Questo post di Bazaar è complesso e non lo nascondiamo: ma la sua complessità deriva dalla necessità di ricostruire ciò che è stato devastato.
E devastato per un fine collettivo preciso.
E devastato tanto a lungo e tanto in dettaglio che "ricostruire" è un compito gravoso. Forse, ormai, persino vano: abbiamo ancora le risorse culturali "accessibili" per evitare di scivolare oltre il "punto di non ritorno" (ne parlavamo tre anni fa...)?
Consideriamo una risposta positiva come un augurio di Buona Pasqua. Per tutti...
Consideriamo una risposta positiva come un augurio di Buona Pasqua. Per tutti...
Introduzione- Imperialismo
globale, menti elementari e fallacia fallaciana.
«I work for a Government I despise for ends I think criminal»«Lavoro per un Governo che disprezzo per finalità che ritengo criminali»John Maynard Keynes, a proposito del governo britannico, in una lettera a Duncan Grant del 15 dicembre 1917
Ricordiamo come – stando con Braudel – le correnti della Storia fluiscano a
velocità diverse: ed invece, ci troviamo a constatare come la comune esperienza porti a
credere che «geografia, civiltà, razza e
struttura sociale» siano un dato di fatto. Oggetti immutabili, come le
leggi stesse che li governano.
I
motivi sono principalmente due: il primo – come sconsolati dovettero prendere
atto Marx ed Engels – è che l'ignoranza della storia è
diffusissima[1] anche
in gran parte delle classi più istruite; il secondo, invece, lo aveva ben
chiaro Adolf Hitler: i dominati con «un cervello illuminato da
alcune nozioni di storia, giungerebbe a concepire alcune idee politiche, e
questo non andrebbe mai a nostro
vantaggio»[2].
Cioè,
i dominanti, per il proprio piacere – nell'accezione orwelliana
di ebbrezza del potere – opprimono masse sterminate di persone umane con
una serie di strategie più o meno raffinate con cui gestire e coniugare il più
ampio divario possibile nella distribuzione di benessere-potere tra
classi, e il più ampio divario numerico possibile tra componenti delle classi
stesse.
Ovvero,
stando con Adam Smith: «Tutto per noi stessi, e niente per gli altri, sembra, in
ogni epoca del mondo, essere stata la vile massima dei dominatori del genere
umano».
1
– Socrate, la manipolazione emotiva e il branco: “lo spillo di Zinoviev”
nell'incrinare il delicato equilibrio tra ragione ed emozioni.
«La differenza sostanziale tra emozione e ragione è che l’emozione porta all’azione, la ragione a trarre conclusioni», Donald Calne
1.1. La
scienza e la tecnica possono permettere – come propongono A.Huxley
o B.Russell – di incrementare ulteriormente questi divari, limitati
storicamente dalla resistenza dei dominati ad accettare ulteriore
sofferenza e dolore senza ribellarsi.
Hitler, che altro non è che un ottimo archetipo
di “dominatore” – nonostante la storiografia non faccia
altro che evidenziare i suoi forti tratti psicotici piuttosto che quelli di legittimato
rappresentante di interessi particolari di classe – riflette questo modus cogitandi delle
classi dominanti: l'ignoranza – ovvero la creazione massiva di menti
elementari – è naturale obiettivo di chi si trova in posizione egemonica.
L'ignoranza
più terribile – così come la schiavitù più terribile “è di colui che crede
di essere libero”[3] – è
quella di coloro che “sanno di sapere”: una più o meno ampia erudizione priva
di una naturale struttura logica e valoriale[4],
può essere il più grande strumento anti-cognitivo riservato alla classi
subalterne più istruite.
1.2. La
destrutturazione logica e valoriale delle classi dominate è semplicemente
ottenibile tramite il marketing emozionale, ossia quell'evoluzione della
manipolazione freudiana delle debolezze inconsce, o dello
sfruttamento delle reazioni pavloviane, insistendo particolarmente sulle
dinamiche di gruppo come, ad esempio, quelle più irrazionali legate al senso
di appartenenza.
I
mezzi di comunicazione di massa sono – nella loro naturale struttura del tipo
“pochissimi che producono contenuti, una grande maggioranza che li consuma” –
lo strumento tramite il quale quel minimo di istruzione dei dominati
viene sterilizzata, e l'opinione “pubblica” viene spinta ad identificarsi
con quella “privata”: ovvero, il “pensiero-obiettivo” della classe
dominante viene iniettato dai media nella coscienza della comunità
sociale dominata.
Gli interessi
confliggenti delle diverse classi vengono rimossi dalla coscienza stessa
degli oppressi.
(Nota:
la cultura non si consuma: la si vive)
1.3. Quindi
possiamo assumere come archetipo[5]
per analizzare il pensiero della classe dominante quello espresso da Hitler
che, prima di essere stato figura carismatica esponenziale
dell'ideologia nazista, è stato figura paradigmatica in quanto esponente
di interessi materiali di classe: quelli – appunto – della classe dominante.
Poiché
Hitler rappresentava, ma non apparteneva, né alla classe nobiliare né a
quella capitalista, con la sua immagine poteva tendenzialmente manipolare più facilmente
le classi subalterne, trasformando i sentimenti revanscisti di classe in
aggressività imperialista, trasformando l'identità nazionale in identità razziale: il
revanscismo e il patriottismo si trasformavano dialetticamente in un feroce
imperialismo, portato alle sue estreme conseguenza per mezzo delle sovrastrutture
ideologiche edificate intorno all'eugenetica.
Le
classi subalterne – tramite l'ingegneria sociale goebbelsiana – erano
soggette ad una collettiva identificazione con l'aggressore, ovvero con la classe dominante,
di cui finirono per abbracciare in toto l'etica [Nota: morale
come Super-Io “ingegnerizzato”].
1.4. Questo
è il meccanismo che sta alla base tanto del consumismo quanto del razzismo.
È
comune a tutta l'esperienza coloniale; da una parte deresponsabilizza le classi
dominanti, che identificano a loro volta se stesse [contro-transfert]
con l'imbruttimento morale dei dominati: «vedete che voi al posto nostro
fareste la stessa cosa?»; dall'altra permette di far accettare il “codice Manu"
in versione occidentale”, per cui al sangue-razza è attribuito valore immutabile,
che giustifica l'ipostatizzazione dell'ingiustizia sociale assurta a fondamento
ordinamentale costituito: tanto a livello nazionale, quanto a livello internazionale.
2
– Imperialismo angloamericano e nazifascismo: dall'identica struttura alle
similitudini sovrastrutturali.
2.1. Come
nella tradizione angloamericana e liberale, Hitler – grazie alla narrazione
terroristica sulla “sicurezza nazionale” – propaganda che: «la
sicurezza dell'Europa non sarà assicurata se non quando avremo ricacciato
l'Asia dietro agli Urali»[6],
mentre – come è ovvio – cerca nel Lebensraum un'area coloniale in cui imporre
trattati di libero scambio: «Lo spazio russo è la nostra India. Come
gli inglesi, noi domineremo questo impero con un pugno di uomini»[7].
Il
Grossraum è strutturalmente niente altro che una grande area in cui è
possibile imporre “liberamente” accordi commerciali: questo è, di
converso, il significato di “libero” che può essere assegnato al significante “free”
di free trade. [Nota: mercato “libero” di espropriare]
Infatti,
seguendo la logica liberoscambista e ricardiana dei vantaggi comparati, Hitler calcola che: «La Romania farebbe
bene a rinunciare nei limiti del possibile ad avere un'industria propria.
A questo modo dirigerebbe le sue ricchezze del suo suolo e, specialmente il
grano, verso il mercato tedesco. In cambio riceverebbe da noi i prodotti
manifatturati di cui ha bisogno. La Bessarabia è un vero granaio. Così scomparirebbe quel proletariato romeno che è contaminato dal bolscevismo»[8].
(Prestiamo
attenzione al fatto che “bolscevismo” è una sineddoche per intendere
“socialismo”, ossia coscienza politica e di classe che si fonda sulla dignità
del lavoro: di converso, si nota che sarebbe accorto per il lavoratore e per il
produttore del nostro tempo, evitare di chiamare “socialista” o “comunista” la
sinistra politica liberale, liberoscambista o – stessa cosa – “federalista”)
2.2. Infatti,
sempre sulla falsa riga della politica liberale angloamericana, Hitler
esprime il genere di sovrastrutture atte al dominio imperialista [9]:
«Per dominare i popoli che abbiamo sottomesso nei territori a est del Reich,
dovremo di conseguenza rispondere nella misura del possibile ai desideri di
libertà individuale che essi potranno manifestare, privarli dunque di
qualsiasi organizzazione di Stato e mantenerli così a un livello
culturale il più basso possibile.»
Ovvero:
se sarà possibile, ai popoli sottomessi
sarà concesso qualsiasi tipo di “diritto civile”, in quanto diritto individuale ad
effetto anestetizzante per il disagio sociale (cfr. “diritti cosmetici”); ma l'ignoranza deve essere il più
possibile dilagante in modo che – poiché i diritti sociali sono
strettamente connessi ai diritti politici – si potrà contare su comunità
sociali atomizzate e incapaci di organizzarsi politicamente per avanzare
pretese di carattere economico e sociale.
Il Führer – ben informato sul paradigma liberoscambista
dell'imperialismo anglosassone – prosegue:
«Bisogna partire dal concetto che questi
popoli non hanno dovere che servirci sul piano economico. Il nostro sforzo
deve dunque consistere nel trarre dai territori che essi occupano tutto
quanto se ne può trarre. Per impegnarli a consegnarci i loro prodotti
agricoli, a lavorare nelle nostre miniere e nelle nostre
fabbriche d’armi, li adescheremo aprendo un po’ dappertutto spacci di
vendita nei quali potranno procurarsi i prodotti manifatturati dei quali abbisognano».
2.3. Questo,
come è stato ampiamente trattato, è la
semplice conseguenza di ciò che accade naturalmente alla periferia di un
Paese che viene costretto
ad entrare in un'area di libero scambio.
Paragrafo 2.4:
«Alla polarizzazione della ricchezza tra classi, si affiancherà la
polarizzazione di potere politico, economico e militare, tra centro e periferia; la tecnologia fornisce un alto
valore aggiunto alla produzione e un vantaggio militare, e le aree che
vedono il proprio tessuto industriale irreversibilmente compromesso dovranno
esportare tendenzialmente materie prime, nel caso non ne fossero in
possesso, dovranno esportare il fattore lavoro: ovvero favorire l'emigrazione.»
Sull'emigrazione
ci torniamo nel paragrafo conclusivo.
2.4. Ricordiamoci
inoltre che l'euro – ovvero la “moneta unica europea” – era già stata progettata dalla Germania
nazista. L'inquietante
piano Funk.
Infatti, Adolf Hitler prosegue
nella versione austriaca dell'anarco-libertarismo, che ricorda tanto
l'americano ultra-liberista Rothbard:
«Se vogliamo preoccuparci del benessere individuale di
ognuno, non otterremo alcun risultato imponendo loro un’organizzazione sul
modello della nostra amministrazione [cfr. «lo Stato brutto e cattivo che limita la “libertà
personale”», “The road to serfdom”, ndr]. In tal modo non faremmo che
attirarci il loro odio.
Infatti, quanto
più gli uomini sono primitivi, tanto più avvertono come una costrizione insopportabile
qualsiasi limitazione della loro libertà personale.
Dal nostro punto di
vista, l’altro difetto di una tale organizzazione sarebbe di fonderli in un
blocco unico [cfr. «Stato-nazione brutto, nazionalismo brutto, ecc»,
ndr], di dar loro una forza di cui si
servirebbero contro di noi [ma pensa un po', chi lo avrebbe mai
detto..., ndr].
In fatto di
organizzazione amministrativa, il massimo che si possa loro concedere è un’amministrazione
comunale [cfr. con «evviva il federalismo,
partiamo dal basso, dai comuni a cinque stelle, ecc.», ndr], e unicamente nella misura in cui ciò è necessario al mantenimento
di un determinato potenziale di lavoro, ossia il potenziale indispensabile
ad assicurare i bisogni elementari dell’individuo [quest'ultima
definizione corrisponde all'equilibrio malthusiano, e ci si ritornerà in altra occasione,
ndr].
2.5. Insomma,
Hitler insiste sull'ovvietà per cui l'individualismo metodologico
su cui è fondato tutto[10]
il liberalismo, non è altro che una narrativa funzionale al
controllo sociale: l'atomizzazione della società non permette coscienza
di classe, ovvero coscienza politica.
Se a livello sovrastrutturale
“l'individualismo metodologico” e il liberalismo sono fondamentali, come
ampiamente dimostrato dall'imperialismo anglosassone, la struttura liberoscambista
deve veder elevate istituzioni di tipo federale e macroregionale;
infatti insiste:
«Ma, nel creare tali
comunità di villaggi, dovremo procedere in modo che delle comunità vicine non
possano fondersi tra loro. Per esempio, avremo cura di evitare che una
chiesa unica serva un ampio territorio. Insomma il nostro interesse sarebbe
che ogni villaggio avesse la propria setta, che coltivasse la propria nozione
di Dio. E se, come gli indiani e i negri, alcuni avessero a celebrare culti
magici, non ci dispiacerebbe affatto. Dobbiamo moltiplicare, nello
spazio russo, tutte le cause di divisione».
2.6. Divide et impera: seguendo per filo e per segno le orme
della tradizione liberale e federalista
angloamericana.
«Solo
ai nostri commissari spetterà di sorvegliare e dirigere
l’economia dei paesi conquistati – e ciò che ho detto deve applicarsi a tutte
le forme di organizzazione. E, soprattutto, che non si veda spuntare la ferula dei nostri pedagoghi, con la loro
mania di educare i popoli inferiori e la loro mistica della scuola
obbligatoria! Tutto quanto i russi, gli ucraini, i kirghisi potessero
imparare a scuola (non fosse altro che a leggere e scrivere) finirebbe per
volgersi contro di noi. Un cervello
illuminato da alcune nozioni di storia giungerebbe a concepire alcune idee
politiche, e questo non andrebbe mai a nostro vantaggio.»
Insomma,
i federalisti europei – finanziati lautamente dall'imperialismo
globale a trazione USA –
seguono il medesimo modello strutturale della Germania nazista: e, come
abbiamo intuito, non è un caso. Il nazismo non aveva fatto altro che portare
alle sue estreme conseguenze il modello imperialista britannico.
2.7. Il
totalitarismo liberale del progetto dispotico europeista, è
cognitivamente anestetizzato dalla propaganda hollywoodiana, dalle tetre morbosità stile Isola Desnuda,
al modello Flash Dance; quest'ultimo già teorizzato dal Füher:
«Meglio installare un altoparlante in ogni
villaggio: dare alcune notizie alla
popolazione, e soprattutto distrarla [...ma
guarda un po' come è evoluta la politologia negli ultimi settant'anni..., ndr].
A che servirebbe darle la possibilità di
acquisire cognizione nel campo della politica, dell’economia? [Già,
tanto vale avere “comici” e “spaghetti-liberisti” diversamente laureati, ndr]
La radio non dovrà impicciarsi di offrire ai popoli sottomessi
conversazioni sul loro passato storico [Meglio del sano autorazzismo!, ndr]. No, musica, e ancora musica! La musica leggera provoca l’euforia
del lavoro. Forniamo a quella gente l’occasione di ballare molto, e ce ne sarà
riconoscente. Da
noi, l’esperimento è stato fatto al tempo della Repubblica di Weimar: è
dimostrativo […]»
Magari
qualcheduno si sarà chiesto come mai la musica “pop” debba essere “leggera”: Adolf
Hitler lo aveva ben chiaro.
(Mi
raccomando: dopo il lavoro tutti davanti alla televisione a vedere la partita,
il sabato sera tutti in discoteca....)
Ma,
apparentemente, il Führer si era applicato con più costanza allo studio
della storia rispetto ai campioni dell'imperialismo liberoscambista dei giorni
nostri, dato che avverte:
3
– Conclusioni: la fallacia fallaciana.
«La mancanza cronica di cibo ed acqua, la mancanza d'igiene e di assistenza medica, la trascuratezza nei mezzi di comunicazione, la povertà delle misure educative, l’onnipresente spirito di depressione che vidi di persona, prevalente nei nostri villaggi dopo oltre un secolo di dominio britannico, mi fa perdere ogni illusione sulla loro benevolenza», Radindranath Tagore
«Se la storia
del governo britannico dell’India fosse condensata in un singolo fatto, questo
sarebbe che in India non vi fu alcun aumento di reddito procapite dal 1757 al
1947» Mike Davis, Late
Victorian Holocausts: El Nino Famines and the Making of the Third World,
London, Verso Books, 2001.
«Churchill,
spiegando perché difendesse l’accumulo di cibo in Gran Bretagna, mentre milioni
di persone morivano di fame in Bengala, disse al suo segretario privato che
“gli hindu sono una razza sudicia, protetta grazie alla sua continua
riproduzione dal destino che merita”»
Madhusree Mukerjee, “Churchill’s Secret War”: The British Empire and
the Ravaging of India during World War II, New York: Basic Books»[11]
«Se tenete in mano un'arma e mi dite, “Scegli chi è peggio tra i musulmani e i messicani”, avrei un attimo di esitazione. Quindi sceglierei i musulmani, perché hanno rotto i coglioni», Oriana Fallaci
«Ci sono cose che se potessero essere capite, non andrebbero spiegate», “I Legge della Termodidattica”
3.1. L'argomento
è serio. Ora: basterebbe rimandare al punto (b) del paragrafo (3)
delle conclusioni di questo post per capire che, sul tema dell'imperialismo e dell'immigrazione,
dalla contrapposizione della sinistra (?)[12]
liberale alla Sabina Guzzanti e della destra (?)[13]
liberale all'Oriana Fallaci, non può che sintetizzarsi un'inana
contrapposizione utile solo a proteggere la traiettoria neo-[appunto]-liberale
seguita da decenni e le riforme strutturali che questa comporta.
Va
da sé che, essendo tale dialettica espressione di due prodotti nati da sovrastrutture
liberali, quindi vuoti di contenuti culturali strutturalmente diversi,
l'unico motivo per cui esistono gruppi sociali che spendono energie a favore di
un gruppo e dell'altro, va ricercato nel senso di appartenenza e nelle
diverse dinamiche pavloviane sfruttate dalla propaganda e dal marketing
emozionale: questi sono gruppi che si complementano.
Cioè, poiché il
senso di appartenenza nasce in primis per contrapposizione,
un gruppo necessita – per essere legittimato – dell'esistenza dell'altro.
Questa
dinamica è – per definizione – inutile agli interessi materiali delle classi
subalterne.
3.2. Sulla
(più o meno) moderna sinistra liberale ha speso fiumi di inchiostro
virtuale Alberto Bagnai (v. alla voce "Piddino"): sulla destra liberale, in cui
si può annoverare anche l'amatissima, dallo scrivente, Ida Magli, non è
purtroppo possibile trarre conclusioni politicamente troppo dissimili da
quelle emerse dalle analisi di quel contenitore culturale che è la sinistra
liberale, che, come tutto il paniere
di ideologie a disposizione altro non sono è che un prodotto di consumo[14]:
cultura-merce.
Dopo il breve stralcio di analisi materialistica della
storia, quantomeno nel senso di analisi economica istituzionalista di un
periodo storico, dovrebbe essere lampante –
se già dapprima non fosse stato autoevidente – che appassionati
giornalisti alla Oriana Fallaci, o grandissimi esponenti della cultura
come la raffinatissima antropologa Ida Magli, hanno promosso politicamente
analisi pop.
Non
era il loro mestiere: in particolare non era quello di Oriana Fallaci:
la storia della civiltà analizzata con qualche forma di approccio etnico,
ha perso – se mai l'ha avuto – qualsiasi presupposto epistemico da almeno due
secoli: nella sua variante pseudoscientifica di teoria delle razze, è stato meramente usato a scopo ideologico,
per la grande controrivoluzione neoliberale che getta le sue radici nell'ultimo
quarto dell'Ottocento[15].
3.3. Certo
è che gli epifenomeni possono essere dettagliatamente descritti da un
preparatissimo antropologo: ed è vero che questi epifenomeni vengono
rimossi o attivamente negati dalla sinistra liberale, generalmente
impregnata di un “terzomondismo” senza senso che non è altro che una forma di razzismo
rovesciato: ma il fatto che già gli antichi fossero consapevoli di quanto
fossero gravemente «ridicoli» i politicanti dei regimi democratici
nel trattare gli stranieri come se fossero cittadini, e che questa sia un
debolezza strutturale degli ordini liberali tanto da essere sfruttata come
vulnerabilità tramite strumenti di guerra alternativa (cfr.: Armi di
migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera,
Kelly M.
Greenhill), dovrebbe rendere chiaro quanto sia
stato sostanzialmente inutile il contributo su questi temi della Magli e
totalmente inano intellettualmente quello della Fallaci.
La controrivoluzione neoliberale, vinta la
battaglia con l'URSS, ha avuto la repentina necessità di sostituire la sovrastruttura ideologica
anticomunista con quella dello “Scontro tra civiltà” suggerito da Samuel
Huntington e promosso dallo stratega mondialista Zbigniew Brzezinski.
3.4. Così come lascia interdetti, ad un quarto di
secolo dalla caduta del socialismo reale, appellare con “comunisti” formazioni
politiche che vantano programmi antisociali e liberisti ben più estremi della
destra politica post-comunista, non si può non rimanere sbigottiti di fronte a
chi – a cospetto del massacro odierno, con tutta la letteratura scientifica e
le ammissioni di responsabilità politica che sostengono tesi esattamente opposte
– rilancia i pensieri
islamofobici di Oriana
Fallaci.
Se esiste un neologismo creato dalla propaganda semiofaga
liberale che abbia un senso, è proprio “islamofobia”: ovviamente il
problema non è tanto se la Fallaci
et similia abbiano liberamente in simpatia o meno una certa religione o
una certa etnia, o che la ritengano di per sé minacciosa: è un loro sacrosanto
diritto.
Islamofobia è un ottimo sostantivo per chiamare quella politica
terrorista usata per il divide et impera, tanto volta
all'oppressione delle classi subalterne, quanto finalizzata ad obiettivi imperialisti
e mondialisti.
Il terrorismo non consiste nell'atto stragista
di emarginati
sociali creati dall'esclusività sociale teorizzata dal
liberalismo stesso. A meno di volersi privare di qualsiasi seria capacità di identificare i meccanismi causa-effetto che agiscono nel concreto tempo della Storia (risalendo la concatenazione degli effetti e senza fermarsi alla prima "concausa-causata" della serie causale; cioè troncando emotivamente il nesso prima dell'esaurirsi di una normale indagine razionale...).
Il terrorismo consiste in una ben nota e
teorizzata politica imperialista e di classe che si chiama strategia della
tensione.
Bisogna spiegarlo agli Italiani?
E chi potrebbero mai essere questi “strateghi”?
Forse i reietti della segmentazione sociale imposta
dalle politiche liberiste e
federaliste?
3.5. Ovviamente
no: chi ha le basi minime per comprendere i
fondamenti delle scienze sociali è perfettamente consapevole che le
responsabilità politiche (cioè la "cause" prime, derivanti da decisioni supreme di indirizzo sociale e economico, imposte a tutti coloro che sottostanno alle regole affermate dall'effettiva classe dominante) vanno ricercate in primis nella dialettica
di strutture complesse di rapporti di forza che cercano di
coordinarsi (per quello storico scopo nobile così ben espresso da Adamo Smith
nella citazione iniziale).
E questi rapporti di forza si sintetizzano nella
struttura sociale e nei rapporti di produzione che si modificano
nel tempo.
Questo non significa prendere in simpatia chi è
qui per sostituirti (e magari insegnargli il lavoro, come sa bene chi è rimasto
disoccupato a causa della globalizzazione e delle conseguenti
delocalizzazioni); questo non significa non usare tutti i mezzi machiavellanamente
leciti per difendere la propria sovranità.
3.6. Il punto è che i deliri sconclusionati di chi
colpevolmente si è prestato a propagandare un'ideologia degna di essere erede
dell'antisemitismo nazista come quella dello “Scontro tra civiltà”, sono
funzionali alla sconfitta irreversibile, che si manifesta allo stesso modo di un genocidio portato a
compimento.
E chi attenterebbe alla nostra sovranità?
Chi predica la cessione delle sovranità democratiche come in guerra? Il profeta
dell'Islam nel Corano?
3.7. Chi lo scrive nero su bianco – ma, si sa, la
lettura porta via tempo alla musica leggera e alla discoteca – sono von
Hayek e i filantropi sociopatici che hanno finanziato la Mont
Pelerin Society e il Movimento
Federalista Europeo.
Che, guarda un po', appartiene alla stessa classe
che ha anche
manifestamente le mani sporche di sangue per le vicende che riguardano
l'ISIS.
Aizzare i conflitti sub-sezionali tra cristiani
(non credenti) e musulmani (non praticanti) è la stessa pratica imbecille che
fare a botte tra fascisti (tali perché si lavavano e portavano i capelli corti)
e comunisti (con il papà che lavorava in banca): divide et impera.
3.8. Questo è il senso ultimo dei deliri
visionari del fondatore di Paneuropa.
«Per
Giove, preferisco andare fuori strada con Platone, piuttosto che condividere
opinioni veritiere con questa gente», Cicerone
«Dalla
nolontà o incapacità di scegliere i propri esempi e la propria compagnia, così
come dalla nolontà o incapacità di relazionarsi agli altri tramite il giudizio,
scaturiscono i veri skandala, le vere pietre d'inciampo che gli
uomini non possono rimuovere perché non sono create da motivi umani o
umanamente comprensibili. Lì si nasconde l'orrore e al tempo stesso la
banalità del male»
Hannah Arendt, le conclusioni morali
di una vita di profonde e sofferte riflessioni.
[1] L'ignoranza peggiore – come sappiamo noi
Italiani, degni custodi della cultura greca – è quella di “sapere
di sapere la Storia”.
[2] “Conversazioni
segrete”, Napoli 1954, citazioni selezionate da M.Pasquinelli.
[3] «Nessuno è più schiavo di colui che si
ritiene libero senza esserlo», Johann Wolfang von Goethe
[4] «Il difetto di Giudizio è propriamente
quello che si chiama grulleria, difetto a cui non c'è modo di arrecare rimedio.
Una testa ottusa o limitata […] si può ben armare mediante l'insegnamento fino
a farne magari un dotto. Ma poiché in tal caso di solito avviene che si sia
sempre in difetto di Giudizio, non è punto raro il caso di uomini assai dotti,
i quali nell'uso della loro scienza lascino spesso scorgere quel tal difetto,
che non si lascia mai correggere» Kant, “Critica alla ragion pura,”
cit. in Arendt, “Alcune questioni di filosofia morale”, ET Saggi,
pag.103.
[5] Si fa notare che Hitler rappresenta la classe dominante
poiché è stato un rappresentante politico di un regime che ha tutelato a
livello strutturale un sistema ben determinato di rapporti di
produzione, favorendo particolari interessi di classe; ma
contestualmente, alimentando falsa coscienza nazionalistica e razziale,
è stato anche una figura esponenziale di una sovrastruttura demagogica e
populista: populismo rinvenibile già dal significante “socialismo” di nazional-socialismo
(alias, nazismo). [O nel significante “sociale”, in economia sociale
di mercato, alias ordoliberismo...]: infatti il Führer
constatava sussiegoso che: «...l'ultimo degli apprendisti, il più modesto dei
carrettieri tedeschi, è più vicino a me che non il più importante dei lord
inglesi», Ibid,
pag. 155-156
[6] Ibid., pag.44
[7] Ibid., pag.37
[8] Ibid., pag.16
[9] Ibid., pp. 450-453.
[10] La curiosa contraddizione di Keynes
(e del liberalismo sociale in genere)
per cui viene mostrata una predisposizione etica ad una maggiore giustizia
sociale ma un totale rigetto della prospettiva del conflitto tipica
del socialismo, può essere ricercata nella profonda influenza esercitata della filosofia
morale anglosassone, quella di esponenti quali Adam Smith e
William Paleys; questi non concepivano come un concetto ontologico di
ordine “superiore” quello di società rispetto a quello di individuo,
esclusivo soggetto ad essere dotato di “umanità”.
[11] Cit. da Ramtanu Maitra.
[12] Nel senso di politicamente corretto
al limite della querela.
[13] Nel senso di politicamente scorretto
nei limiti di un effettivo impegno civile.
[14] Infatti Marx mai si sarebbe sognato
di chiamare con il sostantivo “ideologia” (Ideenkleid)
gli strumenti culturali e cognitivi messi a disposizione dai suoi studi, magari
con l'intenzione di appellare “sistema di idee” ciò che è di fatto un insieme multidisciplinare
di dottrine scientifiche: l'ideologia, nella concezione materialistica
del divenire storico, è falsa
coscienza. (Dottrine scientifiche che sono state tutte riprese da
scienziati sociali e filosofi che hanno avuto quasi due secoli di sviluppo... a
partire dall'analisi economica!)
[15] Ci sono una serie di motivi che sarebbe
interessante approfondire per cui intorno al 1870 circa si può collocare
l'inizio vero e proprio di un conflitto di classe cosciente, e su scala
globale.
@Bazaar
RispondiEliminaQuando ho postato il mio commento sul penultimo post non avevo ancora iniziato a leggere questo ultimo....
Te ne do atto: sei stato "profetico" sul tema
Elimina@AP
EliminaSu questo "entanglement quantistico" che anch'io sto notando in diversi evoluzioni del dibatto, ci sarebbe da riflettere.
Sarà necessario fare qualche approfondimento sull' "inconscio collettivo" di Jung, e, finalmente, approdare al concetto di noosfera di Vernadskij.
Ma prima ci sarebbero ancora un paio di "passaggi" da inserire per unire i puntini tra tutti i vari metalivelli....
Da buon "acusmatico" goofysta 48ttista di lungo corso, mi permetto di dire solo "Eccellente!".
RispondiEliminaGrazie Bazaar!
E non mi pare poi così complesso, ma forse proprio perché è qualche hanno che grazie al vostro lavoro, sono state messe a disposizione le chiavi di lettura adeguate.
Buona Pasqua
Infatti, la complessità è percepita solo da chi si fosse avvicinato di recente alla sintattica di questo blog.
EliminaInsomma, ho anteposto un'avvertenza metodologica che "sconta" una crescita di lettori twitter-led :-) (Laddove si linka tanto, ma si legge molto meno...)
“è qualche hanno” ……
EliminaPLONK!
Gli è che oltre alla destra ed alla sinistra liberale, anche io e la mia parte analfabeta siamo finti opposti in solidarietà antitetico polare …
… Habbiate pazzienza
… di nuovho Buhonha Pascuha
… ed anche Pascuhetta!
Non temere in questa sede errori grammaticali di battitura non sono stigmatizzati...come la democrazia, qui la comunicazione è "sostanziale" :-)
EliminaBuona Pasqua!
Buona Pasqua a te, Alex.
EliminaData l'occorrenza, aggiungerei che di divulgazione pare che Gesù di Nazareth ne capisse: la parabola del seminatore è autoesplicativa. (Come del resto tutta la filosofia morale evangelica... a differenza dei mal di testa - è il caso di dirlo - della dottrina paolina, solo in parte "umanizzata" da Agostino)
Chi vuole capire capisce. Chi non vuole... nole :-)
La scelta morale è stata già fatta, è arrivato prima il diavolo a portar via le sementi.
Il Giudizio non ce lo si può dare. Se lo "spessore" nel terreno non c'è, non c'è: le radici non attecchiranno.
Chi risponde "non ho capito niente", non è parte del gruppo con cui condividere una morale, e in cui creare un senso e una coscienza comune.
Eckhart: "Meglio stare all'inferno con Dio, che in paradiso senza di lui".
Chi vuole capire, ovvero chi ricerca, ovvero chi "è in domanda" - come credo dicano gli ebrei - chiede. Domanda. Dettagliatamente, come il fanciullo nell'età dei "perché".
Se non lo fa, evidentemente, sa già "di sapere": ovvero sa di saperne una più del diavolo...
(Gli errori di battitura e i refusi in genere diventano un problema quando si è esposti ad un pubblico in malafede, o che "sa di sapere": generalmente le cose coincidono. Nei commenti, lasciandoli e non cancellandoli, può servire a chi legge a valutare la concentrazione di chi scrive: a chi scrive a vincere l'orgoglio e a chiedersi come potesse Platone "creare" la cultura Occidentale senza il T9, il tasto "canc" e il "taglia incolla": lo strumento finale per l'annichilimento della struttura dei periodi e dei concetti che dovrebbero sussumere...)
grandissimo post. Solo una nota: la stanza di compensazione di cui si parla nell'articolo linkato dopo la citazione sull'euro quale piano nazista, era un geniale sistema ideato dal keynesiano Schacht per evitare la speculazione sul marco weimariano "strumento di cutoff del deflusso da importazioni del ciclo di frenkel" in un epoca dove tra i pigs c'era la germania
RispondiEliminaMa, in ogni modo, hanno "insistito" per motivi esattamente identici a quelli che giustificano l'attuale assetto federal-monetario, fino alla fine del III Reich (quando Schacht era stato defenestrato da un pezzo):
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2014/04/per-un-pugno-di-euro-parma-evon.html
ho letto il post, le similitudini sono inquietanti, ha ragione.
RispondiEliminaQuando ero giovane, il più piccolo di tre fratelli, il modelli da seguire erano quelli del calciatore e del ballerino. Mio fratello e mia sorella più grandi di me erano quelli "di successo" perché non studiavano, marinavano la scuola ma erano giovani di mondo; mio fratello abile calciatore, ballerino e dj, mia sorella abile ballerina. Mio fratello e mia sorella ballavano il rock and roll e partecipavano alle competizioni locali; entrambi cuccavano. La mia sensibilità mi portava da altre parti, ma nella mia famiglia e non solo ero considerato strano perché non seguivo i modelli dei "grandi". Io stesso mi sentivo strano, perché non mi sentivo all'altezza. E una parte di me, per la necessità di sentirsi accettata, voleva imitare i modelli imposti. Così un anno andai con mio fratello in discoteca per imparare a fare il dj; nello stesso anno fui un disastro a scuola, perché, per forza di cose, a casa tornavo tardi e ubriaco di negroni. Studiare e leggere era considerato qualcosa di noioso e sinonimo di essere sfigati. Mia madre mi diceva che noi eravamo una famiglia moderna, ma io l'ho sempre saputo che all'interno di quel "noi" io non c'ero. Quando, intorno ai 16 anni io abbandonai il modello discoteca per rimettermi a studiare e non rimanere bocciato, mia madre iniziò a sospettare che fossi debole e malato; dopo la maturità con lode mio fratello iniziò a dirmi che chi studia diventa pazzo e che gli esseri umani sono tutti delle bestie egoiste che inseguono sesso e cibo. Lui voleva diventare ricco spaccandosi la schiena come camionista. Il modello della bestia senza freni morali era quello che, dall'alto in basso, voleva imporre mio fratello più grande di me, con aria da uomo vissuto. Nel contempo il modello speculare era quello dell'uomo che si spacca la schiena e si autoschiavizza per inseguire il miraggio della grande ricchezza conquistata individualmente e in competizione con gli altri. Un modello che aveva l'approvazione della famiglia. Negli anni seguenti ebbi crisi depressive, complessi di inferiorità e comportamenti autodistruttivi, mi isolai sempre più dalla mia famiglia, cercando nel contempo di continuare a studiare fino alla laurea; dentro di me sentivo sempre una voce che mi diceva che studiare è una delle cose più importanti della vita; che più si studia e meno si è manipolati e soggetti all'altrui volere.
RispondiEliminaGli insegnamenti di mia madre erano invece improntati all'effimero "rubano tutti e rubiamo anche noi". Mia madre e mia sorella passavano interi weekend tra supermercati e negozi di lusso a rubare oggetti costosi. Solo per un breve periodo mio padre capì quanto fosse importante per me studiare e per qualchè tempo mi aiutò. Per fortuna ottenni anche delle borse di studio all'Università, in tempi in cui vi era un welfare ancora accettabile. Dopo la laurea ho fatto tutta la trafila dei lavori precari e sottopagati, compreso il classico call center e il venditore porta a porta, e il "culmine" della mia carriera è stato l'assistenza disabili notturna per due anni e mezzo, un lavoro inquadrato come prestazione occasionale con ritenuta d'acconto e stipendio di 450-550 euro al mese. Questo per dire quanto conta la cultura nel nostro paese; e quanti siano i freni, culturali, emozionali e materiali, affinché le classi subalterne non acquisiscano consapevolezza e potere.
complimenti. hai ragione ma citando Quarantotto ci salva solo un approccio fenomenologico alla Husserl, portando con se lo studio di ogni tipo di scienza modelli di descrizione di fatti complessi "convenienti" alle oligarchie. buona pasqua
EliminaGrazie per lo splendido riassunto del post: e soprattutto grazie per aver dimostrato come essenzialismo ed esistenzialismo siano due facce della stessa medaglia.
EliminaEra già chiaro a Socrate.
Ci sarebbero mille riflessioni da fare sulla generazione X, e sui suoi inquietanti paralleli storici.
Per ora, una sentitissima Buona Pasqua.
(E che gli agnelli da sacrificare siano prima o poi altri... o meglio... ESSI)
Grazie. Buona Pasqua anche a voi.
EliminaComplimenti @ stopmonetaunica. I manipolatori sanno che non siamo tutti uguali, ma mirano esclusivamente al numero. Quelli "diversi", sono tollerati se fondamentalmente innocui, comprati o soppressi negli altri casi. Lo scarso numero nonche' la distribuzione in territori ed ambiti differenti non ne facilita l'aggregazione e organizzazione.
EliminaBazaar in poche pagine ci offre, con precisione,strumenti importanti per analizzare i maggiori fatti del nostro tempo. Semplicemente Grande! Grazie!La complessità deriva dalla estrema sintesi, dall'accostamento di concetti diversi e da un'interpretazione di posizioni di Hitler che per quanto illuminanti non sono comuni.I principali concetti meriterebbero singoli approfondimenti, diventando così accessibili ad una platea più vasta.Alla domanda di presentazione se abbiamo le risorse culturali "accessibili" per evitare di scivolare oltre " il punto di non ritorno" credo che la risposta non possa che essere si e lo dimostrate quotidianamente anche voi, ritengo però che il problema più importante sia l'aggregazione di forze per le principali battaglie accettando anche una certa eterogeneità.La difesa della Costituzione e una crisi economica irrisolvibile con gli equilibri attuali sono sfide ma anche opportunità
RispondiEliminaChe dire di @Baazar ..
Eliminaè Gavri’el la mano “sinistra” di ‘48, An-Namus al-Akbar il grande ordinatore, ar-Ruh al-Qaddus lo spirito di verità, Al-Aminv l’integro sostanziale che guida verso Sodoma, è Jibril rivelatore del Corano.
Peccato che sia un bolscevico .. ;-)
Caro Poggio, come ben sai, il primo a introdurre il "materialismo storico" fu colui che disse "e il Verbo si fece carne".
EliminaSenza nemmeno la necessità di citare crune e cammelli...
Noi rivoluzionari dello spirito, però, amiamo rivolgerci a Fëdorov e a Florenskij.
(Tolstoj va ancora letto e meditato...)
(Mediterei anche sulla "Guida dei Perplessi" di Rabbi Moshe ben Maimon ..)
EliminaA proposito della Bessarabia, di Hitler e dei democratici imperiali turbo-libertari....
RispondiEliminaOttimo Bazaar.
RispondiEliminaA proposito di critica della sinistra liberale, segnalo che è appena uscita la nuova edizione de "L'IMMAGINE SINISTRA DELLA GLOBALIZZAZIONE - critica del radicalismo liberale", di Paolo Borgognone. Un libro immane, anche nelle dimensioni: quando avrò un mese di ferie, lo leggerò...
Dico la mia. Prendere il discorso culturale, le radici dei popoli, ed escluderli dal "problema", rende l'analisi, davvero interessante, soltanto parziale. Resto dell'idea che l'aspetto (o movente) religioso/culturale venga utilizzato come mezzo, all'interno del discorso che hai fatto, ma non è un movente falso di base. C'è, esiste e può essere un problema. Ad oggi. Se il mezzo utilizzato per un assalto ad una banca è un mezzo corazzato, nell'emergenza non sto a, passami il termine, filosofeggiare sui mandanti e su ciò che ha portato all'assalto, ma mi concentro sul mezzo corazzato, neutralizzandolo, impedendo ad altri mezzi corazzati di entrare in azione.
RispondiEliminaPoi si ragiona e si agisce sulle cause con scrupolosa analisi. E si mettono le basi affinché non si ripeta.
« Questo non significa prendere in simpatia chi è qui per sostituirti (e magari insegnargli il lavoro, come sa bene chi è rimasto disoccupato a causa della globalizzazione e delle conseguenti delocalizzazioni); questo non significa non usare tutti i mezzi machiavellanamente leciti per difendere la propria sovranità. »
EliminaMagistrale. Rileggere queste parole dopo quasi un anno e trovarvi nuovi nessi, nuovi spunti e ulteriori conferme di quelle che qualche volta vivo come intuizioni, ma che, non avendo la vostra cultura sterminata, solo qui si ricompongono e prendono forma, trovando la giusta collocazione e struttura. Grazie per l'enorme lavoro che fate e che condividete. Vorrei dirvelo più spesso.
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