lunedì 7 marzo 2016

MESSAGES TO ALBERTO AND TO CESARE


https://seaglassinthemidst.files.wordpress.com/2013/04/message-in-a-bottle.jpg

1. Ho fiducia in loro e gli sono pure molto amico: se fossimo in un mondo ideale di sovranità democratica, applicativa della nostra Costituzione del lavoro, inteso in tutte le sue forme, ritornerei tranquillo a fare solo il mio, di lavoro, sapendo che loro si curano dei nostri interessi democratici per svolgere politiche economiche e industriali.

2. Alberto, con un paio di grandi post, che vi invito a leggere (linkati negli incipit sottostanti), ci dice, tra l'altro:
a) Il nodo centrale, quello che dovrà venire al pettine, è estremamente semplice, e l'ho espresso svariate volte in questi anni (e naturalmente in entrambi i libri): dalla crisi non potremo uscire se non rilanceremo la domanda con un massiccio intervento di investimenti pubblici (preferibilmente in piccole opere) finanziato con moneta.
Che occorra rilanciare la domanda (cioè la capacità di spesa dei cittadini) mi sembra un punto non contestato da alcuno. Che non lo si possa fare aumentando il debito pubblico, che l'austerità ha aggravato (come previsto), mi sembra altrettanto ovvio: il debito pubblico, che non è stato la causa della crisi, ne è però diventato una conseguenza potenzialmente pericolosa
Che non esistano spazi politici per un'azione fiscale coordinata, da realizzarsi attraverso piani Juncker, o eurobond, o roba del genere, a noi è sempre stato chiaro, per il semplice motivo che i paesi forti non hanno alcun interesse a indebolire la propria egemonia aiutando quelli deboli. Quindi l'idea che esista la possibilità di rilanciare la domanda in deficit "mutualizzando" il carico finanziario dell'operazione è del tutto fuori dal mondo.
D'altra parte, le politiche monetarie effettuate "stampando moneta" per immetterla nel circuito finanziario, prima attraverso l'LTRO, poi attraverso il QE, non hanno avuto impatto sull'economia reale né potevano averne.
..
...Il punto è che in entrambi i casi le somme erogate dalla BCE sono rimaste all'interno del circuito finanziario, e non ci si poteva aspettare che facessero altro. Per questo non era difficile prevedere che la cosa sarebbe finita in deflazione! Non è la moneta "stampata" che fa aumentare il prezzo dei beni e dei servizi, ma quella spesa per acquistare beni e servizi (non strumenti finanziari), cioè quella che si trasforma in domanda effettiva, e, quindi, in reddito (del venditore di beni e servizi). Come ci siamo detti mille volte, in una crisi deflattiva un governo può essere certo che la moneta che stampa venga spesa nell'economia reale (da res, "cosa" in latino) solo se la spende lui. In altre parole, solo se il deficit viene monetizzato.

b)  Un'altra proposta di Bossone mi trova pienamente d'accordo: l'idea che l'obiettivo di inflazione venga gestito in modo simmetrico, ovvero che venga penalizzato tanto chi lo supera, quanto chi, come la Germania, si tiene sistematicamente al disotto, effettuando una svalutazione reale competitiva (come qui diciamo da tempo, e ora dice perfino Bofinger).
...L'unico sistema nel quale la Germania non è incentivata a deflazionare la propria economia è quello a cambi flessibili, per motivi che erano chiari a Meade nel 1957. L'unico sistema che garantisce che il tentativo della Germania di praticare una deflazione salariale competitiva venga frustrato è quello nel quale la Germania ha una sua valuta, che si apprezza quando la svalutazione dei salari manda il paese in surplus. Punto.
Il problema non è costringere la Germania a inflazionare. Il problema è disincentivarla dal deflazionare."

3. Per chi non l'avesse già letto, questo post ha suscitato in me questo commento:
"Se ti può consolare (ma ragionevolmente non credo), tutta la classe accademica,è oggi lontana, per azione, o più spesso per omissione, dal concetto di democrazia stabilito nella nostra Costituzione.

Si è rivelato sufficiente reinterpretarla - e senza dirlo in premessa- come subordinata agli slogan messi su dai banchieri centrali (intesi come terminali di una macchina ideologica), cioè subordinarla agli slogan di cui sono intessuti i trattati; di conseguenza si produce una copertura comoda che consente agli economisti di ragionare su rationalia istituzionali di cui non possono più dubitare e andare avanti nella indifferenza che tu segnali (verso la democrazia sostanziale).

Notare che è un processo circolare: i banchieri centrali (proiettati in ogni possibile ruolo di rappresentanza negoziale degli Stati), - che sono dei "terminali" e che scrivono de facto i trattati-, dettano i criteri di reinterpretazione ai giuspubblicisti; questi"pongono in sicurezza" istituzionale le neo-costruzioni restauratrici degli economisti...fino a rafforzare ogni lettura giuridico-politica successiva.

Inutile dire che si crea, prima o poi, un corto-circuito: questa impostazione ideologica, ovvero questo sistema culturale, serve a restaurare e, quindi, riporta prevedibilmente alla luce problemi che, dopo 150 anni di lotte sanguinose) le Costituzioni avevano affrontato (e risolto).

Solo che, svuotando il senso economico e sociale delle Costituzioni, non solo le analisi degli economisti non dispongono più dei limiti normativi che li vincolano a indicare delle soluzioni (basti vedere la chiarezza di un Caffè), ma gli stessi giuristi sono costretti, per non contraddirsi, a non poter usare i principi evidenti che, sul piano della legalità ANCORA VIGENTE, obbligherebbero a quelle stesse soluzioni.

Questo corto circuito, poi portato al livello dei politici (solo formalmente decidenti) si rivela, in più, un intreccio self-defeating: e qui entra in gioco la propaganda mediatica per nascondere la sconfitta...

Siamo soli, sì; e la cosa strana che siamo in tanti ad essere soli. Praticamente tutto il popolo sovrano..."

4. Questo quadro culturale ed istituzionale, rileva sia sul piano macroeconomico, sia su quello del dettaglio delle politiche fiscali e industriali che potrebbero essere messe in atto.
Cesare, seguendo una sua visione di economia "applicata", esprime cose non dissimili da quelle dette da Alberto al punto a), anche ponendo attenzione, come giustamente egli ritiene, all'indispensabile concomitanza di politiche industriali e  infrastrutturali, mirate e consapevoli, sui settori più vitali della nostra economia, rimasti in piedi (o da rimettere in piedi). Me lo (ri)scrive via mail, ma l'avevamo già visto in questo lungo dialogo:
"il punto io credo, è che ciò che servirebbe da ora in avanti è una strategia Paese che possa essere sostenibile nel tempo che metta a sistema le politiche industriali, infrastrutturali, di welfare, finanziarie e così via; tu mi hai rassicurato sul fatto che ci sono margini nei trattati per forzarne l'attuazione, ovviamente sarebbe necessario che le imprese la cui mission è determinata dal Governo si muovessero in maniera coerente con questa linea primaria e fondamentale. 
Il problema della valuta richiede di aver pianificato una linea di azione rapida e condivisa con i giusti interlocutori se e quando qualcun altro dovesse prendere la decisione di "buttarci fuori" dall'euro o quando la moneta unica dovesse sfaldarsi, ma avendo già intrapreso un cambio radicale di programma.
L'Italia, secondo me, non è più in grado ora di proporre l'uscita dall'euro accompagnandola con una strategia Paese vaga e da far partire..."

5. Al che, entro i miei limiti di comprensione, mi trovo a riversargli addosso la mia angoscia sull'implacabilità del presente in cui siamo stati precipitati (e i lettori del blog ne sanno qualcosa...). Integro la risposta con dei links ai vari post in argomento:
"Caro Cesare,
siamo d'accordo sulla questione del presupposto di politiche di "ricostruzione industriale" (conseguenti alla devastazione determinata dall'agire dei vantaggi comparati in un'area liberoscambista, naturalmente asimmetrica, e all'averne subito il forte aspetto istituzionale).
Credo che tra coloro che hanno analizzato (seriamente) l'euroexit sul piano scientifico, nessuno lo neghi.
Il dubbio riguarda i politici che avrebbero abbracciato, a singhiozzo, questa idea senza consapevolezza di tutte le implicazioni (cosa che gli fa molto comodo per straparlare).

Quanto alla effettiva possibilità di forzare i trattati, era un ragionamento rebus sic stantibus, riportato a due anni fa, quando appunto lo ipotizzammo (v.punto C.1.).
Oggi, le cose stanno diversamente per due motivi sopravvenuti: il QE e l'Unione bancaria, col divieto di salvataggio pubblico se prima non c'è il bail-in...fino all'8% minimo delle perdite da porre a carico di obbligazionisti e correntisti.
Poi potresti intervenire a livello statale ma sempre rispettando il pareggio di bilancio: cioè lo Stato italiano comunque non potrebbe intervenire se non reperendo risorse straordinarie - patrimoniali e privatizzazioni in svendita- con effetti distruttivi e antitetici alle politiche industriali che propugniamo.
Con alcune pesanti conseguenze che mutano il quadro rispetto a 2 anni fa.

Politiche espansive (come quelle di rilancio industriale), infatti, sono soggette alla ben più pesante sanzione (ricatto implicito dei mercati, rappresentati dalle agenzie mondialiste) del de-rating dei titoli pubblici italiani sotto BBB-, che comporta l'esclusione automatica dal programma di acquisti...e lo scontato risalire vertiginoso degli spread.
Basti pensare, in questa prospettiva iperspeculativa, che le perdite sui titoli acquistati nel QE NON sono a carico della BCE ma di Bankitalia (qui.p.3): la BCE fornisce la valuta in euro e la rivuole in euro per il suo valore nominale, indipendentemente dall'andamento dei titoli detenuti dallla BC nazionale con l'acquisto...
E gli euro ce li ha solo la BCE che, come insegna la Grecia, per rilasciarli, impone le condizionalità di privatizzazione totale e di riforme distruttive che tutti sappiamo...

Dal QE, combinato con misure espansive (sul piano industriale) contra fiscal compact, nasce dunque il connesso svalutarsi dei valori di bilancio dei titoli detenuti dalle nostre banche che sarebbero costrette a ulteriori aumenti di capitale e di immobilizzi in riserva, quando sono già strozzate dai NPL. E sarebbe il collasso.

Notare che, rimanendo nell'euroarea, la Germania punta già comunque a questo effetto, in quanto ha convinto la Commissione a fare un euro-rating di rischio dei titoli sovrani dell'area fiscal compact (la scusa sarebbe Basilea-4), per arrivare comunque alla ponderazione e svalutazione di rischio di quanto detenuto nei bilanci delle nostre banche.

Quindi la situazione è divenuta un incastro mortale, proprio per impedirci qualsiasi alzata di ingegno: la moderata e apparente (in quanto finchè ho un avanzo primario, non finanzio in deficit la spesa pubblica corrente ma solo, semmai, una parte dell'onere degli interessi sul debito pubblico) politica di deficit "irregolare" perseguita da Renzi, - che verrà ora sanzionata comunque con un'approvazione condizionata che prelude a una manovra correttiva e, sicuramente, a una pesantissima finanziaria 2017, ne sono la conferma.
Comunque la si metta, per evitare le cannonate che in ogni modo ci verranno indirizzate rimanendo dentro l'areaeuro, per via di un crescendo normativo programmato e inarrestabile, dovremo realizzare dei saldi primari assurdi: e saldo primario comunque equivale a output-gap, mentre un saldo record equivale a deindustrializzazione "selvaggia".

Per chiarire questi aspetti .. vedi qui:
http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/lerf-ci-attende-alla-fine-del-qe-e-se.html
http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/basta-un-invito-non-esagerare-quando-ti.html

Insomma, a prescindere dall'aspetto monetario in sè, comunque impeditivo di manovre espansive, ormai è proprio il quadro di obblighi aggiuntivi e crescenti che ci impongono, e il quadro non tanto di sanzioni, ma di ricatti, che ne consegue, a rendere insostenibile rimanere nell'euro.
Probabilmente perché la Germania non ne può più (di immigrati e di imposizioni NATO) e vuole indurre l'uscita PIGS per poter rivalutare i suoi crediti target-2 (invece del contrario, se uscisse unilateralmente lei)...
un abbraccio,
Luciano

45 commenti:

  1. ... e le chance che esca lei sarebbero pari a valore negativo? Immagino. Magari uscissimo noi, ma dubito che ve ne siano la capacità e l'audacia nelle teste dei politicanti in questione.
    Al commento su G. ho risposto là. Vorrei solo aggiungere il dato ISTAT poco commentato sull'aumento della mortalità di 50mila unità lo scorso anno. Tutta colpa di chi non si fa il vaccino antinfluenzale qualcuno ha scritto. E poi i morti non combattono.

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    1. D'accordo: argomenti già affrontati e approfonditi su questo blog.
      La Germania non vorrà mai uscire, stando alle "intercettazioni" ufficiali.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/titoli-pubblici-come-risk-weighted.html

      L'aumento della mortalità è intrinseco nell'eugenetica neo-malthusiana del capitalismo sfrenato, ovvero nel neo-ordo-liberismo che gradua i suoi effetti senza perdere mai di vista questi obiettivi ben dissimulati.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/la-questione-ambientale-il-controllo.html

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    2. Grazie dei link. Assolutamente d'accordo per il neomalthusianesimo. Del resto ricordo bene l'affermazione di un qualche volenteroso carne- evidentemente -ade riguardo all'eccessiva speranza di vita delle sventurate popolazioni europee: come si sarebbe potuto acettare di spendere tanto in pensioni? Purtroppo l'affermazione, colta credo su FQ, è rapidamente sparita dalla rete. La filologia di questi tempi è cosa ardua, sempre più ardua. Santa pergamena...
      Un saluto dalla Francia, seguirai certo le vicende della legge El-Khomri, qui riassunte grand public. In effetti la cosa più degna di nota è il milione di solitudini raccoltesi intorno a questo testo. Una cosa del genere sul JA non la ricordo. Ricordo invece il silenzio sulle firme per il referendum contro la modifica dell'art. 18 gettate nel cestino con il cavillo calendariale dello scioglimento delle Camere nel 2012.
      Ma qui l'agire in gruppo è molto più sentito. Malgrado tutto.

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  2. Buongiorno,
    mi sono sforzato di leggere sia il suo post, sia quello di Bagnai per capire esattamente cosa proponete (non tanto l'uscita dall'euro, ma il che fare subito dopo), ma non sono sicuro di esserci riuscito. Mi sbaglio o Bagnai, e lei con lui, proponete un intervento espansivo finanziato direttamente dalle varie banche centrali (nel nostro caso Bankitalia)?
    In linea di principio, se ho capito correttamente, mi sembra ovviamente una buona soluzione, ma mi preoccupa un po' la genealogia dell'inflazione secondo Bagnai (e forse anche secondo lei). Ancora una volta al netto del mio eventuale deficit di comprendonio, mi pare che sosteniate che l'inflazione sia generata dalla moneta che va in consumi. Io ero convinto, invece, che l'inflazione fosse generata dagli aumenti salariali (tranne quella importata dai corsi delle materie prime o dei prodotti finiti importati), nel senso che ogni singolo aumento salariale viene immediatamente scaricato sui prezzi da ogni singolo imprenditore, in base al principio che il salario è per lui un "costo" e non una "quota di compartecipazione agli utili" del singolo lavoratore.
    Ma forse ho capito male io, e lei e/o Bagnai volevate dire una cosa diversa sull'inflazione. Le sarei dunque grato se mi potesse chiarire questo punto.
    Sul che fare, onestamente, ho idee un filo più radicali delle "politiche espansive finanziate dalla banca centrale" (ammesso io abbia capito bene...), ma questo sarà tema per qualche discussione futura, direi.

    Buona giornata

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    1. Di certo l'inflazione non è causata dall'aumento della base monetaria M1, fissata dalla banca centrale di turno.
      E questo ci dovrebbe interessare ora: che non ha senso un impianto istituzionale fortemente vincolato essenzialmente a combattere l'inflazione quando, invece, esso è stato concepito quando l'inflazione non costituiva più un problema strutturale delle economie coinvolte.

      La deflazione, inevitabile corollario dell'euro, impera nel paradigma imperial-mercantilista a scapito di coloro che credono nella "pace".
      E porta a una redistribuzione del reddito verso l'alto che è contraria alla democrazia sostanziale sancita nella nostra Costituzione.

      Comunque, se si deve "sforzare", tralasciando di sforzarsi di leggere tutto quello che, in precedenza, è stato scritto sugli argomenti in questione, su questo blog e, evidentemente, anche su goofynomics, non capisco cosa ci sia da chiarire che non sia già stato chiarito in precedenza e che non conduca inevitabilmente OT.

      Si percepisce, nettamente, che lei pone interrogativi che discendono direttamente dal voler riaprire discussioni sui massimi principi della macroeconomia, al fine di affermare polemicamente qualche tipo di ideologia.

      Quanto alla discussione futura sulle sue "idee un filo più radicali" - cioè sicuramente più efficaci, assolutamente risolutive, e rispondenti alla "verità",- l'inevitabile consiglio è di aprire un blog e esporle.
      Ma forse l'ha già fatto.
      Qui non è più tempo...

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    2. mamma mia, avete tutti un caratterino micidiale...

      No no, guardi, ho letto tutto da tempo. E' solo che ho sobbalzato sulla sedia, oggi, quando ho letto questa cosa sull'inflazione. Semplicemente non mi "suonava" con quello che avevo sempre letto, e spesso condiviso, qui e là (goofynomics).
      Non sono un troll, non sono un nemico, non sono animato da cattive intenzioni, volevo solo chiarirmi una cosa che mi pareva un po' strana, perché stona con quello che mi pareva di aver capito dopo una lunga frequentazione coi vostri siti.
      Il riferimento alle idee un filo più radicali non l'ho svolto per ché, appunto, OT. E perché sono a casa sua, come direbbe Bagnai, e dunque me le tengo per me.
      Mi permetta però un'osservazione. Io capisco la pena quotidiana dei troll piddiini. Capisco la pena quotidiana degli economisti da salotto. Capisco la marea di corbellerie che vi dovete leggere, e apprezzo moltissimo il fatto che leggiate davvero i post di chi vi scrive. Questa cosa la trovo straordinaria, perché oggettivamente lo è. Però il vostro sforzo ha assunto un carattere politico, di cui credo siate peraltro molto coscienti. In politica è essenziale saper distinguere al volo tra amici e nemici. Quindi reagire sempre in modo stizzito anche quando non ce n'è ragione è, come dire, non propedeutico, ecco. Inoltre, scendendo sul terreno politico, bisognerà pure accettare la parità di rango dei propri interlocutori, perché in politica i titoli accademici non contano nulla. Mi permetto di scriverle questo, perché non vorrei che da esperienze davvero molto positive come le vostre, e dunque dal vostro grande sforzo, dovesse uscire l'ennesima occasione mancata per questo nostro povero paese.
      In ogni caso, sono molto felice che il tema del "che fare il giorno dopo l'uscita dall'euro" stia iniziando a farsi strada, e vi seguirò con grande attenzione.

      Ancora una volta, buona serata a lei

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    3. a) a rigore, come ho già detto a un altro commentatore, le "quotate" parole di Bagnai vanno commentate nel post in cui sono espresse: mi permetta di non volermi mettere a fare in questa sede un'estensione delle spiegazioni sulle "basi" dell'economia, che è il lavoro che svolge goofynomics;

      b) sul ruolo politico: ci vuole molta immaginazione per dare questo giudizio. La mera diffusione on web di taluni discorsi divulgativi e tecnici ha un ruolo informativo, per quanto mi riguarda.
      Non starò neppure a ripetere che non ne traggo alcun guadagno materiale, ma è solo un impegno che porto avanti in tutte le sedi possibili perché spero di poter dare un contributo alla salvaguardia della democrazia.

      E non credo neppure che ciò possa avere indirettamente un ruolo politico, almeno nel senso dell'agone elettorale (le elezioni idrauliche).

      Mi spiace se si è sentito colpito nella sua sensibilità (cosa pienamente legittima e comprensibile, come legittimo e inevitabile è il mio interpretare il senso di un commento), ma la "parità di rango coi miei interlocutori" la osservo abbondantemente: proprio perché non lascio passare ciò che mi appare incongruente e contraddittorio o, peggio, mal informato (non è necessariamente riferito al suo intervento).

      I titoli accademici lasciamoli perdere: non mi interessa ossequio di nessuno e,invece, dò atto dei contributi interessanti e costruttivi.
      Tutto qua...

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    4. davvero non crede che il suo sito (e quello di Bagnai, ma lasciamo stare) svolga una meritoria funzione politica? Il "ruolo informativo", come lei lo definisce con un filo di understatement, è invece, a mio modo di vedere, eccezionalmente politico, in senso letterale (e questo vale tanto per l'avverbio, quanto per l'aggettivo). Lei svolge una funzione politica molto importante, creda, perchè sarà anche dalla schiera dei suoi lettori che potrà venire una risposta prettamente politico-partitica alla crisi attuale. Il che non implica un suo personale ruolo a questo riguardo, men che meno un suo ruolo "elettorale", sempre che lei non lo voglia, beninteso.
      Lei ha scritto e/o ripreso diverse cose magnifiche, e sono sicuro che tra i suoi lettori ce ne saranno molti che faranno parte della "soluzione", quando finalmente verrà il momento.
      Facendo il diplomatico di mestiere, mi tocca frequentare gente piuttosto mainstream e "benpensante", per così dire. Beh, le dirò che trovo che le "nostre" idee trovano orecchie enormemente più attente, almeno in privato, di quanto non fosse solo pochi anni fa. E ormai quasi nessuno difende la Commissione UE, che personalmente considero la sentina di ogni male e di ogni vizio. E dovendoci lavorare in coordinazione, e a volte in subordinazione, financo, credo di poter dire che ne vedo da vicino i dettagli più raccapriccianti.

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    5. Vede che comunicare, al di là del ruolo politico in senso lato, aiuta sempre gli esseri umani?
      Ha tutta la mia incondizionata solidarietà umana.
      Se qualcosa che ha letto su questo blog può averle dato strumenti utili, ovvero un sollievo "motivazionale", o anche solo psicologico, me ne rallegro...

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    6. E a proposito di idee più radicali...
      http://orizzonte48.blogspot.it/2015/07/perche-il-caso-grecia-ci-fa-capire-che.html
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/brexit-delirium-il-fantasma-molto-vivo.html (dopo questo post, un diluvio di prese di posizione e analisi sullo stesso solco...)

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    7. beh, se mi alza una palla simile... mi tocca schiacciare.
      Ecco, diciamo che il tema della ITALEXIT e della comunanza di fini con la Gran Bretagna dovrebbe dar forma alla nostra politica internazionale. Nel senso che avremmo dovuto riengoziare i trattati proprio come la GB e, di fronte al nulla della Commissione, avremmo dovuto convocare un referendum. Anzi, no. Non "avremmo dovuto", ma dovremmo, dovremo.
      La mia idea più radicale è che la Banca d'Italia diventi banca di stato, subordinata al parlamento. Con tutto, ma proprio tutto quel che ne consegue...

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    8. La palla è rimasta al livello di questo blog e dei suoi epifenomeni: in realtà gli argomenti in questione sono esposti in questo solco d'azione sia ne "La Costituzione nella palude" (uscita dall'UE: cioè, come?), sia in "Euro e(o?)democrazia costituzionale" (sul che fare "dopo", con apposita lista: essa è peraltro ripresa in larga parte nei post della serie: "ci facciamo buttare fuori?", linkati anche nel presente post).

      Lo vede che un richiamo alla lettura (o rilettura) del blog, cercando per lemmi gli argomenti, è sempre utile?

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    10. Mi scuso per l'ot,
      L'indlazione si genera in diversi modi da una drastica svalutazione della propria moneta (50%+) che gonfia i costi delle materie prime e di tutti i beni esteri,attraverso l'emissione di moneta per pagare un debito sovrano con l'effetto di ridurne il peso per il debitore,sia attraverso investimenti diretti da parte dello stato che è la situazione che interessa a noi.
      In linea di massima l'inflazione è un rapporto tra beni consumati e moneta.
      Mi scuso nel caso la mia spiegazione risulti troppo approssimativa.
      Per quanto riguarda le prese di posizione credo sia inutile seminare se prima non si eradicano le erbacce.

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    11. L'inflazione non è causata propriamente "dagli aumenti salariali", nel senso che non tutto il salario si trasforma in consumi. Una parte viene risparmiata.

      Per definizione ciò che è risparmiato non viene speso.

      Maggiore sarà la variazione della domanda, maggiore sarà la tensione sul livello dei prezzi.

      La domanda aggregata coincide con i consumi, ovvero con il reddito/salario effettivamente speso.

      Quindi l'inflazione viene "generata dalla moneta che va in consumi".

      Ovvero è la domanda che fa l'offerta.

      1 - solo lo Stato può assicurarsi che la moneta emessa sia effettivamente spesa;

      2 - se si rilancia la domanda grazie all'intervento statale - a causa del vincolo della bilancia dei pagamenti - una maggiore inflazione deve essere accompagnata da maggiore competitività.

      O si torna competitivi aggiustando il cambio al peso reale dell'economia, oppure si fanno delle politiche dal lato dell'offerta, agendo sulla funzione di produzione, con delle politiche industriali.

      In quest'ultimo caso Keynes suggeriva che nel frattempo saremo tutti morti.

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    12. @Bazaar: sono d'accordo con lei che non tutti i salari vanno in consumi. Ma mi pare che il meccanismo sia diverso: ammettendo che esista una sola impresa, e ammettendo che esista un solo momento per anno in cui i salari sono rivisti al rialzo, quel che accade è che quel rialzo, poniamo del 3%, viene immediatamente scaricato sui prezzi dei beni di quella particolare impresa, generando dunque un aumento dell'inflazione del 3%. Al netto dell'inflazione importata, credo sia questo il meccanismo essenziale di formazione dell'inflazione, no? Il che spiega perché i QE non potevano in ogni caso generare inflazione, e anche perché c'è stata stagflazione negli anni '70. Qualcuno, in un commento precendete aveva menzionato il tema dell'iperinflazione di Weimar, come causata dalla stampa di moneta. Ben vero. Ma anche lì: i tedeschi fecero i furbi. Siccome quelle volpi dell'Intesa, a Versailles, avevano detto "ci dovete 100 miliardi di marchi-oro, o l'equivalente in valuta pregiata", i tedeschi hanno prima provato a piangere miseria, poi si sono detti "davvero? Bene, beccatevi le vostre valute pregiate allora!". E hanno iniziato a stampare marchi come pazzi per... comprare dollari e sterline e franchi con cui "ripagare" il debito. L'ovvio risultato non poteva che essere l'iperinflazione, perché di fatto era come se la Germania stesse importando una particolare merce, la cartamoneta, e quindi era andata in deficit "commerciale", per così dire. Il tutto nella certezza che la crisi conseguente avrebbe costretto l'Intesa a venire a più miti consigli, cosa puntualmente successa. Il tutto fatto sulle spalle della classe media e del popolo tedesco, ma chissenefrega...

      @Quarantotto: mi riproponevo infatti di leggere i due libri che lei cita, ma qui nel Sahel non è troppo facile trovarli o farseli spedire. Sulla lista del che fare dopo, invece, credo di non essere totalmente d'accordo, ma questa è la parte più interessante delle discussioni che verranno e che già si fanno. La più interessante e la più importante

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    13. http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/il-futuro-senza-vincolo-esterno-una.html

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    14. @giovanni b.

      «ammettendo che esista una sola impresa, e ammettendo che esista un solo momento per anno in cui i salari sono rivisti al rialzo, quel che accade è che quel rialzo, poniamo del 3%, viene immediatamente scaricato sui prezzi dei beni di quella particolare impresa, generando dunque un aumento dell'inflazione del 3%»

      Questo non è necessariamente vero: gli imprenditori possono decidere di far meno profitti e mantenere le quote di mercato.

      Il concetto importante è che: « è la domanda a fare l'offerta ».

      Ovvero si produce per vendere: se un'impresa perde competitività - ovvero comincia a vendere a prezzi troppo alti - esce dal mercato.

      Ma se tutte le imprese (cit. "l'impresa unica") alzano i salari, per effetto della normativa a tutela del lavoro, i contratti nazionali, l'azione sindacale, gli articoli "18", ecc., la competività relativa non interessa più, rimane solo quella con i mercati esteri necessaria per importare ciò che non è disponibile produrre sul territorio nazionale.

      Per l'Italia è fondamentale perché, oltre al marmo (che sta esaurendo...), non abbiamo granché di altro.

      L'inflazione "importata" è una variabile esogena, e non ci interessa in questa sede.

      Sappiamo che:

      1 - « È la domanda - ovvero i consumi, la moneta effettivamente spesa - a fare l'offerta, ovvero ad implicare "la quantità prodotta" »

      2 - più un bene è domandato, più il prezzo tenderà al rialzo (ad "inflazionare").

      I salariati sono anche consumatori: Ford.

      La invito a riflettere su questo "brocardo kaleckiano":

      « I salariati spendono ciò che guadagnano, gli imprenditori guadagnano quello che spendono ».

      Sicuramente è necessario avere il supporto di chi ha competenze in "relazioni internazionali", ma gli elementi basi della struttura di una società moderna vanno acquisiti con urgenza.

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    15. http://1.bp.blogspot.com/-spLxp7vWpd0/UR5iT9Prv1I/AAAAAAAAAHg/7IYqMGfz3PE/s280/Fig_35.tif

      E non solo a quanto pare.

      ps Nel caso potesse servire...

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    16. p.s.

      Ci tengo a rimarcare però un concetto: fare divulgazione scientifica non è fare politica.

      È vero che "tutto" è politica: d'altronde, la vita sociale è anche vita politica. Altrimenti non si capirebbe perché si è fondata la comunità sociale italiana sul lavoro.

      Ma in questi spazi, come su Goofynomics, si fa divulgazione scientifica.

      Il fatto che questo, per certi versi, possa assumere i contorni di "contro-informazione" è la semplice conseguenza del regime orwelliano che opprime gran parte dell'Occidente.

      Le arroganti sciocchezze dell'utente @Manuel ne sono un esempio.

      Dire che la "guerra non è pace", o che "2 + 2 < 5", non è propriamente "fare controinformazione".

      Non so se mi spiego.

      Quando si parla di "scienza", si presuppone che si stia parlando di "metodo scientifico": il "secondo me", "è mio parere", sono un accordo di tredicesima a messa.

      Poiché affermare che 2 + 2 = 5 è interesse di un'infima minoranza che crede di poterselo permettere, un buon lavoro di carattere scientifico e culturale è di utilità a qualsiasi parte politica. In Italia e all'estero.

      Ogni "sezione" in conflitto - anche quelle che ad ora ci hanno guadagnato dalla globalizzazione e dell'europeismo - può trovare utile le analisi progressivamente più profonde e più integrate di questi spazi. Proprio perché scientificamente e strutturalmente ben supportate.

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    17. Ma vede, io sono rimasto un po' basito, l'altro giorno, nel leggere questa genealogia dell'inflazione, perché ricordavo di aver letto la molto opportuna parabola del panettiere che ogni mattina, prima di alzare la serranda, controlla l'M2 per decidere a quanto mette i cornetti. Se non ricordo male, è farina del sacco di Bagnai.
      Mi pareva più convincente la spiegazione basata sullo scarico degli aumenti salariali sui prezzi (con le dovute eccezioni legate a particolari settori, a condizioni di oligopolio o meno ecc). Per tagliare la testa al toro ci vorrebbero dei grafici della dinamica salariale e della dinamica dell'inflazione al netto dell'inflazione importata. Se si muovono in armonia bene. Altrimenti significa che effettivamente i maledetti panettieri controllano l'M2 la mattina. E pure i bottegai, che evidentemente sbirciano nel portafolio dei loro clienti, e quando notano al volo quel 4,7% in più di euro, zacchete, aggiustano i prezzi di una misura corrispondente. Mi sembrano argomenti forti per procedere con l'abolizone del contante, non trova? (scherzo, eh...). Che poi l'aumento della domanda generi, in due time, un aumento dei prezzi mi sta bene, per carità, ma a parità di massa salariale, ne converrà, l'aumento della domanda di un bene corrisponde al calo della domanda di tutti gli altri, e dunque il risultato finale sull'inflazione dovrebbe essere nullo. O sbaglio?

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    18. Ecco, mi permetta una chiosa, però. L'ultima frase non se la poteva risparmiare? Non voglio dare alcun supporto, non ho mai detto che sono un esperto di RI, ma solo che faccio il diplomatico. Ma le basi di funzionamento della nostra società, caro signore, forse le ho più chiare di lei. Mi interessava solo provare a scambiare qualche pensiero, o pensierino (e parlo di me, ovviamente) con persone che hanno scritto cose che ho molto apprezzato e che continuerò ad apprezzare.
      Il mio riferimento in precedenza al rispetto degli interlocutori era proprio relativo a questo tipo di atteggiamento. Non siamo a un esame universitario in economia, e questi toni tranchants mi paiono fuori luogo. Ciò detto, è casa vostra, e l'amministrate come vi pare. Il vostro successo vi autorizza a pensare di essere nel giusto, ovviamente. Ma vi invito a provare a dare un'occhiata al tipo di commenti medi che ricevete, e sto pensando anche al blog di Bagnai. Diciamo che c'è una tendenza di fondo al servilismo intellettuale, n'est-ce pas? Un conto è ragionare su cose oggettive, come la curva di Phillips, che è quella cosa lì, che si disegna in quel modo e amen. Un altro è ragionare su elementi di struttura, e darli per scontati, perché così non è. L'economia, in termini generalissimi, è un fatto umano, non "scientifico", ed è dunque un fatto politico. Poi, le sue regole interne di funzionamento hanno delle costanti il cui studio è una scienza, importante e da rispettare. La stessa cosa vale per le RI: sono un fatto politico, che funziona sulla base di certe costanti il cui studio e analisi costituiscono una scienza. Voglio farle un esempio banale: le tasse. Non mi impiccio del loro "funzionamento", nè del loro studio, perché questa è una scienza che io non posseggo. Ma posso pensare, politicamente, che non dovrebebro esistere, perché in un sistema di moneta fiat, come il 100% dei sistemi monetari mondiali, le tasse sono solo un lascito superstizioso del passato regime di moneta-merce. E posso dunque pensare che lo stato dovrebbe farsi la propria moneta semplicemente emettendola, così come il settore privato, esattamente nello stesso modo. E posso aggiungere che questo dovrebbe essere sottoposto al solo vincolo del pareggio tendenziale dei conti coll'estero. E su questo ragionamento, vede, non c'è spazio per discorsi "scientifici", perché stiamo parlando della struttura, quella vera, che è un fatto politico, in cui le opinioni si affrontano su un terreno politico secondo i canoni della politica, ossia la lotta per il consenso, fondamentalmente.
      Ma glielo dico in amicizia, mi creda, senza riserve mentali e senza malafede. Ma non da un gradino inferiore al suo. Perché stiamo parlando in termini politici, appunto, di fatti eminentemente politici. E ho ben presente il "Non sono un economista, ma", che è un concetto che condivido, ma solo relativamente ai "dettagli" tecnici di funzionamento degli elementi dell'economia, non in relazione alla struttura. Nel caso dell'inflazione, per esempio, può aver ragione lei. Mi pare, ecco, che il suo punto non sia ancora stato dimostrato incontrovertibilmente, e sarei curioso, come dicevo, di dare un'occhiata a quei grafici di cui sopra. Possiamo essere d'accordo su questo senza doverci per forza insultare?

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    19. 1) è buona educazione on web non fare commenti a numero illimitato, reiterando considerazioni OT. In questo caso doppiamente OT: sia perchè il vero argomento del post è diverso dalla discussione teorico-generale sulla genesi dell'inflazione, sia perchè la "tesi" che non la convince - e che nasce da un suo malinteso (non è l'unico ad aver frainteso, peraltro), nel fare una commistione tra monetarismo e teoria keynesiana della domanda aggregata- andrebbe commentata sul blog di goofynomics, al fine di ottenere semmai delle spiegazioni (a me pare tutto chiaro: basta non fare la commistione tra teorie diverse e non confondere i presupposti della teoria di Keynes con quelli di Walras e di Marshall).

      2) neppure la curva di Phillips è un "fatto oggettivo", variando il suo tracciato e la sua capacità diagnostica a seconda della teoria economica che si abbraccia: in questo blog ne abbiamo parlato.

      3) La non comprensione di aspetti scientifici (che pure sono ricavabili dalle risposte complessivamente già date e linkate), da ritenere per carenza di sufficiente studio, non autorizza a ritenere "politico" l'argomento e farlo franare nella soggettività del "so come funziona se è politica", come pensa ciascun cittadino che "non se la fa raccontare"...

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    20. Perdonate se mi intrometto ma l'ipotesi niente tasse mi intriga. Vedo un problema grosso però. Uno stato che non impone tasse non è uno Stato. È forse una famiglia?

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    21. Non mi pare di aver insultato nessuno: anche il finale "tranchant" era generico.

      E lo riaffermo.

      Lei non è un economista, ma crede si possa emettere moneta senza raccoglierla tramite l'imposizione fiscale.

      Episteme, doxa.

      Ah già, l'economia non è una scienza...


      (Comunque la curva di Phillips fu rigettata dai Chicago Boys, padri spirituali della UE... e quindi sì, le scienze sociali non usano il metodo scientifico e ognuno può dir la qualunque)

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    22. temo di aver già abusato della pazienza del padrone di casa, come mi si è fatto notare giustamente, ma lei mi fa una domanda in modo così gentile che non posso esimermi da una risposta corta corta. Sì, esatto, sì può emettere moneta senza "raccoglierla" tramite imposizione fiscale, come si è sempre fatto, anche in epoca di gold standard, peraltro. Nello stesso modo in cui una banca privata crea moneta dal nulla quando concede un prestito, così una banca di stato può creare moneta motu proprio. Il che implica che le tasse sono, da questo punto di vista, inutili. Lo erano solo quando la moneta era fatta di qualcosa (oro, argento) e quel "qualcosa" lo si doveva appunto "raccogliere", come dice lei. L'esempio della curva di Phillips era fatto in questo senso: non che la curva medesima sia uno strumento "scientifico", ma che l'entità "curva di Phillips" sia quella cosa lì (fatto), e non, chessò, lo scontrino della lavanderia che ho in tasca (opinione).
      Lei che è un economista crede che lo stato non possa emettere moneta. Ma i privati sì, evidentemente, a meno che non dissenta per esempio dal famoso documento della banca d'Inghilterra di qualche tempo fa. Mi spiega perché, di grazia?

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    23. Lei che è un diplomatico e ha prestato giuramento sulla Costituzione, mi spiega il significato dell'art. 53 Cost.?

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  3. a onor del vero nell'estate 2012 uno dei due destinatari del messaggio intervenendo ad un convegno sull'euro a Cesena "euro si, euro no, euro come", facilmente reperibile su youtube in pochi minuti ha espresso timbrandole come perle di saggezza le seguenti sconcertanti a suo dire verità: 1) oggi il problema e' il debito privato finanziato da risparmi esteri 2) lo stato per far fronte all'insolvenza dei cittadini verso questi capitali esteri deve istituire nuove imposte e metterci una pezza 3) il debito privato da fonte esterna migliora i conti pubblici 4) a causa dell'insolenza dei privati lo stato non può ripagare gli interessi ed allora il finanziatore estero alza i tassi e lo stato fallisce 5) la bce dimostrando tutta la sua serietà ed autorevolezza aveva previsto la crisi.
    Come dire.... speriamo che Lei continui in ogni caso a fare anche il lavoro degli altri...

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  4. Valerio di Modena

    Concentro la mia attenzione su questa frase:
    “Non è la moneta "stampata" che fa aumentare il prezzo dei beni e dei servizi, ma quella spesa per acquistare beni e servizi (non strumenti finanziari), cioè quella che si trasforma in domanda effettiva, e, quindi, in reddito (del venditore di beni e servizi). Come ci siamo detti mille volte, in una crisi deflattiva un governo può essere certo che la moneta che stampa venga spesa nell'economia reale (da res, "cosa" in latino) solo se la spende lui. In altre parole, solo se il deficit viene monetizzato.”

    Ne condivido il contenuto, come del resto l’intero Post e tutti quelli che in questo blog e in quello di Bagnai trattano della moneta endogena ed esogena.

    Ho cominciato ad avere dei problemi dopo aver letto dell’iperinflazione della Germania di Weimar la quale, per ripagare i debiti di guerra, ha cominciato a stampare enormi quantità di banconote.
    Questa manovra causò la rapidissima svalutazione della moneta e quindi la superinflazione.

    Mi chiedo: Le cose stanno veramente così e quindi, in determinate situazioni, come questa, stampare moneta determina inflazione, o qualcosa mi sfugge?

    Nota: ho provato a fare ricerche dentro al blog su Inflazione e/o Repubblica di Weimar, ma ho l’impressione che il filtro non funzioni, mentre invece è perfettamente funzionante in quello di Bagnai. Spero, prima o poi, di venirne a capo.

    Grazie.

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    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2013/05/costituzioni-banche-e-sovranita.html
      Ma poi, siamo in deflazione, stiamo mooolto messi male e non abbiamo prospettive di uscirne: cosa la preoccupa, la violazione di imprecisati principi metafisici se si tentasse di ritornare al pieno impiego dei fattori?

      A voler essere coerenti, i suoi dubbi dovrebbe esporli sul post di ggofynomics qui riportato o in altri post dedicati in quella sede.
      Questi ad es;
      http://goofynomics.blogspot.it/2015/12/stampare-moneta-ovvero-la.html
      http://goofynomics.blogspot.it/2015/12/stampare-moneta-lesperienza-italiana.html

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    2. Credo si possa anche dire a Valerio che la moneta stampata in Germania illo tempore era comunque moneta spesa, per il tramite dei salari indicizzati in modo totale. Stampare moneta o immetterla nel sistema economico non è sufficiente se detta moneta non viene spesa. Mettere infatti moneta stampata nel materasso o in banca non avrà effetto su domanda aggregata e quindi sul livello dei prezzi. Il QE di Draghi dovrebbe essere la prova provata che la moneta genera inflazione solo se spesa.

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    3. Perdonate, ma la questione dell'inflazione e delle sue cause rimane un problema di fondo oggi superato, drammaticamente, dagli eventi.

      Chiunque può togliersi dubbi, sul piano teorico, con banali ricerche (es; wiki...):
      "L'inflazione può avere diverse cause, e non c'è completo accordo su quale sia quella che influisce di più. L'aumento dell'offerta di moneta [ndr1: disponibile per la spesa di famiglie e imprese, in consumi e investimenti e, quindi, moneta tradottasi in reddito percepito o capitale investito] superiore all'aumento della produzione di beni e servizi, stimolando la domanda di beni e servizi e gli investimenti in assenza di un corrispondente aumento dell'offerta è considerata una causa dell'aumento dei prezzi [ndr2: il problema può, variamente, risultare transitorio, in relazione alla capacità di adeguamento tempestivo dell'offerta-produzione nazionale, laddove la continua crescita della domanda di beni esteri, ovviamente, svaluta la propria moneta e rivaluta quella estera, generando inflazione da importazioni].

      Secondo John Maynard Keynes l'inflazione dipende dalla domanda, che però può crescere a prescindere dalla quantità di moneta immessa se ci si trova in una situazione di piena occupazione, in cui quindi la domanda cresce per la crescita dei salari[6]. Altre cause sono l'aumento dei prezzi dei beni importati, l'aumento del costo dei fattori produttivi e dei beni intermedi, in seguito all'aumento della domanda o per altre ragioni. Sul confronto con la deflazione, Keynes annota inoltre:
      « Sia l'inflazione che la deflazione hanno prodotto gravi danni. Entrambi i processi operano sulla distribuzione della ricchezza fra le varie classi e, sotto questo rispetto, l'inflazione risulta peggiore. Entrambi i processi agiscono anche come accelerazione o rallentamento della produzione di ricchezza, ma in questo caso più dannosa è la deflazione »
      (John Maynard Keynes, Keynes, John Maynard, and Silvia Boba. Esortazioni e profezie. Il Saggiatore di A. Mondadori, 1968.)

      Muniti di queste premesse e precisazioni, si possono capire le vicende di Weimar, con la (ovvia) tendenza tedesca a porsi nella impossibilità sopravvenuta di ripagare i debiti di guerra:
      https://www.google.it/?gws_rd=ssl#q=cause+dell%27iperinflazione+a+Weimar

      Dunque una situazione eccezionale, che rammenta quella della Grecia, e in cui i tedeschi, a differenza della Grecia, furono alla fine "aiutati" dal piano Dawes USA, che anticipò le mire geopolitiche del Piano Marshall e dello stesso federalismo UE.

      Rimane il fatto che, oggi, il problema è più simile a quello che seguì il P. Dawes, cioè alla vicenda della crisi del '29.

      Non vorrei dunque che il "drill" propagandistico dell'inflazione einaudiana (quello che ne nasconde effetti occupazionali e deprecati effetti redistributivi) svolgesse ancora il suo ruolo inconscio di deterrenza a ragionare sulla nostra situazione.

      Noto infatti che, complessivamente, tutti i commenti si sono orientati su problemi di causazione dell'inflazione (mentre siamo in deflazione strutturale e non congiunturale), e, più o meno, su problemi connessi di competitività (risolvibili, nel caso, coi cambi flessibili, rispondendo alla condizioni di Marshall-Lerner).

      Insomma, del contenuto del post pare non curarsi nessuno.
      Ho evidentemente creduto fosse una cosa interessante...

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    4. forse il contenuto del post è passato in secondo piano non avendo posto il dovuto accento sulla discontinuità dell'intervento rispetto ai temi cari ai destinatari del messaggio. Parlare di economia da laboratorio mentre si è un guerra è appunto azione criminale o omissione criminale

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    5. Neesuna discontinuità rispetto ai destinatari del messaggio, dato che siamo strettamente all'interno del filo conduttore complessivo del blog: non a caso, i commentatori OT, e caduti nella trappola del condizionamento sulla "inflazzzzione?-aiuto!" NON SONO FREQUENTATORI E LETTORI ABITUALI DEL BLOG. Cioè, non seguendolo, si sono focalizzati su aspetti secondari e non denotano i presupposti cognitivi per seguire il discorso.
      Come lei, d'altra parte, con un'evidenza marchiana.

      Quanto all'insulto di essere "criminale" esso è risibile e insulso quanto l'ulteriore accusa, denigratoria e mediocremente formulata, di parlare di "economia da laboratorio": la guerra attuale è essenzialmente economica e finanziaria, all'interno di un paradigma free-trade istituzionalizzato.
      Con ovvie conseguenze sulla natura delle misure risolutive che bisogna adottare per tutelare la democrazia e il benessere generale.
      Ma questo, lei, preso dal livore dell'insulto gratuito, e dal basso di un'ignoranza ostentata come merito, non è, e non sarà mai, in grado di capirlo.

      Ovviamente, lei è automaticamente bannato da questo blog.

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  5. "Probabilmente perché la Germania... vuole indurre l'uscita PIGS per poter rivalutare i suoi crediti target-2 (invece del contrario, se uscisse unilateralmente lei)"

    Quindi? Quindi razionalità l'è morta! Come #sesapeva nei bassifondi dell'Illinois.

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    1. Caro Fiorenzo, per quanto mi riguarda questa è la parte meno essenziale di tutto il post; e anzi, avrei voluto persino tagliarla. Si tratta di un aspetto relativamente rilevante, una volta che un processo di euro-break fosse avviato a certe condizioni (cioè riappropriandosi della propria banca centrale e della relativa sovranità monetaria, nonchè potendo contare su un sistema produttivo capace di generare crediti in valuta estera, grazie anche alla competitività di prezzo da cambio flessibile).

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    2. Caro Luciano, come sai sono un commentatore discreto, per cui non insisto. Esprimerò il mio punto di vista, eventualmente, sul mio blog. Ad maiora.

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  6. Faccio notare che il contributo di Cesare NON si apre : , ma l'avevamo già visto in questo lungo dialogo:

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    1. Sì, è linkato anche qui accanto nella lista di filmati della homepage, a sottolineare la persistente continuità della sua visione.

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  7. Presidente posso chiedere se intende esprimere in un prossimo post un parere sullo stato di guerra, dichiarato o meno, con la Libia, sulla sua legittimità senza che questa decisione sia stata vagliata dal Parlamento, anche alla luce delle modifiche apportare da quel decreto legge sull'uso delle forze speciali http://www.altalex.com/documents/news/2015/12/17/missioni-internazionali-conversione-in-legge-con-modificazioni-del-dl-174-2015 ? grazie in ogni caso

    Ho letto sul blog http://corrieredellacollera.com/2016/03/06/africa-in-crisi-serve-una-vittoria-a-obama-italia-abbiamo-duplicato-tutto-cera-piu-ordine-l8-settembre-43-di-antonio-de-martini/ considerazioni assai ragionevoli a riguardo

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    1. Devo dire che su questo concreto frangente, giuridico-costituzionale, ma al tempo stesso massimamente espressivo dell'indirizzo politico, non ho ancora un'idea precisa.

      Mi attengo, per ora, all'essenza del fenomeno: valutare una situazione belligerante come quella libica, cioè un intervento militare in terra straniera, esige, anche solo per una valutazione costituzionale, la disponibilità di una quantità di informazioni, implicazioni (economico-internazionali), e di fatti rilevanti accertabili senza manipolazioni, che, attualmente, non sono disponibili per nessuno (tranne che per gli "insider", cui certo non appartengo...e non fingo di esserlo).

      Una linea politica così estrema, come affrontare un conflitto e, si spera, preservare il rispetto dell'art.11 Cost., presuppone comunque una classe dirigente-decidente che abbia una chiara e lungimirante strategia dell'interesse nazionale e, non ultimo, la priorità della conservazione delle istituzioni democratiche.

      Di certo, la comunità internazionale, oggi, non dispone complessivamente, ex parte Occidente, di una classe politica di tal tipo, come attestano troppi fatti dello scenario internazionale; nè di una cultura informata a quella "pietas" e a quella capacità di cogliere soluzioni che non si risolvano nella violazione del "principio di non ingerenza" che dovrebbe caratterizzare una diffusa democraticità delle relazioni internazionali...

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    2. Interessante anche la biografia dell'uomo forte che dovrebbe prendere il comando in Libia, fatta sempre da De Martini: un vecchio collega di Gheddafi dai tempi dell'accademia militare, che, abbandonato al suo destino dopo aver perso una guerra sporca contro i francesi in Chad, passò all'opposizione e nel '93 provò un colpo di stato, fallito.
      Da allora si rifugiò negli USA, diventò cittadino americano e dopo il 2011 viene proposto ome il prezzemolo in ogni soluzione, bellica o diplomatica ( come Marchini a sindaco di Roma!)
      http://corrieredellacollera.com/2015/02/16/libia-chi-vuole-la-guerra-e-perche-non-sono-un-pacifista-ma-ora-non-e-nellinteresse-nazionale-non-ci-renderebbe-quel-che-abbiamo-perso-di-antonio-de-martini/

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  8. Senza politica industriale, non si va da nessuna parte.

    Senza tornare alla sovranità valutaria e fiscale non ci può essere politica industriale.

    Politica industriale volta al pieno sviluppo dei fattori produttivi, del lavoro, del capitale, delle competenze, supportate dalla leva fiscale e monetaria di una Stato motore dello sviluppo, sono obblighi costituzionali.

    E la Costituzione - sovrana e lavorista - È la dignità e la salvezza degli Italiani.


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  9. Eh sì: il problema è che non siamo noi a doverlo capire, a quanto pare...

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  10. "Probabilmente perché la Germania non ne può più (di immigrati e di imposizioni NATO) e vuole indurre l'uscita PIGS per poter rivalutare i suoi crediti target-2 (invece del contrario, se uscisse unilateralmente lei)..."

    Se non ho capito male per i PIGS uscire andrebbe comunque bene e per la Germania comunque male. Nel primo caso si svalutano le monete meridionali nel secondo si rivaluta l euro.

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