1. Partiamo da questa affermazione che
compie un po’ una…fuga in avanti.
Trump offre all’Italia un accordo commerciale privilegiato in caso di uscita del nostro paese dall’Unione Europea— GeopoliticalCenter (@GeopoliticalCen) November 1, 2019
L’affermazione, infatti, è deduttiva,
poiché deriva una conclusione dalla nota recente “intervista” Trump-Farage:
"Tutto è avvenuto mentre Trump e Farage parlavano in diretta di sanità pubblica britannica, subito dopo l'endorsement del presidente Usa a un'alleanza di Farage con il premier britannico Boris Johnson alle prossime elezioni in Regno Unito il 12 dicembre ("sareste una coppia perfetta per completare la Brexit"), affinché il leader Labour Jeremy Corbyn non vada a Downing Street ("finireste molto male con lui"). … A un certo punto Trump, mentre prova a tranquillizzare i britannici sulle future relazioni commerciali Usa-Uk dopo la Brexit, dice: "Noi non vogliamo avere niente a che fare con la vostra sanità pubblica. Parliamo soltanto di commercio, che nel vostro caso, se faceste un accordo con noi, sarebbe quattro-cinque volte più grande di adesso, e la vostra economia ne gioverebbe moltissimo. Ma oggi voi siete bloccati dall'Unione Europea, come altri Paesi nell'Ue. Anche l'Italia e altri Paesi starebbero molto meglio senza l'Unione Europea". Trump cita espressamente soltanto l'Italia, oltre al Regno Unito. "Ma se questi Paesi vogliono rimanere in Ue, ok", ha aggiunto Trump. "Ma sappiate che in Europa governano persone con le quali è molto difficile negoziare, mentre con me sarebbe tutto più facile: faremmo subito un accordo commerciale con voi".
2. Questo “spunto”, indiretto e
piuttosto incline a far galoppare la fantasia, consente però di fare alcuni
approfondimenti.
Ma che privilegio commerciale sarebbe
ragionevolmente concedibile (tranne la “eccettuazione”, - singulatim per l’Italia rispetto al resto dell’Ue -, da un
inasprimento tariffario riequilibratore degli USA, sempre all’ordine del
giorno)?
Mica il Presidente Trump – e neppure qualsiasi altra Amministrazione USA, di qualunque
colore -, può volere un'agevolazione, cioè un'accentuazione, del loro deficit commerciale attuale...semmai, ragionevolmente il
contrario. Ed infatti:
“Nel 2018 gli Stati Uniti si posizionano al terzo posto tra i principali partner commerciali dell'Italia, con una quota sull'interscambio complessivo del 9,2% (dopo Germania e Francia) e settimo fornitore con una quota del 3,8%. (Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico). Nel 2018 l'Italia ha esportato negli USA 42,3 miliardi di Euro registrando un aumento del +5% rispetto allo stesso periodo del 2017. Il saldo commerciale si conferma positivo per l'Italia attestandosi a 26,4 miliardi di Euro, in aumento rispetto ai 25,3 miliardi di Euro del 2017. Gli Stati Uniti sono il terzo mercato di esportazione per l'Italia, con una quota del 9,2% sul nostro export. Tra i Paesi dell'UE, L'Italia si conferma quindi il quarto fornitore degli USA dopo Germania, Regno Unito e Francia”.
3. Quello che, semmai, può rientrare
nella convenienza degli Stati Uniti è l’ottenimento di condizioni istituzionali
(“riforme strutturali”) per investire finanziariamente da noi: naturalmente
attendendosi un’adeguata redditività, sia sui settori industriali-manifatturieri, sia con riguardo ad un mercato immobiliare che, sempre più soffocato nei valori,
risulta ormai essere pervenuto a un calo di prezzi che è obiettivamente
appetibile rispetto a molti altri paesi europei; paesi specialmente dell’eurozona, che
vedono, al contrario, un asset bubble sia azionaria che immobiliare (per non parlare dell'overpricing dei bund...).
Sui prezzi immobiliari italiani, al contrario, si può vedere, da questo sito Usa, l'effetto sui prezzi, - e sul patrimonio degli italiani, nonché sulle garanzie dei crediti bancari,- della "cura Monti" (la discesa nel 2019 continua...):
4. Quest'ultimo aspetto, delle
proiezioni concrete e delle modalità di rafforzamento della convenienza
Usa a creare un ponte privilegiato con
l’Italia, rimane sullo sfondo, date le condizioni in cui si è espresso il
Presidente Trump.
Nondimeno, una logica abbastanza stringente, consegue dalle
sue parole e dal contesto di politiche commerciali e valutarie che gli Usa si
trovano a dover intraprendere con decisione.
Dando per buono lo scenario
(lo abbiamo visto qui: spostamento dei capitali Usa su asset
dell’eurozona, con propensione particolare per l’Italia, data la sua condizione
di paese patrimonializzato ma “sottoprezzato” a livelli che lo differenziano
dal resto dei paesi “core” dell’eurozona), questo ha delle conseguenze di portata oggi
scarsamente immaginata; seppure altamente immaginabile.
E rappresenta una opportunità forse epocale.
La linea di correzione,
economico-industriale, commerciale e valutaria propizia agli Stati Uniti (qui, p.1), potrebbe
infatti agevolare la soluzione di molti nostri problemi, ormai incancreniti
dentro il regime soffocante dell’eurozona a trazione tedesca.
4.1. L’appetibilità (specialmente ai prezzi attuali) di
assets italiani da parte dei capitali Usa, ha bisogno, come strategia di
medio-lungo periodo, di limitare il rischio di cambio. E ciò potrebbe preludere
ad un aggancio di cambio concordato con il dollaro.
I capitali Usa investirebbero senza
rischio valutario e noi potremmo uscire dall’eurozona con una presumibile
adeguata protezione (e convenienza) da parte delle “mani forti” americane, a non subire svalutazioni speculative di ritorsione a fronte del recupero della
sovranità monetaria. Per quanto soggetta a un peg che, date le condizioni
concordate che si potrebbero spuntare, non risulta oggi così impraticabile e,
nel periodo, insostenibile. Basti considerare anche solo i più recenti
rispettivi andamenti dell’inflazione
Quella statunitense
E quella italiana:
4.2. E tutto sommato, questa sostenibilità trova anche un riflesso di lungo
periodo, se si considera quanto accaduto a partire dall’entrata a regime
dell’euro:
Usa
Italia
Notare come l’inflazione
italiana, a partire dagli effetti “ristrutturanti”(e quindi non semplicemente
congiunturali) della cura Monti-Letta, cioè dalla seconda parte del 2013, sia
costantemente più bassa di quella Usa. Essendosi, notoriamente, anche
“riassorbito” l’effetto reflazionista parziale tentato con la “fiammata” del
QE. Nel settembre 2019, il dato italiano scende, su base annuale, addirittura
allo 0,2% (ultimo bollettino Eurostat), indicando che, al di fuori di interventi
“unconventional” della BCE, il tasso di inflazione italiano si configura come
strutturalmente più basso che negli Usa.
5. Certo, questa strategia, sicuramente
piena di rischi per il nostro modello di specializzazione economica nonché
costituzionale (ma esiste ancora?), è una versione (temperata) dell'irlandesizzazione:
la quale si porta dietro, in teoria, il peso dell’agenda FMI. Ma anche questa agenda deve "tecnicamente" scontare, allo stato istituzionale delle cose, l’appartenenza italiana all’eurozona e presenterebbe dei margini di
ricalibratura in un nuovo scenario istituzionale.
La suggestiva soluzione che potrebbe
derivarsi dalle parole di Trump, però, ci darebbe una prospettiva molto più
sostenibile dell'applicazione "pura" delle soluzioni FMI.
Irlandesizzazione, sì…ma con un vantaggio peculiare: l’aggancio al
dollaro, previa uscita dall’eurozona, e probabilmente con uno sganciamento
dall’Ue (negoziabile in un quadro geopolitico molto più “solido”), ci
sottrarrebbe al complesso delle sue ingombranti regole, modellate sulla
convenienza del mercantilismo tedesco, - tra l’altro, particolarmente impenetrabile all’investimento estero.
Nella sua evoluzione logica, questo possibile
assetto, implica inoltre anche un aggancio alla tendenza svalutativa di medio-lungo
periodo degli stessi Usa. Il che sarebbe doppiamente risolutivo: non solo
renderebbe irrilevante un nostro riallineamento rispetto all’euro-marco in
termini di importazioni di petrolio e materie prime in generale, ma
stabilizzerebbe nel tempo un nostro recupero della competitività di prezzo,
rilanciando implicitamente, ma necessariamente, la nostra vocazione
manifatturiera.
Solo che, in questa forma
(geo-politicamente “clamorosa”), esigerebbe una classe dirigente italiana che
abbia visione e guts...e siamo alle
solite.
6. Tra l'altro, considerata la (incredibile)
ostinazione francese a competere coi tedeschi, e quindi a giocarsi la partita politico-continentale
privilegiando il sogno dell’unione monetaria coi tedeschi, una soluzione del
genere ribalterebbe, entro pochi anni, il senso dell'attuale fusione FCA-Peugeot. Che
Mario Giordano, allo stato, vede così
Ma non sarei così drasticamente pessimista (fattori politici interni a parte...naturalmente).
Anzitutto, già ora, gli stabilimenti
italiani godono di minor sindacalizzazione e tendenza a scioperare, nonché di
livelli salariali nettamente più bassi di quelli francesi; la differenza media del costo del lavoro lordo, tra Francia e Italia, è attualmente di circa il 26%:
How much money does a person working
in Factory and Manufacturing make in Italy?
2,880
EUR per month
Average Monthly Salary
A person working in Factory and
Manufacturing in Italy typically earns around 2,880 EUR per month.
This is the average monthly salary
including housing, transport, and other benefits.
Job Title
|
Average Salary
|
Assembly Foreman
|
1,634 EUR
|
Assembly Line Worker
|
1,464 EUR
|
Assembly Supervisor
|
2,205 EUR
|
Assistance Maintenance Manager
|
3,510 EUR
|
Assistant Shipping Manager
|
3,464 EUR
|
How much money does a person working
in Factory and Manufacturing make in France?
3,970
EUR per month
Average Monthly Salary
A person working in Factory and
Manufacturing in France typically earns around 3,970 EUR per month.
Job Title
|
Average Salary
|
Assembly Foreman
|
2,002 EUR
|
Assembly Line Worker
|
1,743 EUR
|
Assembly Supervisor
|
2,895 EUR
|
Assistance Maintenance Manager
|
4,703 EUR
|
Assistant Shipping Manager
|
4,659 EUR
|
7. Una tendenza svalutativa
prolungata, (legata ad una nostra divisa agganciata al dollaro) ci renderebbe addirittura un conveniente hub
di delocalizzazione della produzione francese.
E persino la governance potrebbe essere rimessa in
discussione; non secondariamente dal potenziale subentrare di fondi USA nell'azionariato del
nuovo gruppo. Sarebbe un investimento con ottime prospettive e con ricadute
favorevoli pure sugli USA-Chrisler, considerando il ruolo fondamentale dei
brand e degli stabilimenti statunitensi in CFA e l’interesse Usa a non subire
policies di ridimensionamento occupazionale.
Certo i francesi opporrebbero
golden-share/power (disponendo lo Stato di una quota del 6% nel gruppo ora
costituito); ma avrebbero una "gatta da pelare", in termini di ritorsioni
commerciali (sulla gran parte delle loro fondamentali esportazioni verso gli Usa) troppo grossa pure per una figura ambiziosa come Macron.
E questa è solo una esemplificazione
delle “proiezioni”, economico-industriali, di questa soluzione…valutaria e
finanziaria a epicentro Usa.
Quella da Lei tratteggiata e forse auspicata sarebbe una via d'uscita onorevole e accettabile... ma certo disastrosa e inaccettabile per chi oggi tira le fila in Italia, grosso modo identificabile con i blocchi di potere e gli interessi che sostengono l'attuale coalizione di governo.
RispondiElimina... che però trovano un consenso molto ampio nell'opinione pubblica, molto più ampio del consenso elettorale delle forze di governo.
L'ossessione paranoica e strumentale con cui si presentano TUTTI i temi della politica rilevanti o presentati come tali (dall'euro e l'europa al debito pubblico, al carcere agli evasori, alla tutela dell'ambiente, al contrasto alla corruzione, al sostegno alle Ong, all'abolizione della prescrizione, alla censura del "linguaggio d'odio", alla attribuzione dell'etichetta di postnazista, razzista, venduto agli interessi russi di chi non rientri nella "loro" visione totalitaria) è la conferma che questi faranno o meglio stanno GIÀ facendo di tutto per non cadere, imponendo un regime basato sull'odio e la divisione sociale.
Esattamente.
EliminaE altrettanto esatto è che sia tratteggiata e non (necessariamente) auspicata.
Perché ciò che è auspicabile è il ritorno alla piena legalità costituzionale; che, certo, non vincola a perseguire "qualunque" soluzione alternativa che sia oggettivamente preferibile alla sottomissione, unilaterale e priva di alcuna convenienza (che bilanci la violazione dei principi costituzionali più importanti e inviolabili).
È di oggi la notizia che Trump ha chiesto di esaminare il testo dell'accordo, sembra per via del 12% di azionariato cinese in PSA.
RispondiEliminaAh beh...dovremmo dolercene? :-)
EliminaI desideri non si dicono mai, altrimenti poi non si avverano...
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