formalizzazione mediante un trattato (spesso imposto con la guerra) del fatto giuridico che non ci si possa in alcun modo difendere dai problemi di aggressione socio-politica derivanti dalla supremazia commerciale raggiunta da un altro gruppo. Per il benessere della comunità.

Quel "free", dunque, non è mai la libertà del gruppo sociale che - chissà come e perchè- è finito nella maglie dell'altrui trade, ma è, immancabilmente, una "free-competition" industriale e poi commerciale che impegna i sistemi sociali apertisi reciprocamente ad uno sforzo collettivo contrastante gli interessi dell'altro gruppo, sforzo del tutto omogeneo a quello espresso durante la guerra. 
Pure il conflitto armato, come tutti dovrebbero sapere, è essenzialmente vinto attraverso uno sforzo industriale: sia per produrre le armi, sia per supportare e finanziare l'azione bellica dei propri, tesa ad eliminare e ad uccidere abbastanza soldati e cittadini "nemici" da indurli alla resa, cioè alla sottomissione.
L'apertura delle economie al free-trade - lo abbiamo tante volte detto, come pure Bazaar- è dunque un vincolo (da trattato) allo scontro permanente.
Nella guerra vera e propria muoiono i lavoratori delle classi economiche subalterne divenuti soldati. 
Nello scontro industrial-commerciale fra "economie aperte", sono sempre i lavoratori a subire le perdite; sia con la disoccupazione, cioè con la miseria, sia con la costrizione all'emigrazione, sia col subire la propaganda dell'oligarchia del proprio regime che, comunque, riduce il loro benessere e la rappresentatività generale dello Stato, come pure le loro aspettative di vita e persino di riprodursi, mettendo su famiglia in condizioni di dignità e sopravvivenza.
6. E, in aggiunta alle tante attualissime prove dirette del TUTT'ALTRO CHE PACIFICO disfacimento della sovranità democratico-costituzionale italiana (navi da guerra britanniche che si presentano a Trieste - proprio a Trieste!- "in vacanza", gendarmi francesi in libera azione sul territorio italiano, proprio mentre la Francia ha sospeso Schengen da due anni e intende ottenere una proroga non prevista dal trattato, che va quindi rapidamente modificato!, dopo la strana vicenda del trattato - in tacita esecuzione provvisoria?- di cessione del mare italiano),  rammenteremo che il recupero delle imposte dalle imprese aventi sede nelle zone del terremoto abruzzese, si aggiunge a questi atteggiamenti "pacifisti" €uropei che si manifestarono nel giorno del devastante terremoto di Amatrice. Secondo un programma di riforma dei trattati che procede tutt'ora (in nome di quale concetto razionalmente accettabile di pace?):
Questa, in due tweets, comunque, è l'offerta di solidarietà effettiva pervenuta dall'€uropa: nel giorno del terremoto!
La prima è il massimo dell'ostilità anticooperativa possibile al di fuori della guerra armata, chiaramente realizzabile solo dentro l'euro, e cioè grazie ai magici trattati della "pace" (ne avevamo già parlato qui); la seconda è la militarizzazione mercatista del lavoro fino all'estremo più..."consigliato" dall'ordoliberismo:



 
7. Tutto questo ci porta a ribadire, ma in ulteriore aggiunta a tale quadro di dissolvimento istituzionalizzato della sovranità democratico-costituzionale:
"Mentre, peraltro, si scopre che il salvataggio bancario post-referendum 2016, com'era inevitabile, graverà sul deficit 2017 e sul rapporto debito/PIL, con tanto di ricacolo Istat dell'incidenza aggiuntiva ai fini delle comunicazioni all'Ue, e mentre incombono sia l'Addendum BCE, operativo dal 1° aprile, e le sempre più pericolanti altalene di Wall Street e dell'economia reale (o meglio subprime-founded) USA, un governo all'altezza pare sempre più dover essere quello disposto a fare welfare bancario insieme con una feroce austerità fiscale di "copertura" che, com'è ormai pacifico nel Deep State italico, è l'unica cura contro le...crisi (laddove, come abbiamo visto, l'irrealtà dei dati spadroneggia indisturbata).
8. In margine, ma proprio in margine, un modesto pronostico: la spinta istituzionale, saldamente governata (col pilota automatico di Draghi e Milton Friedman) dall'ordine internazionale del mercato, intende realizare un governo di ampie intese, esteso a tutte le forze che siano sufficientemente convinte assertrici della prosecuzione a ogni costo del vincolo esterno (soluzione Citigroup). 
Questo governo, abbiamo visto, in via principale (dissimulata) dovrebbe riprendere le politiche del montiano "fate presto" su un paese già economicamente allo stremo, mentre, formalmente, (ma in via nella sostanza secondaria), dovrebbe riformulare una più "funzionale" legge elettorale.
8.1. Ora, ciò dovrebbe logicamente porre rimedio, - in attuazione del principio (neo)supremo extratestuale ed €uropeo della "governabilità" (qui, p.1) -, alla sopravvenuta tripolarità del sistema politico italiano.
Ma quest'ultimo si presenta con due blocchi in cui il recupero della sovranità democratica (e del senso costituzionale della volontà del corpo elettorale) è rappresentato solo parzialmente, (e in un caso, comunque in modo del tutto evanescente), mentre un terzo polo è irriducibilmente €uropeista.
In questa situazione c'è da supporre che la stessa spinta, previa un'opera di normalizzazione del polo (da sempre) più ambiguamente indifferente sul tema della sovranità, vorrà condurre all'approvazione preferenziale di una legge elettorale con ballottaggio "alla francese"
Quel tipo di legge, cioè, che farebbe sparire, almeno nelle intenzioni, ogni proiezione di governo di partiti non rigorosamente €uropeisti, e che la Corte costituzionale ha già preventivamente avallato (qui, p.2.1.).
E in fondo, già tutta la presente spinta mediatica dell'ordine internazionale dei mercati, sta spingendo per ottenere, nella sostanza, un effetto equivalente ad un simile sistema di ballottaggio.
Tanto vale che, se la manovra politico-istituzionale attuale sarà coronata da successo, che si passi alla formalizzazione della r€gola (Macron docet...).

22 commenti:

  1. Fu Claude E. Shannon nel 1948 a dimostrare che la quantità di informazione associata ad un evento e' direttamente proporzionale alla sua improbabilità.

    Più un evento è probabile e meno informazione porta.

    Un evento certo non porta nessuna informazione.

    Le analisi di Orizzonte48 o di Goofynomics portano invece moltissima informazione, perchè difendere la Costituzione ed il lavoro è ancora, nel mondo che ESSI si illudono di controllare come una macchina, un evento improbabile (ma comunque molto meno che nel 2011).

    Quindi, che i leuropeisti nati negli anni trenta del novecento ed i merdia al soldo del capitale transnazionale si affannino a difendere il mostro che hanno creato col tradimento della Costituzione non porta nessuna informazione, perchè la loro faziosità conclamata e la loro difesa d'ufficio del mostro sono eventi certi (e dovremmo pure smetterla di rilanciare i loro rantoli mortiferi).

    Così come è un evento certo che entro pochi anni gli ultraottuagenari leuropeisti saranno tutti morti o incapacitati (chi non ricorda Andreotti, che si bloccò fissando il vuoto in diretta televisiva... e nessuno li compatirà o li rimpiangerà, tranne, forse, i parenti più stretti).

    Spariranno quindi tutti a breve dai radar della cronaca, anzi consideriamoli già trapassati, che così moriranno ancora più disperati.

    Guardiamo invece positivamente al futuro ed ai poco più che cinquantenni che oggi siedono in Parlamento e che sono stati eletti al posto delle cariatidi piddinleuiste.

    Scomparsi gli ultra-settantenni/ottuagenari leuropeisti, chi rimane tra le persone 'di peso' a sostenere la causa leuropeista?

    Calenda et similia?

    Ma per piacere...

    Se tutto va come comincio a credere anche i post di questo blog cominceranno a non portare più informazione...

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    1. Ah, ma magari...il primo a sentirsi "liberato" sarebbe il sottoscritto.

      Il tuo ottimismo della volontà, ancora una volta, è apprezzabile.
      Ma, con molto realismo, devo confessarti che le cose stanno al punto che proprio nuove e giovani generazioni, sempre più prevalentemente cresciute nella vigenza di un crescente vincolo esterno, saranno avversari (della democrazia costituzionale) ben più insidiosi degli ottantenni.

      Purtroppo, oggi, l'ordine sovranazionale dei mercati, si regge su quarantenni e trentenni che avanzano spediti (fregandosene altamente di contraddizioni che non scorgono o non sono in grado di risolvere), e quindi prescindendo, - sia per incultura ostentata che "psicologicamente"-, da quell' "antica" generazione di ideatori della cosmesi irenica e mercatista.

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    2. Anche perché sono stati resi più ignoranti da opportune politiche scolastiche. Secondo me i cinquantenni sono ancora in grado di cogliere le differenze.

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    3. Concordo con il fatto che oggi non sono gli ottantenni il problema ma, in senso generazionale, tutta la schiera da Boeri a Taddei passando per Renzi.
      Tuttavia mi lascia perplessa la ricorrente questione dell'ignoranza dei più giovani: la loro passa per forza da quella della generazione precedente, che spesso è ignoranza voluta, è paura di sapere perché è paura di essere costretti scegliere. La scuola, si dice, d'accordo, ma se la scuola ha fino a un certo punto saputo trasmettere alcune conoscenze, come si afferma, come hanno potuto i padri cinquantenni non volerne assicurare la trasmissione ai loro figli in quest'ultimo quarto di secolo - per poi riversare il biasimo su questi ultimi?
      48 scriveva che la Costituzione è una lettura facile, confermo; e soprattutto nella prima parte parla di cose vicine all'esperienza di tutti, compresi i più giovani.
      Personalmente il rispetto e l'interesse per la Costituzione me l'hanno insegnati in famiglia, dato che a scuola non se ne parlava (troppa politica! a scuola, non sta bene) e non sono nata tra professionisti del diritto, men che meno tra gli ammiratori di Illich.

      Più probabile che l'analfabetismo costituzionale sia stato coerentemente perseguito da subito, perché funzionale al quarto partito allora come ora. Esattamente come l'ignoranza. Anche in conseguenza di ciò, certi diritti costituzionali sono facilmente percepiti, dai cinquantenni, come favori della fortuna ai quali si deve rinunciare in tempi di vacche magre. Quindi lottare per difenderli fa sentire in colpa, meglio l'autofustigazione per il preteso eccessivo benessere.

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    4. 1) http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/lautoinganno-del-tecnicismo-pop.html
      2) http://orizzonte48.blogspot.it/2017/11/la-lunga-marcia-segreta-della.html
      3) http://orizzonte48.blogspot.it/2017/11/esegesi-delle-fonti-della-rivoluzione.html
      4) http://orizzonte48.blogspot.it/2017/12/la-rivoluzione-liberale-delle-care.html
      5) http://orizzonte48.blogspot.it/2013/09/la-gabbia-cio-che-gli-uomini-debbano.html

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    5. Pellegrina, non hanno voluto. Non ci hanno creduto più. In questo senso l'involuzione dell'università è stata esemplare. La trasmissione del sapere è stata interrotta. Come molti ragazzi si laureano in storia dell'arte senza conoscere Caravaggio, ma studiando i fumetti, così immagino che il diritto comunitario scalzi lo studio delle costituzioni e degli ordinamenti nazionali.

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    6. Non immaginare: si fa proprio così. E a "persuadere" si comincia ben prima dell'Università

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    7. Un vecchio ordinario di diritto mi ha raccontato che gli studenti di legge pronunciano i termini giuridici latini all'inglese!

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  2. Tempi bui, ampiamente pronosticati dalla coscienza di pochi. Riproporre Basso oggi sembra quasi un esercizio di ingenuo ottimismo. Tuttavia necessario:

    …Com’è noto, il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 che ha istituito la CEE dispone all’art. 189 che il Consiglio … e la Commissione …“stabiliscono regolamenti e direttive, prendono decisioni e formulano raccomandazioni o pareri. Il regolamento (...) è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi... La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti”.

    Emerge chiaramente da questo testo che quest’articolo attribuisce un’efficacia normativa obbligatoria ai regolamenti, che devono essere immediatamente applicati dai singoli Stati, e alle decisioni, sottraendole completamente alla “competenza degli organi nazionali” , che è prevista solo in merito alle forme e ai mezzi di attuazione delle direttive. In altre parole Consiglio e commissione, in base a quest’articolo, possono dettare norme giuridiche obbligatorie per i cittadini di ciascuno Stato, e quindi anche dell’Italia, senza che gli organi legislativi del paese siano neppure consultati. Come si vede, quest’articolo sottrae al Parlamento quella che è una delle sue più gelose funzioni, la funzione legislativa, in una sfera immensa di attività che comprende praticamente tutta l’attività economica … ivi compreso…il campo fiscale. Non vi è pertanto dubbio che siamo qui in presenza di UNA RADICALE MODIFICAZIONE DELLA NOSTRA COSTITUZIONE, che riserva espressamente ed esclusivamente ad un organo eletto dal popolo, il Parlamento, la potestà di fare leggi, cioè di dettare norme obbligatorie per tutti.

    L’inconciliabilità di questa norma con la costituzione fu avvertita dall’opposizione fin dal momento della firma del Trattato, tanto che, in sede di ratifica parlamentare, sollevammo l’eccezione che un Trattato di questa natura…SOVVERTIVA IL NOSTRO ORDINAMENTO COSTITUZIONALE…La maggioranza fu di avviso contrario, e l’argomento principale fu che la nostra costituzione stessa prevede all’articolo 11 che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

    Ma si può ritenere che questa norma generale autorizzi una disposizione come quella ricordata dell’articolo 189? …a mio parere, non solo i princìpi del nostro ordinamento ma il più semplice buon senso devono indurci a dire di no per una serie di ragioni:

    a) innanzi tutto le limitazioni di sovranità sono consentite solo ai fini di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni, e sì riferiscono quindi a organismi tipo ONU, tribunali internazionali e simili, ma non ad un organismo, la Comunità, il cui fine precisato dall’art. 2 del Trattato, è quello “DI PROMUOVERE UNO SVILUPPO ARMONIOSO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE”;

    b) in secondo luogo altro è una “limitazione” di sovranità (come può essere la rinuncia alla guerra, la limitazione del diritto di armarsi e anche l’accettazione di controlli reciproci al riguardo, e simili) e altro è invece il trasferimento della propria sovranità ad organi esterni, come il consiglio o la commissione, la quale ultima, come previsto dall’art. 157, avrebbe potuto non comprendere neppure un italiano
    ; (segue)

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  3. c) in terzo luogo va osservato che la parola “sovranità” ha un duplice significato: uno riguarda la personalità internazionale dello Stato e significa il diritto di ciascuno Stato alla piena indipendenza nei confronti di ciascun altro; il secondo riguarda invece il modo come ciascuno Stato esercita nel proprio interno il potere sovrano…

    Ora pare a me che la “limitazione” di cui parla l’art. 11 si riferisce ai rapporti fra Stati, ma non può intaccare il principio fondamentale della nostra costituzione, secondo cui (art. 1) l’Italia è una repubblica democratica e “la sovranità appartiene al popolo che la esercita” . Attribuire poteri legislativi, senza il concorso e anche contro la volontà del Parlamento italiano, a un consiglio composto da un rappresentante di ciascun governo, o addirittura a una commissione nominata collegialmente dai governi membri, SIGNIFICA SPOGLIARE IL POPOLO DELL’ESERCIZIO DELLA SOVRANITÀ in materia di estrema importanza e, quindi, sovvertire l’ordinamento costituzionale italiano.

    Dell’esistenza di questo grave problema l’opposizione è stata cosciente: chi scrive…ha personalmente sostenuto una lunga battaglia in seno alla commissione degli esteri della Camera fino al 1969, ma governo e maggioranza si sono sempre mostrati sordi.

    Ora attendiamo la decisione della Corte, ma se anch’essa si pronunciasse in senso contrario a quanto qui sostenuto, il problema sarebbe risolto solo sul piano formale. Si tratta infatti di vedere se un popolo, che vuol essere democratico, può essere governato da norme, che invadono campi sempre più vasti, e che sfuggono a qualsiasi decisione preventiva o controllo successivo di organi elettivi, cioè al controllo della rappresentanza dei cittadini interessati
    ” [L. BASSO, È incostituzionale l’adesione al MEC ?, Corriere della Sera, 27 maggio 1973].

    Se i Trattati vincolistici – come afferma un Padre costituente - hanno sovvertito l’ordinamento costituzionale, ed il Capo dello Stato (a quanto sembra) si ostina a “chiedere fedeltà” agli stessi, il Capo dello Stato avallerebbe degli atti sovversivi. E poco importa, come sappiamo, che la Corte abbia risolto in modo a dir poco contraddittorio il problema sul piano formale.

    E visto che ci siamo, rammentiamo la funzione del Capo dello Stato:
    … quando noi consideriamo la nostra Costituzione e quindi gli istituti, le funzioni, i poteri che essa disciplina, dobbiamo avere sempre presente che molto più che di continuità si deve parlare di una rottura con il precedente ordinamento, e questa rottura fondamentale, radicale, che c’è tra la nostra Costituzione e il regime precedente, è nell’art. 1, ma non tanto nell’espressione “l’Italia è una repubblica democratica”, quanto nella frase che segue e cioè che “la sovranità appartiene al popolo che la esercita”, che va letto alla luce anche del capoverso dell’art. 3. La nostra Costituzione ha introdotto questa figura, nuova nella storia costituzionale, di un sovrano collettivo, un sovrano composto di oltre 50 milioni di persone, che pone uno dei problemi più complessi della vita costituzionale del nostro Paese e di ogni paese. (segue)

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  4. Questo principio, che la sovranità appartiene al popolo … pone il problema di un sovrano che è in disaccordo con se stesso, perché è un sovrano fatto di tante persone che dissentono, e pone l’esigenza di una continua dialettica di momenti unitari e momenti di divisione nel processo di formazione della volontà sovrana, dell’esercizio del potere sovrano. Cioè il popolo, come sovrano, è uno e deve in ultima analisi esprimere una volontà; però all’interno di questo sovrano ci sono dissensi, discussioni, ci son diversi partiti: c’è una continua divisione che si deve ricomporre ad unità. E questa dialettica di unità e di divisione deve essere sempre tenuta presente se si vuole intendere qual’è il significato che la Costituzione ha attribuito al Presidente della Repubblica.

    Il Presidente della Repubblica, viceversa, secondo l’art. 87, rappresenta l’unità nazionale, cioè deve ricomporre ad unità questo sovrano diviso… il presidente non può in nessun caso identificarsi con la maggioranza, non può assumere, non può far propria la volontà della maggioranza …C’è nella nostra Costituzione una chiara distinzione - il prof. Barile è stato uno di coloro che l’han messa maggiormente in evidenza - fra quello che è UN INDIRIZZO POLITICO COSTITUZIONALE, CHE DERIVA DALLA COSTITUZIONE, momento unitario per eccellenza perché è sulla base di quella Costituzione che è sorta la comunità nazionale, la Repubblica italiana, e un indirizzo politico di governo che è …un indirizzo di parte.

    Il Presidente della Repubblica può esprimere soltanto quello che è l’indirizzo costituzionale, non può mai associarsi, non può mai dare l’autorità del suo nome, l’autorità della sua carica…Per questo è stato dalla prevalente dottrina posto sempre con insistenza l’accento su due aspetti essenziali della funzione presidenziale, cioè L’IMPARZIALITÀ E LA TUTELA DELLA COSTITUZIONE

    Circa l’altra funzione di tutore della costituzione…ripresa alla Costituzione con particolare efficacia da un autorevole costituzionalista e autorevole costituente, che fu relatore su questi articoli della Costituzione, il prof. Tosato, il quale parlando appunto dei poteri del presidente, disse che si era voluto dare al Presidente della Repubblica “una certa consistenza, sia pure limitata a quella di GUARDIANO E CUSTODE DELLA COSTITUZIONE”. Quindi, ecco quali sono le due funzioni che deve avere il Presidente della Repubblica; sempre IN TUTTI I SUOI ATTI
    ” [L. BASSO, Interventi in I poteri del presidente della Repubblica. Da Segni a Saragat, Roma, 1971, 84-94, 101-104]. Nel nostro caso, per il PdR non si tratterebbe nemmeno di identificarsi con un’ipotetica maggioranza, ma addirittura con quel potere esterno rappresentante di quei Trattati sovversivi.

    Quanto ai “nazionalismi”, dico che sarebbe ora di piantarla, perché veramente chi agita tale fantasma non si rende conto di quanto si renda penosamente ridicolo:

    … vogliamo soltanto sgombrare preliminarmente il terreno da alcuni luoghi comuni che han trovato in Italia l’avallo anche di studiosi, pure seri in altri campi, come Salvatorelli e Garosci, ma scesi, per quanto riguarda questi problemi, al livello della deteriore propaganda. Il primo luogo comune è quello che si riferisce alla condanna del “nazionalismo” ...

    È sorprendente che si debba ancora perder tempo a confutare delle argomentazioni che si basano su analogie astratte fra fenomeni storici profondamente diversi. È evidente infatti che non si possono mettere sullo stesso piano il “nazionalismo” di popoli che sono stati fino a ieri, e in parte sono tuttora, sotto il dominio coloniale di altri paesi, e sono ancor oggi oggetto dello sfruttamento imperialistico, con il “nazionalismo” imperialista di paesi che mirano a conquistare ed assoggettare terre straniere
    . (segue)

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  5. Nel primo caso…si tratta essenzialmente di UN’ASPIRAZIONE ALL’INDIPENDENZA E ALL’UNITÀ, quale quella che animò il moto risorgimentale italiano, si tratta cioè di UN PROFONDO SENTIMENTO NAZIONALE, esasperato dalle oppressioni antiche e recenti, che si iscrive quindi nella linea del progresso e della democrazia, mentre nel secondo caso SI TRATTA DI UNA DOTTRINA DI CONQUISTA, DI SFRUTTAMENTO E DI OPPRESSIONE, quale fu quella dei fascisti o dei nazisti, che merita tutta la nostra condanna. Usare una stessa definizione per fenomeni storici così diversi non è in alcun modo giustificabile…” [L. BASSO, Note sul nazionalismo arabo, Problemi del socialismo, luglio 1958, n.7, 559-564].

    (Credo sia immaginabile come andrà a finire. In fondo, è necessario che il capitalismo imperialista porti alle estreme conseguenze le sue innate contraddizioni)

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    1. Non a caso, proprio alle prime battute di questo blog di parlò di "internazionalismo dell'indistinto", contrapposto ad un simmetricamente e volutamente indistinto nazionalismo (il tema fu infatti ripreso in "Euro e(o?) democrazia costituzionale".
      E notare che, al tempo, ci era del tutto sconosciuto questo articolo di Basso.

      Diversa questione, ma connessa non c'è dubbio, è quella del ruolo assegnato al Capo dello Stato dalla Costituzione o, meglio, ai livelli attuali di governo dell'ordine sovranazionale dei mercati, dalla LEGALITA' COSTITUZIONALE (inalterata per lettera e sistematica dal 1948).

      Il tema merita un approfondimento, che avevo già in animo di svolgere (e, d'altra parte, pare proprio che stia tornando di attualità via via che si amplia l'urgenza dei poteri sovranazionali di regolare definitivamente la questione della de-sovranizzazione italiana).

      Intanto mi limito a richiamare il rimedio indicato nel post dedicato al salvataggio "chirurgico" della Costituzione, dove la questione più dibattuta, (anche per le perplessità del nostro Arturo), è stata proprio quella della riconduzione entro un alveo di legalità sostanziale del Capo dello Stato.

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    2. Ricordo qualcosa del genere su Costituzione e legalità costituzionale in rapporto al PdR, quanto evidenziato in giallo fa trasecolare. Il post di approfondimento è assolutamente benvenuto.

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  6. No, non è per niente un caso, caro Quarantotto. Basta parlare la stessa lingua della democrazia...costituzionale, quella vera. E ci si intende sempre a meraviglia :-)

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  8. Vorrei sollevare delle perplessità a proposito della sentenza della Corte sull’italicum in cui noto che utilizza due verbi diversi riferiti a oggetti diversi quando tratta del ballottaggio. Riferendosi al ballottaggio in se e per se astrattamente considerato afferma che non risulta costituzionalmente illeggittimo, mentre riferendosi alle disposizioni dell’italicum che disciplinano una forma di ballottaggio specifica afferma che sono costituzionalmente illegittime (perché in contrasto con gli artt.1,3,48). Il ballottaggio risulta legittimo, le disposizioni dell’italicum sono illegittime. Risultare può equivalere ad essere, ma deve presupporre un ragionamento/una verifica che consenta di affermarlo. Siccome per la Corte “è necessario sottolineare” che il ballottaggio astrattamente considerato non è incostituzionale mi sembra lecito chiedermi:
    1) perché è necessario sottolinearlo se oggetto del ricorso non era il ballottaggio in se e per se considerato;
    2) dov’è il ragionamento/la verifica della Corte per cui il ballottaggio risulta costituzionalmente legittimo.
    Dovrebbe esserci se è necessario sottolinearlo.

    Poi la corte sembra affermare che il tipo di ballottaggio concepito nell’italicum non andrebbe bene più perché non accostabile alle esperienze di altri ordinamenti che se ne servono, che perché incompatibile col nostro ordinamento costituzionale. Invece è costituzionalmente legittimo se concepito nel modo in cui lo è negli altri ordinamenti! Siamo giunti al punto in cui la legittimità costituzionale di una legge si misura tenendo conto di ciò che vige all’estero...pur di giustificare l’ingiustificabile e promuovere l’impromuovibile, cioè il processo di annessione all’impero europeo.

    Eppure non mi sembra così difficile capire e constatare che il ballottaggio, in qualsiasi forma sia previsto, non può essere un sistema adottabile per eleggere il parlamento nazionale, che non viene a comporsi per esprimere una maggioranza strumentale al comando di un governo di una parte ma per dare innanzitutto rappresentanza al popolo, a tutte le sue componenti partitiche. Solo il proporzionale puro può garantire che il voto sia uguale e libero, e qualsiasi altro sistema se non viene censurato presuppone l’accettazione del mutamento dell’essenza del parlamento, che passa da organo della rappresentanza della sovranità a organo strumentale al funzionamento dell’esecutivo che diviene la nuova sede in cui si esprime la sovranità popolare...che per di più non esiste più per esprimere un indirizzo politico ma per obbedire a quello previsto dall’ue. È questa la forma repubblicana che non poteva mutare ex art.139?
    Sembra che i nostri giudici costituzionali oltre ad aver smarrito sempre di più la conoscenza piena della Costituzione e gli insegnamenti dei padri costituenti, siano proprio privi di un metodo di giudizio adeguato.

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    1. Vivono nella dissonanza cognitiva ed etica.

      Che fenomenologicamente, alla fine, sono la stessa cosa.

      (L'atteggiamento verso la conoscenza e la comprensione è un problema morale, per uno studioso di scienze sociali segnatamente «etico»)

      Se la Costituzione è una «armonia complessa», e, mi si perdoni lo sconfinamento lessicale, ha una sua «teleologia», come è possibile che la Corte sia così «parziale»?

      Voglio dire: un'istituzione che dovrebbe avere una funzione giuridica in un ambito delicato, e mi si conceda ancora la licenza, che potremmo definire «prepolitico», ossia di limite al sovrano arbitrio politico di legiferare, come può essere così «parziale» se non come conseguenza dell'essere «partigiana», e quindi, de facto, un organo politico?

      L'unico «vincolo esterno» alla sovranità «popolare», che è indisgiungibile dalla sovranità «esterna», è il limite imposto dalla Costituzione i cui supremi garanti dovrebbero essere il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale.

      I supremi garanti, invece, si comportano come istituzioni di indirizzo politico extra-costituzionale.

      Di fatto assistiamo a quella che non è altro che una finzione per cui l'incoscienza di massa porta a far accettare un «vincolo esterno» tecnocratico - trattati liberoscambisti e cambio fisso - che paluda l'indirizzo politico di una classe egemone straniera che pretende sovranità e relativo assoggettamento, a discapito del «vincolo interno» rappresentato dalla Costituzione i cui interessi tutelati sono della pluralità delle classi, con suprema tutela della dignità del lavoro, della piena occupazione in senso keynesiano e dello Stato sociale con cui viene sostanzializzata la sovranità popolare della Repubblica democratica.

      Questa guerra "fredda" trova la "cortina di ferro" nella coscienza popolare di massa, ultimo baluardo che possa render viva la Carta e rivendicare in primis il controllo delle istituzioni che devono inderogabilmente tutelare l'indirizzo costituzionale.

      È evidente che la Costituzione vive solo in chi ha coscienza poiché nessun organo dello Stato è attivo per assicurare la salute ed il benessere degli italiani secondo il volere del Dettato.

      Se solo il popolo italiano può, tramite la propria, volontà muoversi in senso antagonista all'oppressione straniera e collaborazionista, l'invasione «migratoria» coordinata ai danni dell'Italia è una questione esiziale.

      E il "colore della pelle" è pure determinante.

      Le priorità a sostegno del ritorno alla legalità costituzionale di un governo nazional-indipendentista dovrà essere la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione di massa (passivi), e proteggere, oltre l'economia, la cultura nazionale con barriere doganali ai prodotti volti all'«intrattenimento».

      Sarebbe poi necessario costruire grandi colossi nazionali per la fornitura di servizi Internet: motori di ricerca, posta, e «reti sociali» nazionali.

      E poi ci sarebbero le università e il sistema di istruzione, le filiere industriali, ripristinare la leva obbligatoria... ce n'è da lavorare.

      È più facile fare i parassiti e far lavorare gli altri: come li capisco i rentier...


      (Chi pensa l'opposto è un fasciopopperiano col portafogli a sinistra)

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    2. Bravo Bazaar :-)
      Ma quanti in Italia sono in gradi capire, e ancora prima di esprimere come messaggio politico, queste analisi un tempo patrimonio comune del popolo democraticamente sovrano (o almeno dei costituzionalisti "legittimisti")?

      Questo è il vero problema da risolvere per dare concretezza all'invocazione della "coscienza popolare di massa" (la cui coagulazione soltanto può permettere l'adozione di quei rimedi che, nell'armonia complessa della Costituzione, dovrebbero risultare fin troppo ovvii).

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    3. Grazie per la ricca risposta Bazaar :-)

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    4. Grazie Bazaar. Purtroppo l'università è piena di servi piddini erasmomani e corrotti dall'informatica.

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  9. Riporto letteralmente l'incipit della replica di Cassese a D'Attore - a 43 minuti dalla fine della trasmissione (http://www.la7.it/omnibus/rivedila7/consultazioni-il-fantasma-del-voto-bis-05-04-2018-238367):

    "Non voglio precipitare la discussione attorno alle banche, volevo invece cambiare leggermente e dire che io sono abbastanza ottimista sulla vicenda che si sta svolgendo, penso che le forze poltiche stanno mostrando una buona capacità, un grande pragmatismo, capacità di allontanarsi dagli slogano con i quali,...."

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