sabato 26 marzo 2016

LO SCONTRO TRA CIVILTA' COME ARMA POP DI ATOMIZZAZIONE DI MASSA (DANCE, MENTI ELEMENTARI!)


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Questo post di Bazaar è complesso e non lo nascondiamo: ma la sua complessità deriva dalla necessità di ricostruire ciò che è stato devastato. 
E devastato per un fine collettivo preciso. 
E devastato tanto a lungo e tanto in dettaglio che "ricostruire" è un compito gravoso. Forse, ormai, persino vano: abbiamo ancora le risorse culturali "accessibili" per evitare di scivolare oltre il "punto di non ritorno" (ne parlavamo tre anni fa...)?

Consideriamo una risposta positiva come un augurio di Buona Pasqua. Per tutti...

Introduzione- Imperialismo globale, menti elementari e fallacia fallaciana.

«I work for a Government I despise for ends I think criminal»
«Lavoro per un Governo che disprezzo per finalità che ritengo criminali»
John Maynard Keynes, a proposito del governo britannico, in una lettera  a Duncan Grant del 15 dicembre 1917
Ricordiamo come – stando con Braudel – le correnti della Storia fluiscano a velocità diverse: ed invece, ci troviamo a constatare come la comune esperienza porti a credere che «geografia, civiltà, razza e struttura sociale» siano un dato di fatto. Oggetti immutabili, come le leggi stesse che li governano.

I motivi sono principalmente due: il primo – come sconsolati dovettero prendere atto Marx ed Engels – è che l'ignoranza della storia è diffusissima[1] anche in gran parte delle classi più istruite; il secondo, invece, lo aveva ben chiaro Adolf Hitler: i dominati con «un cervello illuminato da alcune nozioni di storia, giungerebbe a concepire alcune idee politiche, e questo non andrebbe mai a nostro  vantaggio»[2].

Cioè, i dominanti, per il proprio piacere – nell'accezione orwelliana di ebbrezza del potere – opprimono masse sterminate di persone umane con una serie di strategie più o meno raffinate con cui gestire e coniugare il più ampio divario possibile nella distribuzione di benessere-potere tra classi, e il più ampio divario numerico possibile tra componenti delle classi stesse.

Ovvero, stando con Adam Smith:  «Tutto per noi stessi, e niente per gli altri, sembra, in ogni epoca del mondo, essere stata la vile massima dei dominatori del genere umano».


1 – Socrate, la manipolazione emotiva e il branco: “lo spillo di Zinoviev” nell'incrinare il delicato equilibrio tra ragione ed emozioni.

 «La differenza sostanziale tra emozione e ragione è che l’emozione porta all’azione, la ragione a trarre conclusioni», Donald Calne
1.1. La scienza e la tecnica possono permettere – come propongono A.Huxley o B.Russell – di incrementare ulteriormente questi divari, limitati storicamente dalla resistenza dei dominati ad accettare ulteriore sofferenza e dolore senza ribellarsi.
Hitler, che altro non è che un ottimo archetipo di “dominatore” – nonostante la storiografia non faccia altro che evidenziare i suoi forti tratti psicotici piuttosto che quelli di legittimato rappresentante di interessi particolari di classe – riflette questo modus cogitandi delle classi dominanti: l'ignoranza – ovvero la creazione massiva di menti elementari – è naturale obiettivo di chi si trova in posizione egemonica.

L'ignoranza più terribile – così come la schiavitù più terribile “è di colui che crede di essere libero”[3]è quella di coloro che “sanno di sapere”: una più o meno ampia erudizione priva di una naturale struttura logica e valoriale[4], può essere il più grande strumento anti-cognitivo riservato alla classi subalterne più istruite.

1.2. La destrutturazione logica e valoriale delle classi dominate è semplicemente ottenibile tramite il marketing emozionale, ossia quell'evoluzione della manipolazione freudiana delle debolezze inconsce, o dello sfruttamento delle reazioni pavloviane, insistendo particolarmente sulle dinamiche di gruppo come, ad esempio, quelle più irrazionali legate al senso di appartenenza.
I mezzi di comunicazione di massa sono – nella loro naturale struttura del tipo “pochissimi che producono contenuti, una grande maggioranza che li consuma” – lo strumento tramite il quale quel minimo di istruzione dei dominati viene sterilizzata, e l'opinione pubblica” viene spinta ad identificarsi con quella “privata”: ovvero, il “pensiero-obiettivo” della classe dominante viene iniettato dai media nella coscienza della comunità sociale dominata.   
Gli interessi confliggenti delle diverse classi vengono rimossi dalla coscienza stessa degli oppressi.

(Nota: la cultura non si consuma: la si vive)

1.3. Quindi possiamo assumere come archetipo[5] per analizzare il pensiero della classe dominante quello espresso da Hitler che, prima di essere stato figura carismatica esponenziale dell'ideologia nazista, è stato figura paradigmatica in quanto esponente di interessi materiali di classe: quelli – appunto –  della classe dominante

Poiché Hitler rappresentava, ma non apparteneva, né alla classe nobiliare né a quella capitalista, con la sua immagine poteva tendenzialmente manipolare più facilmente le classi subalterne, trasformando i sentimenti revanscisti di classe in aggressività imperialista, trasformando l'identità  nazionale in identità razziale: il revanscismo e il patriottismo si trasformavano dialetticamente in un feroce imperialismo, portato alle sue estreme conseguenza per mezzo delle sovrastrutture ideologiche edificate intorno all'eugenetica.

Le classi subalterne – tramite l'ingegneria sociale goebbelsiana – erano soggette ad una collettiva identificazione con l'aggressore, ovvero con la classe dominante, di cui finirono per abbracciare in toto l'etica [Nota: morale come Super-Io “ingegnerizzato”].

1.4. Questo è il meccanismo che sta alla base tanto del consumismo quanto del razzismo.

È comune a tutta l'esperienza coloniale; da una parte deresponsabilizza le classi dominanti, che identificano a loro volta se stesse [contro-transfert] con l'imbruttimento morale dei dominati: «vedete che voi al posto nostro fareste la stessa cosa?»; dall'altra permette di far accettare il “codice Manu" in versione occidentale”, per cui al sangue-razza è attribuito valore immutabile, che giustifica l'ipostatizzazione dell'ingiustizia sociale assurta a fondamento ordinamentale costituito: tanto a livello nazionale, quanto a livello internazionale.


2 – Imperialismo angloamericano e nazifascismo: dall'identica struttura alle similitudini sovrastrutturali.

2.1. Come nella tradizione angloamericana e liberale, Hitler grazie alla narrazione terroristica sulla “sicurezza nazionale” – propaganda che: «la sicurezza dell'Europa non sarà assicurata se non quando avremo ricacciato l'Asia dietro agli Urali»[6], mentre – come è ovvio – cerca nel Lebensraum un'area coloniale in cui imporre trattati di libero scambio: «Lo spazio russo è la nostra India. Come gli inglesi, noi domineremo questo impero con un pugno di uomini»[7].

Il Grossraum è strutturalmente niente altro che una grande area in cui è possibile imporre “liberamente” accordi commerciali: questo è, di converso, il significato di “libero” che può essere assegnato al significante “free” di free trade. [Nota: mercatolibero” di espropriare]

Infatti, seguendo la logica liberoscambista e ricardiana dei vantaggi comparati, Hitler calcola che: «La Romania farebbe bene a rinunciare nei limiti del possibile ad avere un'industria propria. A questo modo dirigerebbe le sue ricchezze del suo suolo e, specialmente il grano, verso il mercato tedesco. In cambio riceverebbe da noi i prodotti manifatturati di cui ha bisogno. La Bessarabia è un vero granaio. Così scomparirebbe quel proletariato romeno che è contaminato dal bolscevismo»[8].

(Prestiamo attenzione al fatto che “bolscevismo” è una sineddoche per intendere “socialismo”, ossia coscienza politica e di classe che si fonda sulla dignità del lavoro: di converso, si nota che sarebbe accorto per il lavoratore e per il produttore del nostro tempo, evitare di chiamare “socialista” o “comunista” la sinistra politica liberale, liberoscambista o – stessa cosa –  “federalista”) 

2.2. Infatti, sempre sulla falsa riga della politica liberale angloamericana, Hitler esprime il genere di sovrastrutture atte al dominio imperialista [9]
«Per dominare i popoli che abbiamo sottomesso nei territori a est del Reich, dovremo di conseguenza rispondere nella misura del possibile ai desideri di libertà individuale che essi potranno manifestare, privarli dunque di qualsiasi organizzazione di Stato e mantenerli così a un livello culturale il più basso possibile

Ovvero: se sarà possibile, ai popoli sottomessi  sarà concesso qualsiasi tipo di “diritto civile”,  in quanto diritto individuale ad effetto anestetizzante per il disagio sociale (cfr. “diritti cosmetici”); ma l'ignoranza deve essere il più possibile dilagante in modo che – poiché i diritti sociali sono strettamente connessi ai diritti politici – si potrà contare su comunità sociali atomizzate e incapaci di organizzarsi politicamente per avanzare pretese di carattere economico e sociale.

Il Führer – ben informato sul paradigma liberoscambista dell'imperialismo anglosassone – prosegue
«Bisogna partire dal concetto che questi popoli non hanno dovere che servirci sul piano economico. Il nostro sforzo deve dunque consistere nel trarre dai territori che essi occupano tutto quanto se ne può trarre. Per impegnarli a consegnarci i loro prodotti agricoli, a lavorare nelle nostre miniere e nelle nostre fabbriche d’armi, li adescheremo aprendo un po’ dappertutto spacci di vendita nei quali potranno procurarsi i prodotti manifatturati dei quali abbisognano».

2.3. Questo, come è stato ampiamente trattato, è la semplice conseguenza di ciò che accade naturalmente alla periferia di un Paese che viene costretto ad entrare in un'area di libero scambio.

Paragrafo 2.4: «Alla polarizzazione della ricchezza tra classi, si affiancherà la polarizzazione di potere politico, economico e militare, tra centro e periferia; la tecnologia fornisce un alto valore aggiunto alla produzione e un vantaggio militare, e le aree che vedono il proprio tessuto industriale irreversibilmente compromesso dovranno esportare tendenzialmente materie prime, nel caso non ne fossero in possesso, dovranno esportare il fattore lavoro: ovvero favorire l'emigrazione

Sull'emigrazione ci torniamo nel paragrafo conclusivo.

2.4. Ricordiamoci inoltre che l'euro – ovvero la “moneta unica europea” – era già stata progettata dalla Germania nazista. L'inquietante piano Funk.

Infatti, Adolf Hitler prosegue nella versione austriaca dell'anarco-libertarismo, che ricorda tanto l'americano ultra-liberista Rothbard
«Se vogliamo preoccuparci del benessere individuale di ognuno, non otterremo alcun risultato imponendo loro un’organizzazione sul modello della nostra amministrazione [cfr. «lo Stato brutto e cattivo che limita la “libertà personale”», “The road to serfdom”, ndr]. In tal modo non faremmo che attirarci il loro odio. 
Infatti, quanto più gli uomini sono primitivi, tanto più avvertono come una costrizione insopportabile qualsiasi limitazione della loro libertà personale
Dal nostro punto di vista, l’altro difetto di una tale organizzazione sarebbe di fonderli in un blocco unico [cfr. «Stato-nazione brutto, nazionalismo brutto, ecc», ndr], di dar loro una forza di cui si servirebbero contro di noi [ma pensa un po', chi lo avrebbe mai detto..., ndr].
In fatto di organizzazione amministrativa, il massimo che si possa loro concedere è un’amministrazione comunale [cfr. con «evviva il federalismo, partiamo dal basso, dai comuni a cinque stelle, ecc.», ndr], e unicamente nella misura in cui ciò è necessario al mantenimento di un determinato potenziale di lavoro, ossia il potenziale indispensabile ad assicurare i bisogni elementari dell’individuo [quest'ultima definizione corrisponde all'equilibrio malthusiano, e ci si ritornerà in altra occasione, ndr].

2.5. Insomma, Hitler insiste sull'ovvietà per cui l'individualismo metodologico su cui è fondato tutto[10] il liberalismo, non è altro che una narrativa funzionale al controllo sociale: l'atomizzazione della società non permette coscienza di classe, ovvero coscienza politica.

Se a livello sovrastrutturale “l'individualismo metodologico” e il liberalismo sono fondamentali, come ampiamente dimostrato dall'imperialismo anglosassone, la struttura liberoscambista deve veder elevate istituzioni di tipo federale e macroregionale; infatti insiste:

«Ma, nel creare tali comunità di villaggi, dovremo procedere in modo che delle comunità vicine non possano fondersi tra loro. Per esempio, avremo cura di evitare che una chiesa unica serva un ampio territorio. Insomma il nostro interesse sarebbe che ogni villaggio avesse la propria setta, che coltivasse la propria nozione di Dio. E se, come gli indiani e i negri, alcuni avessero a celebrare culti magici, non ci dispiacerebbe affatto. Dobbiamo moltiplicare, nello spazio russo, tutte le cause di divisione».

2.6. Divide et impera: seguendo per filo e per segno le orme della tradizione liberale e federalista angloamericana.
«Solo ai nostri commissari spetterà di sorvegliare e dirigere l’economia dei paesi conquistati – e ciò che ho detto deve applicarsi a tutte le forme di organizzazione. E, soprattutto, che non si veda spuntare la ferula dei nostri pedagoghi, con la loro mania di educare i popoli inferiori e la loro mistica della scuola obbligatoria! Tutto quanto i russi, gli ucraini, i kirghisi potessero imparare a scuola (non fosse altro che a leggere e scrivere) finirebbe per volgersi contro di noi. Un cervello illuminato da alcune nozioni di storia giungerebbe a concepire alcune idee politiche, e questo non andrebbe mai a nostro vantaggio.»

Insomma, i federalisti europeifinanziati lautamente dall'imperialismo globale a trazione USA – seguono il medesimo modello strutturale della Germania nazista: e, come abbiamo intuito, non è un caso. Il nazismo non aveva fatto altro che portare alle sue estreme conseguenze il modello imperialista  britannico.

2.7. Il totalitarismo liberale del progetto dispotico europeista, è cognitivamente anestetizzato dalla propaganda hollywoodiana,  dalle tetre morbosità stile Isola Desnuda, al modello Flash Dance; quest'ultimo già teorizzato dal Füher
«Meglio installare un altoparlante in ogni villaggio: dare alcune notizie alla popolazione, e soprattutto distrarla [...ma guarda un po' come è evoluta la politologia negli ultimi settant'anni..., ndr]. A che servirebbe darle la possibilità di acquisire cognizione nel campo della politica, dell’economia? [Già, tanto vale avere “comici” e “spaghetti-liberisti” diversamente laureati, ndr] La radio non dovrà impicciarsi di offrire ai popoli sottomessi conversazioni sul loro passato storico [Meglio del sano autorazzismo!, ndr]. No, musica, e ancora musica! La musica leggera provoca l’euforia del lavoro. Forniamo a quella gente l’occasione di ballare molto, e ce ne sarà riconoscente. Da noi, l’esperimento è stato fatto al tempo della Repubblica di Weimar: è dimostrativo […]»

Magari qualcheduno si sarà chiesto come mai la musica “pop” debba essere “leggera”: Adolf Hitler lo aveva ben chiaro.

(Mi raccomando: dopo il lavoro tutti davanti alla televisione a vedere la partita, il sabato sera tutti in discoteca....)

Ma, apparentemente, il Führer si era applicato con più costanza allo studio della storia rispetto ai campioni dell'imperialismo liberoscambista dei giorni nostri, dato che avverte:



3 – Conclusioni: la fallacia fallaciana.


«La mancanza cronica di cibo ed acqua, la mancanza d'igiene e di assistenza medica, la trascuratezza nei mezzi di comunicazione, la povertà delle misure educative, l’onnipresente spirito di depressione che vidi di persona, prevalente nei nostri villaggi dopo oltre un secolo di dominio britannico, mi fa perdere ogni illusione sulla loro benevolenza», Radindranath Tagore
«Se la storia del governo britannico dell’India fosse condensata in un singolo fatto, questo sarebbe che in India non vi fu alcun aumento di reddito procapite dal 1757 al 1947» Mike Davis, Late Victorian Holocausts: El Nino Famines and the Making of the Third World, London, Verso Books, 2001.
«Churchill, spiegando perché difendesse l’accumulo di cibo in Gran Bretagna, mentre milioni di persone morivano di fame in Bengala, disse al suo segretario privato che “gli hindu sono una razza sudicia, protetta grazie alla sua continua riproduzione dal destino che merita”» Madhusree Mukerjee, “Churchill’s Secret War”: The British Empire and the Ravaging of India during World War II, New York: Basic Books»[11]


«Se tenete in mano un'arma e mi dite, “Scegli chi è peggio tra i musulmani e i messicani”, avrei un attimo di esitazione. Quindi sceglierei i musulmani, perché hanno rotto i coglioni», Oriana Fallaci
 «Ci sono cose che se potessero essere capite, non andrebbero spiegate», “I Legge della Termodidattica”
3.1. L'argomento è serio. Ora: basterebbe rimandare al punto (b) del paragrafo (3) delle conclusioni di questo post per capire che, sul tema dell'imperialismo e dell'immigrazione, dalla contrapposizione della sinistra (?)[12] liberale alla Sabina Guzzanti e della destra (?)[13] liberale all'Oriana Fallaci, non può che sintetizzarsi un'inana contrapposizione utile solo a proteggere la traiettoria neo-[appunto]-liberale seguita da decenni e le riforme strutturali che questa comporta.

Va da sé che, essendo tale dialettica espressione di due prodotti nati da sovrastrutture liberali, quindi vuoti di contenuti culturali strutturalmente diversi, l'unico motivo per cui esistono gruppi sociali che spendono energie a favore di un gruppo e dell'altro, va ricercato nel senso di appartenenza e nelle diverse dinamiche pavloviane sfruttate dalla propaganda e dal marketing emozionale: questi sono gruppi che si complementano
Cioè, poiché il senso di appartenenza nasce in primis per contrapposizione, un gruppo necessita – per essere legittimato – dell'esistenza dell'altro.

Questa dinamica è – per definizione – inutile agli interessi materiali delle classi subalterne.

3.2. Sulla (più o meno) moderna sinistra liberale ha speso fiumi di inchiostro virtuale Alberto Bagnai (v. alla voce "Piddino"): sulla destra liberale, in cui si può annoverare anche l'amatissima, dallo scrivente, Ida Magli, non è purtroppo possibile trarre conclusioni politicamente troppo dissimili da quelle emerse dalle analisi di quel contenitore culturale che è la sinistra liberale, che, come tutto  il paniere di ideologie a disposizione altro non sono è che un prodotto di consumo[14]: cultura-merce.

Dopo il breve stralcio di analisi materialistica della storia, quantomeno nel senso di analisi economica istituzionalista di un periodo storico, dovrebbe essere lampante –  se già dapprima non fosse stato autoevidente – che appassionati giornalisti alla Oriana Fallaci, o grandissimi esponenti della cultura come la raffinatissima antropologa Ida Magli, hanno promosso politicamente analisi pop.

Non era il loro mestiere: in particolare non era quello di Oriana Fallaci: la storia della civiltà analizzata con qualche forma di approccio etnico, ha perso – se mai l'ha avuto – qualsiasi presupposto epistemico da almeno due secoli: nella sua variante pseudoscientifica di teoria delle razze,  è stato meramente usato a scopo ideologico, per la grande controrivoluzione neoliberale che getta le sue radici nell'ultimo quarto dell'Ottocento[15].

3.3. Certo è che gli epifenomeni possono essere dettagliatamente descritti da un preparatissimo antropologo: ed è vero che questi epifenomeni vengono rimossi o attivamente negati dalla sinistra liberale, generalmente impregnata di un “terzomondismo” senza senso che non è altro che una forma di razzismo rovesciato: ma il fatto che già gli antichi fossero consapevoli di quanto fossero gravemente «ridicoli» i politicanti dei regimi democratici nel trattare gli stranieri come se fossero cittadini, e che questa sia un debolezza strutturale degli ordini liberali tanto da essere sfruttata come vulnerabilità tramite strumenti di guerra alternativa (cfr.: Armi di migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera, Kelly M. Greenhill), dovrebbe rendere chiaro quanto sia stato sostanzialmente inutile il contributo su questi temi della Magli e totalmente inano intellettualmente quello della Fallaci.

La controrivoluzione neoliberale, vinta la battaglia con l'URSS, ha avuto la repentina necessità di sostituire  la sovrastruttura ideologica anticomunista con quella dello “Scontro tra civiltà” suggerito da Samuel Huntington e promosso dallo stratega mondialista Zbigniew Brzezinski.

3.4. Così come lascia interdetti, ad un quarto di secolo dalla caduta del socialismo reale, appellare con “comunisti” formazioni politiche che vantano programmi antisociali e liberisti ben più estremi della destra politica post-comunista, non si può non rimanere sbigottiti di fronte a chi – a cospetto del massacro odierno, con tutta la letteratura scientifica e le ammissioni di responsabilità politica che sostengono tesi esattamente opposterilancia i pensieri islamofobici di Oriana Fallaci.

Se esiste un neologismo creato dalla propaganda semiofaga liberale che abbia un senso, è proprio “islamofobia”: ovviamente il problema non è tanto se la Fallaci et similia abbiano liberamente in simpatia o meno una certa religione o una certa etnia, o che la ritengano di per sé minacciosa: è un loro sacrosanto diritto.  
Islamofobia è un ottimo sostantivo per chiamare quella politica terrorista usata per il divide et impera, tanto volta all'oppressione delle classi subalterne, quanto finalizzata ad obiettivi imperialisti e mondialisti.

Il terrorismo non consiste nell'atto stragista di emarginati sociali creati dall'esclusività sociale teorizzata dal liberalismo stesso. A meno di volersi privare di qualsiasi seria capacità di identificare i meccanismi causa-effetto che agiscono nel concreto tempo della Storia (risalendo la concatenazione degli effetti e senza fermarsi alla prima "concausa-causata" della serie causale; cioè troncando emotivamente il nesso prima dell'esaurirsi di una normale indagine razionale...).

Il terrorismo consiste in una ben nota e teorizzata politica imperialista e di classe che si chiama strategia della tensione.

Bisogna spiegarlo agli Italiani?

E chi potrebbero mai essere questi “strateghi”?

Forse i reietti della segmentazione sociale imposta dalle politiche liberiste e federaliste?

3.5. Ovviamente no: chi ha le basi minime per comprendere i fondamenti delle scienze sociali è perfettamente consapevole che le responsabilità politiche (cioè la "cause" prime, derivanti da decisioni supreme di indirizzo sociale e economico, imposte a tutti coloro che sottostanno alle regole affermate dall'effettiva classe dominante) vanno ricercate in primis nella dialettica di strutture complesse di rapporti di forza che cercano di coordinarsi (per quello storico scopo nobile così ben espresso da Adamo Smith nella citazione iniziale).
E questi rapporti di forza si sintetizzano nella struttura sociale e nei rapporti di produzione che si modificano nel tempo.

Questo non significa prendere in simpatia chi è qui per sostituirti (e magari insegnargli il lavoro, come sa bene chi è rimasto disoccupato a causa della globalizzazione e delle conseguenti delocalizzazioni); questo non significa non usare tutti i mezzi machiavellanamente leciti per difendere la propria sovranità.

3.6. Il punto è che i deliri sconclusionati di chi colpevolmente si è prestato a propagandare un'ideologia degna di essere erede dell'antisemitismo nazista come quella dello “Scontro tra civiltà”, sono funzionali alla sconfitta irreversibile, che si  manifesta allo stesso modo di un genocidio portato a compimento.

E chi attenterebbe alla nostra sovranità? Chi predica la cessione delle sovranità democratiche come in guerra? Il profeta dell'Islam nel Corano?

3.7. Chi lo scrive nero su bianco – ma, si sa, la lettura porta via tempo alla musica leggera e alla discoteca – sono von Hayek e i filantropi sociopatici che hanno finanziato la Mont Pelerin Society e il Movimento Federalista Europeo.

Che, guarda un po', appartiene alla stessa classe che ha anche manifestamente le mani sporche di sangue per le vicende che riguardano l'ISIS.

Aizzare i conflitti sub-sezionali tra cristiani (non credenti) e musulmani (non praticanti) è la stessa pratica imbecille che fare a botte tra fascisti (tali perché si lavavano e portavano i capelli corti) e comunisti (con il papà che lavorava in banca): divide et impera.

3.8. Questo è il senso ultimo dei deliri visionari del fondatore di Paneuropa.



 (Chiaramente il post è per definizione inutile alle menti elementari e ai «grulli», data la kantiana “I legge della termodidattica”)

 «Per Giove, preferisco andare fuori strada con Platone, piuttosto che condividere opinioni veritiere con questa gente», Cicerone

«Dalla nolontà o incapacità di scegliere i propri esempi e la propria compagnia, così come dalla nolontà o incapacità di relazionarsi agli altri tramite il giudizio, scaturiscono i veri skandala, le vere pietre d'inciampo che gli uomini non possono rimuovere perché non sono create da motivi umani o umanamente comprensibili. Lì si nasconde l'orrore e al tempo stesso la banalità del male»
Hannah Arendt, le conclusioni morali di una vita di profonde e sofferte riflessioni.



[1]      L'ignoranza peggiore – come sappiamo noi Italiani, degni custodi della cultura greca – è quella di “sapere di sapere la Storia”.
[2]      “Conversazioni segrete”, Napoli 1954, citazioni selezionate da M.Pasquinelli.
[3]      «Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo», Johann Wolfang von Goethe
[4]      «Il difetto di Giudizio è propriamente quello che si chiama grulleria, difetto a cui non c'è modo di arrecare rimedio. Una testa ottusa o limitata […] si può ben armare mediante l'insegnamento fino a farne magari un dotto. Ma poiché in tal caso di solito avviene che si sia sempre in difetto di Giudizio, non è punto raro il caso di uomini assai dotti, i quali nell'uso della loro scienza lascino spesso scorgere quel tal difetto, che non si lascia mai correggere» Kant, “Critica alla ragion pura,” cit. in Arendt, “Alcune questioni di filosofia morale”, ET Saggi, pag.103.
[5]      Si fa notare che Hitler rappresenta la classe dominante poiché è stato un rappresentante politico di un regime che ha tutelato a livello strutturale un sistema ben determinato di rapporti di produzione, favorendo particolari interessi di classe; ma contestualmente, alimentando falsa coscienza nazionalistica e razziale, è stato anche una figura esponenziale di una sovrastruttura demagogica e populista: populismo rinvenibile già dal significante “socialismo” di nazional-socialismo (alias, nazismo). [O nel significante “sociale”, in economia sociale di mercato, alias ordoliberismo...]: infatti il Führer constatava sussiegoso che: «...l'ultimo degli apprendisti, il più modesto dei carrettieri tedeschi, è più vicino a me che non il più importante dei lord inglesi», Ibid, pag. 155-156
[6]      Ibid., pag.44
[7]      Ibid., pag.37
[8]      Ibid., pag.16
[9]      Ibid., pp. 450-453.
[10]     La curiosa contraddizione di Keynes (e del liberalismo sociale in genere)  per cui viene mostrata una predisposizione etica ad una maggiore giustizia sociale ma un totale rigetto della prospettiva del conflitto tipica del socialismo, può essere ricercata nella profonda influenza esercitata della filosofia morale anglosassone, quella di esponenti quali Adam Smith e William Paleys; questi non concepivano come un concetto ontologico di ordine “superiore” quello di società rispetto a quello di individuo, esclusivo soggetto ad essere dotato di “umanità”.   
[11]     Cit. da Ramtanu Maitra.
[12]     Nel senso di politicamente corretto al limite della querela.
[13]     Nel senso di politicamente scorretto nei limiti di un effettivo impegno civile.
[14]     Infatti Marx mai si sarebbe sognato di chiamare con il sostantivo “ideologia” (Ideenkleid) gli strumenti culturali e cognitivi messi a disposizione dai suoi studi, magari con l'intenzione di appellare “sistema di idee” ciò che è di fatto un insieme multidisciplinare di dottrine scientifiche: l'ideologia, nella concezione materialistica del divenire storico,  è falsa coscienza. (Dottrine scientifiche che sono state tutte riprese da scienziati sociali e filosofi che hanno avuto quasi due secoli di sviluppo... a partire dall'analisi economica!)
[15]     Ci sono una serie di motivi che sarebbe interessante approfondire per cui intorno al 1870 circa si può collocare l'inizio vero e proprio di un conflitto di classe cosciente, e su scala globale.

25 commenti:

  1. @Bazaar

    Quando ho postato il mio commento sul penultimo post non avevo ancora iniziato a leggere questo ultimo....

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    1. Te ne do atto: sei stato "profetico" sul tema

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    2. @AP

      Su questo "entanglement quantistico" che anch'io sto notando in diversi evoluzioni del dibatto, ci sarebbe da riflettere.

      Sarà necessario fare qualche approfondimento sull' "inconscio collettivo" di Jung, e, finalmente, approdare al concetto di noosfera di Vernadskij.

      Ma prima ci sarebbero ancora un paio di "passaggi" da inserire per unire i puntini tra tutti i vari metalivelli....

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  2. Da buon "acusmatico" goofysta 48ttista di lungo corso, mi permetto di dire solo "Eccellente!".

    Grazie Bazaar!

    E non mi pare poi così complesso, ma forse proprio perché è qualche hanno che grazie al vostro lavoro, sono state messe a disposizione le chiavi di lettura adeguate.

    Buona Pasqua


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    1. Infatti, la complessità è percepita solo da chi si fosse avvicinato di recente alla sintattica di questo blog.
      Insomma, ho anteposto un'avvertenza metodologica che "sconta" una crescita di lettori twitter-led :-) (Laddove si linka tanto, ma si legge molto meno...)

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    2. “è qualche hanno” ……

      PLONK!

      Gli è che oltre alla destra ed alla sinistra liberale, anche io e la mia parte analfabeta siamo finti opposti in solidarietà antitetico polare …

      … Habbiate pazzienza
      … di nuovho Buhonha Pascuha
      … ed anche Pascuhetta!

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    3. Non temere in questa sede errori grammaticali di battitura non sono stigmatizzati...come la democrazia, qui la comunicazione è "sostanziale" :-)
      Buona Pasqua!

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    4. Buona Pasqua a te, Alex.

      Data l'occorrenza, aggiungerei che di divulgazione pare che Gesù di Nazareth ne capisse: la parabola del seminatore è autoesplicativa. (Come del resto tutta la filosofia morale evangelica... a differenza dei mal di testa - è il caso di dirlo - della dottrina paolina, solo in parte "umanizzata" da Agostino)

      Chi vuole capire capisce. Chi non vuole... nole :-)

      La scelta morale è stata già fatta, è arrivato prima il diavolo a portar via le sementi.

      Il Giudizio non ce lo si può dare. Se lo "spessore" nel terreno non c'è, non c'è: le radici non attecchiranno.

      Chi risponde "non ho capito niente", non è parte del gruppo con cui condividere una morale, e in cui creare un senso e una coscienza comune.

      Eckhart: "Meglio stare all'inferno con Dio, che in paradiso senza di lui".

      Chi vuole capire, ovvero chi ricerca, ovvero chi "è in domanda" - come credo dicano gli ebrei - chiede. Domanda. Dettagliatamente, come il fanciullo nell'età dei "perché".

      Se non lo fa, evidentemente, sa già "di sapere": ovvero sa di saperne una più del diavolo...


      (Gli errori di battitura e i refusi in genere diventano un problema quando si è esposti ad un pubblico in malafede, o che "sa di sapere": generalmente le cose coincidono. Nei commenti, lasciandoli e non cancellandoli, può servire a chi legge a valutare la concentrazione di chi scrive: a chi scrive a vincere l'orgoglio e a chiedersi come potesse Platone "creare" la cultura Occidentale senza il T9, il tasto "canc" e il "taglia incolla": lo strumento finale per l'annichilimento della struttura dei periodi e dei concetti che dovrebbero sussumere...)

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  3. grandissimo post. Solo una nota: la stanza di compensazione di cui si parla nell'articolo linkato dopo la citazione sull'euro quale piano nazista, era un geniale sistema ideato dal keynesiano Schacht per evitare la speculazione sul marco weimariano "strumento di cutoff del deflusso da importazioni del ciclo di frenkel" in un epoca dove tra i pigs c'era la germania

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    1. Ma, in ogni modo, hanno "insistito" per motivi esattamente identici a quelli che giustificano l'attuale assetto federal-monetario, fino alla fine del III Reich (quando Schacht era stato defenestrato da un pezzo):
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/04/per-un-pugno-di-euro-parma-evon.html

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  4. ho letto il post, le similitudini sono inquietanti, ha ragione.

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  5. Quando ero giovane, il più piccolo di tre fratelli, il modelli da seguire erano quelli del calciatore e del ballerino. Mio fratello e mia sorella più grandi di me erano quelli "di successo" perché non studiavano, marinavano la scuola ma erano giovani di mondo; mio fratello abile calciatore, ballerino e dj, mia sorella abile ballerina. Mio fratello e mia sorella ballavano il rock and roll e partecipavano alle competizioni locali; entrambi cuccavano. La mia sensibilità mi portava da altre parti, ma nella mia famiglia e non solo ero considerato strano perché non seguivo i modelli dei "grandi". Io stesso mi sentivo strano, perché non mi sentivo all'altezza. E una parte di me, per la necessità di sentirsi accettata, voleva imitare i modelli imposti. Così un anno andai con mio fratello in discoteca per imparare a fare il dj; nello stesso anno fui un disastro a scuola, perché, per forza di cose, a casa tornavo tardi e ubriaco di negroni. Studiare e leggere era considerato qualcosa di noioso e sinonimo di essere sfigati. Mia madre mi diceva che noi eravamo una famiglia moderna, ma io l'ho sempre saputo che all'interno di quel "noi" io non c'ero. Quando, intorno ai 16 anni io abbandonai il modello discoteca per rimettermi a studiare e non rimanere bocciato, mia madre iniziò a sospettare che fossi debole e malato; dopo la maturità con lode mio fratello iniziò a dirmi che chi studia diventa pazzo e che gli esseri umani sono tutti delle bestie egoiste che inseguono sesso e cibo. Lui voleva diventare ricco spaccandosi la schiena come camionista. Il modello della bestia senza freni morali era quello che, dall'alto in basso, voleva imporre mio fratello più grande di me, con aria da uomo vissuto. Nel contempo il modello speculare era quello dell'uomo che si spacca la schiena e si autoschiavizza per inseguire il miraggio della grande ricchezza conquistata individualmente e in competizione con gli altri. Un modello che aveva l'approvazione della famiglia. Negli anni seguenti ebbi crisi depressive, complessi di inferiorità e comportamenti autodistruttivi, mi isolai sempre più dalla mia famiglia, cercando nel contempo di continuare a studiare fino alla laurea; dentro di me sentivo sempre una voce che mi diceva che studiare è una delle cose più importanti della vita; che più si studia e meno si è manipolati e soggetti all'altrui volere.
    Gli insegnamenti di mia madre erano invece improntati all'effimero "rubano tutti e rubiamo anche noi". Mia madre e mia sorella passavano interi weekend tra supermercati e negozi di lusso a rubare oggetti costosi. Solo per un breve periodo mio padre capì quanto fosse importante per me studiare e per qualchè tempo mi aiutò. Per fortuna ottenni anche delle borse di studio all'Università, in tempi in cui vi era un welfare ancora accettabile. Dopo la laurea ho fatto tutta la trafila dei lavori precari e sottopagati, compreso il classico call center e il venditore porta a porta, e il "culmine" della mia carriera è stato l'assistenza disabili notturna per due anni e mezzo, un lavoro inquadrato come prestazione occasionale con ritenuta d'acconto e stipendio di 450-550 euro al mese. Questo per dire quanto conta la cultura nel nostro paese; e quanti siano i freni, culturali, emozionali e materiali, affinché le classi subalterne non acquisiscano consapevolezza e potere.

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    1. complimenti. hai ragione ma citando Quarantotto ci salva solo un approccio fenomenologico alla Husserl, portando con se lo studio di ogni tipo di scienza modelli di descrizione di fatti complessi "convenienti" alle oligarchie. buona pasqua

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    2. Grazie per lo splendido riassunto del post: e soprattutto grazie per aver dimostrato come essenzialismo ed esistenzialismo siano due facce della stessa medaglia.

      Era già chiaro a Socrate.

      Ci sarebbero mille riflessioni da fare sulla generazione X, e sui suoi inquietanti paralleli storici.

      Per ora, una sentitissima Buona Pasqua.

      (E che gli agnelli da sacrificare siano prima o poi altri... o meglio... ESSI)

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    3. Complimenti @ stopmonetaunica. I manipolatori sanno che non siamo tutti uguali, ma mirano esclusivamente al numero. Quelli "diversi", sono tollerati se fondamentalmente innocui, comprati o soppressi negli altri casi. Lo scarso numero nonche' la distribuzione in territori ed ambiti differenti non ne facilita l'aggregazione e organizzazione.

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  6. Bazaar in poche pagine ci offre, con precisione,strumenti importanti per analizzare i maggiori fatti del nostro tempo. Semplicemente Grande! Grazie!La complessità deriva dalla estrema sintesi, dall'accostamento di concetti diversi e da un'interpretazione di posizioni di Hitler che per quanto illuminanti non sono comuni.I principali concetti meriterebbero singoli approfondimenti, diventando così accessibili ad una platea più vasta.Alla domanda di presentazione se abbiamo le risorse culturali "accessibili" per evitare di scivolare oltre " il punto di non ritorno" credo che la risposta non possa che essere si e lo dimostrate quotidianamente anche voi, ritengo però che il problema più importante sia l'aggregazione di forze per le principali battaglie accettando anche una certa eterogeneità.La difesa della Costituzione e una crisi economica irrisolvibile con gli equilibri attuali sono sfide ma anche opportunità

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    1. Che dire di @Baazar ..
      è Gavri’el la mano “sinistra” di ‘48, An-Namus al-Akbar il grande ordinatore, ar-Ruh al-Qaddus lo spirito di verità, Al-Aminv l’integro sostanziale che guida verso Sodoma, è Jibril rivelatore del Corano.

      Peccato che sia un bolscevico .. ;-)

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    2. Caro Poggio, come ben sai, il primo a introdurre il "materialismo storico" fu colui che disse "e il Verbo si fece carne".

      Senza nemmeno la necessità di citare crune e cammelli...

      Noi rivoluzionari dello spirito, però, amiamo rivolgerci a Fëdorov e a Florenskij.

      (Tolstoj va ancora letto e meditato...)

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    3. (Mediterei anche sulla "Guida dei Perplessi" di Rabbi Moshe ben Maimon ..)

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  7. Ottimo Bazaar.
    A proposito di critica della sinistra liberale, segnalo che è appena uscita la nuova edizione de "L'IMMAGINE SINISTRA DELLA GLOBALIZZAZIONE - critica del radicalismo liberale", di Paolo Borgognone. Un libro immane, anche nelle dimensioni: quando avrò un mese di ferie, lo leggerò...

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  8. Dico la mia. Prendere il discorso culturale, le radici dei popoli, ed escluderli dal "problema", rende l'analisi, davvero interessante, soltanto parziale. Resto dell'idea che l'aspetto (o movente) religioso/culturale venga utilizzato come mezzo, all'interno del discorso che hai fatto, ma non è un movente falso di base. C'è, esiste e può essere un problema. Ad oggi. Se il mezzo utilizzato per un assalto ad una banca è un mezzo corazzato, nell'emergenza non sto a, passami il termine, filosofeggiare sui mandanti e su ciò che ha portato all'assalto, ma mi concentro sul mezzo corazzato, neutralizzandolo, impedendo ad altri mezzi corazzati di entrare in azione.
    Poi si ragiona e si agisce sulle cause con scrupolosa analisi. E si mettono le basi affinché non si ripeta.

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    1. « Questo non significa prendere in simpatia chi è qui per sostituirti (e magari insegnargli il lavoro, come sa bene chi è rimasto disoccupato a causa della globalizzazione e delle conseguenti delocalizzazioni); questo non significa non usare tutti i mezzi machiavellanamente leciti per difendere la propria sovranità. »

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  9. Magistrale. Rileggere queste parole dopo quasi un anno e trovarvi nuovi nessi, nuovi spunti e ulteriori conferme di quelle che qualche volta vivo come intuizioni, ma che, non avendo la vostra cultura sterminata, solo qui si ricompongono e prendono forma, trovando la giusta collocazione e struttura. Grazie per l'enorme lavoro che fate e che condividete. Vorrei dirvelo più spesso.

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